
Il mondo dell’arte dei nostri giorni è costantemente ossessionato dal concetto di presenza. Artisti, critici, gallerie nessuno riesce a sottrarsi ad un presenzialismo dove l’apparire sembra contar più dell’essere ma esserci è fondamentale per non sparire e venir dimenticati. Eppure non tutti scelgono la strada dell’iper-promozione della propria immagine come unica ragion d’essere. Una voce fuori dal coro del presenzialismo è da ricercarsi nella figura mitologica dell’artista Lee Lozano (1930-1999) che giunta ad un buon grado di notorietà nel 1970 decise di sparire progressivamente dal mondo dell’arte, finendo poi per farsi seppellire in una tomba completamente anonima.
Forse questo esempio potrebbe sembrarvi un poco eccessivo ma c’è da dire che le opere di Lee Lozano sono riuscite ad oltrepassare la presenza fisica dell’artista, giungendo sino ai nostri giorni con una potenza creativa inalterata. Sparire dalle scene per poi esser comunque presente tramite la sola forza della propria arte è anche il segno distintivo di artisti come Tehching Hsieh che decise di non mostrare in pubblico la sua arte dal 1986 al 1999 (performance intitolata Thirteen Year Plan) salvo poi ritirarsi definitivamente dalla scena artistica il 1 gennaio del 2000 mediante un comunicato-performance su cui era possibile leggere “Mi sono tenuto in vita, ho passato il 31 dicembre 1999″.









