
Le placide giornate al mare sono ormai un lontano ricordo ed i molti vernissage di settembre, organizzati da gallerie private e musei, hanno dato il via alla seconda parte della stagione artistica 2011. Eppure qualcosa non torna, le manifestazioni girano con i motori a mezzo servizio, persino le gallerie che inaugurano mostre con nomi altisonanti si ritrovano semivuote con scorte le vino che avanzano per le settimane a venire. Qualcuno ha subito dato la colpa alle aperture anticipate che hanno colto impreparate le molte persone ancora in ferie ma oramai siamo giunti ad ottobre e la situazione non sembra migliorare.
Il conto è facile da stilare, alle mostre d’arte contemporanea manca attualmente circa la metà del pubblico dello scorso inverno. Ovviamente noi addetti del settore non possiamo che sperare in una pronta “guarigione” ma il problema risiede nella qualità dell’offerta e non nella quantità. Se il pubblico non confluisce significa che ha trovato di meglio da fare e questo, per il nostro sistema post Padiglione Italia by Vittorione Nazionale e post crollo dei poli museali, non è una gran bella faccenda. Quelle poche mostre che hanno sino ad ora salvato la baracca hanno meritatamente beneficiato di una grande affluenza di pubblico attirato da proposte veramente interessanti.


Uomini-cane e bambini sfigurati, scimmie con tre occhi, una donna-pesce in agonia: famelici ibridi nati dalla mescolanza o dalla lotta tra uomini e animali, figli inquieti di una mutazione antropologica che sembra generata dall’alterazione degli equilibri evolutivi e delle convenzioni culturali invalse per millenni, sono i protagonisti della recente ricerca pittorica di Nicola Alessandrini, che parte da una scientifica descrizione del dato naturalistico per trascinare lo spettatore nelle catastrofiche visioni di un’umanità sospesa tra le contrastanti pulsioni dell’abbrutimento della carne e dell’euforia del volo.









