La Crisi e le bufale dell’arte made in Cina

 

La crisi economica è una questione talmente popolare che ormai ha quasi sostituito le disquisizioni meteorologiche.  Ogni testata d’arte o blog che si rispetti possiede un approfondimento sulle relazioni tra crisi economica e mercato dell’arte e ovviamente c’è chi dice che quest’ultimo stia tenendo alla grande e c’è chi dice che si stanno registrando notevoli flessioni nelle aste, nelle fiere e persino nelle vendite delle gallerie. Certo è che il mercato dell’arte è un sistema sostenuto da persone più che benestanti e può essere quindi toccato in maniera del tutto relativa dalla crisi.  Tra le ultime notizie c’è comunque l’importante ridimensionamento del mercato dell’arte cinese, come si evince dalle statistiche di Artprice, un sito che si occupa di raccogliere tutti i risultati delle aste internazionali.

Thomas Kinkade, l’uomo da sei milioni di opere…brutte

Avete mai sentito parlare di Thomas Kinkade? Ebbene se non lo conoscete vi chiariamo noi le idee, parliamo di un pittore americano nato nel 1958 a Sacramento in California. Il buon Kinkade ama creare dipinti che raffigurano scene bucoliche o comunque paesaggi idilliaci caratterizzati da un realismo molto commercialeper non dire improponibile.

L’identikit dell’artista è praticamente quello di tantissimi altri pittori che mai e giammai rientreranno nei gusti del sistema dell’arte contemporanea ed anzi la critica americana ha più volte definito Kinkade come un pittore kitsch che crea chocolate box art, vale a dire opere che andrebbero bene solo per abbellire le scatole dei cioccolatini.

CHEN ZHEN – Les Pas Silencieux

Chen Zhen, nato a Shanghai nel 1955 e scomparso nel 2000 a Parigi è considerato uno dei principali rappresentanti dell’avanguardia cinese ed una figura emblematica nel campo dell’arte contemporanea internazionale. A distanza di 11 anni dalla storica personale “Field of Sinergy”, Galleria Continua di San Gimignano inaugura il 10 settembre l’opera di questo grande artista, con un’ampia mostra personale dal titolo Les pas silencieux.

Ripensare oggi al lavoro di Chen Zhen apre nuove prospettive e nuovi percorsi. Con Les pas silencieux Galleria Continua offre al pubblico un’occasione di intimo contatto con le opere di Chen Zhen ed apre una riflessione sull’attualità della sua poetica volta all’arricchimento della vita interiore, alla ricerca di armonia tra corpo e spirito, alla fratellanza tra popoli e culture diverse, alla tensione verso la comprensione, al superamento dei conflitti, alla resistenza dell’identità, all’incontro tra Oriente e Occidente.

Se Weiwei scompare assieme alla Cina

Nel corso di questi due anni ho scritto numerosi articoli su Ai Weiwei e sulle sue assurde vicende con il governo cinese. Ho anche parlato di questo coraggioso artista all’interno del mio libro Oltre ogni limite, ponendo l’accento sulle sue battagliere azioni con il collettivo The Stars prima e le successive lotte in solitaria, prima fra tutte quella per portare alla luce alcune scomode verità sul terremoto del Sichuan, avvenuto in Cina il 12 maggio 2008.

Ho quindi imparato ad amare il talento e lo spirito umanitario di questo grande artista ed ho cercato di trasmettere questa passione agli altri, ai miei lettori, illustrando le nefandezze di una nazione troppo spesso dipinta come il paradiso degli artisti. Ebbene, la Cina non è terra per artisti e non importa quanto fiorenti siano i suoi mercati dell’arte, nella grande nazione asiatica i diritti umani vengono sistematicamente calpestati e questo basta a fotografare l’identità di un governo, di una serie di istituzioni malevole e reazionarie.

A New York l’Asian Contemporary art week

Si inaugura il 21 marzo, a New York, la settima edizione dell’Asian Contemporary art week. La data non è casuale, se da noi coincide col il primo giorno di primavera (o almeno si spera!), in alcuni paesi asiatici inaugura l’inizio del nuovo anno. La rassegna, della durata di dieci giorni, prevede il coinvolgimento di oltre 35 musei e gallerie e si articolerà attraverso conversazioni con artisti, pannelli, proiezioni, presentazioni di libri, mostre, e visite guidate.

Attraverso questa molteplicità di eventi, Asian Contemporary art week si prefigge di far conoscere a livello globale le ultime esperienze artistiche dei paesi asiatici con uno sguardo però rivolto anche verso i grandi nomi che hanno già dato un contributo indispensabile al panorama artistico contemporaneo quali MF Husain e Monir Shahroudy Farmanfarmaian che per altro, prenderanno parte alla serie di discussioni con gli artisti. La selezione degli artisti prevede il coinvolgimento di Afghanistan, Bangladesh, Burma, Cina, India, Indonesia, Iran, Giappone, Kazakhstan e Pakistan e ha suscitato un entusiasmo tale che probabilmente l’iniziativa verrà replicata lungo la West Coast americana.

Demolito lo studio di Ai Weiwei

Ed alla fine la censura ed il regime oppressivo hanno nuovamente vinto la loro battaglia contro la libera espressione artistica. L’11 gennaio alle sei di mattina una squadra di demolitori si è recata presso lo studio di Ai Weiwei a Shanghai ed ha reso operativo il mandato di demolizione dello stesso spiccato dai vertici cittadini alcuni mesi fa. Sul luogo del misfatto si è recata anche una pattuglia di polizia per evitare rappresaglie o manifestazioni da parte dei sostenitori del celebre e coraggioso artista.

Ma, almeno stando a quanto riportato dai quotidiani cinesi, non si sono verificati scontri o altre tensioni. Circa due anni fa le istituzioni avevano incredibilmente invitato Weiwei a costruire uno studio in città, come previsto dal progetto di edificazione di un nuovo distretto artistico.

La Cina non è un paese libero, parla Ai Weiwei

Non molto tempo fa l’Italia (come anche il resto del mondo) ha subito l’invasione degli artisti cinesi. Ebbene passato il tormentone vorremmo farvi riflettere sulla situazione artistica e sociale in cui versa la Cina, questo poiché al di là dei lustrini sussiste una situazione politica a dir poco scandalosa che limita la libertà di espressione di un intero popolo.

Questa volta però, parleremo attraverso la viva voce di Ai Weiwei, celebre artista cinese che in questi giorni è stato messo agli arresti domiciliari dal governo. Nel ricordare che noi di Globartmag difendiamo a spada tratta la posizione di Weiwei, vi forniamo la traduzione dell’articolo scritto dall’artista sulle pagine del Guardian:

La Shanghai Biennale non è mai stata una libera vetrina dell’arte cinese

In questi giorni lo Shanghai Art Museum ospita l’ottava edizione della Shanghai Biennale (fino al 23 gennaio 2011), manifestazione che da tempo si è posta l’obiettivo di mostrare al mondo la potenza creativa cinese. Dobbiamo dire che per la Biennale il governo nazionale ha operato una grande campagna di promozione, sin dalle sue prime edizioni.

Va da sé che la prestigiosa manifestazione compare sulle prime pagine di ogni magazine d’arte ed ogni quotidiano internazionale, lodata da più parti come suprema vetrina dell’arte cinese. Tutto questo potrebbe essere vero ma non dobbiamo dimenticare ciò che fece nel 2000 l’artista  Ai Weiwei in occasione della terza edizione della Biennale. Weiwei conosceva bene le limitazioni imposte dal governo alla giovane arte nazionale, sapeva quali erano in realtà le mire dell’ambiente politico: diffondere un’arte uniformata, politically correct e di regime, evitando di mostrare al mondo il talento spregiudicato di tantissimi altri giovani artisti.

China Power Station alla Pinacoteca Agnelli di Torino

La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli prosegue il suo progetto di ricerca sul tema del collezionismo e presenta dal 7 novembre al 27 febbraio CHINA POWER STATION Arte contemporanea cinese dalla collezione Astrup Fearnley. CHINA POWER STATION, a cura di Julia Peyton Jones, Gunnar B. Kvaran e Hans Ulrich Obrist è un progetto evolutivo nato dalla collaborazione della Serpentine Gallery con l’Astrup Fearnley Museum of Modern Art, Oslo; è stata esposta in varie sedi: Part I a Londra nel 2006 ha segnato la prima fase del progetto. Parte II è stata sviluppata per Oslo nel 2007 e Parte III in Lussemburgo nel 2008 e ora, con un nuovo allestimento e nuove opere, qui a Torino.

L’indagine sul collezionismo porta a Torino un nuovo tipo di mecenatismo quello della collezione Astrup Fearnley: che produce interamente una mostra come China Power Station e poi decide di acquistarla e farla diventare così parte della sua collezione permanente che ha sede nel museo Astrup Fearnley Museum of Modern Art a Oslo, in Norvegia. In mostra l’esplosione creativa dell’arte contemporanea cinese attraverso le opere di una generazione di artisti d’avanguardia come Cai Guo-Qiang e Huang Yong Ping, insieme con la nuova generazione di artisti post – Mao nati tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ’80, tra cui Cao Fei, Liu Wei, Yang Fudong, Sun Xun, Zhang Ding.

La maledizione di Monna Lisa ha rovinato il mercato dell’arte

In questi ultimi tempi di alti e bassi nel mercato internazionale dell’arte, sarebbe opportuno fare più chiarezza piuttosto che correre di volta in volta dietro agli inglesi  o ai cinesi. Dopo la fine della bolla speculativa molti collezionisti si saranno sicuramente meravigliati di veder crollare le quotazioni dei loro Damien Hirst ma se i ricconi possono sempre puntare su di un altro cavallo, i piccoli e medi collezionisti non possono certo permettersi di sbagliare all’infinito. I “fenomeni” in arte vengono creati di continuo poichè solitamente in mercato tende a spettacolarizzare troppo i suoi attori.

Questa pratica è stata largamente evidenziata da Robert Hughes,un critico d’arte australiano che ormai da più di trent’anni vive e lavora a New York, scrivendo testi decisamente interessanti e collaborando con importanti testate come il Time Magazine. Nel suo documentario intitolato The Mona Lisa Curse (la maledizione di Monna Lisa), Hughes parla di questa forma di spettacolarizzazione e speculazione etichettandola appunto come la maledizione di Monna Lisa. Questo perchè quando il famoso dipinto di Leonardo Da Vinci fu messo in mostra a New York fu trattato come una star del cinema e molti dicevano di averlo visto anche se in realtà non l’avevano visto affatto.

He Sen da Primo Marella Gallery

Primo Marella Gallery di Milano inaugura l’8 aprile (la mostra sarà visibile fino al 30 maggio) una selezione degli ultimi lavori dell’importante artista cinese He Sen. He Sen è stato l’artista selezionato come rappresentante della pittura nel padiglione Cina dell’ultima Biennale di Venezia e ha esposto di recente le sue opere presso la mostra Cina. Rinascita Contemporanea nei prestigiosi spazi di Palazzo Reale.

I dipinti di He Sen si contraddistinguono per la tecnica sublime che egli utilizza ed attraverso la quale riesce a stabilire un contatto intimo con lo spettatore che osserva le sue tele. Parte della mostra sarà dedicata alle celebri Smoking Girls. Si tratta infatti delle opere più famose dell’artista nate da uno scatto fotografico che ritrae delle giovani ragazze colte in un momento di quotidianità: mentre fumano, giocano con un peluches o bevono. Le figure create dal pennello dell’artista, sono di una bellezza disarmante. Celate da questa perfezione si nascondono le incertezze, le paure ed il vuoto interiore dei soggetti dipinti. Incertezze e paure che si riferiscono all’età contemporanea ed in particolare ad un territorio come la Cina che avanzando a un ritmo frenetico non lascia spazio all’individuo di adattarsi al cambiamento.

Nuovo pellegrinaggio creativo verso la Cina

Di arte contemporanea ed artisti cinesi ne abbiamo già ampiamente parlato, sviscerando tutti gli aspetti di un boom inaspettato che ha però nascosto molte illusioni ed insidie per collezionisti ed addetti ai lavori. Insomma l’invasione cinese è stata già analizzata ma non abbiamo mai sottolineato il trend inverso è cioè l’invasione della Cina da parte degli artisti europei ed americani, fenomeno che negli ultimi 5 anni si è diffuso tra moltissimi creativi che hanno fatto pacchi e valigie trasferendosi nella nazione Asiatica.

Così ha fatto anche Alessandro Rolandi (oggi artista molto stimato in Cina), scultore italiano, che è rimasto in Cina assieme ad una colonia di artisti che hanno deciso di espatriare, accettando una sfida che nasconde molte difficoltà ma anche moltissimi aspetti positivi. Molti artisti, come Rolandi hanno lasciato i piccoli studi ed il ristretto cerchio di una scena contemporanea sempre più settoriale per scoprire una terra con vaste possibilità creative dai costi incredibilmente bassi. In Cina gli artisti possono affittare uno studio enorme ad un prezzo irrisorio, permettersi schiere di assistenti e sperimentare liberamente in media costosi come il bronzo ed il fiberglass senza andare sul lastrico.

Terni nel Caos

Hugo Tillman

In piena crisi economica non viene da pensare a nome più azzeccato, si chiamerà infatti CAOS il nuovo “Centro per le Arti Opificio Siri” nella città di Terni che aprirà i cancelli il 28 marzo 2009 con la mostra Map Games: Dynamics of Change che annovera le fatiche di ventiquattro artisti ed architetti cinesi ed internazionali.

La mostra a cura di Feng Boyi, Monica Piccioni,Rosario Scarpato e l’artista Varvara Shavrova approda in Italia dopo esser stata ospitata a Birmingham (UK) e Beijing (Cina).

Il tema principale è la riflessione sulle dinamiche di cambiamento dell’arte contemporanea e del tessuto architettonico urbano. Gli artisti indagano questi cambiamenti grazie ad reinterpretazioni multimediali che reinvestano la geografia della Pechino di oggi, ieri e domani. Una capitale controversa, avvolta nel mistero della sua tradizione e nell’elusivo ed agrodolce tessuto urbano radicalmente trasformato dalle nuove installazioni architettoniche sviluppatesi repentinamente in occasione dell’ultima olimpiade.