Ion Barladeanu l’artista clochard, dalle stalle alle stelle

Giusto la scorsa settimana gli ospiti della galleria Anne de Villepoix erano decisamente chic, il vino di Bordeaux emanava il suo color rubino attraverso i calici ben ordinati e le assistenti di galleria erano impeccabilmente fasciate dal loro abito giallo canarino, tutto insomma era perfetto per la più tipica delle mostre parigine. Eppure quell’artista che accoglieva gli ospiti con il suo grande cappello da cowboy con fare da vera star del contemporaneo, aveva qualcosa di misterioso ed effettivamente va detto che fino al 2008 nessuno aveva mai sentito parlare di lui.

Il nome di quell’uomo è Ion Barladeanu ed ha vissuto nella sala di raccolta della spazzatura posta all’interno di un blocco di edifici di Bucarest fino alla metà del 2008, data in cui il mondo ha scoperto la sua creatività. Oggi finalmente il sogno di un romeno che è cresciuto adorando le stars dei film francesi ed ha custodito come un tesoro una miniatura della torre Eiffel, si è finalmente avverato ed anche Barladeanu è riuscito a raggiungere l’agognata meta della prima mostra personale su territorio francese.

Wangechi Mutu vince il premio “Artist Of The Year”

Finalmente il giusto riconoscimento per una sensibile esponente dell’arte Africana, scena variopinta ed estrosa che troppo spesso viene lasciata indietro da pubblico e critica ed ignorata dai magazine del settore. Wangechi Mutu, artista multimediale celebre per i suoi collages che si riferiscono alla diaspora africana in maniera fantastica e politicamente impegnata, ha infatti vinto la prima edizione del premio Artist Of The Year, competizione organizzata dal colosso bancario Deutsche Bank.

L’artista 37enne avrà in premio ad aprile una grande retrospettiva del suo lavoro ospitata dal Deutsche Guggenheim, istituzione gestita in partnership con il gruppo bancario. Una selezione di alcune sue opere su carta verrà in seguito acquistata dalla Deutsche Bank Collection e posizionata nei vari uffici sparsi per tutto il mondo. Wangechi Mutu è nata a Nairobi in Kenya ed oggi lavora a New York ed è stata proclamata vincitrice del premio da una giuria formata da Nancy Spector curatrice del Guggenheim di New York, Udo Kittelmann direttore della Nationalgalerie di Berlino e dai curatori indipendenti Okwui Enwezor e Hou Hanru.

Francesco Bonami punta il dito contro Vittorio Sgarbi

La doppia nomina di Vittorio Sgarbi come curatore del padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2011 e come supervisore delle acquisizioni del MaXXi di Roma ha sicuramente diviso il mondo dell’arte italiano ed ancora oggi le polemiche non accennano a diminuire. In tutto questo tourbillon di notizie, dichiarazioni e smentite è però interessante sommerfarsi a riflettere su ciò che pensano all’estero dell’intera faccenda. Andiamo quindi a leggere cosa hanno scritto sull’importante testata

La prossima edizione della Biennale di Venezia sarà un appuntamento molto sentito dagli italiani poiché la nazione celebra il 150 anniversario dalla sua unificazione proprio nel 2011. Il ministro della cultura Sandro Bondi ha difeso la sua scelta insistendo sul fatto che: ”Sgarbi ha una profonda conoscenza del patrimonio culturale italiano”.

Ma la nomina di Sgarbi ha ricevuto alcune critiche da parte del suo collega e compatriota Francesco Bonami, curatore della Whitney Biennial 2010. “Sfortunatamente l’italia ha ciò che si merita, l’arte contemporanea sta a Sgarbi come l’America a Bin Laden e non c’è dubbio che Sgarbi come Bin Laden è ferocemente in lotta contro il suo nemico. Questa nomina è quasi come un attacco suicida alla dignità italiana” ha dichiarato Bonami ai microfoni di Art Newspaper.

Quando sotto la crosta si nasconde un capolavoro

Il sogno di ogni collezionista è sicuramente quello di scoprire che un dipinto antico, acquistato da chissà quale rigattiere ad un prezzo stracciato, è in realtà un capolavoro d’arte dal valore inestimabile.

Quando nel 1993 David Seton Pollok-Morris Dickson e sua sorella Susan Marjorie Glencorse Priestley portarono un loro dipinto raffigurante la testa di Giovanni Battista alla casa d’aste Christie’s di Londra sapevano benissimo che per loro non c’era speranza  che quel dipinto si trasformasse in un tesoro nascosto e per questo accettarono il verdetto del valutatore. Secondo Christie’s il dipinto era della scuola di Tiziano e fu per questo messo in vendita per circa 8.000 sterline. Molto più tardi i due fratelli scoprirono che il dipinto era stato acquistato da un dealer di Milano che l’aveva fatto restaurare e con grande sorpresa aveva constato che si trattava di un’opera originale di Tiziano dall’incredibile valore di 4 milioni di sterline e forse anche di più. I due collezionisti, decisamente furiosi, hanno quindi deciso di denunciare Christie’s per la negligente attribuzione dell’opera. E pensare che all’epoca gli esperti dissero ai due fratelli che non era il caso di spendere altri soldi per far restaurare il quadro.

I Computers trasformano le normali foto in modelli 3d

 Un antico proverbio dice che Roma non è stata costruita in un giorno ma questa impossibile impresa potrebbe riuscire assai semplice nel cyberspazio. Dei ricercatori di Computer Science dell’Università di Washington sono infatti al lavoro per sviluppare un sistema costituito da potenti algoritmi grafici in grado di ricostruire modelli in 3D di edifici e persino di città intere partendo da semplici fotografie. Questo nuovo sistema chiamato PhotoCity è in realtà basato su un progetto originale di Noah Snavely, ricercatore della Cornell University.

Il progetto originale è stato commercializzato dalla Microsoft con il nome di Photosynth ed è in sostanza un portale dove gli utenti possono caricare una sequenza di alcune centinaia di foto che poi formano una scena tridimensionale. Ora però gli scienziati sono al lavoro per ampliare le capacità del programma, permettendogli così di immagazzinare milioni di foto per poi creare un modello tridimensionale di tutte le città del mondo. Ovviamente l’impresa è decisamente titanica e servirebbero centinaia di milioni di dollari di fondi per raccogliere miliardi di immagini che poi andrebbero a costituire l’armatura dei modelli tridimensionali.

Absolut sopra le righe con l’aiuto di Spike Jonze

La celebre azienda Absolut, distillatrice di un’ottima vodka, è da sempre connessa al mondo dell’arte contemporanea. Nel corso degli anni sono stati in molti a fotografare la sua inconfondibile bottiglia ed altrettanti artisti sono intervenuti direttamente sul design stesso del contenitore rendendo il celebre distillato un vero e proprio pezzo da collezione. Il 7 marzo 2010 l’Absolut sfiderà a Londra le ordinarie percezioni giornaliere delle persone, lanciando il concetto “Ordinary is no place to be”.

Absolut presenterà il film I’m Here, A Robot story in an Absolut world, pellicola girata a Los Angeles dal grande artista Spike Jonze. Il film ha riscosso un grande successo di pubblico durante la prima assoluta al Sundance Film Festival lo scorso 21 gennaio ( prossimamente il film sarà proiettato anche alla Berlinale).

Lady Gaga nuda per Spencer Tunick

Molti di voi sicuramente conosceranno Spencer Tunick, artista che solitamente realizza accumulazioni di gente comune completamente nuda, immersa nel paesaggio urbano. Le foto di Tunick hanno fatto il giro del mondo non tanto per la novità del soggetto quanto per l’enorme moltitudine di persone che l’artista riesce a mettere insieme. Talmente tanta gente che solitamente l’occhio dello spettatore si perde in un mare di carne.

Ma ora l’artista ha in mente di fotografare un nuovo soggetto che potrebbe catalizzare l’attenzione. Si tratta della reginetta della musica pop Lady Gaga, ormai vecchia conoscenza nel mondo dell’arte contemporanea vista la sua ultima collaborazione con Francesco Vezzoli. Tunick ha infatti invitato l’autrice della celebre hit Poker Face a denudarsi sulle scale della Opera House di Sydney. Tutto è cominciato agli inizi del mese quando Lady Gaga ha dichiarato che Tunick è per lei una fonte di ispirazione e di aver scritto una tesi di laurea di 80 pagine su di lui prima di diventare una pop star internazionale.

Sicilia e Campania nuovamente unite in nome dell’arte contemporanea

Raffaele Lombardo e Antonio Bassolino hanno stretto un accordo governativo tra le due regioni Sicilia e Campania, unite in una sorta di gemellaggio culturale per un progetto denominato Le Città del Mediterraneo. Le regioni hanno affidato la gestione del progetto a Riso-Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia e alla Fondazione Campania dei Festival. Tale unione prevede l‘organizzazione di ben 20 mostre d’arte contemporanea in altrettante città della Sicilia nei mesi di Agosto e Settembre.

Arte vicina alla moda o moda vicina all’arte?

 La Fashion Week di New York ha messo in evidenza l’avvicinamento della moda al mondo dell’arte contemporanea. Del resto nel passato il corteggiamento era stato piuttosto deciso, basti pensare a nomi come Richard Prince, Tracey Emin, Damien Hirst (che ha persino realizzato una linea t-shirts e pantaloni), Takashi Murakami (quest’ultimo ufficialmente brandizzato da Louis Vuitton) i quali hanno più volte prestato la loro arte e la loro faccia al fashion world.

Negli ultimi  tempi però il legame è divenuto ancor più forte ed un sempre crescente numero di artisti si presta a campagne pubblicitarie, passerelle e quanto altro, senza contare chi ha fatto della moda una vera e propria tecnica artistica. Il mese scorso Adam Kimmel aveva assoldato George Condo per il look della sua presentazione alla Yvon Lambert Gallery. Un aiuto artistico è servito anche a Levi’s che si è avvalsa del fotografo Ryan McGinley . Il fashion designer Brian Reyes ha invece chiesto all’artista ucraina Oksana Mas di creare alcune stampe con elementi arborei per la sua collezione autunno-inverno 2010.

Uno sputo a Lucio Fontana e la Gnam si pubblicizza a dovere

 Documenteremo prima il fatto e poi tireremo le somme dell’intera faccenda.

Globartmag vi ha spesso tenuti informati sui sempre più ricorrenti atti di vandalismo ai danni dell’arte. Stavolta però non si tratta di un danneggiamento bensì di un vero e proprio vilipendio, un oltraggio basso ed infame che pesa quanto una macchia d’inchiostro sulla tela od una martellata sul marmo. L’increscioso evento è accaduto alla Gnam di Roma e la vittima dell’assalto è un’opera di Lucio Fontana dal titolo Concetto spaziale- Attese del 1968, cinque tagli su tela dipinta di bianco dal valore di almeno 9 milioni di euro.

Ebbene l’opera è stata colpita da un volgare sputo, un segno di rabbia e sfregio contro la creazione di un artista che storicamente è sempre stato oggetto di roventi critiche e dissensi. Fortunatamente lo sputo è andato a finire sul vetro che protegge l’opera ed in alcuni secondi è stato lavato via ma è ovvio che la forza di tale deprecabile gesto non può essere lavata via così presto. L’episodio che vi abbiamo raccontato è però accaduto nel 2009 è stato misteriosamente reso noto solo ora dalla soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli.

In Canada ci si ubriaca di arte contemporanea

 Vancouver non è solo una città che sta ospitando le olimpiadi invernali ma un crocevia importante per l’arte contemporanea ed in special modo per l’arte concettuale. C’è da dire che la città è anche piena di pubs dove è possibile gustare ottime birre. Ad unire le due cose ci ha pensato Theo Sims, artista britannico, che ha pensato di costruire un’installazione dal titolo Candahar nel mezzo del Playwrights Theater. L’opera è in soldoni un grande container di legno che vorrebbe riprodurre un pub di Belfast.

Tim Miller ha creato 365 dipinti in un anno

La produzione artistica non è certo un problema per Tim Miller, l’artista ha infatti prodotto nel 2009 un dipinto al giorno totalizzando così la bellezza di 365 opere. La cosa ancor più buffa è che l’artista australiano ha usato sempre lo stesso soggetto, il tramonto. Miller ha così catturato la bellezza naturale di 365 tramonti tutti diversi fra loro. Ogni giorno l’artista si ha interrotto le sue attività quotidiane per mettersi a dipingere il cielo in qualunque condizione fosse, incluso il passaggio di un jet a quarantamila piedi d’altezza.

Roma insorge contro i writers, intanto c’è chi spende 30.000 sterline per un falso Banksy

Abbiamo già affrontato in più riprese il caso graffiti writing, particolare forma di street art che da sempre è oggetto di molte polemiche. Sono in tanti infatti a giudicare quest’espressione artistica come un semplice scarabocchio dimenticando che grandi nomi come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat hanno cominciato proprio “scarabocchiando” per le strade cittadine. Ovviamente non tutto può essere considerato arte ed è naturale che molti graffiti tali non sono ma semplici svolazzi che imbrattano edifici, monumenti ed altre realtà architettoniche di interesse storico.

Per arginare il problema e scindere l’arte dal deturpamento del bene pubblico, molte città del mondo hanno studiato numerosi provvedimenti, dalla ferrea repressione ai moderati deterrenti. Il Regno Unito ha invece interpellato i cittadini istituendo un sondaggio sulle opere urbane da cancellare e quelle da tenere. Il comune di Roma ha ultimamente deciso di adottare le maniere forti contro gli attacchi urbani dei writers ed ha così intenzione di creare una banca dati su internet contenente tutti i nomi degli street artist capitolini.

A Jakarta l’arte si compra al centro commerciale

Se volete avere una prova di quanto l’arte sia entrata a far parte dello stile di vita quotidiano vi possiamo assicurare che tra non molto basterà entrare in un centro commerciale e scegliere l’opera d’arte che più vi aggrada proprio come se fosse un qualunque capo d’abbigliamento. Ciò sarà possibile dal prossimo 27 febbraio quando nel celebre centro commerciale Grand Indonesia di Jakarta aprirà il nuovissimo Jakarta Art District. Si tratta di un progetto organizzato dall’associazione delle gallerie indonesiane che prevede l’apertura simultanea di nove gallerie all’interno del centro commerciale.

Le gallerie avranno grandi vetrine ed esporranno una ricca moltitudine di opere d’arte contemporanea indonesiana ed internazionale. Ognuna delle nove gallerie si alternerà nella presentazione di una mostra ogni due settimane. Stando a quanto affermato dall’associazione delle gallerie indonesiane (AGSI), il progetto contribuirà ad avvicinare la persone all’arte. Certo è che in di questi tempi le gallerie d’arte sono divenute sempre più esclusive e frequentate da un certo tipo di persone, il Jakarta Art District invece è completamente aperto a tutti.