Letture di Difesa: Serial Killer

“Leggo per legittima difesa.” (Woody Allen)

Riprendo dopo la pausa estiva con la nuova rubrica di difesa a favore della lettura. Voglio porre un attimo l’attenzione su un piccolo caso o meglio su qualcosa di cui mi sono reso conto affrontando la lettura di un libro.

Da bravo appassionato di killer, di horror e di suspence, non ho potuto esimermi dall’affrontare la lettura del libro Serial Killer scritto a due mani dallo scrittore di noir Carlo Lucarelli e dal criminologo Massimo Picozzi. L’accostamento è magistrale poiché i dati sui metodi di indagine, sugli archivi e altri elementi scientifici si mescolano alla sapienza narrativa di Lucarelli.

Giovedì difesa: Il grinta

True grift, da noi Il grinta, di cui parliamo è la trasposizione del 2010 realizzata dai fratelli Joel e Ethan Coen. Tra gli attori ci sono e sono tutti imperdibili Jeff Bridges, Matt Damon, Hailee Steinfeld e Josh Brolin,

La loro versione si attiene al romanzo di Charles Portis molto di più rispetto al tuttavia godibile precedente del 1969, interpretato dall’ormai mitico John Wayne.

Giovedì difesa: Paul

Non puoi essere appassionato di fantascienza e non saper sorridere. L’ironia nascosta dentro alla maggior parte delle previsioni di futuro degli scrittori è talvolta perfino alla base. Normalmente la lettura delle storie potrebbe sottintendere una critica o un’analisi della situazione politica, sociale, culturale o demografica del presente. La proiezione nel possibile futuro equivale alla proiezione dell’analisi.

In questo caso però l’analisi è sul cinema di fantascienza esistente, in particolare l’immaginario degli alieni. Si canta dunque la parodia dei film con tema il contatto con gli alieni, gli esseri provenienti da un altro mondo normalmente immaginati sempre in un modo preciso.

Ma è davvero terribile come si vocifera la Biennale del 2011?

 

 

Ma è davvero terribile come si vocifera la Biennale del 2011?Questa domanda ancora circola tra gli indecisi che vorrebbero utilizzare gli ultimi strascichi di vacanze per dar sfogo alla curiosità ma che temono i “te lo avevo detto” di turno, ora poi figuriamoci con la tassa sul turismo!

Il padiglione Italia raggiunge livelli sconcertanti. Ne abbiamo sentito parlare tanto, certo, ma una volta lì, nonostante tutte le anticipazioni, il senso di sconforto aumenta vertiginosamente soprattutto al culmine di un percorso già non troppo esaltante.

Giovedì difesa: Quarantine Due

Il secondo episodio del rifacimento americano dell’ottimo REC non equivale al rifacimento di REC 2. E questa è una buona notizia

Intendiamoci REC 2 è un ottimo lavoro, e questi rifacimenti horror americani le prendono sempre dall’originale in maniera abbastanza forte. Come già Ringu e Ju-on sovrastano le loro blande cover The ring e The grudge, che ho supposto avessero visto nei film originali solo il problema di non avere attori di razza occidentale e di non avere cavalli; così anche lo spagnolo REC era, a mio avviso, molti passi sopra Quarantine.

Pillole di Biennale 10 – Quale futuro

(Dove eravamo rimasti…) Siamo arrivati alla fine ed sarebbe tempo di considerazioni generali, ma prima un ultimo consiglio: una piccola mostra che è un gioiellino, ma lo si capisce dopo averla visitata. Un esempio tra l’altro di qualcosa fatto bene da ogni punto di vista: contenuti, campagna di comunicazione e allestimento. Magari non spicca, e mentre osservi le opere, abituati ormai all’opulenza di cotanta arte in tutta Venezia, può sembrare piccolina, un po’ mesta, invece ha una sua forza, lenta e decisa. Parlo di The future of a promise mostra curata da Lina Lazaar che raccoglie ai Magazzini del Sale l’arte contemporanea del mondo arabo.

All’entrata ci diedero un piccolo libretto (quello che per me vuol dire coccolare il visitatore) contenente tutte le opere e brevi spiegazioni per ognuna. L’introduzione è semplice: la promessa è un intento, una volontà di cambiamento. Come tutti sappiamo nell’ultimo anni i paesi arabi hanno visto nascere quella  che viene chiamata la Primavera araba: un’onda di consapevolezza e ribellione politica che ancora non si è fermata, nonostante i nostri telegiornali non ne parlino più e soprattutto nonostante la violenta repressione che i regimi perpetuano verso la popolazione ormai stanca.

Giovedì difesa: Capitan America, ma anche Thor, Iron man e i supereroi

Ogni supereroe ha delle caratteristiche precise. Da piccolo leggevo Capitan America perché mi affascinava, poi mano che una seppur blanda coscienza politica mi si avvicinava, mi ci sono allontanato: il super poliziotto super patriottista americano era troppo per me. Oggi ho vinto queste remore e da appassionato di eroi marvel il film l’ho voluto vedere. In verità valeva la pena, non solo e non tanto per la sequenza interminabile di citazioni nascoste e per la consueta apparizione cammeo di Stan Lee.

Anzitutto il film ha a che vedere con Indiana Jones, si svolge tutto nella seconda guerra mondiale e il rimando è quasi immediato. E seconda cosa si contesta da solo. Il costume di Capitan America nasce per connotarlo come fenomeno da baraccone, per invitare gli americani ad arruolarsi. Tuttavia in una scena il cattivo smonta le sue velleità patriottiche sostenendo che gli stati non hanno senso e presto non esisteranno più. Come oggi sappiamo le guerre sempre più non sono ormai più per sovranità popolare e per invasione di uno stato su un altro, ma procedono a colpi di multinazionali e industrie delle armi e dell’energia.

Pillole di Biennale 09 – Future Pass alla Fondazione Buziol

(Dove eravamo rimasti…) Mi rendo conto che da questo racconto sembra da Venezia non ci sia mai tornata, e invece siamo arrivati solo al terzo giorno, quello del ritorno a casa. Quello del panico da paura di perdere il treno e dei soldi finiti per cui niente Palazzo Grassi e Punta della Dogana, che tanto ci sono le mostre gratuite che son belle uguali, o quasi.

Una di queste è sicuramente quella organizzata su due sedi, l’Abazia di San Gregorio e il Palazzo Mangilli-Valmarana, dalla Fondazione Claudio Buziol: Future pass – From Asia to the word. Per me è stata la rivelazione del fuori-Biennale, complice l’amore per il Giappone e per la sua estetica che nutro fin da bambina. Ho scoperto la mostra perché fin dal primo giorno, quando lo vidi sul Canal grande, dovevo assolutamente raggiungere quell’ibrido coniglio che pescava un po’ terrorizzato nelle acque della Laguna, cioè l’opera di Chen Po-Liang.

Pillole di Biennale 08 – Nazioni illuminate

(Dove eravamo rimasti…) Ebbene si siamo ancora in Biennale, dopo aver visitato il Padiglione centrale avevamo decisamente perso la sensibilità alle gambe, sognavamo comode sedute e refrigeranti bibite, invece avevamo un’ultima ora per vedere qualche padiglione nazionale, e guai a chi si lamenta.

PAGLIONE UNGHERESE – Esilarante, tragicomico, cinico, intelligente, catastrofico. Hajnal Németh porta l’opera Crollo – Intervista passiva, un racconto corale di incidenti d’auto reinterpretati in canto lirico. Quando la video arte piace pure a me.

PADIGLIONE DANESE – Una mostra complessa, un buon tema di base: la libertà di espressione, ma un po’ dispersiva, troppe opere diverse richiedenti ognuna tempo per essere comprese ed interagire. Ipnotico il video su tre schermi di Han Hoogerbrugge, Quatrosopus. Un uomo che non vorrei incrociare per strada, ma il cui universo visivo è affascinante, dissacrante e tristemente realista. (Consiglio di cercarlo in rete.)

La forza dell’arte, La leggerezza di un mezzo corpo

A metà tra un cortometraggio, una pièce teatrale, un musical cinematografico di una certa complessità narrativa e coreografica (per intenderci Chicago di Rob Marshall del 2002), il coinvolgente e articolato video The Cost of Living fonde differenti e numerosi elementi tanto da porlo al di fuori di qualsiasi rigida classificazione. Basato sull’omonima produzione teatrale concepita e diretta da Lloyd Newson (Melbourne, 1957; lavora a Londra dove nel 1986 ha fondato DV8 Phisical Theatre), il video è stato infatti commissionato nel 2004 dal Channel 4 Television britannica e la scheda tecnica lo identifica come film.

Conosciuto a Roma per la sua partecipazione a due edizioni di RomaEuropa Festival, nei 35 minuti di The Cost of Living Newson, nel suo modo usuale, studia i comportamenti umani e tratta diversi temi, per lo più sociali, abbinandoli all’agilità puntuale di sincronizzate coreografie di danza/balletto, ad una fotografia senza sbavature e ad una ripresa video che fa proprie molti stratagemmi cinematografici che vanno dal sapiente uso del primo piano per sottolineare alcuni aspetti psicologici a delle equilibrate composizioni prospettiche e del fuori fuoco.

Giovedì difesa: Bitch slap

La parolaccia è possibile perchè è in inglese, infatti è uscito nelle sale con questo titolo.

Il film, se posso divagare è come la biennale di Sgarbi: non ha nessun senso, nessun tema e c’è dentro di tutto, tutti gli ingredienti che esistono. Solo che qui è quasi un pregio. Suppongo che Sgarbi non avesse la volontà né l’acume per concepire l’operazione come “operazione”, ovvero alla stessa stregua. Lì sembrava piuttosto al limite solo una provocazione o il voler dimostrare che nulla è nulla… che non sarebbe poi così sbagliato se lo avesse fatto Beckett.

La forza dell’arte, La mistificazione della realtà

Attingere a piene mani immagini realizzate da altri, ricavate per lo più dal web, è una prassi diffusa e fatta propria da numerosi artisti che, intervenendo su di esse con modalità diverse, conferiscono a tali immagini significati e concetti nuovi per allinearle alla personale ricerca artistica. Guardando solamente alla tecnica, a mero titolo di esempio si possono menzionare i lavori di Thomas Ruff1, come quelli di Abigail Reynolds2 o di Nico Vascellari3.

Varie sono le riflessioni e le letture critiche che si possono compiere circa il senso delle opere degli artisti citati, ma si vuole soffermare l’attenzione a una differente considerazione, finanche una digressione, esplosa con quella forza che è la peculiarità dell’arte, davanti alle tre fotografie di grande formato, di Zbiniew Libera (Pabianice, Polonia, 1959) attualmente esposte nella corposa mostra internazionale History in Art (La storia in Arte).

Giovedì difesa: ESP

Nulla di eccezionale, tutto sommato, ma buoni spunti e ottimo ritmo per il film dei Vicious Brothers: ESP – Fenomeni paranormali (Grave Encounters).

Nulla di eccezionale, sostengo, tuttavia è un film d’esordio, e pare anche che i due fratelli siano molto giovani, e questo mi fa ben sperare. Il genere mockumentary horror forse ha già detto e sta dicendo moltissismo e infilarcisi dentro in questo momento, dopo alcune stagioni particolarmente brillanti non è una passeggiata. La storia narrata, si sa, fa più spavento se ti lascia credere che è successo davvero e questo è il principio anche questo di film.