auroraMeccanica a SpazioBlue

Venerdì 27 Gennaio 2012 ore 17 si inaugura la mostra Dance Me to the End of Love di auroraMeccanica a cura di Simona Gavioli presso SpazioBlue, via Gandino 3, Bologna. “Dance Me to the End of Love” è una canzone di Leonard Cohen del 1984. Nel testo romantico, emozionante, commovente e pieno di metafore si racconta un frammento della storia tragica e senza ritorno di un momento storico molto difficile. Gli uomini danzano speranzosi accompagnati dalla loro forza per combattere la paura, il tormento e l’attesa. Questi uomini immaginano di ballare, stretti, avvinghiati, legati da un cordone ombelicale come quello che lega l’amore di una madre per il proprio figlio. Un amore che è quello per la vita, la famiglia, la speranza, o la propria donna. Una danza, lenta e fiduciosa, tra le note che scandiscono l’avvicinarsi della fine. La danza ci racconta attraverso il corpo che, come ne “l’Euritmia” di Rudolph Steiner, si associa alla musica e alle parole per tradurre, con il movimento, i principi armonici delle manifestazioni universali.

Nel susseguirsi dei movimenti corporei che immaginiamo mentre aguzziamo i sensi appare chiara la distinzione tra “Korper”, inteso come corpo-casa, oggetto passivo e materiale, e “Leib” corpo/energia, elemento vitale ed essenza spirituale capace di azioni, corpo vivente, energia e principio esistenziale che permette di coglierne l’identità. “Conducimi fino alla tua bellezza con un violino ardente, conducimi attraverso il panico finchè potrò essere al sicuro, alzami come un ramo d’ulivo e diventa la colomba che mi riconduce a casa conducimi fino alla fine dell’amore ”. La danza ci culla, ci sveglia ci impone dispecchiarci e tirar fuori la nostra personalità. Perché la danza è, unitamente al linguaggio del corpo, il modo più forte, diretto, efficace, ed immediato, attraverso cui l’uomo comunica. Nel testo di Dance Me to the End of Love, chi danza fino alla fine dell’amore, instaura un legame singolare tra il proprio corpo e la propria anima ne crea un rendez–vous. La danza è capace di sentire la musica e tramutare ogni singola nota in movimento corporeo. Possiede la capacità di trasmettere i propri sentimenti, parla senza voce, arriva direttamente al cuore usando un solo linguaggio; quello dei gesti, dei movimenti, quello del corpo senza remissioni.

Artefiera vuole essere Artefiera

Torna Bologna con la sua Artefiera edizione 2012, i motori si accenderanno il prossimo 27 gennaio e la kermesse rimarrà aperta sino al 30. Tra crisi e preoccupazioni contrapposte a sogni e speranze, una delle più grandi e prestigiose fiere dell’arte contemporanea del nostro Belpaese avrà il difficile compito di rinverdire una scena di mercato che nel corso del 2011 è scesa in pista con le marce basse. Bologna è sempre Bologna l’abbiamo detto lo scorso anno e lo ribadiamo anche oggi, ma la concorrenza internazionale  (e nazionale) è sempre più spietata, le fiere si moltiplicano e le selezioni divengono sempre più severe.

Artefiera, tra le tante proposte, si è sempre distinta per la sua versatilità, per la voglia di abbracciare varie realtà multivello e raggiungere così un sempre più vasto bacino di pubblico. Ma la formula vincente al botteghino non sempre si trasforma in un successo di vendite, la massa di pubblico fa contenti gli organizzatori ma sono i collezionisti a render felici i veri protagonisti della fiera vale a dire gli artisti ed i galleristi.

Da Hopper a Warhol. Pittura americana del XX secolo a San Marino

Da Hopper a Warhol. Pittura americana del XX secolo a San Marino, curata da Marco Goldin, è proposta a Palazzo SUMS dal 21 gennaio al 3 giugno (in parallelo alla grande mostra riminese “Da Vermeer a Kandinsky. Capolavori dai musei del mondo a Rimini”). L’esposizione prende in considerazione tutti i momenti fondamentali, a partire dal realismo di Edward Hopper da un lato e di Thomas Hart Benton dall’altro, fino all’esperienza così particolare di Giorgia O’Keeffe. Già da questi primi nomi si comprende come la partenza della rassegna sammarinese sia straordinaria, con il realismo adamantino e stordente di Hopper, la cosiddetta visione regionale di Benton e la secchezza in cui si mescolano descrizione e metafisica della O’Keeffe.

A questa prima fase succede quella, indimenticabile, della grande astrazione americana. Divisa in mostra tra una parte più gestuale e una in cui il colore pare distendersi libero e indicare anche il senso della costruzione e della forma. Tutti i nomi più celebri vi sono compresi, a cominciare ovviamente da quello di Jackson Pollock, presente con due grandi tele, la prima del 1949 e la seconda del 1952. Poi ancora Franz Kline, con un grandi dipinto del 1960, dunque il momento migliore del suo lavoro.  Su un registro intermedio si giocano i quadri inclusi in mostra di un autore straordinario che lavora sul segno declinato nella grande superficie spesso quasi monocroma. E’ dunque il caso di Arshile Gorky che più di altri ha saputo rendere il fascino di una scrittura che si mescola alla materia di un colore rappreso.

Marlene Dumas alla Fondazione Stelline

Alla Fondazione Stelline, dal 15 marzo al 17 giugno, opere recenti e inedite di Marlene Dumas, una tra le artiste contemporanee più conosciute e apprezzate. Un importante evento d’art, a cura di Giorgio Verzotti, illuminerà la prossima primavera espositiva di Milano. Per l’occasione una delle più conosciute artiste figurative contemporanee, presenterà una serie di opere recenti e inedite ispirate o vicine ai temi della pietà, della compassione, della condizione umana, che da sempre caratterizzano il suo lavoro nel lungo confronto con il linguaggio e la storia della pittura

Il nucleo centrale di questa importante retrospettiva nasce con un particolare riferimento alla Pietà Rondanini, l’ultima grande scultura di Michelangelo conservata al Castello Sforzesco, uno dei capolavori del passato che rende Milano famosa nel mondo. Marlene Dumas si è rapportata con questo soggetto iconografico realizzando nuovi dipinti che valgono sia come approfondimento della sua autonoma ricerca, sia come omaggio alla storia artistica della nostra città.

Ma tu il rosso lo vedi rosso? Lio Yeung ci spiega il fenomeno della sinestesia

Cosa vedono le farfalle? E gli altri insetti? E le altre persone percepiscono i colori nella stessa maniera in cui li percepiamo noi? Queste banali ma al tempo stesso intriganti domande le abbiamo formulate tutti noi, almeno una volta nel corso della nostra vita. Ebbene il quesito sulla percezione di oggetti e forme è alla base della nuova ricerca di Lio Yeung, artista e designer che ha da poco inaugurato la sua mostra personale dal titolo A is Green, R is Red, alla Libraire Galerie di Hong Kong.

All’interno della mostra, Yeung gioca sulle differenti opportunità della visione, ispirandosi al fenomeno della sinestesia. Con il termine “sinestesia” si fa riferimento a quelle situazioni in cui una stimolazione esterna (uditiva, olfattiva ecc. ecc.) è percepita come due eventi sensoriali distinti ma allo stesso tempo conviventi. Nella sua forma più comune la sinestesia è presente in molti individui, basti pensare alle situazioni dove un odore o un sapore evoca un ricordo o quanto altro.

Giovedì difesa: American Horror Story

Fare della paura operazione seriale non pare gioco facile. L’operazione svolta sul mistero e sull’inquietudine da Lynch con Twin Peak e quella ospedaliera apocalittica di Von Trier con The Kingdom sembrano ancora irraggiungibili, tuttavia di soluzioni interessanti ne ho viste tante.

C’è Walking dead, quasi una telenovela sulla fine del mondo.

C’è Dexter, che non è esattamente horror, aggira i generi, si situa con forti momenti di tensione da suspence, tra il thriller, il poliziesco e il fortemente oscuro, a causa della personalità inquieta di Dex e di alcuni suoi nemici- amici (a mio avviso Dex è ancora una spanna sopra tutti).

Il punk David Hockney se la prende con Damien Hirst e sfotte la Regina

Il mondo dell’arte contemporanea è senz’altro un mondo bizzarro dove accadono numerose vicende di dubbio gusto e scaramucce tra colleghi. Del resto con questi ingredienti non ci si annoia mai ed ogni tanto è lecito ridere di fatti che non hanno niente a che vedere con le produzioni creative. Prendiamo ad esempio le recenti vicende del nostro David Hockney, lo scoppiettante nonnetto dell’arte contemporanea che ha deciso a 74 anni di iniziare a dipingere sull’iPad usando la fantastica App Brushes. Le creazioni digitali di Hockney non sono certo esaltanti, anzi le potremmo definire delle vere e proprie croste digitali. Questo non gli ha impedito però di ricevere l’Order of Merit, un’insigne onorificenza consegnatagli dalla Regina in persona a Buckingham Palace.

SMELL OF ART? SMELL OF EAST LONDON!

E’ un giorno come tanti. Torno da lavoro come ogni sera in sella alla mia mountain-bike solcando le strade della mia magica Londra. L’attraverso dal giorno alla notte in piena libertà. East London è il mio quartiere, la mia base, il mio mondo. C’è chi per godere dell’arte al giorno d’oggi si reca in grandi musei o in rinomate gallerie, a me basta attraversare le strade e solcarle lentamente con gli occhi ben spalancati, preferisco farlo quando la città è silenziosa, durante la notte o nelle prime ore del mattino: ne sento l’energia, ne assaporo il gusto, ne percepisco l’odore.

Ed è in quel momento che capisco di essere nel posto giusto al momento giusto. Quello che sta accadendo in questo pezzo della città è difficile da raccontare attraverso semplici parole, bisognerebbe che ognuno ne vivesse l’esperienza. Essa si affaccia al 2012 carica di positività e fiducia. E’ durante questi momenti di silenzio e solitudine che la città prende le sembianze di una persona e sono le strade a parlarmi attraverso un unico mezzo di comunicazione che è quello dell’arte: in dettagli piccolissimi e quasi impercettibili o attraverso opere maestose e vistosissime. Hackney Wick, Brick Lane, Shoreditch: sono le gallerie a cielo aperto che visito tutti i giorni. Nascosti ai bordi dei marciapiedi o dei muri incontro le figure quasi invisibili di Pablo del Gado che si riflettono sulla strada che sto solcando; di fronte, un palazzo imponente viene ricalcato dalle vibranti lettere topografiche di Eine; sui tetti e i terrazzi scorgo i mostri futuristici di Ronzo; sparsi ovunque i piccoli e coloratissimi mosaici di Space Invader; ad adornare palazzi e muri le esili figure vulnerabili e in movimento di Stik; su palazzi abbandonati e siti industriali i mastodontici animali in bianco e in nero di Roa.

Italian Newbrow

Nella prestigiosa cornice della Pinacoteca di Palazzo Volpi a Como, dall’11 febbraio al 25 marzo 2012, Ivan Quaroni presenta Italian Newbrow, per la prima volta in un’istituzione pubblica: un nucleo di 16 artisti che con i loro lavori – dipinti, sculture, installazioni – restituiscono uno spaccato fortemente rappresentativo della giovane arte italiana. Una pluralità di voci e modi espressivi che recupera iconografie popolari di oggi – dal fumetto all’illustrazione, dal graphic design alla pubblicità, alla musica – incrociandole con l’arte di ieri. Dialogo reso più evidente in questa particolare occasione espositiva, dall’intreccio delle opere contemporanee con quelle della Quadreria storica del museo comasco.

La rassegna intende raccontare i mutamenti artistici seguiti alla diffusione di massa di Internet e alla globalizzazione e mostrare come sia cambiato il contesto in cui si trovano a operare le nuove generazioni di artisti. “Italian Newbrow non è propriamente un movimento artistico – spiega Ivan Quaroni – e neanche un nuovo linguaggio condiviso, ma un’attitudine, un’inclinazione anzi, che si coglie simultaneamente da più fonti e che rappresenta una direzione suggerita dall’immaginario di massa determinato dal mondo globale e dai mutamenti tecnologici e culturali che ne derivano”.

Ai Weiwei, persona dell’anno e star di un documentario

Era da un bel pezzo che non avevamo notizie di Ai Weiwei e sinceramente ci stavamo proprio preoccupando. Da oggi però le nostre paure sono svanite visto che alcune buone nuove ci parlano di un Weiwei produttivo e soprattutto in ottima salute. Tanto per cominciare il nostro coraggioso eroe è stato menzionato dal TIME magazine come secondo classificato nella prestigiosa classifica Person of The Year per il 2011. Come ben saprete tale alloro viene assegnato annualmente dal celebre settimanale di attualità. Negli anni è stato assegnato a uomini, donne, coppie, gruppi di persone, idee, luoghi o macchinari che nel bene o nel male, hanno influito sugli eventi dell’anno.

Weiwei si è aggiudicato il secondo podio per il suo ruolo di “dissidente” dell’arte contemporanea che gli ha fatto rimediare 81 giorni di brutale prigionia nel 2011. Non a caso la persona dell’anno del TIME  è il Protestatore, figura simbolica che riunisce i numerosi tumulti sociali che si sono avvicendati nel corso di questo lungo 2011 in tutto il globo terracqueo. Ma l’insigne onorificenza non è l’unica notizia riguardante il nostro Ai. L’artista è infatti il protagonista assoluto di Ai Weiwei: Never Sorry, vale a dire il primo lungometraggio sul nostro camaleontico amico.

Come cambia la Street Art

Impossibile pensare alle mura dei nostri edifici metropolitani senza associarli a qualche meraviglioso intervento di Street Art, anche se va detto che tale corrente creativa non è solamente legata al graffiti o ai murales. Del resto artisti come Banksy ed Invader hanno dato prova della natura cangiante di questa caleidoscopica tecnica espressiva. Alle manifestazioni per così dire di natura segnica, si sono via via affiancate delle vere e proprie installazioni, degli oggetti ready made, delle performance urbane e chi più ne ha più ne metta.

Attualmente la scena della Street Art è la più attiva di tutte sul fronte della sperimentazione e gli artisti che la animano sono sempre pronti ad inventarsi qualcosa di nuovo per stupire l’intera cittadinanza. Andiamo quindi a vedere gli street artists più spregiudicati del momento per osservare da vicino i cambiamenti e le nuove tendenze di questo meraviglioso mezzo espressivo. NohjColey, artista che usa la street art per esplorare vizi e virtù delle persone, la street sculpture in questione dal titolo hoodwinked lifestyle è una sorta di marionetta, piegando le braccia il soggetto passa da una posizione di preghiera ad una tipica da bisognoso di aiuto.

EDWARD THOMASSON – Find A Problem To Solve

Furini Arte Contemporanea di Roma inaugura il 21 gennaio la prima mostra personale  in Italia dell’artista britannico  Edward Thomasson (1985 – Staffordshire, vive e lavora a Londra) che include il video Find A Problem To Solve, 2008, e una serie di disegni dal titolo Voluntary Working Relationships, 2010-2011. Il lavoro di Thomasson si focalizza sul sistema dei rapporti fra gli individui in gruppo, spostando il punto di vista fra l’interno e l’esterno dei personaggi, muovendosi fra le menti e i corpi.

Attraverso un’accurata e critica osservazione del comportamento, Thomasson identifica espressioni del volto e pose specifiche e isola i movimenti degli individui in gruppo, processo che viene inizialmente esplorato nelle serie di disegni. In seguito queste osservazioni divengono il fondamento per i suoi video narrativi che, interpretati da attori, sono tutti riferiti a come gli individui partecipano alle attività di gruppo, intese come occasione per affermare a se stessi che c’è qualcosa oltre i limiti del loro stesso corpo. Anche la musica ha un ruolo centrale nella costruzione dei suoi video. Edward Thomasson scrive i testi per le canzoni che, eseguite dagli stessi attori dei video, diventano parte dell’azione.

Il Diritto di Seguito vince negli States, ma c’è anche in Italia

Vi ricordate della questione sul diritto di rivendita delle opere d’arte? Ebbene se non vi ricordate di questa vicenda possiamo farvi un piccolo sunto per rinfrescarvi le idee. Verso la fine di ottobre un manipolo di artisti guidato da Chuck Close aveva fatto causa a due succursali di Christie’s e Sotheby’s. Le case d’asta erano state accusate di non aver rispettato il diritto di rivendita sancito da una legge vigente dal lontano 1977.

In pratica ogni persona intenzionata a mettere in vendita le opere di un determinato artista ancora in vita (o comunque deceduto da meno di 20 anni), deve per forza di cose versare una percentuale del ricavato alla fondazione che detiene i diritti dell’artista o all’artista stesso. Sulle prime, Close e gli altri avevano intrapreso una battaglia per la legge che riguardava lo stato della California (ma valida anche per opere vendute in altri stati, se quest’ultime sono state create da un cittadino residente in California).

Shepard Fairey tra gli autori di un libro per colorare sulla brutalità della polizia di New York

Bambini non fatevi trovare in possesso di questo libro, c’è il rischio che la polizia di New York ve lo confischi. La notizia di oggi è infatti dedicata al mondo degli adulti anche se si riallaccia idealmente a quello dei più piccini. Il Movimento Occupy Wall Street ha infatti da poco lanciato un’interessante iniziativa per sensibilizzare il pubblico sui numerosi atti di brutalità compiuti dalla polizia.

Si tratta del Police Brutality Coloring Book, un libro da colorare (proprio come quelli che si comprano ai più piccoli) dove sono raffigurati gli atti di ritorsione innescati dalla polizia ai danni del movimento newyorchese. Al libro da colorare hanno partecipato 46 artisti, tra cui spiccano i nomi di Shepard Fairey e Tim Biskup. L’idea è sorta all’indomani di un duro attacco compiuto dalla polizia in quel di Zuccotti Park con largo uso di spray al peperoncino e botte da orbi. L’ideatore del progetto, l’artista Joe Nelson, ha quindi deciso di contattare tutti i colleghi di sua conoscenza ed organizzare un meeting proprio in Zuccotti Park per sensibilizzarli sull’accaduto ed informarli sul progetto di artist’s book.