Due coniugi si domandano ,”che questa sia arte?”
“Girl with ball”: Un uomo e una donna si aggirano per le sale di una nota galleria.
Dico un uomo e una donna ma in realtà non sembrano persone reali. Lui bellissimo assomiglia a Ken il compagno di Barbie, ha la vuota espressione di un automa. Ignora la sua fidanzata persa in fantasticherie narcisistiche. Contemplano varie opere d’arte di matrice astratta ma sembrano lontane da quel espressionismo astratto propugnato da Pollock e De Kooning: le pennellate non sono dettate dall’irrazionalità e dal sentimento ma bensì da un preciso esercizio razionale. Poi ”Look Mikey”:Paperino e Topolino. Colori primari (blu, rosso, giallo) e piccoli dots sembrano simulare la commerciale tecnica di stampa dei fumetti; l ‘illustrazione basata su “Donald Duck lost and found” del 1960.

Nella metà degli anni ’80 il celebre gruppo delle Guerrilla Girls imperversava sulla scena dell’arte contemporanea newyorchese producendo posters, cartelloni pubblicitari e libri caratterizzati da un femminismo radicale intriso di cocente ironia. Le Guerrilla Girls orientarono il loro attivismo sull’industria cinematografica hollywoodiana e sulla cultura popolare, irridendo gli stereotipi sessuali e la corruzione del mondo dell’arte. Ovviamente le loro incursioni artistiche erano frutto delle mille battaglie vinte dalle donne a partire dal 1963, anno in cui Betty Friedan, scrisse il libro Mistica della femminilità, nel quale l’autrice denunciava il ruolo coatto di sposa e di madre della donna americana, e rivendicava l’uguaglianza della donna all’uomo nel campo professionale, culturale e politico.

In queste pagine si è più volte parlato della nuova creatività italiana e vorrei ribadire quanto l’arte giovane rappresenti la nostra unica risorsa per tentare di emergere dallo stato di torpore in cui versa la scena dell’arte contemporanea nostrana. Eppure se da un lato i nostri artisti sono stretti da una morsa istituzionale che ne appiattisce la creatività e ne limita l’azione, dall’altro anche la proposta creativa dovrebbe iniziare a mostrare i denti e non cedere il fianco a chi punta all’uniformazione.


L’artista franco-serbo Vuk Vidor è senza dubbio una delle figure più eccentriche e fantasiose del panorama dell’arte internazionale. Solitamente Vidor utilizza spesso un linguaggio pop colorato dove ogni dettaglio è parte di un racconto. Seppur caratterizzate da una certa dose di ironia dadaista le sue opere sono serie e profonde. Ultimamente però la nostra fantasia è stata colpita da un’opera di Vidor del 2004 che da poco è stata ristampata in edizione poster e limitata a 200 copie. Si tratta di Art History ed è buffo notare come l’artista riassuma, tramite una semplice lista, le figure chiave dell’arte internazionale.


In tempi non sospetti il celebre pensatore ed artista Guy Debord ci aveva messo in guardia contro il potere dello spettacolo, un rapporto sociale e culturale tra individui mediato da immagini vuote e figlie del consumismo di massa, una sorta di assoggettamento psicologico in cui ogni individuo è isolato dagli altri ed assiste passivamente ad un monologo elogiativo dello spettacolo stesso. Ovviamente per spettacolo intendiamo riassumere in questa sede il sistema dell’arte contemporanea italiano e tra i burattinai di questo enorme carrozzone, oltre le istituzioni, figurano anche i curatori d’arte, specificando che persino la scrivente potrebbe tranquillamente farne volontariamente od involontariamente parte.
Ci sono artisti che preferiscono filtrare la realtà attraverso le lenti dell’inconscio, generando forme astratte od espressioniste. Altri invece raffigurano la realtà come dato oggettivo. Tra queste due categorie si bilancia Ron Mueck, artista celebre e stravagante che raffigura la realtà ed in specifico la condizione umana per il suo lato surreale e debordante ma pur sempre veritiero.