Nuova veste e nuove opportunità per il Premio Celeste 2010

Sono aperte le iscrizioni per l’edizione 2010 del Premio Celeste, concorso dedicato all’arte contemporanea che ogni anno prevede l’organizzazione di una mostra di 60 opere finaliste; l’organizzazione di altre mostre in Italia ed all’estero; la creazione di un catalogo con 250 opere illustrate a colori che ogni anno fa il punto della situazione della pittura, fotografia, video, scultura, installazione e lavori multi-mediali in Italia. La qualità, la ricerca, l’innovazione e la contemporaneità sono i criteri fondamentali della selezione delle opere. La selezione delle 40 opere finaliste avviene attraverso un processo totalmente trasparente. Ciascuno dei 22 critici incaricati delle selezioni renderà pubbliche le sue scelte sul sito.

Cosa distingue il Premio Celeste da altri premi arte? A differenza di qualsiasi altro concorso artistico non è prevista la presenza di una giuria che aggiudica i premi. Un comitato composto da più di 20 critici d’arte italiani seleziona le opere finalisti e le opere selezionate per il catalogo. Gli artisti autori delle opere finaliste hanno, secondo il bando del premio, il diritto di aggiudicare i premi tramite un voto che esprimono durante la mostra finale.

Gli artisti italiani potranno candidarsi anche al Celeste Prize, premio internazionale con le medesime carateristiche del Premio Celeste italiano.

Inaugura a Roma la Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea

Sarà la mostra Mutiny Seemed a Probability, a cura di Adrienne Drake, ad inaugurare il 9 maggio la Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea a Roma. Come tutte le attività della Fondazione questo evento ha come punto di partenza la Collezione Giuliani, diventando un mezzo inconsueto per riflettere, approfondire e interpretare il processo del collezionare.

Mutiny Seemed a Probability (L’ammutinamento sembrava una possibilità) e’ un atto di ammutinamento, un gioco sottile di dialogo e reazione con il presente e con il passato, un gesto di resistenza costante che punta a rovesciare l’esistente con gesti minimi ed impercettibili, con incertezza e con precarietà, anche ideologica. Il percorso fra le opere di Micol Assaël, Simon Dybbroe Møller, Cyprien Gaillard, Henrik Hăkansson, Mona Hatoum, Leslie Hewitt, Graham Hudson, Alicja Kwade, Jorge Peris, Manfred Pernice, Alessandro Piangiamore, Marco Raparelli, Natascha Sadr Haghighian, Gedi Sibony, Nedko Solakov, Oscar Tuazon, Jeff Wall, ripercorre i mutamenti nella pratica scultorea, il suo slittare verso intrinseche qualità di fragilità e instabilità.

Jonathan Meese – Aaron Young

Il Giardino dei Lauri presenta per l’anno 2010 un nuovo ciclo di progetti di arte contemporanea che vede protagonisti alcuni dei piu’ importanti esponenti della giovane scena artistica internazionale, invitati a dialogare, attraverso la realizzazione di opere site specific, con il Museo Civico Diocesano di Santa Maria dei Servi, uno dei piu’ prestigiosi monumenti del caratteristico borgo di Città della Pieve, concesso per l’occasione dall’Amministrazione Comunale.

Il nuovo progetto espositivo – che va ad affiancarsi a quello della sede permanente della collezione, animata da una continua attività di commissioni e nuove acquisizioni, che porterà nel Giardino, a partire da aprile 2010, nuove opere di David Altmejd, Valentin Carron, Steven Claydon, Urs Fischer, Daniel Lergon e Carlo Zanni – inaugura quest’anno con due presenze d’eccezione: il Museo Civico Diocesano di Santa Maria dei Servi ospiterà la mostra personale del tedesco Jonathan Meese, dal 8 maggio al 10 luglio, e a seguire, dal 17 luglio al 18 settembre, quella dell’americano Aaron Young. Giovani artisti, entrambi presenti nella Collezione Lauro, che possono essere considerati a pieno titolo tra i piu’ rappresentativi talenti emergenti di ultima generazione.

Il Turner Prize 2010 è più noioso che mai

Le testate dedicate all’arte contemporanea di tutto il mondo, websites compresi hanno fatto rimbalzare la notizia della shortlist del Turner Prize 2010. Ebben gli artisti selezionati quest’anno sono Dexter Dalwood, Angela de la Cruz, Susan Philipsz e The Otolith Group. Siamo qui anche noi a parlarvi di questo fatto poiché da questi nomi emerge una verità alquanto cruda: L’arte britannica ha ormai perso la spinta creativa proveniente dalla generazione Young British Artists. Ovviamente la cosa era nell’aria, un poco come l’esaurimento del petrolio ma trovarsi di fronte al fatto compiuto è veramente disarmante, del resto se prendiamo in esame le ultime due edizioni del premio il lento ma inesorabile declino creativo è sotto gli occhi di tutti.

Eppure quest’anno era stata sbandierata più volte la possibile presenza di Banksy ma nessuno dei giudici del Turner ha preso in seria considerazione la nomina del nostro beniamino che se non altro avrebbe dato una sferzata d’energia al tutto. Ed invece i selezionatori hanno optato per un profilo basso, orientato verso la noia.

Insetti e ossa? arriva l’Organic Art

Siamo qui a porre alla vostra attenzione una strana tendenza artistica che ultimamente imperversa in alcune parti del globo. Sappiamo che per molti di voi il massimo delle sperimentazioni artistiche sono state raggiunte con la Minimal Art, con la Body Art o magari con l’Arte Concettuale o con Performance varie. Ed invece la creatività non si ferma mai ed un manipolo di giovani artisti ha deciso di mettere appunto una nuova tecnica che potremmo senza dubbio definire Organic Art. L’artista Fabian Peña ad esempio usa degli scarafaggi, si avete sentito bene proprio quei fastidiosissimi insetti.

Peña uccide gli animaletti con uno spray e li raccoglie in un vaso. Successivamente nel suo studio incolla l’un l’altro le blatte fino a formare degli strani cilindri, simili ad enormi bozzoli. L’artista inoltre crea dei teschi umani ed altre parti anatomiche utilizzando le ali degli insetti.

New York ed il vivaio dei giovani artisti. Ed in Italia?

Tam Tran è un’artista nata nel 1986, decisamente giovane direte voi. Eppure questo tenero virgulto della scena contemporanea si è già guadagnata l’attenzione di pubblico ed addetti ai lavori grazie alla sua partecipazione alla Whitney Biennial 2010 dove, neanche a dirlo, era la più giovane artista in circolazione. Il prossimo 14 maggio Tam Tran parteciperà ad una mostra al Guggenheim di New York dal titolo A Year with Children 2010 ma a dispetto della sua giovane età l’artista sarà agguerrita come un navigato veterano dell’arte.

All’evento figureranno 120 opere create dagli studenti delle scuole pubbliche d’arte di New York, il progetto fa parte del programma  Learning Through Art initiative e prevede l’intervento di artisti celebri che si confrontano con gli studenti. Gli astri nascenti della mostra si sono rifiutati di rimaner confinati ad una sola tecnica espressima ed hanno creato, disegni, fotografie e dipinti. Alcuni di loro hanno persino utilizzato oggetti di recupero, tessuti e ritagli di giornale come parti integranti di collages ed assemblaggi vari.

Linguaggi e Sperimentazioni al Mart di Rovereto


La ricerca artistica contemporanea protagonista della mostra –Linguaggi e Sperimentazioni. Giovani artisti in una collezione contemporanea-. La mostra sarà aperta al pubblico al Mart di Rovereto dall’8 maggio al 22 agosto 2010. La conferenza stampa di presentazione della mostra e’ in programma alle ore 12.30 di venerdi’ 7 maggio, con inaugurazione ufficiale a seguire alle ore 18.

Nelle sale del Mart saranno esposte circa ottanta opere tra dipinti, fotografie, sculture, installazioni e video, provenienti dalla AGI Verona Collection che da sempre si dedica alla ricerca di nuovi talenti. AGI Verona Collection e’ nata nel 1989 dalla volontà di cinque collezionisti veronesi, associati nel desiderio condiviso di sostenere l’arte contemporanea.

Ad oggi sono entrate in collezione oltre 500 opere, realizzate con diversi linguaggi e tecniche artistiche, di differenti poetiche e provenienze, e tra queste le presenze internazionali sono la maggioranza. AGI ha sempre privilegiato l’acquisizione di artisti giovani ed esordienti, e per lo piu’ i lavori sono entrati nella raccolta nell’anno stesso di realizzazione. I giovani e le nuove promesse hanno rappresentato una sfida continua, secondo una sensibilità collezionistica che cerca di catturare sempre il nuovo e l’attuale, registrando cosi’ i cambiamenti e le trasformazioni in atto nella storia dell’arte.

Tiziano Lucci – Le sale dell’abbondanza

La galleria Co2 di Roma inaugura il 7 maggio la mostra personale di Tiziano Lucci. Attraverso una selezione di opere realizzate negli ultimi anni, la mostra si propone come la prima panoramica completa del complesso lavoro dell’artista romano. Artista visuale e compositore di musica elettronica, Lucci vive e opera in profonda simbiosi con la grammatica digitale, con la quale interviene su immagini fotografiche per dare corpo al suo personalissimo processo estetico e concettuale.

La sensibilità che mette in campo è quella dell’uomo contemporaneo, estesa nelle sue possibilità grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, che l’artista sfrutta per visualizzare la pluralità di stimoli provenienti dalla vita quotidiana. Il risultato è una serie di immagini spiazzanti per la qualità dell’elaborazione e per la loro potenza sinestetica, in cui la presenza simultanea di frammenti iconici, segni e sfumature impercettibili, dà vita ad una narrazione antisequenziale che nega la legge di causa-effetto in favore di una nuova logica della totalità.
Ogni opera è frutto di un lento e impegnativo processo di elaborazione, che può protrarsi anche per anni, nel tentativo di ricostruire i processi cerebrali su cui si basano la percezione della realtà e la conseguente creazione estetica.

Alessandro Scarabello – Nous voulons

The Gallery Apart di Roma inaugura il 3 maggio la mostra personale di Alessandro Scarabello dal titolo Nous voulons che in francese significa ”Noi vogliamo”. Alessandro Scarabello ricorre ad un’espressione volutamente semplice, diretta, antica ed estremamente attuale, come se fosse un canto alla volontà determinata, quasi un motto araldico, parole che trovano una forza speciale nel fatto che il francese è la lingua delle rivoluzioni: e il malcontento è di tutte le epoche storiche.

Alessandro Scarabello, che già in cicli precedenti aveva adottato il ritratto come formula per affermare visioni sociali ed etiche mescolando con sapienza il vissuto personale e le categorie sociologiche, presenta nove grandi tele recanti i ritratti di altrettanti personaggi, tutti amici di suo padre e tutti testimoni di quel periodo di contestazione armata, fermatosi ai margini della guerra civile, passato alla storia con l’espressione “anni di piombo”. Nove coetanei, dunque, ognuno dei quali ha vissuto secondo le proprie idee un periodo di grande cambiamento, compiendo scelte che ne hanno assecondato o modificato il percorso di vita.

Jacob Kassay in mostra alla Collezione Maramotti

Il progetto Untitled di Jacob Kassay per la Collezione Maramotti di Reggio Emilia (dal 23 maggio al 3 ottobre) si compone di dieci nuove opere, alcune installate a parete, altre deposte a terra. Le tele si presentano come tavole riflettenti che accolgono presenze fantasmatiche della pittura sottostante e nel contempo assorbono e restituiscono lo spazio esterno all’opera. Le tele a terra, elementi scultorei, sono concepite come rejects: scarti che assurgono a valore di possibilità/potenzialità.

Il lavoro di Kassay si ancora ad una praxis minimalista in cui il processo industriale nella produzione dell’opera sottrae il valore di qualità del manufatto per sostituirlo con quello di oggettualità, rendendolo in un certo senso intercambiabile. Gli elementi concettuali del monocromatismo, dell’oggettivizzazione del pigmento pittorico, della riflessione di colore, movimento e forma, assumono centralità nella sua ricerca e vengono codificati e tradotti in una nuova metafisica della superficie pittorica, in una nuova forma di astrazione, fortemente lirica, in cui il riferimento alla fotografia è evidente.

Sam Leach vince il Wynne prize con un dipinto…copiato

La lontana Australia è ultimamente balzata agli onori delle cronache per un fatto alquanto buffo che ha suscitato un vero e proprio scandalo all’interno scena artistica locale. Teatro del misfatto un concorso artistico dedicato alla pittura paesaggistica che prende il nome di Wynne Prize. Il primo premio del concorso è andato a Sam Leach che ha così vinto un premio in denaro di 25.000 dollari. Fin qui tutto bene direte voi, il problema è che Leach ha liberamente dichiarato di aver copiato il suo dipinto dall’opera Boatmen Moored on the Shore of a Lake, creata dal pittore Adam Pynacker nel 1660 ed attualmente in collezione permanente al Rijksmuseum di Amsterdam.

Fatto ancor più sbalorditivo è che Leach non ha mai avuto modo di vedere l’originale ma ha copiato l’opera direttamente da una foto presa da internet. Ovviamente tali dichiarazioni hanno letteralmente scioccato e disgustato il pubblico australiano. Eppure Leach ha apportato alcune modifiche al dipinto originale, il pittore ha infatti rimosso alcuni particolari presenti nell’opera di Pynacker come 5 pescatori, una donna con bambino, due barche attraccate, un asino ed un bue, lasciando al posto dei soggetti una landa boschiva pervasa da un oscuro bagliore.

Arriva Jennifer Rubell con la sua prova del cuoco per l’artocrazia internazionale

La scena dell’arte contemporanea statunitense ha lanciato un nuovo protagonista ma questa volta sinceramente non è certo una figura di cui si sentiva il bisogno. Si tratta di Jennifer Rubell, autodefinitasi pioniera della conceptual food art. Va detto che bisognerebbe spiegare alla Rubell che gli interventi artistici che prevedono l’uso di materiali edibili sono stati sperimentati già decine e decine di anni fa, quindi queste ricerche non hanno nulla di pionieristico. Alcuni giorni fa Jennifer Rubell ha portato alcune delle sue stravaganti creazioni al Brooklyn Museum di New York in occasione del Brooklyn Ball 2010.

La stravagante cuoca (ci piace definirla così più che artista) ha presentato alcune installazioni edibili ispirate ad opere di grandi protagonisti del ventesimo secolo. Tra le opere riprodotte dalla Rubell figuravano Seedbed di Vito Acconci (1972), Fountain di Marcel Duchamp (1917), Ten Heads Circle/Up and Down di Bruce Nauman (1990) Painter di Paul McCarthy (1995),  One: Number 31 di Jackson Pollock (1950) e How to Explain Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys (1965). Ovviamente ogni opera per essere mangiata deve essere distrutta e secondo la Rubell questa pratica catartica e partecipativa è il punto forte della sua arte.

Lara Mezzapelle e Giacomo Deriu – Pachinko

In una realtà così “liquida”, come l’ha definita lo stesso Zygmunt Bauman, sembra aver preso il sopravvento nella nostra società un forte sentimento di illusione ed attesa dovuti alla mancanza di veri e propri punti di riferimento reali in qualsiasi campo o settore. I meccanismi che regolano la società contemporanea, sia che essi siano economici, politici o culturali, son divenuti alla moltitudine talmente complessi e incomprensibili tanto da causare un forte atteggiamento di fatalismo.

Tutto questo comprime le individualità rendendole quasi incapaci di prendere decisioni importanti, privandole della possibilità di agire a favore di una costruzione futura per finire col costringerle ad un sempre più rintanamento in se stesse e nelle proprie illusioni. La scelta consapevole di fronte ad un bivio, necessaria a governare il corso del proprio destino, è sempre più ardua da afferrare. Vuoi proprio per la dilatazione spazio-temporale percepita, vuoi per una sempre più difficile comprensione del momento storico in cui la quantità di informazione che giornalmente ci raggiunge ha una velocità così elevata tanto da essere di difficile decodificazione immediata.

Il futuro dell’arte contemporanea è globale o legato al mercato?

Sono in molti a chiedersi quale sarà il futuro dell’arte contemporanea ed i pareri sono ovviamente discordanti. Sono in fatti in molti ad affermare che la creatività internazionale ha ormai perso mordente, uniformandosi a scelte già consolidate ed a schemi estetici largamente consolidati all’interno di un sistema sempre più chiuso e chino su se stesso. Insomma secondo queste fonti siamo ormai giunti ad un punto di non ritorno ove non è rimasto più nulla da scoprire e da inventare.

Altri invece si sono espressi in maniera più favorevole e positiva nei confonti del futuro prossimo dell’arte. Julia Peyton-Jones, direttore della Serpentine Gallery di Londra, ha ad esempio annunciato un futuro all’insegna del globale. Come già accaduto per il sistema economico e tecnologico, il centro di gravità del sistema artistico si è spostato dall’ovest verso est, con un’iniezione di nuovi artisti da Cina, India e Medio Oriente fautori di nuove opere le quali riflettono le diverse identità nazionali.