Gran Bretagna-Italia, due “tagli” a confronto

La crisi economica è lungi dal terminare. A fronte dei timidi tentativi propagandistici del governo che tenta in tutti i modi di far credere che i momenti peggiori siano ormai alle spalle, la situazione in cui versano i nostri centri nevralgici della cultura non ci fa certo ben sperare per il futuro.

Il MADRE di Napoli rischia la chiusura, Il Maxxi di Roma non ha ancora emanato una programmazione certa, il Castello di Rivoli e la Gam di Torino non se la passano bene e l’Istituto Italo-Latino Americano (IILA) di Roma sarà presto costretto a cambiare sede per i troppi costi di gestione. Insomma presi nell’insieme tutti questi eventi forniscono un quadro della situazione non certo esaltante. Ed allora come dovrebbe reagire il mondo dell’arte ai tagli alla cultura? Alcune valide risposte sono state fornite in questi giorni, mentre è in atto la prestigiosa fiera inglese Frieze, dal Guardian che ha intervistato alcuni personaggi di spicco dell’arte contemporanea.

James Magee il più grande artista sconosciuto degli Stati Uniti

In un interessante articolo del Wall Street Journal ci siamo imbattuti in un outsider decisamente interessante. Si tratta di James Magee, apostrofato come il più grande e sconosciuto artista americano ancora in vita. In effetti Magee, classe 1946, in tutta la sua carriera ha prodotto poco più di cento opere al limite tra lo scultoreo e l’installazione, molte delle quali sono talmente massicce e pesanti da richiedere mura rinforzate in caso di affissione.

I collezionisti sono quindi spaventati da tale caratteristica come lo sono i galleristi che di quando in quando visitano il suo studio a metà tra un’officina ed una discarica. I dealers molto spesso abbandonano Magee, giudicando le sue opere invendibili. Eppure questo eccentrico e visionario artista ha prodotto un’opera sensazionale, anzi precisamente egli è ancora al lavoro per ultimarla.

Salvi i 33 minatori e Sebastian Errazuriz gli dedica un’opera

Sono stati sepolti vivi per 70 interminabili giorni, intrappolati in quella terribile miniera di San Jose in Cile. Ora finalmente, grazie alla capsula Fenix e ad un tunnel di salvataggio di oltre 600 metri, i 33 minatori cileni possono tornare nuovamente alla vita, risorgere dalle loro stesse ceneri e riabbracciare i propri cari. Nel mentre, le immagini del rocambolesco quanto provvidenziale salvataggio hanno fatto il giro del mondo ed oltre un miliardo di persone in tutto il pianeta hanno assistito contemporaneamente ed in diretta a questo lungo momento di gloria.

Un trionfo mediatico insomma ma anche un evento toccante e drammatico che ha influenzato persino il mondo dell’arte contemporanea. A Santiago del Cile infatti, nelle stesse ore del salvataggio, l’artista Sebastian Errazuriz ha lanciato un affascinante progetto d’arte pubblica. Si tratta di un’installazione che ha illuminato con 350 tubi al neon i 33 piani (stesso numero dei minatori intrappolati) di un edificio cittadino.

La “Biennale diffusa” di Vittorio Sgarbi e la risposta di Gino De Dominicis

Massimo Cacciari, Alberto Arbasino, Tahar Ben Jelloun, Bernard-Henri Levy, Umberto Eco, Furio Colombo, Guido Ceronetti, Aldo Busi, Roberto Capucci, Emanuele Severino, Roberto Calasso, Roberto Saviano, Giorgio Pressburger, Giorgio Reale, Raffaele La Capria, Paolo Mieli. Questi sono gli intellettuali scelti da Vittorio Sgarbi, le figure “dall’intelligenza manifesta” che sotto la sua supervisione saranno chiamate a selezionare i 150 artisti provenienti da tutte le regioni d’Italia i quali a loro volta occuperanno lo spazio dell’Arsenale alla Biennale di Venezia 2011.

Ma nella Biennale Diffusa di Sgarbi ci sarà anche Oliviero Toscani in una sezione speciale a Forte Marghera più tante altre sorprese in tutta Venezia. Insomma chissà cosa ci aspetterà alla prossima edizione della celebre kermesse. Intanto scatta subito la polemica con un Vittorione Nazionale che dalle pagine del Corriere del Veneto apostrofa Francesco Bonami e Achille Bonito Oliva come fautori dell'”arte curatoriale che sa di ospedale”, oltraggiando due figure che hanno praticamente e fattivamente scritto la storia della curatela e della critica contemporanea nazionale (e non).

Come ti vendo la Performance

Abbiamo già scritto alcuni articoli sul futuro del mercato della video arte e la scrivente ha persino moderato un talk su tale tematica alla recente edizione del Festarte Video Art Festival tenutosi al Macro di Roma. Tra dubbi ed incertezze il mercato della videoarte è ad un punto di svolta ma se parliamo del mercato della Performance Art allora le cose si complicano ulteriormente. Ebbene si, avete capito bene, esiste un mercato della performance art ed in molte ipotesi i pezzi venduti raggiungono cifre sbalorditive.

Ma in realtà cosa si vende? la risposta è tanto semplice quanto sbalorditiva: l‘idea. Il Financial Times ha infatti ultimamente pubblicato un articolo di Gareth Harris che spiega minuziosamente come avviene la vendita di tale tecnica artistica. Nella maggior parte dei casi si vende la documentazione collaterale, vale a dire fotografie e video. Il collezionista Aaron Levine ad esempio ha recentemente acquistato una performance di Allan Kaprow per 21.000 dollari, una di Rebecca Horn per 118.000 dollari ed una di Ana Mendieta per 200.000 dollari.

Svelato il progetto della Moschea a Ground Zero mentre Banksy incontra i Simpsons

La decisione di costruire una Moschea su Ground Zero a New York, proprio vicino  dove l’11 settembre 2001 i terroristi islamici uccisero migliaia di persone, dando inizio ad un clima di terrore senza precedenti, ha sollevato numerose polemiche. Il presidente Barack Obama, in nome della libertà di culto, ha giustamente concesso il permesso per l’erezione del controverso edificio ma ovviamente tale decisione non ha mancato di dividere l’opinione pubblica, parenti delle vittime compresi.  Giusto o non giusto, siamo qui a tenervi aggiornati sui primi rendering del progetto.

La struttura dovrebbe costare attorno ai 140 milioni di euro ed il design è stato curato dal gruppo di architetti SOMA. Dalle prime immagini sembrerebbe un edificio estremamente innovativo. Passiamo ora a qualcosa di più leggero. Il beniamino della street art Banksy ne ha combinata un’altra delle sue. Stavolta l’artista ha deciso di portare la sua carica sovversiva all’interno di un cartone animato.

Paul Mc Carthy, dare Bush ai porci

E’ nato a Salt Lake City il 4 agosto del 1945 ma se pensate di mandarlo in pensione allora vi sbagliate di grosso. Stiamo ovviamente parlando di Paul McCarthy, vero e proprio genio della provocazione e del paradosso che dall’alto dei suoi 65 anni di età non accenna a mostrare alcun segno di cedimento creativo. Anzi si potrebbe dire che la sua voglia di provocare e scioccare il pubblico sia ancora in piena salute.

A riprova di ciò, Mc Carthy ha fatto del suo meglio nella sede di Los Angeles della galleria L & M Arts dove è attualmente in corso una sua mostra personale dal titolo Three Sculptures la quale rimarrà in visione sino al prossimo 6 novembre. L’opera che non ha mancato di suscitare il disgusto ma anche la curiosità degli astanti è l’installazione Train Mechanical.

James Franco si traveste e Adobe lancia il museo digitale

Terry Richardson colpisce ancora, questa volta con l’aiuto di James Franco. L’attore è ormai una conoscenza abituale nel mondo dell’arte contemporanea dato che sta tentando in tutti i modi di forzare le barricate e comprarsi un posto all’interno del sistema. Richardson ha fotografato Franco nei panni di un transgender con tanto di guanto di pelle in bella mostra.

Il frizzante scatto apparirà sulla copertina del secondo numero di Candy Magazine, pubblicazione che si è ironicamente autodefinita come “Il primo magazine di stile transversale“. Il magazine sembra piuttosto interessante ed al suo interno sono presenti articolo che giocano sui gender e sull’alta moda. Oltre a James Franco, Richardson ha fotografato anche Luis Vegas, l’editore del magazine, che nello scatto impersona il leader di Vogue, Anna Wintour.

Quando il Blockbuster diventa un Flop

In America e nei paesi di lingua anglofona le chiamano Blockbuster Exhibitions termine che da noi si potrebbe tradurre come Mostre da botteghino. In pratica le mostre Blockbuster sono eventi dal successo già annunciato, la regola è sempre la stessa: si sceglie un’importante sede istituzionale e si programma una mostra con uno o più artisti di caratura internazionale o comunque ampiamente storicizzati.

Una campagna promozionale martellante completa il tutto ed al momento dell’apertura dei cancelli vedrete una bella fila di visitatori pronti a sborsare decine di euro per ammirare quattro dipinti risicati degli impressionisti francesi o l’ennesima collezione di schizzi di Degas o magari il meglio della produzione di Jackson Pollock che nella migliore delle ipotesi si risolve in qualche opera minore raffazzonata chissà dove.

Lawrence Malstaf, l’artista sottovuoto

Quante volte da bambini vi siete infilati un sacchetto di plastica in testa? Sicuramente molte, come sicuramente vostra madre o vostro padre vi avranno prontamente messo in guardia contro il terribile rischio di soffocamento o quanto altro. Ebbene, queste paure non esistono per Lawrence Malstaf, artista belga a cui è venuta l’insana quanto originale idea di infilare non solo la testa ma l’intero corpo all’interno di un sacchettone di plastica.

La sbalorditiva performance intitolata Shrink va in scena in questi giorni alla Freemason’s Hall nel corso dell’Abandon Normal Devices festival di Manchester (fino ad oggi dalle quattro alle 6 del pomeriggio) ed ha lasciato tutti gli astanti a bocca aperta. Malstaf ha infatti messo in fila alcuni volontari giunti appositamente per l’evento e poi li ha infilati all’interno di una gigante confezione di plastica creando  il vuoto mediante un aspiratore, un tubo infilato all’interno del bustone permette a tutti di respirare regolarmente.

Scoperto un nuovo dipinto di Michelangelo: “La pietà perduta”

Se la notizia dovesse essere confermata sarebbe una vera e propria scoperta sensazionale per tutto il mondo dell’arte. Un dipinto non finito raffigurante il Cristo e la Vergine Maria che per diverso tempo è stato in possesso di un ex pilota dell’aviazione che risponde al nome di Martin è infatti l’oggetto di un libro scritto da Antonio Forcellino ed intitolato La Pietà perduta (edito da Rizzoli). Lo stimato restauratore e storico dell’arte sostiene che il dipinto in questione è in realtà un’opera di Michelangelo ed il suo valore sarebbe ben più alto di 118 milioni di dollari.

Forcellino si è imbattuto per la prima volta nella Pietà perduta alcuni anni fa. Da bambini  l’attuale proprietario Martin e suo fratello stavano giocando a tennis dentro casa e ad un tratto la pallina colpì il dipinto rovinandolo. Nove anni fa Martin ha ricevuto in dono dai suoi genitori il dipinto ed ha chiamato Forcellino per una perizia.

Il Turner prize 2010 e l’estetica di regime

La prestigiosa Kermesse britannica del Turner Prize è entrata nel vivo dell’azione e come al solito sono piovute critiche da più parti. Stavolta però non si parla di provocazione o di cattivo gusto ma di noia,  una vera e propria catastrofe per l’arte in genere. Anche prestigiosi magazine d’arte come Artinfo si scagliano contro i protagonisti dell’edizione 2010 che sono Dexter Dalwood con i suoi collage pittorici, l’Otolith Group con le sue installazioni filmiche, Angela de la Cruz con le sculture composte da dipinti e Susan Philipsz con le sue installazioni sonore.

Ebbene l’accusa più gettonata sembrerebbe essere quella di ricorrere ad un postmodernismo ormai superato e schiavo di meccanismi di maniera ormai un tantino logori. E’ chiaro che le manifestazioni concettuali si basano su un’idea ma quando anche questa viene a mancare resta ben poco da dire. In più sembrerebbe che i vertici del premio abbiano fatto firmare ai giornalisti una sorta di contratto volto a non “diramare notizie offensive sul premio”. Insomma si può parlare del premio ma bisogna parlarne bene.

Scozia e Russia pronte per la Biennale di Venezia 2011 e per la prima volta spunta l’India

Ancora novità sul versante Biennale di Venezia edizione 2011, altre nazioni hanno infatti reso noti i nomi degli artisti che andranno ad occupare i rispettivi padiglioni nazionali. Noi siamo sempre in attesa di sapere chi saranno i nomi scelti dall’Italia ma la nostra sembra orami una cantilena stonata. Parliamo quindi della Russia che ha scelto Andrei Monastyrsky come ambasciatore creativo alla prossima Biennale. Tra sculture, performances, poemi, fotografie ed altri media il camaleontico artista ha al suo attivo un compendio di opere sempre tese a sovvertire la rigidità e la burocrazia del sistema politico sovietico.

Nel mentre anche la Scozia ha calato il suo asso, si tratta della scultrice Karla Black che conferma la regola nazionale di scegliere artisti emergenti dalle belle speranze. L’artista è infatti nata nel 1972 ed è celebre per sculture ed installazioni create con l’ausilio di materiali come zucchero, polvere, vernice e gesso.  L’India ha intanto annunciato di voler istituire un padiglione alla Biennale per la prima volta in assoluto.

Ancora polemiche sulla mostra di Takashi Murakami mentre si prepara la mostra di Maurizio Cattelan

La reggia di Versailles fatica a contenere l’incredibile estrosità di Takashi Murakami (in mostra fino al prossimo 12 dicembre), presentatosi a Parigi in una veste più castigata del normale che non gli ha comunque evitato un vespaio di polemiche. Più di 12.000 firme sono infatti state raccolte da due differenti gruppi di protesta per fermare la mostra di Murakami che ha così battuto il record di polemiche dell’evento di Jeff Koons nel 2008.

Va detto che nel 2009, in base all’autoregolamentazione di esporre ad anni alterni un artista internazionale ed uno francese, la reggia ha ospitato il francese Xavier Veilhan e non sono stati in molti a lamentarsi. Alla base delle polemiche potrebbe esserci quindi un impeto nazionalista che vorrebbe impedire allo straniero di affiancare le proprie opere alle meraviglie presenti nel prestigioso castello. Qualunque sia la fonte dei dissidi, il prestigioso magazine The Art Newspaper aveva annunciato, la scorsa settimana, una futura chiusura del programma di mostre nella reggia. Tale notizia è stata però smentita dai vertici della prestigiosa istituzione che hanno addirittura rilanciato, ipotizzando una possibile presenza del nostro Maurizio Cattelan nel 2012.