Tim Burton e Art in The Streets, due blockbusters a confronto

Alle volte anche il mondo della critica d’arte si concede qualche piccolo divertissement, delle piccole chicche intrise da un sottile velo di ironia che fanno riflettere sulle bizzarrie di un sistema dell’arte contemporanea che spesso e volentieri genera mostri. Il caso del giorno è quello del L.A. Times che ha portato a termine uno speciale confronto tra due mostre blockbuster attualmente in visione a Los Angeles. Le mostre in questione sono ovviamente Art In The Streets, visitabile fino all’8 agosto al MOCA e Tim Burton, ospitata fino al 31 ottobre al LACMA, Los Angeles County Museum of Art.

Inutile aggiungere che i due eventi hanno già attirato migliaia di visitatori, l’evento dedicato a Tim Burton poi aveva già spopolato a New York. Il problema è che la mostra Tim Burton è stata già nominata evento più brutto del 2010 mentre Art in The Streets si avvia a conquistare la palma di evento più brutto del 2011. Divagazioni a parte, vediamo quindi i confronti eseguiti dal L.A. Times:

James Franco e le lezioni al MoMA

Chi ha ancora voglia di ascoltare qualche barzelletta su James Franco ed il mondo dell’arte contemporanea? Ovviamente noi non raccontiamo storielle e sinceramente pensiamo che questa storia dei divi di Hollywood e delle popstars i quali cercano ostinatamente di entrare nel mondo dell’arte visiva, abbia un poco passato la misura. Eppure loro, gli attori ed i grandi cantanti, non hanno intenzione di limitarsi al loro campo d’azione ma tentano ogni giorno di irrompere in ciò che non gli compete.

Ecco quindi che Sylvester Stallone inizia a dipingere, Lou Reed a Fotografare, David Byrne a creare installazioni e la peperina Lady Gaga a spacciare i suoi concerti in vere e proprie performance. Ma noi eravamo fermi al nostro James Franco.

Il MoMA prepara una mostra sull’11 settembre

Nessuno di noi potrà mai dimenticare le orribili immagini dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 al World Trade Center di New York. Nella nostra memoria collettiva sono ancora incredibilmente vividi i fotogrammi del disastro, gli aerei che impattano contro i grattaceli, le deflagrazioni, la gente che tenta di mettersi in salvo in tutti i modi anche gettandosi nel vuoto, il crollo finale e la distruzione, i pianti dei superstiti il dolore per le vittime.

Tra non molto questa immane tragedia, una delle più grandi in tempo di pace, compirà il suo decimo anniversario ed il MoMa di New York ha deciso di organizzare un evento per commemorarla ma non si tratterà di uno dei soliti eventi commemorativi intrisi di stucchevole quanto inutile retorica. La prestigiosa istituzione ha infatti intenzione di attirare la nostra attenzione non tanto sulle immagini del disastro o su come l’arte si sia evoluta nel corso dei dieci anni passati ma su come da quel tragico 11 settembre abbia influenzato la pratica artistica e le nostre percezioni visive.

Leonardo da Vinci unisce Francia ed Inghilterra

Tra Inghilterra e Francia non è mai corso buon sangue, inutile ricordare la famigerata Guerra dei cent’anni, conflitto tra i due regni che durò, non continuativamente, dal 1337 al 1453. Anche nelle competizioni sportive come il calcio Francia ed Inghilterra sono sempre in continua sfida, per non enunciare i vari scenari economici, politici, sociali e così via. Due nazioni in eterna lotta? Non per il mondo dell’arte, che come è noto riesce ad unire i popoli laddove anche i più abili diplomatici hanno fallito.

In questi ultimi giorni infatti La National Gallery di Londra ed il Louvre di Parigi hanno dato il via ad una grande intesa, forse la più grande collaborazione di sempre. Si tratta di un programma di prestiti con l’obiettivo di illuminare la carriera di un grande artista come mai fatto prima d’ora, e contate che stiamo parlando di Leonardo da Vinci.

Se il MoMa diventa un locale per singles

Il MoMa di New York è senz’altro uno dei poli culturali più importanti di tutto il mondo ed al suo interno vengono sviluppate mostre ed altri eventi di alto livello. Ma come si sa, agli americani non piace prendersi troppo sul serio, ed allora può capitare che di quando in quando (soprattutto in estate) il prestigioso museo presenti un programma lontano dagli ingessati vernissage d’alto bordo.

Certo non è detto che eventi come quello attualmente in visione al MoMa siano il massimo in fatto di sperimentazione artistica ed anche se possono servire a muover un poco le acque, a tener in vita il museo anche durante la lunga stagione estiva ed a non perdere il contatto con il pubblico giovane, c’è il rischio di trasformare un’istituzione museale in una discoteca o peggio ancora in un centro vacanze dove operano animatori di infimo ordine. Le nostre accuse si riferiscono alla famigerata Singles Night, vale a dire notte dei singles, una performance artistica collettiva tenutasi lo scorso venerdì nell’atrio del museo.

La forza dell’arte, La mistificazione della realtà

Attingere a piene mani immagini realizzate da altri, ricavate per lo più dal web, è una prassi diffusa e fatta propria da numerosi artisti che, intervenendo su di esse con modalità diverse, conferiscono a tali immagini significati e concetti nuovi per allinearle alla personale ricerca artistica. Guardando solamente alla tecnica, a mero titolo di esempio si possono menzionare i lavori di Thomas Ruff1, come quelli di Abigail Reynolds2 o di Nico Vascellari3.

Varie sono le riflessioni e le letture critiche che si possono compiere circa il senso delle opere degli artisti citati, ma si vuole soffermare l’attenzione a una differente considerazione, finanche una digressione, esplosa con quella forza che è la peculiarità dell’arte, davanti alle tre fotografie di grande formato, di Zbiniew Libera (Pabianice, Polonia, 1959) attualmente esposte nella corposa mostra internazionale History in Art (La storia in Arte).

L’arte contemporanea non va in vacanza?

Vi ricordate com’era la stagione estiva nella vostra città negli anni ’80? Beh più o meno come in ogni altra città d’Italia, vale a dire il deserto dei Sahara. Strutture vaganti, saracinesche abbassate, servizi inesistenti e mezzi pubblici latitanti. Insomma, i turisti che sceglievano l’Italia come meta vacanziera avevano ben poche speranze di ammirare le meraviglie culturali del nostro paese, visti i portoni dei musei pubblici inevitabilmente chiusi e la totale mancanza di punti informazione.

Oggi le cose sono sostanzialmente cambiate, ogni città si è in qualche modo attrezzata per far fronte alla serrata estiva ed a poco a poco sono spuntate varie iniziative culturali ed aperture estive dei musei, cosa che ha equiparato la nostra nazione ad ogni altro stato estero, interessato ad invogliare il turista a visitare le bellezze locali. Problema risolto quindi? Non esattamente. La strada da fare è infatti ancora molto molto lunga. Se è vero che la stragrande maggioranza dei musei di arte contemporanea è “aperta per ferie”, è anche vero che queste istituzioni non hanno ancora messo a punto un serio programma estivo.

E’ un MONA…da record

L’abbiamo preso in giro, l’abbiamo per così dire sottovalutato e deriso per il suo nome che ha una vaga assonanza con una volgare espressione dialettale italiana in voga nel Triveneto ed invece ecco che l’outsider riesce in qualche modo a far parlare positivamente di sé. Stiamo ovviamente parlando del celeberrimo MONA il nuovissimo Museum of Old and New Art, costruito in Tasmania dal tycoon e giocatore d’azzardo David Walsh.

Il museo, costato la bellezza di 100 milioni di dollari e dotato di un bel bancone bar all’ingresso al posto della biglietteria, è partito subito alla grande con una mostra abbastanza provocatoria dal titolo Monanism. A questo punto molti detrattori si aspettavano il successivo tracollo di questa Disneyland dell’arte contemporanea ed invece il pubblico ha decretato il trionfo del museo, confermando il buon fiuto per gli affari di Walsh, che in fatto di scommesse non è secondo a nessuno.

Al New Museum appaiono i fantasmi dell’Ex Unione Sovietica

Gli Stati Uniti sono da sempre terrorizzati dallo spettro del comunismo. Con la guerra fredda alle spalle da diverso tempo, sussiste comunque un clima disagio quando si parla delle passate tensioni tra U.S.A. ed ex Unione Sovietica. A volte però l’arte può gettare le basi per un avvicinamento tra popoli e culture totalmente diverse, aiutando lo spettatore a comprendere comportamenti ed idee che prima sembravano incredibilmente lontane.

Questo lodevole obiettivo di sensibilizzare il pubblico mediante l’arte è stato recentemente raggiunto da una mostra organizzata dal New Museum di New York con la mostra Ostalgia attualmente in visione fino al prossimo 25 settembre 2011. Si tratta di un progetto decisamente ambizioso che ha impegnato la maggior parte degli spazi del museo con opere multidisciplinari dalla fotografia, alla scultura, passando per la pittura e l’installazione. Soggetto della mostra è ovviamente la nostalgia per la cosiddetta cortina di ferro, per un ideologia sovietica che di fatto non cessa di affascinare anche nuove generazioni artistiche.

Al via la seconda tappa del viaggio con i diciotto artisti selezionati da AMACI alla scoperta di una nuova rappresentazione del territorio italiano

Parte la seconda tappa di Viaggio in Italia, la campagna di sensibilizzazione all’arte contemporanea promossa da AMACI, l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, e realizzata in collaborazione con Peugeot 508. Dopo Francesco Arena, Giulio Frigo, Giovanni Ozzola, Luca Pozzi, Luigi Presicce e Alberto Tadiello, altri sei artisti ci guidano da oggi, con le loro immagini, alla scoperta del nostro territorio.

Riccardo Benassi ci conduce sul Po, con la sua antica valenza simbolica; Rossella Biscotti ci propone un’immagine di archivio di Esino Lario; Rä di Martino ci fa scoprire, tra finzione e realtà un sito archeologico di Roma antica; Andrea Mastrovito gioca sull’immagine da cartolina di Bergamo Alta; Andrea Nacciarriti ci mostra la poesia di una foresta di sclerofille; Moira Ricci condivide con noi la bellezza selvaggia di una spiaggia in Maremma.

Giulio Paolini firma l’immagine guida della settima Giornata del Contemporaneo

È Giulio Paolini l’artista che AMACI, l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, ha scelto per realizzare l’immagine guida della Settima edizione della Giornata del Contemporaneo, il grande evento annuale promosso dall’Associazione, dedicato all’arte del nostro tempo e al suo pubblico.

La manifestazione, che quest’anno si svolgerà sabato 8 ottobre 2011 coinvolgendo oltre 1000 realtà del contemporaneo in Italia, nelle prime sei edizioni ha registrato un crescente successo, che l’ha portata nel 2010 a superare i 1050 aderenti e a coinvolgere, nell’arco di sole ventiquattro ore, oltre 150.000 visitatori su tutto il territorio nazionale. Un pubblico vasto e curioso, che ha potuto conoscere meglio musei, fondazioni e gallerie, visitare atelier d’artista, prendere parte a dibattiti, visite guidate e laboratori, partecipando attivamente all’arte del presente.

Bill Viola vince un premio per la pittura e la Bulgaria lancia un nuovo museo

Sono stati resi noti i nomi dei vincitori del prestigioso Praemium Imperiale, award giapponese fondato nel 1988 per celebrare i più grandi successi nel campo delle arti visive, categoria che non trova posto all’interno del Premio Nobel. Bill Viola si è aggiudicato il premio per la categoria pittura, Anish Kapoor per la scultura e l’attrice Judi Dench per il teatro ed il cinema. Ricardo Legorreta ha vinto la categoria architettura ed il direttore d’orchestra Seiji Ozawa ha primeggiato nella categoria musica.

Strana la scelta di Viola per la categoria pittura, anche se le opere del celebre video artista sono universalmente considerate come vere e proprie pitture in movimento.  Comunque sia la cerimonia di premiazione si terrà il prossimo 19 ottobre a Tokyo. Al vincitore di ogni categoria andrà la “modica” cifra di 182.000 dollari.

Zaha Hadid flop? La sua Opera House di Guangzhou cade a pezzi

Essere grandi archistar, creatori di edifici perfetti e avveniristici non è facile. A volte, tra un capolavoro a destra ed una meraviglia a mancina, può scapparci il patatrac ed allora si è subito nell’occhio del ciclone. Ne sa qualcosa Zaha Hadid, celebre architetto e designer che ultimamente ha inanellato un successo dietro l’altro dal maestoso e sinuoso MAXXI di Roma, passando per il zigzagante Riverside Transport Museum di Glasgow, uno spazio tutto dedicato ai mezzi di trasporto dal treno allo skateboard.

La sfortuna però è sempre in agguato ed il nuovo capolavoro del celebre architetto è ultimamente al centro di numerose polemiche per alcune imprecisioni strutturali. Stiamo parlando dell’Opera House di Guangzhou nuovissimo polo culturale progettato dalla Hadid in territorio cinese. Fin dalle prime fasi del progetto molti detrattori si sono detti contrari alla realizzazione di quello che hanno definito come: “niente più che un’inutile dimostrazione di sfarzo e vanità”.

Musei d’Italia, una giungla di regolamenti

CRAA, PAC, PAN, MAN, MART. Se questa piccola lista vi sembra un naturale prolungamento dello Zang Tumb Tumb del Filippo Tommaso Martinetti, possiamo solamente aggiungere che vi siete sbagliati di poco, visto che sempre di arte stiamo parlando. Queste cacofoniche sigle da fumetto si riferiscono infatti (come molti di voi ben sapranno) ai tanti musei e centri per l’arte contemporanea sparsi per l’Italia. Tanti poli culturali ed altrettanti dissimili regolamenti interni che sono per forza di cose subordinati alle varie tipologie di museo.

Ci sono infatti i musei regionali, quelli provinciali, le fondazioni, i musei civici e chi più ne ha più ne metta. Ognuno di questi organismi deve rendere conto ad una diversa amministrazione pubblica che ne stabilisce i regolamenti e stanzia i fondi per la sussistenza stessa dello spazio. Tanto per fare un esempio pratico i Musei regionali sono gestiti più o meno direttamente dall’Assessorato regionale dei Beni culturali. Ovviamente non esiste un regolamento comune ed ogni regione o ogni provincia del caso decide autonomamente.