Alberto Grifi e La Verifica Incerta dell’arte contemporanea

La scena dell’arte contemporanea internazionale è piena di protagonisti, volti noti che appaiono su copertine di magazine patinati o presenziano alle grandi manifestazioni ed alle feste private. Ad opporsi idealmente e culturalmente a questi divi dell’arte, non sempre dotati di grande visionarietà o creatività, vi è un agguerrito manipolo di personaggi i quali non hanno mai amato le luci della ribalta ma hanno influenzato intere generazioni di giovani con le loro opere seminali. Parliamo di artisti che hanno lavorato quasi nell’ombra e che non sono mai stati rappresentati da Gagosian, Saatchi e compagnia cantante, fuggendo persino dal mercato e dalle top delle classifiche di vendita.

Uno di questi nomi è senz’altro Alberto Grifi (Roma, 29 maggio 1938 – Roma, 22 aprile 2007), presenza fondamentale all’interno del panorama del cinema sperimentale italiano e creatore, insieme a Gianfranco Baruchello de La Verifica Incerta (1964). Certo è difficile far comprendere ad un mondo dell’arte elitario e snob, l’importanza sia estetica che filosofica de La Verifica di Grifi, opera dal sapore new dada che suscitò l’entusiasmo di Man Ray, John Cage e Max Ernst, fu Cage stesso infatti che entusiasta della colonna sonora, lo presentò al New York Museum of Modern Art. Il metodo di montaggio de La Verifica,questo “detournement”, fu ereditato da Blob (programma di Enrico Ghezzi in onda su Raitre) molti anni dopo.

Tracey Emin, Yayoi Kusama, Damien Hirst e l’arte degli scacchi

ProjectB di Milano porta per la prima volta in Italia, in occasione della 49ma edizione de I Saloni, il Salone Internazionale del Mobile 2010, The Art of Chess, in collaborazione con RS&A che ha commissionato le scacchiere ad alcuni degli artisti più amati e discussi del panorama contemporaneo internazionale, già esposte nel 2009 al museo di arte contemporanea di Reykjavik. L’interesse delle avanguardie verso gli scacchi fu di centrale importanza per lo sviluppo delle scacchiere d’artista nella prima metà del XX secolo. Da Marcel Duchamp a Man Ray, Max Ernst, Alexander Calder, André Breton e Isamu Noguchi sono stati tutti appassionati giocatori.

La prima volta che una collezione di artisti di questo calibro si sono trovati a celebrare il gioco degli scacchi è stato a New York nel 1944 per la mostra L’immagine degli scacchi presso la Julien Levy Gallery. In mostra a Milano sette scacchiere – a dimensioni reali – dove base, pedine re e regine sono state reinventate da sette artisti: Tracey Emin, Tom Friedman, Damien Hirst, Barbara Kruger, Yayoi Kusama, Alastair Mackie, Rachel Whiteread.

Negli anni ’70 l’arte era più vicina alla gente

Alcuni giorni fa il noto gallerista americano Jeffrey Deitch ha rilasciato un’intervista in cui si parlava dei cambiamenti occorsi all’interno del mondo dell’arte negli ultimi quaranta anni. Le dichiarazioni di Deitch potrebbero farci comprendere quanto questi cambiamenti hanno in qualche modo de-umanizzato ed allontanato I protagonisti della scena dal loro pubblico, ma vediamo cosa ha detto Deitch:

Il mondo dell’arte è senz’altro meno aperto di quanto lo era nel 1970. In quegli anni ad esempio Dan Flavin poteva recarsi in un pub dopo aver installato la sua mostra e magari imbattersi in Blinky Palermo e magari i due potevano decidere di andare a cena insieme farsi cucinare qualcosa Da Julian Schnabel che a quei tempi era lo stimato chef di un ristorante di Manhattan, insomma tutto era più a misura d’uomo. Oggi ci sono le cene della Gagosian Gallery, eventi superblindati  dove possono accedere solo i collezionisti miliardari o le star dell’arte contemporanea o meglio ancora ragazze giovani estremamente attraenti”.

Street art e politica in Sud America

Caracas, Venezuela, Sud America, subcontinente dove la street art è sempre esistita, sia come espressione della creatività popolare che strumento politico. La metropolis venezuelana in questi ultimi tempi sta assistendo ad una rinascita di murales e graffiti ma dietro questa nuova ondata creativa si nasconde lo zampino della politica. Alcuni artisti come Carlos Zerpa, infatti sono stati incoraggiati e finanziati dal governo a creare numerosi murales sulle mura cittadine, tali rappresentazioni artistiche decisamente kitsch ritraggono perlopiù il presidente Hugo Chavez e la sua rivoluzione contro gli Stati Uniti.

Insomma nel giro di poco tempo la città è stata letteralmente tappezzata di queste immagini propagandistiche, con tanto di slogans e colori vivacissimi.  Le creazioni sono perlopiù piazzate vicino a cartelloni pubblicitari di note aziende americane come la Pepsi o la Heinz (famosa azienda produttrice di ketchup ed altre salse) in modo da irridere il consumismo a stelle e strisce. In un celebre stencil che è possibile ammirare in Plaza Bolivar è possibile scorgere il presidente americano Obama travestito da babbo natale che distribuisce missili recanti etichette con su scritto le parole Afghanistan ed Iraq.

Lo Stato delle Sirene alla Nomas Foundation di Roma

 Il 15 aprile 2010 la Nomas Foundation di Roma presenta The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene, una mostra di Etienne Chambaud all’interno di ‘Permanent Exhibition, Temporary Collections’, una cornice curatoriale ideata dal critico Vincent Normand. The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene è un progetto sviluppato da Nomas Foundation, Roma, David Roberts Art Foundation, Londra e Kadist Art Foundation, Parigi. La mostra, presentata quasi simultaneamente nei tre luoghi e in differenti variazioni linguistiche, si basa sul meccanismo di scrittura e di trascrizione.

L’elemento della traduzione diventa così sia il medium che il linguaggio comune del progetto. Riferendosi nel titolo al mitico canto delle sirene, reinterpretato nell’orecchio di chi l’ascolta, la mostra è concepita come una serie di oggetti scritti. Assenti, ma descritti, immobili ma tradotti, unici ma ripetuti, muti ma trascritti.

la mostra si compone di un’installazione di Figure, un gruppo di piedistalli vuoti a cui è dato un nome (La scogliera), e che funziona come uno spazio di emissione di voce e testo stratificati. Occasionalmente degli attori renderanno attivo lo spazio, leggendo, imparando a memoria e provando i frammenti di una sceneggiatura. Altre volte La Scogliera rimarrà in silenzio.

Valerio Berruti – I wish I was special

Due bambine che giocano, si prendono per mano, si stringono l’una all’altra, si allontanano, si osservano e guardano lontano. Ancora l’infanzia protagonista di questa mostra di Valerio Berruti – presentata il 12 maggio nella galleria romana di Ermanno Tedeschi e il giorno successivo nella sede torinese – la sua prima personale dopo l’entusiasmante esperienza alla Biennale di Venezia.

L’artista prosegue il suo percorso fatto di immagini essenziali che ripensano i temi degli affetti, della quotidianità e dei legami familiari, per la prima volta mettendo al centro dell’opera due soggetti. I wish I was special nasce da una riflessione sulla personalità e sul momento in cui essa si forma: le due protagoniste, ritratte con la tecnica minimale che caratterizza l’artista, dialogano fra di loro, mutano, sembrano fondersi l’una con l’altra per poi discostarsi nuovamente, mettendo lo spettatore nella posizione di decidere se siano due figure distinte o se si tratti invece di uno sdoppiamento della stessa persona.

Tutta colpa dell’aria condizionata: Annullata la mostra alla Corcoran Gallery

La Corcoran Gallery of Art di Washington è stata protagonista lo scorso mercoledì di un evento senza precedenti. Gli spazi espositivi della celebre istituzione erano occupati dalla grande mostra Da Turner a Cezanne: Capolavori dalla Davies Collection, National Museum Galles, ma nel corso del regolare andamento dell’evento qualcosa è andato storto e la Corcoran è stata costretta ad interrompere la mostra a più di dieci giorni dalla data prevista (il 25 aprile prossimo).

Il problema è sorto quando l’impianto di condizionamento (di recente installazione) dell’aria ha smesso di funzionare regolarmente. Lo staff della galleria ha quindi organizzato un meeting straordinario nella notte di martedì ed  ha prontamente preso la decisione di chiudere la mostra per non far inviperire oltre ogni limite i proprietari delle opere che tutte insieme valgono la bellezza di mezzo miliardo di dollari.

Festarte VideoArt Festival 2010

 Al via il III Concorso Internazionale FestArte VideoArt Festival, Periodo Mostra: dal 15 al 18 Settembre 2010 Promosso e prodotto da Federculture, realizzato dalla Ass.Cult. FestArte, ideato e diretto da Lorena Benatti. Il concorso è tematico, con premi in denaro, una giuria di esperti di livello internazionale, una mostra conclusiva con opere in concorso, fuori concorso e menzioni speciali che viaggerà in importanti spazi museali italiani. Per dar voce a questa arte onirica e intrigante, sempre più diffusa e amata dai giovani.

Il proposito del concorso è di offrire ampia visibilità al linguaggio audiovisivo, promuovendone la ricerca ed i suoi contenuti artistico-culturali, e valorizzando i talenti emergenti nel panorama internazionale, le passate edizioni hanno coinvolto artisti di ben 34 Paesi del mondo. La Premiazione delle opere vincitrici avrà luogo a Roma durante la serata inaugurale del Festival, il 15 Settembre 2010, presso il neonato spazio La pelanda (MACRO Mattatoio), dove le opere video selezionate confluiranno in una mostra collettiva (15-18 Settembre 2010) che diventerà itinerante e verrà ospitata in alcuni dei principali Musei italiani.

La gaffe di David Byrne:”Lady Gaga non è un’artista, anzi lo è”

 Dovete sapere che l’ex leader dei Talking Heads nonchè prolifico artista visivo David Byrne gestisce da tempo un blog personale dove alcune volte piazza all’incrocio dei pali delle stravaganti dissertazioni sull’arte contemporanea alcune delle quali totalmente prive di senso logico. Ultimamente Byrne aveva pubblicato un lungo post dove dichiarava di aver sentito  il curatore del MoMa e direttore del P.S.1, Klaus Biesenbach criticare Lady Gaga definendola una cantante e non un’artista.

Ovviamente tale affermazione non sarebbe neanche tanto lontana dalla verità, visto che l’agguerrita e multiforme cantante, pur avendo collaborato con Francesco Vezzoli, non è niente di più che la popstar del momento e dovrebbe decisamente star ben attenta ad amministrare la sua immagine prima di svanire con la stessa velocità con cui ha scalato il dorato mondo della musica.

Jeff Koons alla 24 ore di Le Mans con una BMW

Il prezzemolino Jeff Koons non accenna a voler rallentare il suo maniacale interesse per l’iper-presenzialismo artistico. Stavolta il novello Re Mida dell’arte contemporanea ha deciso di utilizzare il suo tocco magico sul mondo dei motori. La nota casa automobilistica tedesca BMW ha infatti lanciato una collaborazione con l’artista americano, nel corso del progetto Jeff Koons creerà alcuni interventi sulla carrozzeria del novo gioiello M3 GT2. La vettura farà parte di Art Car, fantasioso e fantastico progetto a metà tra arte, motori e design, nato nel 1975 per volere della casa bavarese cui hanno partecipato grandi artisti della scena internazionale.

Nel corso degli anni Art Car ha infatti visto la partecipazione di nomi del calibro di  Frank Stella,autore di una 3.0 CSL nel 1976 Roy Lichtenstein che firmò nel 1977 la mitica BMW 320i Gruppo 5, Andy Warhol che invece modificò una M1 nel 1979  e Alexander Calder che nel 1975 inaugurò il progetto creando una coloratissima composizione su una BMW 3.0 CSL.

John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, nuove realtà della nuova Land Art

Negli ultimi anni alcuni artisti ascesi agli onori dell’arte contemporanea internazionale hanno iniziato a lavorare con materiali naturali, rispolverando gli antichi fasti della Land Art nata sul finire degli anni ’60. I protagonisti di questa insolita forma d’arte creata con arbusti, rami ed altre elementi sono riusciti nel difficile intento di creare simbolici ed evocativi ambienti che mostrano in pieno la bellezza e la malleabilità della natura.

Tre di questi artisti, John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, sono in questi giorni ospiti della Amelie A. Wallace Gallery, all’interno dell’Old Westbury college di New York, in occasione della mostra Regarding Nature: Thorns, Twigs, Buds and Branches (in mostra sino al 2 maggio 2010). Stranamente nessuno di questi tre artisti è realmente interessato alle politiche ambientali ma piuttosto all’estetica ed ai modi in cui alberi e rami possono essere intrecciati per combinare nuove forme.

Un labirintico Gregor Schneider alla Fondazione Volume! di Roma

La Fondazione Volume! di Roma inaugura il 28 aprile (l’evento rimarrà in  visione fino al prossimo 28 maggio) la mostra Totem Raum, Rom 2010, personale dell’artista tedesco Gregor Schneider a cura di Danilo Eccher e Claudia Gioia.

Tortuosi passaggi che confondono e disorientano nell’incertezza della meta, un ambiguo viaggio nelle strettoie della vita per riflettere sulla sua temporalità, accidentalità ed inevitabile contiguità con la morte. Gregor Schneider (Rheydet 1969), artista tedesco tra i più rappresentativi del panorama contemporaneo, vincitore del leone d’oro nella 49ma Biennale di Venezia, noto per la sua abile ossessione nel costruire e ricostruire ambienti, crea appositamente per gli spazi della Fondazione Volume! un percorso installativo che alla barocca esorcizzazione della morte affianca l’aderenza alla materialità della vita.

Russia Today, video arte russa alla Nina Lumer di Milano

Russia Today: Video arte dalla Nuova Russia, evento organizzato dalla galleria Nina Lumer di Milano (dal 16 aprile al 28 maggio 2010) presenta opere di alcuni dei più apprezzati esponenti di arte contemporanea russa a livello internazionale: Viktor Alimpiev, Sergey Bratkov, Anna Jermolaewa e Vladimir Logutov, che hanno fatto (e continuano a fare) del video uno dei loro mezzi d’espressione più efficace. Nel loro continuo oscillare tra mise-en-scène e realtà quotidiana, tra plastica e pelle, tra caos e ordine, i video in mostra ci parlano, almeno in superficie, di questa Nuova Russia, temibile ed amabile allo stesso tempo.

Sono però opere queste che si presentano come una minaccia agli stereotipi amati dagli appassionati di turismo che tendono ad identificare intere nazioni con determinate icone-souvenir – matrioske, caviale, vodka, gasdotti e barili di petrolio, nel caso della Russia. Sono opere che certamente ci parlano, apertamente o indirettamente, di Russia, ma che non si esauriscono in indicazioni topografiche. Forse l’approccio più legittimo è considerare questi video dei paesaggi psicologici, logos non topos, espressioni, in altre parole, di condizioni che non si esauriscono nel particolare, ma si ampliano nell’universale.

Prorogate fino al 12 aprile le iscrizioni online per il Premio Combat

C’è ancora tempo fino a domani per l’sicrizione online al PREMIO COMBAT, nuovo contest esclusivamente dedicato alla pittura.

La pittura possiede potenzialità intrinseche forti e dense di significati. A queste intende dar voce il PREMIO COMBAT, che nel medium pittorico, spesso trascurato in favore di media espressivi più di moda, vuole avere fiducia. Il PREMIO COMBAT nasce per avviare un’indagine, attraverso gli autori che vi parteciperanno, delle più interessanti proposte pittoriche della nostra realtà.

COMBAT prende nome ed ispirazione concettuale dai combat film, filmati realizzati da cineoperatori militari americani durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale, in cui venivano filmati spesso in prima linea e in diretta gli orrori della guerra per documentare e mostrare alla popolazione americana – non ancora certamente preparata a questa tv verità – ciò che stava succedendo, compresi gli episodi più cruenti. La finalità del PREMIO COMBAT ha lo stesso obiettivo forse ambizioso ma senz’altro efficace dal punto di vista culturale: scendere in prima linea per cercare i diversi percorsi all’interno del panorama artistico italiano attuale ed al contempo documentare cosa sta succedendo.