Alla Tate St Ives c’è Alex Katz

Nato nel 1927 a Brooklyn, New York, Alex Katz è uno degli artisti viventi più importanti degli stati uniti. Nel 2012 Katz celebrerà il suo 85 ° compleanno, e una carriera che abbraccia sei decenni. Per la sua prossima mostra alla Tate St Ives (dal 19/5/2012 al 23/9/2012), Katz ha pensato bene di riunire oltre 30 tele, oltre a collage e ritagli, che abbracciano l’intera gamma della sua carriera dal 1950 ad oggi.

Data la posizione della Tate St Ives, e l’approssimarsi della stagione estiva, la mostra pone un accento particolare sui paesaggi marini e sulle scene di spiaggia, così come immagini di vacanze di famiglia e amici, dipinte nella casa dell’artista sul mare di Lincolnville, Maine , dove continua a trascorrere le sue estati.

Spararsi al museo pensando a Chris Burden

Avete presente la performance Shoot di Chris Burden? Per chi non lo sapesse, nel 1971 il giovane artista, che in seguito diverrà uno dei più grandi nomi della performance art internazionale, portò a termine una delle azioni artistiche più rocambolesche e pericolose di tutta la storia dell’arte.

In quell’occasione Burden si sistemò all’interno di una galleria e si offrì come bersaglio ad un tiratore (un suo amico n.d.r.) munito di un fucile. Il tiratore ferì Chris Burden ad un braccio e l’artista fu costretto a recarsi d’urgenza al pronto soccorso per le cure del caso.

Parole in ricordo di lontane lande assolate

Richard Long (Bristol, 1945): un nome che rievoca paesaggi lontani, assolati e deserti. Luoghi disabitati ed inaccessibili, dove egli libera la mente lasciandosi ispirare dagli elementi naturali che lo circondano, per esprimere il proprio estro creativo attraverso installazioni ambientali di vaste dimensioni. Dagli anni Sessanta Richard ha iniziato a produrre straordinari interventi di Land Art che lo hanno reso famoso in tutto il globo, allargando le possibilità della scultura fino ad emanciparla nell’uso di nuovi materiali e tecniche innovative.

Long, presente all’opening alla galleria Lorcan O’Neill di Roma, è uno brioso sessantasettenne in splendida forma. In gioventù ha frequentato prima il West of England College of Art e, successivamente, la St. Martin’s School of Art di Londra. Ha partecipato a numerose mostre in tutto il mondo, perfino in Oriente. Già consacrato come una delle icone della propria generazione da importanti istituzioni museali, come il Guggenheim Museum di New York o la Tate Gallery di Londra, che gli hanno dedicando recenti retrospettive. Nel 1976 venne scelto come artista rappresentativo della Gran Bretagna alla XXXVII° Biennale di Venezia. Ha ricevuto numerosi premi tra cui il Turner Prize nel 1989. Infine, nel 1990 il Governo Francese lo ha nominato ‘Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres’.

Il press kit di dOCUMENTA 13 diventa il book fotografico di Carolyn Christov-Bakargiev

In un mondo prestigioso ed esclusivo come quello dell’arte contemporanea le cadute di stile non sono contemplate. Eppure, ogni tanto qualcuno riesce a scivolare nel reame del cattivo gusto. A perdere la faccia non ci vuole niente e quando a farlo è una manifestazione di alto livello come dOCUMENTA (che si appresta ad inaugurare l’edizione numero 13 il prossimo 9 giugno), allora non si può far altro che lasciarsi andare in una sonora e grassa risata. A dire il vero di brutte figure dOCUMENTA ne ha già fatte due, ancor prima di aprire i battenti.

La notizia è comparsa in questi ultimi giorni su ArtStars, il blog curato da Nadja Sayej. Il critico, recatosi alla fiera ITB Berlin (esposizione internazionale del turismo e del viaggio) dello scorso marzo, si è imbattuto in un press kit ufficiale di dOCUMENTA 13.

Ai Weiwei non smette di lottare

Anche se il governo cinese ha duramente limitato la sua libertà di parola, Ai Weiwei in tutti questi mesi (trascorsi dopo la sua scarcerazione) non si è mai tirato indietro. L’artista ha infatti agito tramite Twitter ed ha più volte rilasciato interviste alla stampa straniera. Noi di Globartmag vorremmo fare un tributo al suo coraggio, pubblicando le sue frasi più coraggiose apparse su internet e sui quotidiani in questi ultimi tempi.

Internet cambia ogni giorno la struttura della società, è una massa fatta da grandi individualismi.

Dicono che io sia diventato più radicale. Non direi, io sono nato radicale.

Gli artisti più amati dal pubblico

Ma gli artisti osannati dalla critica e gettonatissimi dal mercato sono poi veramente amati dal pubblico? Già, per quanto gli addetti ai lavori si sforzino di elencare i “miracoli” dei loro protetti e per quanto le quotazioni di questi ultimi siano sempre al top del top nell’ambito del mercato internazionale, far breccia nel cuore degli amanti dell’arte contemporanea è sempre cosa assai ardua.

Spesso gli artisti che riempiono le pagine dei libri di storia dell’arte sono poi sistematicamente ignorati dal pubblico e molti di essi sono sistematicamente oggetto di antipatie. Sarà anche vero che il pubblico non scrive la storia ma è innegabile che esso contribuisce a creare il mito attorno ad un nome, a costruire leggende che vanno ben oltre i libri di storia. Da diverso tempo il colosso Artnet stila una classifica dei protagonisti dell’arte più cercati all’interno del sito. Sfogliando questa interessante lista è possibile notare un fatto assai curioso: molti nomi osannati dalla stampa internazionale sono poi semplicemente “evitati” dalla rete che sceglie autonomamente chi posizionare fra gli allori dell’arte. Andiamo a scorgere le prime posizioni di questa classifica per farci un’idea, ma non fatevi illusioni: tra i primi 50 posti non c’è nemmeno un nostro connazionale

Urs Fischer nelle sale di Palazzo Grassi a Venezia

Palazzo Grassi – François Pinault Foundation presenterà, dal 15 aprile al 15 luglio 2012, una mostra personale dell’artista Urs Fischer. La mostra inaugura una serie di esposizioni monografiche dedicate ai più importanti artisti contemporanei che saranno presentate a Palazzo Grassi in alternanza e complementarietà con le mostre tematiche della collezione.

Ideata da Urs Fischer e Caroline Bourgeois espressamente per gli spazi di Palazzo Grassi, la mostra raccoglierà una trentina di opere dell’artista e comprenderà lavori provenienti da collezioni internazionali, realizzati dall’artista a partire dagli anni ’90 sino a oggi, e alcune nuove produzioni. L’esposizione si articolerà negli spazi dell’atrio di Palazzo Grassi e lungo tutto il primo piano, mentre al secondo piano proseguirà la presentazione di opere della François Pinault Foundation.

Il Warhol che non ti aspetti

A volte è possibile scoprire dei lati oscuri all’interno della produzione artistica di maestri dell’arte ampiamente storicizzati e quindi universalmente noti. Aspetti curiosi mai notati prima, caratteristiche bizzarre che mai avremmo lontanamente sospettato. L’ultimo artista in ordine di tempo a mostrare il suo volto nascosto è Andy Warhol, già proprio lui, l’intramontabile maestro della Pop Art, il re-inventore di icone che ha trasformato ironia e tinte sfavillanti in un vero e proprio stile di vita.

Ebbene anche il frizzante Andy nascondeva nel suo intimo un’anima da vero fotografo fine art, una veste ben diversa da quella di fotografo-compulsivo con la mania della Polaroid. Proprio in questi giorni l’Affirmation Arts di New York ospita la mostra Warhol: Confections & Confessions (in visione fino al prossimo 5 maggio 2012), all’evento è possibile ammirare 53 stampe fotografiche in gelatina d’argento mai esposte al pubblico.

I miti vacillano ma non crollano, anzi se la ridono

 

I miti vacillano ma non crollano, questa frase sembra quanto mai azzeccata in questi giorni bui, dove anche i frizzanti maestri dell’Art Bubble vengono duramente attaccati da più parti. Damien Hirst, Jeff Koons e Maurizio Cattelan immagini simbolo di due superpotenze artistiche come Regno Unito e Stati Uniti, due figure spesso viste come demoni che hanno creato la bolla speculativa dell’arte. Loro si che sono sempre nell’occhio del ciclone, loro che, a detta di molti, hanno creato opere che non possono essere definite tali.

Ultimamente il critico Julian Spalding aveva aspramente criticato Damien Hirst definendolo un non-artista ed invitando i collezionisti a disfarsi prontamente delle opere del folletto della YBA, questo perché in un prossimo futuro le stesse non varranno poi tanto. Anche il nonnetto della pittura, David Hockney, si era scagliato contro Hirst criticando aspramente gli spot paintings portati a termine dagli assistenti di studio e non dall’artista medesimo. “non è un vero pittore, non è un artista” aveva tuonato anche Hockney.

ALICE IN WONDERLAND al Mart di Rovereto

“Il Bruco e Alice si guardarono a vicenda per qualche tempo in silenzio; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa: ‘Chi sei TU?’ – disse il Bruco. Non era un bel principio di conversazione. Alice rispose con qualche timidezza: ‘Davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fossi, quando mi son levata questa mattina, ma d’allora credo di essere stata cambiata parecchie volte.”

Alice ha 150 anni, come l’Italia, ma non ha nulla della vecchia signora, anzi, il classico di Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson, 1832-1898) si riconferma ancora oggi un patrimonio comune che unisce magicamente l’età adulta all’infanzia. Per questo la mostra organizzata dalla Tate di Liverpool, in collaborazione con il Mart e la Kunsthalle Hamburg, non è solo per bambini, e così come il libro permette diversi livelli di interpretazione e apprezzamento. Nell’Inghilterra vittoriana Lewis Carroll era un insegnante di matematica con la passione della fotografia e inserito nel mondo artistico dell’epoca. Accomunato ai preraffaelliti dall’idea di purezza incarnata dai bambini, spesso li ritraeva come fossero attori all’interno di una scenografia rimandando a vicende storiche o leggende, per farli stare fermi nei lunghi tempi di posa era solito raccontare storie fantastiche. Tra questi c’erano anche le tre sorelle Liddell, figlie del decano, alla minore, Alice Pleasance, regalò e dedicò il libro delle sue avventure nel 1864, l’anno prima che venisse pubblicato ufficialmente.

ARTE POVERA IN CITTA’: Bergamo

Dal 6 aprile al 15 luglio 2012 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo presentano il progetto Arte Povera in città. La mostra fa parte del grande evento Arte Povera 2011 curato da Germano Celant, promosso dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea insieme con la Triennale di Milano e coordinato da Electa.

Arte Povera 2011 che ha avuto come fulcro il movimento nato nel 1967 con gli artisti Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio, si è svolta in diverse e prestigiose sedi museali, come MAMbo – Museo d’Arte Moderna, Bologna; MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma; Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino; Triennale di Milano, Milano; MADRE – Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli; GNAM – Galleria nazionale d’arte moderna, Roma e il Teatro Margherita, Bari.

Vendete i vostri Hirst prima che sia troppo tardi

Ha rivoluzionato il concetto di opera d’arte con il suo squalo in salamoia, è stato l’inventore di un nuovo modo di fare mercato con la sua mega-asta in due giorni dal titolo Beautiful Inside My Head Forever (2008) quando nelle prestigiose sale di Sotheby’s Londra riuscì a vendere tutte le sue 218 opere per un totale di 198 milioni di dollari. Infine è riuscito a trasformare anche il concetto di mostra, occupando con i suoi spot paintings tutte le sedi delle Gagosian Gallery di tutto il mondo.

Stiamo ovviamente parlando di Damien Hirst, artista che nel bene o nel male è entrato di diritto nella storia dell’arte contemporanea, raggiungendo al contempo lo status di personaggio più quotato di tutti i tempi. Eppure c’è qualcuno che non la pensa così. Il bastian contrario in questione è Julian Spalding, critico e curatore che nel corso della sua carriera ha diretto importanti hub culturali come il GoMA di Glasgow e l’Open Museum.

Il metodo Abramovic è troppo duro e l’assessore Boeri collassa

  

La Week Milanese di Marina Abramovic ha senz’altro creato un gran polverone mediatico. La nostra eroina della performance è persino riuscita a fare una comparsata a Quelli che il calcio, assieme ad un’improbabile Valeria Marini che aveva l’aria di voler gridare al mondo: “You made my day!”.  Incontri Marina vs Marini a parte, c’è stato modo di ammirare più volte la nostra eroina in carne ed ossa.

Dal 21 al 24 marzo infatti l’artista si è trattenuta in quel di Milano per illustrare al pubblico il suo Abramovic Method. Il 21 ad esempio la nostra si è recata al Teatro del Verme per illustrare al pubblico presente The Past, future and present of performance art, una vera e propri carrellata sul duro mestiere della performance dove sono stati proiettati alcune opere del passato e svelati gustosi retroscena. In seguito il 22 marzo, Marina ha presentato in pompa magna Marina Abramovic. The Artist is Present, il documentario sull’ormai leggendaria performance al MoMa di New York.

Shepard Fairey si butta nel cinema con 1984

Il nostro Shepard Fairey, noto anche come il falsario della street art, ne sta preparando un’altra delle sue. Dopo aver confessato alla giuria di aver copiato spudoratamente la foto dell’Associated Press per il suo Barack Obama Hope poster ed essersi quindi beccato una multa salata con annessi sei mesi di carcere (che il nostro ovviamente non farà mai), Fairey ha deciso di buttarsi nel dorato mondo del cinema.

Ma procediamo per gradi, circa 4 anni fa il nostro Shepard Fairey fu contattato dalla casa editrice Penguin Books per disegnare la copertina della nuova edizione di 1984 di George Orwell. Oggi, evidentemente attirato dalla trama del libro, il nostro street artist falsario ha deciso di aggiudicarsi i diritti cinematografici del celebre romanzo di Orwell.