Il fundraising non esiste

Il fundraising è la soluzione a tutti i tuoi problemi, il fundraising ti salverà. Esistono scuole, festival, corsi e master per il fundraising, esistono esperti, agenzie  e quanto altro. Tutti ti ripetono le stesse cantilene:“Attuare tutte le strategie utili per incontrare le esigenze dello sponsor”, “mirare al cuore del brand con il matching, un nuovo metodo per fare networking”, “liberate le vostre energie e adottate tutti gli strumenti a vostra disposizione”.  

Ma il fundraising in realtà è un meccanismo ben più semplice di questi automatismi lessicali. Un soggetto chiede soldi per un dato progetto e lo sponsor sborsa i quattrini. Facile no? Mica tanto, anche perché se ognuno di noi bussasse alla porta di una grande azienda e chiedesse i soldi per un suo grande progetto la povera azienda fallirebbe nel giro di pochi giorni.

Lo stato della cultura in Italia? Peggio di un film horror.

La scorsa domenica, seguendo l’abituale puntata di Presadiretta su raitre, non ho potuto fare a meno di provare un grande senso di compassione per lo stato in cui versa la nostra cultura. La puntata, intitolata appunto Cultura a Fondo, ha analizzato con perizia alcuni casi singoli, fra cui quello della Pinacoteca di Brera, i quali illustrano al meglio gli sprechi ed i tagli che in questi ultimi tempi hanno serrato la gola dei nostri tesori culturali.

Logico, non ci voleva la televisione per ricordarci che i nostri musei non hanno fondi per esporre e restaurare capolavori d’arte di inestimabile valore. Eppure la vista di quell’orrore non può lasciare lo spettatore indenne.

Se Steve McCurry riattiva il MACRO di Roma

Domenica 22 gennaio 2012, ore 17:00, una lunghissima fila di visitatori serpeggia ben oltre le cancellate del museo MACRO di Roma in quel di Testaccio. A memoria d’uomo una folla così nutrita non s’era mai vista all’interno dell’ex mattatoio, ed il bello è che gli astanti non si apprestano a presenziare ad un art aperitif o ad un vernissage, bensì ad una mostra che è stata inaugurata già da diverso tempo, esattamente dal 3 dicembre 2011. Parliamo ovviamente della nutrita retrospettiva dedicata a Steve McCurry, oltre duecento scatti che raccontano le storie e i viaggi del genio americano della fotografia documentaristica.

Un successo senza precedenti che apre una grande riflessione sul passato del MACRO e sul futuro di tutti i musei d’arte contemporanea dell’intera nazione. Steve McCurry non è propriamente un artista sperimentale, il suo lavoro è di grande impatto visivo e caratterizzato da una curatissima componente estetica. All’interno della sua visione fotografica non si nascondono significati altri, tutto è ben evidente e pronto ad esser fruito. Forse Steve McCurry è un fotografo “facile”, forse la sua retrospettiva è solamente un blockbuster ma è innegabile che questo evento segna il netto ricongiungimento tra il MACRO e la fotografia, tra il museo ed il suo pubblico.

Crisi o non crisi il popolo ha bisogo di cultura

C’è crisi ovunque, i collezionisti latitano, gli artisti si lamentano e così pure i galleristi. Eppure l’arte per così dire istituzionale non sembra essere in deficit. Secondo un sondaggio effettuato dal Ministero dei Beni Culturali, da Gennaio a Settembre 2011 c’è stato un netto incremento dei visitatori all’interno dei musei. Le presenze sono infatti aumentate dell’8,06% mentre gli incassi hanno fatto registrare un rialzo del 6,32%.

Questa notizia potrebbe sembrarvi un poco campanilistica ma in questo momento dove il mondo della cultura è pesantemente attaccato da più parti, un poco di aria pulita non fa mai male, se non altro per ribadire il concetto che con l’arte si mangia. Ed il concetto in questione è stato ribadito anche dal direttore generale del Ministero dei Beni Culturali Mario Resca, che ha così risposto ai numeri del sondaggio: “”La conoscenza è un accumulo non uno spreco. In questo momento di crisi la cultura rappresenta un elemento molto importante. Noi abbiamo un patrimonio enorme va solo fatto conoscere. Questa richiesta di cultura da parte degli italiani è solo l’effetto di una fortissima domanda che era latente e che noi, della direzione generale del Mibac, abbiamo capito e intercettato in modo da dare delle adeguate risposte”.

Ed Anche Jerry Saltz accusa il mondo dell’arte

Se Charles Saatchi si è detto deluso dall’attuale mondo dell’arte, il celebre critico Jerry Saltz non può essere da meno ed ha quindi risposto idealmente al dealer con un articolo comparso sul New York Entertainment. Attaccare un sistema in cui fino ad oggi tutti hanno ben mangiato sembra esser divenuto lo sport nazionale degli Artsters di tutto il mondo. A differenza di Saatchi, Saltz se la prende con i musei, accusandoli di essersi trasformati in enormi parchi di divertimento o circhi consumistici, votati allo spettacolo ed al voyeurismo.

L’inizio della fine, secondo il grande critico, è databile attorno al 2008 con l’inaugurazione della mostra theanyspacewhatever al Guggenheim di New York, una sorta di baraccone iperconcettuale intriso di parole e luci con tanto di top stars dell’arte del calibro di Angela Bulloch, Maurizio Cattelan, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon e Carsten Höller.

Il mondo dell’arte schiavo dell’Operazionismo creativo

 

Nan Goldin si riscopre fotografa (senza identità) per il re delle scarpe Jimmy Choo. Ai Weiwei non disdegna la collaborazione con W Magazine. Jerry Saltz è un grande critico ma è anche un giudice del reality show dell’arte Work Of Art, una delle peggiori idee della tv contemporanea. Christie’s da par suo assolda Spiderman e lo fa interagire con una scultura di Louise Bourgeois. Le fiere dell’arte si moltiplicano a vista d’occhio con conseguente bagno di folla ma spesso gli opening si affastellano l’uno sull’altro, creando replicanti inutili. I grandi franchisor come Lisson aprono sedi in ogni parte del globo per attirar più clienti nei loro supermarket dell’arte. La Vip Art Fair, fiera dell’arte esclusivamente online, ritocca la sua piattaforma in occasione dell’edizione 2012.

Queste, in sintesi, le notizie provenienti dal mondo dell’arte contemporanea degli ultimi giorni. Si tratta di eventi che in sostanza superano il concetto di spettacolo ed intrattenimento per lanciarsi sui sentieri inesplorati del nulla totale. La crisi del mondo moderno ha provocato una reazione all’interno dell’artesistema ma questa reazione è in realtà un grande effetto collaterale che minaccia la salute di un mondo ormai esangue.

Le mostre di settembre in giro per il mondo

Per molti le ferie estive sono ormai un ricordo del passato ma c’è chi ha scelto settembre per godersi le vacanze in giro per il mondo. Ebbene per tutti gli aficionados delle vacanze settembrine, ecco a voi una piccola lista di mostre da vedere all’estero. Cominciamo con Edward Kienholz che fino al prossimo 15 gennaio sarà ospitato dal LACMA, Los Angeles County Museum of Art. Alla retrospettiva, dal titolo Five Car Stud 1969-1972 Revisitated, saranno presenti le celebri fotografie che hanno regalato a Kienholz la presenza a Documenta 5 nel 1972. Tempo fino al 19 settembre per ammirare la mostra Paris – Delhi – Bombay, ospitata dal Centre Pompidou di Parigi. Alla grande manifestazione saranno presenti le opere di 50 artisti indiani tra cui Anish Kapoor e Subodh Gupta.

Richard Prince sarà invece il protagonista assolutao della mostra Covering Pollock, ospitata fino al prossimo 17 ottobre dal Guild Hall Museum di East Hampton (NY). Per l’occasione Prince ha creato una serie di opere nuova di pacca, coprendo l’immagine fotografica del grande Jackson Pollock con una serie di immagini di vario tipo. Omer Fast, il grande video artista israeliano, sarà invece ospite al The Model di Sligo (Irlanda) fino al prossimo 27 novembre. Alla sua personale intitolata The Tunnel, saranno presenti 3 grandi video installazioni .

L’arte contemporanea non va in vacanza?

Vi ricordate com’era la stagione estiva nella vostra città negli anni ’80? Beh più o meno come in ogni altra città d’Italia, vale a dire il deserto dei Sahara. Strutture vaganti, saracinesche abbassate, servizi inesistenti e mezzi pubblici latitanti. Insomma, i turisti che sceglievano l’Italia come meta vacanziera avevano ben poche speranze di ammirare le meraviglie culturali del nostro paese, visti i portoni dei musei pubblici inevitabilmente chiusi e la totale mancanza di punti informazione.

Oggi le cose sono sostanzialmente cambiate, ogni città si è in qualche modo attrezzata per far fronte alla serrata estiva ed a poco a poco sono spuntate varie iniziative culturali ed aperture estive dei musei, cosa che ha equiparato la nostra nazione ad ogni altro stato estero, interessato ad invogliare il turista a visitare le bellezze locali. Problema risolto quindi? Non esattamente. La strada da fare è infatti ancora molto molto lunga. Se è vero che la stragrande maggioranza dei musei di arte contemporanea è “aperta per ferie”, è anche vero che queste istituzioni non hanno ancora messo a punto un serio programma estivo.

Parliamo di opere, non di nomi

Quando guardate una mostra, ammirate la valenza delle opere o preferite semplicemente ammirare i nomi degli artisti o peggio ancora i loro curriculum? La risposta a questa domanda dovrebbe essere assai semplice, eppure sembra che non tutti siano in linea con l’affermazione: “l’opera prima di tutto”. Negli ultimi tempi infatti, molti attori dell nostro sistemone artistico nazionalpopolare hanno dimostrato di pensare solo al loro progetto curatoriale, sparando nomi blasonati, piuttosto che osservare da vicino la produzione degli artisti.

Esempio lampante di questa pratica assai deprecabile è l’attuale Padiglione Italia (con relative Biennali diffuse in ogni regione) di Vittorio Sgarbi. Per tener fede al suo progetto, il celebre storico ha di fatto affastellato decine e decine di nomi, creando una sorta di fai da te dell’arte, con artisti lasciati alla loro mercé che hanno trasportato le opere a proprie spese e non hanno avuto nemmeno voce in capitolo per quanto riguarda l’allestimento.

Musei d’Italia, una giungla di regolamenti

CRAA, PAC, PAN, MAN, MART. Se questa piccola lista vi sembra un naturale prolungamento dello Zang Tumb Tumb del Filippo Tommaso Martinetti, possiamo solamente aggiungere che vi siete sbagliati di poco, visto che sempre di arte stiamo parlando. Queste cacofoniche sigle da fumetto si riferiscono infatti (come molti di voi ben sapranno) ai tanti musei e centri per l’arte contemporanea sparsi per l’Italia. Tanti poli culturali ed altrettanti dissimili regolamenti interni che sono per forza di cose subordinati alle varie tipologie di museo.

Ci sono infatti i musei regionali, quelli provinciali, le fondazioni, i musei civici e chi più ne ha più ne metta. Ognuno di questi organismi deve rendere conto ad una diversa amministrazione pubblica che ne stabilisce i regolamenti e stanzia i fondi per la sussistenza stessa dello spazio. Tanto per fare un esempio pratico i Musei regionali sono gestiti più o meno direttamente dall’Assessorato regionale dei Beni culturali. Ovviamente non esiste un regolamento comune ed ogni regione o ogni provincia del caso decide autonomamente.

Mostre blockbuster? l’Inghilterra corre ai ripari

In questi giorni il quotidiano britannico The Guardian ha pubblicato un’interessante analisi sulle mostre blockbuster, vale a dire eventi che ospitano i più grandi maestri dell’arte nei più prestigiosi musei del mondo con l’intento di fare cassetta, racimolando fantastiliardi a destra e a manca e vendendo un numero spropositato di biglietti. Matisse, Van Gogh, Tiziano, Raffaello, Gauguin e chi più ne ha più ne metta. Nessuno si salva al triste destino della mostra blockbuster. Spesso e volentieri però il corpus di ogni mostra è formato da pochissime opere maggiori e molte opere minori di un dato maestro.

Altro grosso aspetto negativo è rappresentato proprio dalla incredibile affluenza di pubblico che di fatto impedisce una corretta fruizione delle opere e costringe i poveri visitatori a sbracciarsi o peggio ancora a divenir preda di una corrente umana che li strascina lontano dal dipinto tanto sospirato. Il Guardian ci fa però notare che la tendenza delle mostre blockbuster in Gran Bretagna potrebbe presto subire una brusca variazione di rotta.

Cosa succede nel museo d’arte contemporanea della tua città?

Attenzione, segue dialogo fittizio ma molto probabile:

“Ed il vernissage al museo quando lo facciamo, di Giovedì come di consueto? No meglio il venerdi, anzi meglio il sabato. Anzi no scusate, facciamolo di martedì che fa più radical chic. E poi fatemi il piacere di non chiamarlo vernissage ma opening. Potremmo anche organizzare una sorta di brunch e magari piazzarlo all’interno di una preview per collezionisti e giornalisti.

Poi verso la primavera organizziamo un appuntamento con aperitivo e musica electro, così vengono i giovani. Una bella situazione tipo discoteca avant-garde così facciamo 4000 presenze in un sol colpo e quando mandiamo i comunicati stampa possiamo dichiarare di esser l’istituzione con più visitatori in assoluto.

Attenti alla Russia, parte seconda

Mentre tutti erano distratti dalle mosse della Cina noi, in tempi non sospetti, avevamo lanciato una profezia: “attenti alla Russia”. Già, perché avevamo notato un grande fermento creativo da quelle parti.  Oggi, prendendo in esame la città di San Pietroburgo, è possibile notare come a distanza di un paio d’anni questa metropoli sia divenuta ancor più potente all’interno della scena dell’arte internazionale, affiancandosi a veri e propri colossi come Stati Uniti e Regno Unito.

In pochi mesi due sponsors privati hanno sovvenzionato i restauri di ben due musei, vale a dire l’Erarta Museum e il Novy Muzei (New Museum). Tra le altre cose l’Erarta Museum è un museo non-governativo e quindi oltre a disporre di una nutrita collezione di opere cercherà in futuro di generare un mercato attorno ad esse, cosa che anche i nostri musei dovrebbero fare, dopo una tanto sospirata privatizzazione. Questi due nuovi (o rinnovati) gioielli si uniscono al Museum of Nonconformist Art, un museo fondato 20 anni fa da un manipolo di agguerriti artisti che occuparono l’edificio per lanciare una nuova ondata di arte contemporanea al di fuori dalle consone regole della scena russa.

Che fine ha fatto il Rinascimento Contemporaneo romano?

Dal 5 all’8 maggio 2011 torna a Roma The Road To Contemporary , evento fieristico giunto ormai alla sua quarta edizione. Leggendo il comunicato stampa emesso dalla prestigiosa manifestazione e ripensando all’edizione dello scorso anno sono stata colta da una strana di malinconia, vorrei quindi offrirvi uno stralcio di tale comunicato per aiutarvi a comprendere meglio i miei sentimenti: “Lo scorso anno il pubblico ha partecipato ad una grande festa dell’arte contemporanea grazie anche alle straordinarie inaugurazioni dei musei MAXXI e MACRO, alle aperture di nuove Fondazioni private, alla partecipazione delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri presenti in città. Un vero e proprio Rinascimento Contemporaneo di cui Roma è protagonista e che la pone ogni giorno di più al centro dell’interesse internazionale…”.

Ebbene queste affermazioni mi arrivano oggi come lontani canti, portati via dal vento. Quel Rinascimento Contemporaneo che tanto sospiravamo giusto dodici mesi fa si è inesorabilmente inceppato, come gli ingranaggi del nostro attuale governo. Cosa è successo a Roma in questi famigerati dodici mesi? Ben poco, verrebbe da dire. Il MAXXI ha proposto solamente due medio/buoni eventi di arte contemporanea (Gino De Dominicis e Michelangelo Pistoletto), per il resto solo qualche “mezza figura” costituita da piccoli eventi legati all’architettura.