Nei musei italiani le statistiche si fanno da Natale a Santo Stefano

di Redazione Commenta

Anno nuovo, mondo museale nuovo. Certo, sarebbe bello poter assistere ad un cambiamento del genere anche se insperato, svegliarci un giorno e poter renderci conto che i nostri poli istituzionali si sono trasformati in una macchina da guerra ben congegnata. Inaugurazioni programmate a regola, mostre interessanti anche per il pubblico e non solo per gli addetti ai lavori, eventi centrali affiancati da sotto-clou in grado di tener alto l’interesse, elementi multimediali e didattici, programmi per i più giovani, screenings di video e quanto altro fa arte.

In special modo andrebbero curate le statistiche, vale a dire la base per compiere futuri studi sull’andamento dei musei. Questo al di fuori dei nostri confini nazionali rappresenta la regola ma da noi questi accorgimenti sono rari come l’acqua nel deserto. Prendiamo ad esempio le ultime statistiche rilasciate da un raggiante MIBAC: nei giorni di Vigilia, Natale e Santo Stefano i nostri musei hanno riscontrato un incremento complessivo di visitatori del 17,73% rispetto al 2010, per un totale di presenze pari a 63.745 (mentre le statistiche dello scorso anno parlavano di  54.144 presenze). Nello specifico, alla vigilia di Natale si è registrato un incremento di visitatori del 24,29% rispetto al 2010, con incassi del 27,09% in più rispetto all’anno precedente. La cosa ha semplicemente mandato in sollucchero il nostro ministro Lorenzo Ornaghi che in merito al successo ha così commentato: “E’ un invito a rinvigorire il nostro impegno perché la cultura continui ad esercitare un ruolo di primaria importanza nella vita del Paese”. Il problema è che nel nostro Belpaese si eseguono statistiche unicamente nei giorni di apertura straordinaria dei musei, quando il biglietto ridotto o gratuito attira nei musei una grande massa di persone. Fare le statistiche quando tutto va bene a noi sembra una castroneria senza precedenti.

Proviamo ad esempio ad estendere queste statistiche nell’arco di un anno o magari nell’arco di cinque. All’estero molti musei eseguono statistiche dettagliate mese per mese, osservano attentamente il trend degli ingressi ed il target di pubblico interessato. Sulla base di questi dati, che superano ampliamente i miseri risultati raggiunti dall’Italia, si eseguono dei cambi in corsa tentando di sistemare quello che non funziona. Noi non sappiamo chi visita i nostri musei, cosa gradisce e cosa non gradisce, quali mostre sono state più visitate e quali meno, quali strumenti didattici funzionano e quali sarebbero da cambiare. Sappiamo solo che nell’apertura straordinaria dei musei gli italiani reagiscono alla grande. Siamo sicuri che questo ci basti?

 

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