Per essere giovani artisti bisogna darsi da fare

Pensate forse che i nostri giovani artisti stiano perdendo terreno in ambito internazionale? Niente di più sbagliato, anzi si potrebbe senza ombra di dubbio affermare che essi hanno tutte le carte in regola per sfondare all’estero. Negli ultimi anni abbiamo subito l’ondata della YBA inglese, l’eterno ritorno degli statunitensi, l’arrembaggio dei cinesi e quello della nuova scuola di Lipsia. Ora stiamo assistendo ad una grande ascesa dell’est europeo e del Medio Oriente.

Eppure anche noi possiamo farcela, possiamo imporre il nostro stile, le nostre estetiche ed i nostri concetti all’attenzione della scena internazionale. Quello che manca è un poco di organizzazione e più volontà da parte non solo delle istituzioni e delle gallerie private ma anche da parte degli artisti stessi che dovrebbero in qualche modo porsi in uno stato di continuo movimento.

Sabrina Mezzaqui – La realtà non è forte

Inaugurerà sabato 27 novembre alle ore 18.00 al Museo Civico d’Arte di Modena, l’installazione di Sabrina Mezzaqui dal titolo La realtà non è forte, nata come dialogo con una delle più importanti collezioni di tessuti d’Europa, la raccolta Gandini del Museo.  Un dialogo che ha rivelato fin dalle sue premesse un’intesa tra i valori e le pratiche artigianali del tessile e la poetica dell’artista bolognese che materializza pensieri desunti dalle tradizioni filosofiche, religiose e letterarie ricorrendo alla gestualità lenta e delicata del ricamo, del cucito e del ritaglio. Un percorso che riannoda il passato al presente suggerendo nuove chiavi di lettura e rinnovati percorsi mentali.

La mostra, curata dal Museo Civico d’Arte e dalla Galleria Civica di Modena, si colloca tra le iniziative organizzate nell’ambito del convegno internazionale “Antiche trame, nuovi intrecci. Conoscere e comunicare le collezioni tessili” (26-27 novembre 2010, www.convegnotessili.it), dedicato alla valorizzazione delle raccolte tessili in ambito museale, promosso dal Museo Civico d’Arte di Modena in collaborazione con l’IBC e l’Università di Pisa.

MAXXI contro MoMa, due programmazioni a confronto

Vorremmo oggi porvi di fronte ad una realtà che noi di Globartmag avevamo già subodorato. Senza troppi preamboli vorremmo fare un piccolo esperimento: prendere in esame le mostre organizzate al MAXXI di Roma dalla sua apertura ufficiale fino al prossimo dicembre e confrontarle con quelle del MoMa di New York. Qualcuno sicuramente salirà in cattedra e dichiarerà che non si possono fare confronti di questo tipo, che il MoMa gode delle sovvenzioni dei privati e quanto altro.

Noi invece pensiamo che il Maxxi sia un edificio che può reggere (se non vincere) il confronto con altre prestigiose istituzioni internazionali e se si concepisce un’architettura del genere bisogna anche valorizzarla al meglio. Parlando però di contenuti le cose cambiano, ma lasciamo parlare i fatti. Il MAXXI fino ad ora è stato in grado di offrire questo:

30.05.2010 – 12.09.2010 Kutlug Ataman. Mesopotamian Dramaturgies.

Anish Kapoor, Richard Long e tanti altri in mostra a Modena

La Galleria Civica di Modena inaugura sabato 4 dicembre 2010 alle 18.00 alla Palazzina dei Giardini e a Palazzo Santa Margherita, in corso Canalgrande a Modena, la mostra Lo spazio del sacro. Organizzata e coprodotta dalla Galleria Civica di Modena, e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la collettiva presenta opere provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private italiane e straniere di alcuni fra gli artisti della scena contemporanea internazionale che hanno maggiormente riflettuto sul tema del sacro: Adel Abdessemed, Giovanni Anselmo, Kader Attia, Paolo Cavinato, Chen Zhen, Vittorio Corsini, Josep Ginestar, Anish Kapoor, Richard Long, Roberto Paci Dalò, Jaume Plensa, Wael Shawky.

Ogni opera occuperà in completa solitudine un ambiente della Galleria, da una parte accentuando il rapporto diretto, esclusivo, intimo che ciascuna di esse instaura con lo spettatore, dall’altra amplificando la propria capacità di entrare in relazione con gli spazi architettonici. L’idea fondante della mostra risente molto delle parole di Mircea Eliade a sul fatto che il sacro, nell’arte contemporanea, “è divenuto irriconoscibile; si è camuffato in forme, propositi e significati che sono apparentemente ‘profani’.

Anche il Cile è pronto per la Biennale di Venezia 2011

Fernando Prats è l’artista che andrà a rappresentare il Cile per la 54esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia 2011. Il critico spagnolo Fernando Castro sarà invece il curatore designato che accompagnerà l’artista. Il Commissario del Padiglione Nazionale sarà invece Antonio Arévalo, curatore indipendente che nel 2009 presentò l’artista Iván Navarro in un affascinante ed emozionante padiglione, tra i migliori dell’intera manifestazione.

Fernando Prats (1967), artista cileno, residente in Spagna (Barcellona). Il suo lavoro è rigoroso e riflette, in particolare le sue azioni dal progetto Chaitén, lavoro svolto a partire dal terremoto che ha colpito il Cile, la situazione del paese in un approccio cartografico di estrema intensità. E’ rappresentato dalla Galleria Joan Prats di Barcellona. Nel 2007 vince il Guggenheim Fellowship, John Simon Guggenheim Memorial Foundation, New York.Se avete perso i nostri precedenti bollettini sulle presenze alla prossima Biennale di Venezia 2011 vi forniamo qui di seguito un piccolo riassunto della situazione: Guai grossi per Hong Kong che ha deciso di reiniziare la fase di selezione degli artisti per problemi burocratici. l’Australia ha scelto Hany Armanious.

Lost in Translation – Arte e Intercultura alla Triennale di Milano

Martedì 23 novembre, alle ore 18.30, presso la Sala Lab della Triennale di Milano, Connecting Cultures e Fondazione Ismu – Settore Educazione – Patrimonio e Intercultura presenteranno al pubblico il progetto vincitore del concorso Lost in Translation – Arte e Intercultura. Nato in occasione del convegno Lost in Translation (23 febbraio 2010) e grazie al contributo del PaBAAC – Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle  Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee, il concorso si è rivolto a giovani artisti e istituzioni culturali, chiamati per la prima volta a collaborare allo sviluppo di progetti artistici destinati al pubblico che affrontano i temi complessi dell’integrazione, dello scambio e dell’osmosi fra le culture.

Alla sua prima edizione Lost in Translation – Arte e Intercultura intende porsi come sostegno alla creatività giovanile, quale stimolo per nuove e lungimiranti politiche di inclusione culturale e per la promozione di una “nuova committenza pubblica”. La serata sarà un’occasione per riflettere sulle reali possibilità di collaborazione tra artisti e istituzioni culturali in un ambito complesso quanto attuale come quello dell’intercultura. Dall’esposizione dei principi e delle dinamiche che hanno portato alla nascita di questo concorso – dai propositi iniziali fino ad alcune valutazioni sull’esito generale – e da una riflessione sullo stato attuale dell’educazione al patrimonio in chiave interculturale, emergeranno alcune linee guida generali che ci auguriamo possano essere acquisite quali “prassi ordinaria” dalle istituzioni affinché tali progetti possano avere una ricaduta sul territorio e generare nuove relazioni e consapevolezza.

Carabiniere in vacanza a New York ritrova una statua italiana

Due antiche statue rubate in Italia negli anni ’80 sono finalmente tornate a casa. Una di esse proprio grazie a Michele Speranza, maresciallo capo dell’arma dei Carabinieri  e alle indagini compiute dall’arma le quali sono durate circa sei mesi. Insomma tutto è bene quel che finisce bene ma c’è da dire che il ritrovamento di una delle due statue è stato decisamente rocambolesco.

Lo scorso anno Michele Speranza si reca a New York con la sua famiglia per una semplice periodo di ferie. Durante il consueto shopping per le vie della grande mela, il carabiniere nota qualcosa di strano nella vetrina di un antiquario di Madison Avenue. Si tratta di un busto in marmo della statua romana della Fortuna, ma quella statua ha qualcosa di familiare, qualcosa che il militare ha già visto tempo addietro in Italia.

Anish Kapoor torna nella sua India

Lo stile unico di Anish Kapoor e la sua forte propensione per le tradizioni indiane hanno contribuito a fare di lui uno degli artisti più coinvolgenti del mondo dell’arte contemporanea. Ora Kapoor ha deciso di tornare in India, la terra natia che lo spinse a creare le sue prime sculture con pigmenti puri.  La mostra, semplicemente intotoalata Anish Kapoor (in visione dal prossimo 28 settembre 2010 al 27 febbraio  2011) sarà la prima in assoluto nel suo paese di nascita.

Il prestigioso evento sarà dislocato su due sedi a Delhi e Mumbai e rappresenta  il progetto espositivo più grande e ambizioso mai sviluppato sul lavoro Kapoor. All’evento, cui hanno collaborato il British Council la Lisson Gallery e  Louis Vuitton, sarà presente una selezione di sculture e installazioni che coprirà l’intera carriera dell’artista, dalla sua prime sculture a base di pigmenti dei primi anni 1980 fino alle  sue installazioni in cera più recenti.

Anche la Whitney Biennial pensa al mercato per la sua edizione del 2012

Dopo che i conflitti d’interesse della stagione 2009 del New Museum di New York hanno irritato non pochi addetti del settore e semplici appassionati e dopo che il board del MOCA di Los Angeles ha scelto come direttore un astuto dealer come Jeffrey Deitch piuttosto che un curatore d’arte contemporanea, ci ha pensato il Whitney Museum a confermare questo trend tutto americano il quale sta trascinando l’arte verso il mercato puro. La celebre istituzione ha infatti scelto i suoi due curatori per la Whitney Biennial del 2012, fermo restando che il lavoro svolto quest’anno da Francesco Bonami è stato semplicemente perfetto.

Ebbene per la prossima Biennale è stata chiamata Elisabeth Sussman e fin quì tutto bene, poiché parliamo di un curatore di grande professionalità e vasta esperienza che svolgerà senz’altro un ottimo lavoro. Elisabeth Sussman ha inoltre già curato una Whitney Biennial, quella del 1993 ad esser precisi, quella volta però il suo lavoro fu duramente criticato, ma tutto questo fa parte del mestiere.

Ernesto morales, Genova – Buenos Aires. Le citta’ dei ritorni

Sabato 20 novembre, presso il Museoteatro della Commenda di San Giovanni di Pre’, la suggestiva struttura Museale appartenente al MuMa di Genova, verrà inaugurata la mostra personale dell’artista argentino Ernesto Morales genova – buenos aires. Le città dei ritorni; l’evento, inserito nel programma per le celebrazioni del Bicentenario della Repubblica Argentina, nasce dalla volontà di rileggere secondo i codici propri dei linguaggi dell’arte contemporanea i collegamenti storici e culturali tra Italia e Argentina a partire dai fenomeni di migrazione degli ultimi due secoli.

Dopo il grande successo della mostra Ciudad de Memorias inaugurata lo scorso anno a Buenos Aires presso il Museo Municipal de Bellas Artes Benito Quinquela Martin, Ernesto Morales presenta a Genova una serie inedita di trenta dipinti ispirati ai temi della memoria e dell’identità, da sempre oggetto della sua ricerca artistica; Genova quindi, come primo porto italiano dell’emigrazione, si e’ rivelata lo scenario piu’ adatto ad accogliere il progetto “Le città dei ritorni”.

Alberto Giacometti sbarca in Germania

Per la prima volta in 12 anni, il Kunstmuseum Wolfsburg presenta una panoramica completa del lavoro maturo di Alberto Giacometti. Circa 60 sculture saranno esposte insieme a più di 30 dipinti e numerosi disegni nello spazio di 2000 metri quadri espositivi . Il prestigioso evento che prende il titolo di The Origin of Space – Retrospective of the mature work, offre un punto d’osservazione unico ed irripetibile sull’affascinante opera di uno dei più importanti artisti del XX secolo.

La sperimentazione di  Giacometti di collocare le sue figure all’interno del loro spazio e della loro temporalità sarà realizzata per la prima volta a Wolfsburg all’interno di un’architettura appositamente progettata e costruita attorno alle sculture in esposizione. Ciascuna delle opere accuratamente scelte è stata infatti posizionata all’interno di uno spazio che riesce a far comprendere a pieno i veri punti di forza dell’arte di Giacometti.

Raccolti 3 milioni di dollari al Gran Gala del Moca. La privatizzazione dei musei a volte non è così male come si pensa

Mentre ci lamentiamo del nostro sistema dell’arte c’è da dire che negli states le cose non vanno meglio o forse vanno meglio davvero, visto che i musei  sono ormai diventati degli enormi carrozzoni dello spettacolo dell’arte, buoni solo per attirare vips e quindi sponsors danarosi.

Niente di strano quindi che al gala del MOCA, Museum of Contemporary Art di Los Angeles, istituzione guidata dal quel vecchio volpone di Jeffrey Deitch, si sia presentata una folla arrembante di personaggi celebri presi dalla bramosia di far vedere al mondo intero che anche loro sono degli acculturati che sostengono la cultura. Forse anche i musei italiani dovrebbero privatizzarsi totalmente ed organizzare dei gala per racimolar quattrini, magari si potrebbe così risolvere il problema della mancanza di finanziamenti da parte di istituzioni e governi sempre più assenti e stitici.  

Alcune note sparse sulla crisi di governo e sul declino della cultura

Con il bipolarismo in lento disfacimento e con lo spettro delle elezioni anticipate mi viene da pensare ad altri 12 mesi di totale agonia per il mondo della cultura (e non solo). Ci vorranno nuove iniezioni di fondi e tutte le forze dello stato saranno concentrate sulla macchina elettorale. Da li in poi bisognerà cominciare a ricostruire la nostra cultura ma intanto salteranno cordate, cambieranno vertici dei musei, spariranno manifestazioni che saranno rimpiazzate da altre (di parte), gli stanziamenti per eventi e quanto altro dovranno essere ridistribuiti. Praticamente si verificherà ciò a cui stiamo assistendo da ormai diverso tempo: l’immobilità.

La nostra parabola non è  discendente, essa è in perfetta stasi e non è peccato definire la situazione della cultura italiana come una grande parentesi di vita di ciò che è morto, muoventesi in se stessa. Non ci vuole un genio per comprendere che se questa strada sarà perseguita anche da un futuro governo, l’immobilismo verrà ricostituito dalla posizione stessa che pretende di combatterlo.

Biennale di Venezia 2011: l’Australia sceglie, Hong Kong rinvia e i paesi nordici si “dividono”

Insomma tra ribaltoni, Berlusconi bis, fumate bianche e fumate nere, monumenti che crollano e musei che scioperano, non dobbiamo dimenticarci che la prossima estate c’è la Biennale di Venezia. Lo sappiamo che magari non è il momento giusto e sappiamo anche che il nostro Vittorione Nazionale è in questi giorni impegnato in ben altre questioni diciamo politiche ma vogliamo e dobbiamo informarvi sugli ultimi sviluppi. Ebbene anche l’Australia ha scelto il paladino nazionale, anzi a dire il vero si parla di un artista di origini egiziane.

Si tratta infatti dello scultore Hany Armanious, conosciuto per installazioni scultoree di grandi dimensioni che molto spesso vengono creati con un vasto range di materiali come fango, polvere e mattoni. Armanious è altresì famoso per piccoli oggetti fatti a mano costituiti da poliuretano, argilla e plastica. Ovviamente l’artista non ha un compito facile, visto che dovrà raccogliere il testimone lasciato da Shaun Gladwell che nel 2009 ha stupito tutti con il suo Maddestmaximus. Guai grossi per Hong Kong che ha deciso di reiniziare la fase di selezione degli artisti per problemi burocratici. La deadline per la selezione è stata quindi spostata al prossimo gennaio e a quella data rimarrà ben poco tempo per organizzare il padiglione nazionale.