Con l’arte si campa? Richard Phillips ci riesce benissimo

Capita spesso di imbattersi in artisti di successo che fanno venir alla mente una subitanea domanda: “come fa costui ad aver tutto questo successo?” la risposta ovviamente non è così intuitiva, molto dipende dallo spiccato senso per l’attitudine commerciale che trasuda dalle opere dell’artista in questione e dalle dinamiche di mercato che si costituiscono attorno ad esse. A volte però questo benedetto artista è talmente privo di talento e visione creativa che il segreto del suo successo rimane un mistero insolubile.

Uno di questi misteri viventi è Richard Phillips, giovane pittore classe 1962 proveniente dal Massachussets nonché pezzo forte della premiata scuderia Gagosian. Solitamente Phillips è autore di gigantesche tele di stampo iperrealista che raffigurano idoli della pop music, modelle famose, attori di grido e politici. Si tratta di ritratti in primissimo piano che si riallacciano allo stile pittorico delle copertine dei magazine patinati anni ’50 e ’60.

Aliaa Magda Elmahdy, nuda contro tutti

L’Egitto è tornato nuovamente a dominare le prime pagine dei giornali a causa delle violente rivolte scoppiate lo scorso venerdì, nonostante le dimissioni del primo ministro Essam Sharaf e del suo governo siano già state comunicate. Gli scontri più duri si sono verificati al Cairo dove molti manifestanti sono stati uccisi dalla polizia, in special modo la brutale immagine del cadavere di un manifestante gettato nella spazzatura da un militare è andata oltre il limite del tollerabile.

La giunta militare ha promesso un nuovo sistema politico e sociale totalmente democratico entro la fine del 2012 ma questa promessa non è bastata ad un popolo giunto ormai allo stremo delle forze. Tuttavia la voglia di rivoluzione riesce sempre a generare delle forme di creatività che superano le costrizioni sociali, gettandosi coraggiosamente oltre le barricate del consueto per cercare di portare una ventata di aria fresca all’interno di un sistema soffocante.

Robert Mapplethorpe alla Fondazione Forma

Giovedì 1 dicembre alle 18.30 presso Fondazione Forma per la Fotografia inaugura la mostra Robert Mapplethorpe. Per la prima volta a Milano, una grande retrospettiva ripercorre la carriera e l’opera di Robert Mapplethorpe, tra i più importanti autori del Novecento che ha influenzato con le sue immagini dalla composizione perfetta, generazioni di fotografi e artisti.

Il suo tempo è la New York degli anni Settanta e Ottanta, quella della rivoluzione pop, del new dada e di Andy Warhol; la città creativa e disinibita della liberazione sessuale, dell’esplosione della performance e della body art. Mapplethorpe è oggi unanimemente considerato uno dei più importanti fotografi del ventesimo secolo perché, come i grandi artisti sanno fare, è riuscito a essere nello stesso tempo classico e attuale: testimone del proprio tempo e astratto in una sorta di perfetta atemporalità.

DAC | Il manifesto per il diritti dell’arte contemporanea

Gianmaria Ajani e Alessandra Donati sono giuristi e professori universitari uno a Torino, l’altra a Milano. Nel 2010 hanno dato vita al convegno DAC: I diritti dell’arte contemporanea. Volevano forse scrivere nuove leggi? No, perché in Italia non mancano le norme necessarie per regolare il mercato dell’arte, ma difficilmente vengono applicate e questo soprattutto perché non sono conosciute. A distanza di un anno dal convegno è nato un libro, edito da Allemandi, degli strumenti concreti, che vi spiego tra poco, e soprattutto un dibattito che non si è esaurito come ho constatato durante le avvincenti tavole rotonde allestite all’Accademia di Brera questo 10 novembre. È davvero difficile raccontare in poche righe una giornata densa di parole e pensieri, ma considerando i temi trattati credo sia utile fissare su schermo qualche punto fondamentale e allargare a tutti la discussione.

Innanzi tutto riporto qui il Manifesto per i diritti dell’arte contemporanea, concepito da Gianmaria Ajani (Preside della Facoltà di giurisprudenza di Torino) , da Anna Detheridge (presidente Conntecting Cultures)  e Alessandra Donati (Docente della facoltà di giurisprudenza di Milano-Bicocca) insieme a Gianni Bolongaro (La marrana arteambientale) e poi redatto con gli artisti Luca Bertolo, Chiara Camoni, Ettore Favini. Maddalena Fragnito, Linda Fregni, Alessandro Nassiri, e Antonio Rovaldi:

Roy Lichtenstein e i fumetti copiati su un sito internet

Parliamo oggi di Roy Lichtenstein, uno dei più grandi esponenti della Pop Art a stelle e strisce. Come molti di voi ben sapranno, nel bel mezzo degli anni sessanta il celebre pittore aveva avviato una sperimentazione sull’uso del retino tipografico, inventato nel 1878 da Benjamin Day, attuando una cesellatura manuale talmente accurata ed elaborata da rendere ogni opera simile ad una riproduzione meccanica.

Lichtenstein era solito utilizzare delle scene cannibalizzate dal mondo dei fumetti. Riviste, giornali, albi e pubblicazioni di vario genere, queste le fonti più utilizzate ed in seguito riproposte con grande successo su tela. Sebbene furono in molti a criticarlo in vita, la fama postuma di Lichtenstein non conosce limiti tanto che le sue opere hanno raggiunto in questi ultimi giorni delle quotazioni da capogiro. Il dipinto I Can See The Whole Room!… And There’s Nobody In It!, ad esempio è stato battuto all’asta da Christie’s agli inizi di novembre, raggiungendo la cifra record di 43 milioni di dollari. Eppure anche la scena che caratterizza quel dipinto e stata copiata a piè pari da una striscia a fumetti, Lichtenstein si è guadagnato fama imperitura ma così non è stato per l’ignoto autore di quel fumetto.

Il PANORAMA di Gherard Richter alla Tate Modern

E’ come salire in cima ad un’altura. Quella imponente e maestosa di una vecchia fabbrica, dove il passato di una città, guardando  verso una city contemporanea tutta in trasformazione, si fonde con un futuro poi non così lontano. E’ da questa prospettiva che possiamo comprendere il PANORAMA offerto dalla Tate Modern e la veduta offertaci è la più grande retrospettiva su Gherard Richter.

PANORAMA è appunto il titolo della mostra e la veduta complessiva è quella dell’artista negli ultimi 50 anni di carriera. Gherard Richter, nasce nel 1942 a Dresda; di orientamento socialista nel 1961 decide di lasciare la Germania dell’East alla volta della Germania Ovest dove entra presto in contatto con personalità quali Jackson Pollock e Lucio Fontana. A partire dal 1960 Richter inizia a sperimentare le varianti della pittura fondendo astrattismo e figurativismo attraverso diversi ambiti, dalle tecniche alle idee.

Agnieszka Polska, Svätopluk Mikyta e Nika Neelova – Reworking Memories

Federica Schiavo Gallery di Roma inaugura il 24 novembre la mostra Reworking Memories che riunisce il lavoro recente di tre giovani artisti dell’Est Europa: Agnieszka Polska, Svätopluk Mikyta e Nika Neelova. Le opere in mostra rinviano al processo di acquisizione, rielaborazione e distorsione delle narrazioni storiche attualmente in auge e ai metodi di costruzione di storie individuali dimenticate. Ciascun artista manipola il linguaggio e la memoria, interrogando le comuni idee di archivio, percepito come la più autentica registrazione della memoria di un popolo. Analizzano le potenzialità di archivi reali o immaginari, collettivi o privati per rinarrare nuove storie e suggerire punti di vista inusuali sulle comuni retoriche della storia, così come sulle mitologie private.

I principali media usati da Agnieszka Polska sono l’animazione, il video e la fotografia. In galleria, l’artista polacca presenta un progetto che include una grande proiezione del nuovo video, dal sapore quasi documentaristico, How The Work Is Done e un selezionato gruppo di opere dalle serie fotografiche: Arton e How The Work Is Done. Polska lavora citando temi della storia dell’arte nonostante le proprie realizzazioni siano composte da collage di immagini banali.

L’immagine della violenza

In questi giorni di dure battaglie sociali abbiamo avuto modo di vedere molte immagini di tensione o di felicità. Televisioni, quotidiani cartacei e blog hanno lungamente documentato le ribellioni del mondo arabo, la rabbia del popolo greco e la gioia carnevalesca di quello italiano durante la capitolazione di Silvio Berlusconi. Globartamg non è un blog di politica ma, come abbiamo avuto modo di vedere, spesso le rivolte politiche e sociali hanno utilizzato l’arte come veicolo per divulgare e documentare quanto fatto.

L’arte nasconde sempre un sentimento di rivoluzione, forse anche per questo tale impeto non può non accostarsi alla necessità di un cambio sociale. Uno dei gruppi di rivolta pacifica che di questi tempi si è avvalso dell’arte contemporanea e nello specifico della performance art è Occupy Wall Street.

Il Book Deconstruction è l’anticamera del decoupage

Roland Topor, Souvenir, 1971

 

In questi lunghi mesi abbiamo più volte tirato in ballo i diversi comportamenti e tic presenti nella produzione del giovane artista medio. Va detto che molti nuovi talenti presenti all’interno della nostra scena lavorano con coscienza e cercano di evitare estetiche fritte e rifritte e concetti inconcludenti. Sussiste però una buona fetta di artisti emergenti che ama poggiarsi sul già visto, adora creare uno stitico e vuoto inganno visivo da abbinare a quello concettuale per poi generare un enigma inutile.

Questo mistero germoglia come un seme all’interno della mente del fruitore, conducendolo ad una vana ricerca di significati, difficile quanto cercare un gatto nero in una stanza buia quando di fatto il gatto non c’è. Abbiamo quindi passato in rassegna tutte le manifestazioni di Ikea Art e Newindustrialminimalism, vale a dire l’ammasso inutile di found objects, il conglomerato di cemento e lamiere piegate con una bella piuma di pavone sopra, i mobiletti di nonna Piera riempiti con foto dello zio e qualche vaso di plastica liquefatta a far da contrappunto. Accanto a queste manifestazioni creative sta prendendo piede l’ennesimo comportamento generalizzato, quello del Book Deconstruction.

La collezione attiva al Museion di Bolzano

Riattivare, ricomporre e “risvegliare” le opere smembrate, spente e riposte nei depositi del museo. È quello che accade nella mostra “La collezione attiva” ( in visione dal 25 novembre 2011 al 16 settemrbe 2012) con cui Museion chiude la stagione espositiva 2011 – il titolo si riferisce all’atto di riattivazione dei video e delle installazioni in occasione della loro presentazione.

In mostra una selezione di opere di recente acquisizione dalla collezione Museion, la maggior parte presentate per la prima volta. Tra queste, l’installazione di Vito Acconci Candy Bar From GI Joe, 1977 e From Here to There di Jana Sterbak, presentata alla biennale di Venezia nel 2003; Particle Projection (Loop), 2007 di Simon Starling e il video di Francesco Jodice Dubai_Citytellers (2010). La mostra offrirà anche l’occasione per vedere e rivedere importanti opere della collezione quali A Change Of Mind, 2007 di Elmgreen & Dragset e Sediments Sentiments (Figures of Speech), 2007 di Allora & Calzadilla.

Juan Downey – The Thinking Eye

Martedi 22 Novembre 2011 Kunstverein (Milano), ospitata da Careof, presenta quattro video dell’artista cileno Juan Downey (Santiago, 1940 – New York, 1993), tratti dalla serie “The Thinking Eye”, da cui prende il titolo l’intera rassegna di screnings & talks.

Il secondo capitolo della rassegna si concentra su una selezione di video, scelti dall’omonima serie televisiva realizzata da Juan Downey negli anni ’80: The Thinking Eye. Culture as an Instrument of Active Though. Pioniere della video arte, Juan Downey, intende confrontare la sua autobiografia con una storiografia ufficiale, tentando di “decifrare l’io attraverso le ossessioni culturali” ed applicando complessi sistemi di analisi (linguistica, psicoanalisi, semiotica) per recuperare l’io nella cultura, nella politica e nell’economia occidentali. Juan Downey utilizza, il mezzo video come un “occhio” cognitivo che evoca la relatività della percezione attraverso la questione della soggettività, dell’oggettività e l’interazione tra artista, spettatore e soggetto.

Omaggio a Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia

Apre a Venezia il 24 novembre la mostra Omaggio a Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia che nasce dall’eccezionale prestito concesso dal museo di San Pietroburgo alle gallerie veneziane di due dipinti raramente – o mai – prima visti in Italia: il Doppio ritratto di coniugi e la Madonna col Bambino ed angeli.

La mostra, promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano, offre un percorso ricco e composito che pone in dialogo le due opere, rispettivamente degli anni Venti e degli anni Quaranta del ‘500, con altri dipinti lotteschi provenienti da musei europei e dalla collezione delle Gallerie dell’Accademia. L’itinerario della mostra, curata da Matteo Ceriana, comprende inoltre dipinti e sculture coeve derivate da opere del maestro veneziano e documenti che contribuiscono a crearne il contesto storico artistico.

Diego Iaia | Anti-age

Anti-age è il titolo che Diego Iaia ha pensato per la sua seconda personale che inaugura il 2 dicembre presso The Gallery Apart di Roma, una mostra concepita come un momento di rallentamento e sfasamento temporale caratterizzato dalla contraddizione tra tempi di esecuzione e risultato estetico finale, tra furto, duplicazione e camuffamento.

Modalità e tempi del fare artistico, rapporto tra arte e rappresentazione del corpo, ineludibilità della correlazione tra artista e falsificazione sono i temi che Iaia declina mediante un corpus di opere che attraversano i vari media a disposizione di un pittore del XXI secolo. E’ dunque l’esigenza di chiarire il ruolo e la metodologia operativa dell’artista oggi la molla che ha spinto Iaia nella sua ricerca. Se entra in crisi la chiave di lettura con cui il postmodernismo ha centrifugato e messo in discussione valori e modelli di riferimento, l’arte può tornare ad interrogarsi sulla propria funzione? Ci può essere spazio per una fruizione e, prima ancora, per una produzione artistica che necessiti di un tempo di riflessione? Diego Iaia risponde di sì, e si è preso il tempo per riflettere sul rapporta tra opera e autore, tra autore e autore, tra processo e prodotto.