
Notizia inaspettata quanto drammatica legata al giornalismo d’arte. Il prestigioso Artnet Magazine (facente parte del noto circuito di Artnet) ha definitivamente chiuso i battenti. La triste decisione è stata presa dall’editore Walter Robinson, che ha diretto per ben 16 anni la testata: “Mi sono divertito parecchio in tutti questi anni, abbiamo lavorato egregiamente, creando una testata di critica d’arte senza appesantirla troppo con inutili barocchismi” ha dichiarato alla stampa l’ex direttore.
Le parole di Robinson coprono però una realtà ben più oscura di quella data in pasto ai media. In tutti questi anni di attività infatti, Artnet Magazine è riuscito a barcamenarsi nel duro mondo dell’editoria online salvo poi caracollare duramente in questo ultimo periodo di crisi economica. Già, i soldi nel mondo dell’arte, almeno per quanto riguarda determinati servizi, sembrano essere finiti sul serio. Dalle nostre parti si fatica duramente per trovare inserzionisti disposti ad investire.




Per una manciata di decadi la musicassetta ha monopolizzato non solo il mondo della musica ma anche quello della creatività in genere. Alzi la mano chi non ha mai inciso la sua voce su di un nastro magnetico o non ha mai registrato della musica autoprodotta o ancora chi non ha mai “sdoppiato” l’album della sua band preferita a qualche amico o compagno di scuola. Molti artisti hanno utilizzato l’audiocassetta per compiere stravaganti esperimenti ed uno di questi è William Furlong che dai primi anni ’70 ha effettuato alcune ricerche di matrice concettuale utilizzando appunto la cara e vecchia cassetta.
Quando Matt Eich (ora 23enne) entrò nella scuola di fotogiornalismo nel 2004, l‘industria giornalisitica era già in declino. Matt però fotografa sin da quando bambino, la fotografia è quello che gli riesce meglio perciò ha continuato a percorrere tale strada anche dopo il matrimonio e la nascita di suo figlio. Ora Matt riesce a vendere qualche fotografia, lavorando come freelance per qualche magazine: “Devo lavorare sodo e scattare molte fotografie, poi devo piazzarle. Nessuno ti paga uno stipendio fisso, prima il fotogiornalismo era un mestiere, ora è divenuto puro caos, mi guadagno da vivere unendo un puzzle di piccoli lavoretti per alcuni giornali” ha dichiarato Matt.
