Il piatto piange per Richard Prince

I periodi delle vacche grasse sono stati redditizi per molti artisti, basti pensare alle cifre astronomiche registrate dalle vendite delle opere di Damien Hirst e Jeff Koons. Tuttavia a parte squali sotto vetro venduti per 17 milioni di dollari e cagnolini di acciaio di una tonnellata quotati 5 milioni di dollari, tra gli artisti che fino a ieri hanno totalizzato cifre da record svetta il nome di Richard Prince, famoso per rifotografare le foto altrui e vendersele come sue opere.

Nel 2005 ad esempio una sua opera fu battuta all’asta per un milione di dollari partendo da una base di 250.000 dollari e la scorsa estate un suo dipinto è stato venduto all’asta per 8.4 milioni di dollari, quasi 28 volte la cifra con cui era stato precedentemente acquistato. Tutto questo era appunto ieri poiché il periodo delle vacche grasse è terminato ed ora non ci resta che quello delle vacche magre. Con l’avvento della crisi economica e forse anche a causa di una bolla speculativa, le opere di Prince hanno perso enorme valore, si stima infatti che le sue quotazioni siano scese del 50 per cento.

Massimiliano Gioni al comando della Gwangju Biennale

Massimiliano Gioni, alter ego e voce di Cattelan nonchè direttore della sezione special exhibitions del New Museum di New York è stato designato come nuovo direttore artistico dell’ottava edizione della Gwangju Biennale che si terrà il prossimo settembre 2010. La manifestazione è una delle prime biennali in Asia (è stata istituita nel 1995) ed è un evento internazionale di grande importanza che puntualmente si tiene a Gwangju, città industriale della Corea del Sud.

Per comprendere la grandezza della kermesse dagli occhi a mandorla basti pensare al fatto che le ultime edizioni della biennale sono state letteralmente prese d’assalto da milioni di visitatori nei tre mesi di durata dell’intera manifestazione.

MiArt, finale da brivido: rubata un’opera di Arnaldo Pomodoro

Il MiArt tenta di tirarsi fuori dalla mischia delle fiere italiane, dopo tredici anni vissuti in bilico tra paradiso ed inferno la manifestazione meneghina ha cercato quest’anno di riproporsi in una veste più internazionale presentando però 140 gallerie (l’anno passato erano 200) prettamente milanesi.

Scelta questa che basta come risposta ai detrattori che hanno additato le pur modeste fiere romane come eventi poco aperti all’estero e tacciati di romanocentrismo.  Pur con un buon allestimento ed una serie di eventi collaterali di pregevole fattura come la presenza Vanessa Beecroft al PAC e la Video Lounge curata Nav Haq, il MiArt 2009 ha lasciato l’amaro in bocca a diverse gallerie che hanno lamentato la mancanza di un giro di collezionismo internazionale e di nuovi contatti.

Giustizia per Federico Solmi

Federico Solmi può tirare un sospiro di sollievo, ieri mattina è trapelata la notizia che i giudici del Tribunale del Riesame di Bologna hanno ordinato due settimane fa il dissequestro dell’opera che era stata esposta ad Arte Fiera, la kermesse internazionale di arte contemporanea che si è svolta a Bologna dal 23 al 26 gennaio.

I giudici nel liberare l’artista dalle accuse di ipotesi di reato ed offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio, avrebbero dichiarato che “Pur essendo un’opera senza dubbio provocatoria, vista l’associazione di simboli sessuali e simboli religiosi, il crocifisso di Federico Solmi è solo ed esclusivamente un’opera d’arte e per quanto eccentrica possa essere considerata, non sono stati compiuti interventi di natura denigratoria su un oggetto di culto, quale appunto un crocifisso, bensì è stata realizzata un’immagine che rappresenta un’imitazione del simbolo religioso che quindi non avrebbe mai potuto essere venerato”.

Buone nuove per Shepard Fairey

Ed alla fine il nostro Shepard Fairey è riuscito a spuntarla. Un magistrato della corte municipale di Boston ha dichiarato lunedì scorso che sette denunce a carico dell’artista per affissione illegale di posters nell’area cittadina, devono essere archiviate per mancanza di prove.

Fairey era stato accusato di ben 17 atti vandalici per affissione di posters e per aver disegnato murales in spazi pubblici e privati nei dintorni di Boston ed in tutto il tessuto urbano. L’artista deve comunque tornare prossimamente davanti alla corte cittadina per rispondere delle rimanenti 10 denunce a suo carico. Nel frattempo i legali di Fairey stanno lottando per la ben ormai nota causa intentata dalla Associated Press che come ben saprete ha denunciato l’artista per sospetta appropriazione indebita di copyright.

Disputa tra gli eredi di George Grosz e il MoMa di New York

Gli eredi di Gorge Grosz, uno dei più grandi pittori avanguardisti del ‘900 e grande oppositore del regime nazista, hanno recentemente citato in giudizio il MoMa di New York che ha rifiutato la restituzione di tre dipinti creati dall’artista e successivamente scomparsi nel 1933.

Le tre opere intitolate Portrait of the Poet Max Herrmann-Neisse, Self-Portrait with Model, e Republican Automatons, erano state affidate da Grosz in fuga dalla minaccia nazista al gallerista Alfred Flechtheim residente a Berlino. Mentre Grosz era in esilio negli Stati Uniti il governo nazista ordinò la confisca e la distruzione di oltre 285 dipinti presenti nell’atelier dell’artista e nei musei tedeschi. Dopo la morte del gallerista Alfred Flechtheim e la chiusura della sua galleria, l’art dealer Charlotte Weidler si appropriò dei dipinti di Grosz dichiarando di averli ereditati da Flechteim.

Viva, viva, viva l’Inghilterra

Parliamo ancora della scena dell’arte britannica. Nell’ultimo periodo le gallerie d’arte contemporanea di Londra stanno attraversando un  interessante periodo di transizione. Mentre il resto del mondo della finanza stringe la cinghia per far fronte alla crisi, Londra sembra un fiorire di eventi legati al mondo dell’arte.

Anche se la Lisson Gallery e la White Cube hanno ridotto il loro staff c’è da dire che pochissime gallerie, rispetto alle altre nazioni europee, hanno chiuso i battenti. L’unica grave perdita registrata è l’abbandono della Yvon Lambert Gallery che aveva inaugurato la sua sede lo scorso ottobre, alla blasonata galleria rimangono comunque le sedi di Parigi e New York. A parte questa nota negativa le brutte notizie sembrano sovrastate da una miriade di iniziative benefiche.  Hauser & Wirth, una delle più grandi gallerie d’arte contemporanea di Londra ha deciso di dare giusto supporto ai giovani artisti britannici aprendo una nuova sede in Swallow Street dedicata alla giovane arte.

Paul Fryer, una pietà elettrica

Tornano alla ribalta le polemiche tra arte e religione, leitmotiv che sembra esser ormai divenuto una triste e scordata cantilena che non affascina o scandalizza più nessuno. La Cattedrale di Gap nel sud della Francia in occasione delle festività pasquali ha da poco ospitato una scultura dal titolo Pietà raffigurante il Cristo morto su una sedia elettrica, opera dell’artista britannico Paul Fryer.

L’operazione avrebbe suscitato non poche reazioni ”in maggioranza positive”, ha osservato il vescovo della diocesi, Jean-Michel di Falco. Commenti di fedeli e visitatori , posti accanto alla foto della scultura , sono inoltre stati pubblicati sul sito della diocesi di Gap e sono in gran parte favorevoli all’ iniziativa. ”La croce non era l’equivalente, all’epoca romana, della sedia elettrica?”, si chiede uno dei fedeli. Un altro osserva: ”Oggi entriamo in una chiesa senza neanche guardare Cristo sulla croce. Alloro dico grazie a Jean-Michel di Falco per avermi svegliato”.

“E’ Falso”, Luigi Ontani frantuma il suo vaso

Chissà cosa è saltato in testa a Luigi Ontani il 9 aprile scorso quando nelle sale espositive dell’Ara Pacis di Roma in occasione della mostra Dall’infinitesimo all’infinito dedicata all’architetto e designer Alessandro Mendini, ha letteralmente fatto a pezzi un vaso della serie 100% Make Up che Mendini aveva realizzato nel 1992 con il supporto economico della Alessi.

Il vaso della discordia è parte di una serie di cento vasi in tiratura limitata frutto del lavoro congiunto di vari artisti che hanno apportato il loro contributo creativo su una forma unica. Il mistero è presto svelato, Ontani avrebbe distrutto il vaso con una sua opera poiché la stessa sarebbe stata inserita nel progetto a sua totale insaputa, così l’autore commenta l’accaduto ” Il vaso non è mio, nessuno mi aveva detto nulla ed io all’epoca del progetto 100% Make Up ero in oriente. Io non firmo contratti, nessuno ha mai autorizzato quel lavoro. Quel vaso è orribile, si sono limitati a riprodurre una mia opera a olio su un fondo scuro assolutamente inadatto. Quando ho visto il mio nome in mostra all’Ara Pacis ho pensato che dovevo fare qualcosa, e l’ho fatta”

La crisi e l’arte

L’Art Trading Fund, fondo per l’arte lanciato a Londra nel 2008 con l’obiettivo di racimolare 50 milioni di dollari da investire nell’arte contemporanea, ha recentemente annunciato tramite la voce del co-fondatore Chris Carlson di essere costretto a rinviare l’attività a causa delle difficoltà incontrate nel raggiungere la cifra concordata.

Il fondo che annovera tra i suoi consulenti anche Charles Saatchi sarebbe riuscito a stringere accordi verbali per 35 milioni di dollari ma di fatto nelle casse sino ad ora ci sono solo (si fa per dire) 15 milioni di dollari. Nel frattempo la Meridian Art Partners di New York, società che gestisce un altro fondo per l’arte, ha recentemente dichiarato di aver notevoli difficoltà nel raggiungere la cifra di 100 milioni di dollari da investire nel mercato dell’arte. Stessa sorte per la Dean Art Investments che ha rinunciato al suo progetto di racimolare 50 milioni di dollari da reinvestire in opere d’arte.

Galeotta fu quell’opera

Il Southbank Centre, innovativo punto di riferimento londinese per le arti visive, per la musica e per la letteratura, ha recentemente rimosso un’opera in mostra dopo aver appreso che la stessa era frutto dell’estro creativo di un’artista colpevole di aver assassinato due giovani ragazze.

Il centro aveva comprato l’opera di Colin Pitchfork intitolata Bringing Music to Life dopo averla visionata durante la mostra d’arte organizzata da Koestler Trust, un’organizzazione che fornisce supporto ad artisti detenuti aiutandoli a creare, esibire e vendere opere nate nel grigiore di una casa circondariale. 

Banksy, chi di spray ferisce di spray perisce

Un gruppo di street artists chiamato Appropriate Media ha rivendicato l’attentato commesso ai danni di un’opera murale di Banksy intitolata The Mild Mild West. Il murales che si trova nella città di Bristol è stato imbrattato pesantemente con della vernice rossa. Il gruppo Appropriate Media avrebbe agito in tal senso per protesta contro il processo di riqualificazione del quartiere di Stokes Croft che, una volta ultimati i lavori, porterà nella zona famiglie provenienti dalla media borghesia a discapito delle classi più povere residenti ora nell’area.

Oli Wells, direttore di Coexist la società che si sta occupando dei lavori di urbanistica ha affermato di non capire il perché “di un’azione scellerata a discapito di un murale amato dagli abitanti che rappresenta una nota positiva per il cambiamento dell’intero quartiere. Il messaggio dietro a questo gesto è estremamente confuso ed inoltre non capisco perché sia stato scelto proprio Banksy come bersaglio”

Richard Prince, rasta con il trucco

Noie per Richard Prince ed il suo art dealer Larry Gagosian, il fotografo francese Patrick Cariou ha infatti citato in giudizio il dinamico duo per un abuso di copyright riguardante una foto di sua proprietà che l’artista Prince avrebbe usato per una sua recente serie di opere.

Secondo i legali del fotografo francese Richard Prince avrebbe manipolato senza alcuna autorizzazione una serie di immagini provenienti da Yes Rasta, libro fotografico con immagini riguardanti la cultura del popolo rastafari che Cariou ha pubblicato nel 2000 dopo una decade di ricerche sulle montagne jamaicane. Richard Prince ha esposto la serie di opere incriminate in occasione di Canal Zone, una mostra alla Gagosian di New York che ha avuto luogo nel 2008. Anche la nostra italianissima casa editrice Rizzoli sarebbe stata nominata in giudizio per aver collaborato alla produzione del catalogo di Canal Zone, gli esponenti del gruppo italiano hanno però negato il fatto di aver distribuito il catalogo e di essere perciò estranei ai fatti.

Newyorkesi a Venezia

Gli artisti newyorkesi avranno un ruolo fondamentale alla prossima Biennale di Venezia, ” Ci saranno tantissimi artisti americani in questa edizione e la maggior parte di loro vive e lavora a New York” questo il commento di Daniel Birnbaum direttore e curatore della grande manifestazione.

Come è noto la biennale ha un grande impatto sul mercato dell’arte e sulla carriera degli artisti che vi partecipano  e non è un segreto il fatto che molti affari iniziano alla biennale per poi concludersi alla fiera di Art Basel che apre puntualmente la stessa settimana della manifestazione veneziana. Tuttavia Paolo Baratta, presidente della Biennale, ci tiene a precisare che il lavoro di Birnbaum non ha niente a che vedere con il mercato e le quotazioni dell’arte contemporanea, viene quindi da pensare che implicitamente Baratta ci vuole comunicare che gli artisti presenti alla kermesse sono stati tutti convocati in nome della sperimentazione artistica e non secondo oscuri meccanismi e scelte pilotate dal sistema.