Il futuro dell’arte contemporanea è globale o legato al mercato?

Sono in molti a chiedersi quale sarà il futuro dell’arte contemporanea ed i pareri sono ovviamente discordanti. Sono in fatti in molti ad affermare che la creatività internazionale ha ormai perso mordente, uniformandosi a scelte già consolidate ed a schemi estetici largamente consolidati all’interno di un sistema sempre più chiuso e chino su se stesso. Insomma secondo queste fonti siamo ormai giunti ad un punto di non ritorno ove non è rimasto più nulla da scoprire e da inventare.

Altri invece si sono espressi in maniera più favorevole e positiva nei confonti del futuro prossimo dell’arte. Julia Peyton-Jones, direttore della Serpentine Gallery di Londra, ha ad esempio annunciato un futuro all’insegna del globale. Come già accaduto per il sistema economico e tecnologico, il centro di gravità del sistema artistico si è spostato dall’ovest verso est, con un’iniezione di nuovi artisti da Cina, India e Medio Oriente fautori di nuove opere le quali riflettono le diverse identità nazionali.

Il bookstore dell’Hirshhorn Museum si rifà il trucco grazie a Doug Aitken

La lobby dell’ Hirshhorn Museum di Los Angeles potrebbe essere la location ideale per ammirare capolavori d’arte contemporanea ed anche le caratteristiche dello spazio sarebbero quelle giuste: soffitti alti e tanta tantissima luce. Sfortunatamente per moltissimi anni la lobby è stata deputata al commercio. Lo spazio era infatti il bookstore del museo dove era possibile acquistare libri ed altro merchandising. Oggi però le cose stanno per cambiare, questo perché il direttore dell’Hirshhorn, Richard Koshalek, ha deciso di invitare a Los Angeles il celebre artista Doug Aitken che avrà il difficile ma affascinante compito di reinventare il vecchio spazio. “Questo spazio rappresenta il biglietto da visita del museo e penso che sia decisamente inappropriato che all’entrata i visitatori si trovino di fronte ad un ambiente votato al commerciale. Lo spazio dovrebbe avere un carattere didattico” ha dichiarato Koshalek in merito al futuro progetto.

Ovviamente il progetto è ancora alle fasi iniziali ma è già stata presa in considerazione l’idea di spostare momentaneamente il bookstore (per procedere con i lavori) del museo nel seminterrato al posto di un vecchio ed inutilizzato guardaroba, nei pressi c’è anche il celebre Black Box, affascinante spazio dedicato al video che speriamo non venga toccato da tali trasformazioni.

Chiara Dynys – Labirinti di memoria

L’Archivio Centrale dello Stato di Roma ospita dal 7 maggio al 25 settembre 2010 la mostra Chiara Dynys. Labirinti di memoria, a cura di Fortunato D’Amico. L’artista disegna un vero e proprio labirinto lungo corridoi e scalinate, dove installazioni site specific, videoproiezioni, opere interattive e la presenza ossessiva della carta creano un viaggio alchemico che esplora quella sottile linea che idealmente separa passato e presente offrendo un’opportunità di incontri tra storia e mondo contemporaneo.

L’evento consente l’apertura al pubblico per la prima volta dei depositi dell’Archivio Centrale dello Stato, lo storico edificio sito nel quartiere dell’EUR che conserva al suo interno milioni di documenti e rappresenta, da oltre mezzo secolo, il punto di riferimento obbligato per le ricerche sulla storia unitaria del nostro Paese. L’intero ciclopico archivio è infatti un monumento alla memoria custodita in ben cento chilometri di scaffalature.

La Robba di Laboratorio Saccardi

La Z2O Galleria di Roma inaugura il 13 maggio (sarà visibile fino al 30 giugno) la mostra La Robba, personale di Laboratorio Saccardi. Gli artisti del collettivo siciliano, per la loro prima esposizione a Roma, hanno istoriato un carretto siciliano in legno, dipingendo i fatti di mafia più eclatanti della recente storia siciliana, i misteri insoluti della storia politica del nostro Paese.

Simbolo della Sicilia, per tradizione il carretto è decorato con rappresentazioni mitologiche delle gesta dei condottieri appartenenti alla tradizione cavalleresca “dei Paladini di Francia”, arricchito da arabeschi e fregi geometrici di ogni specie. Le raffigurazioni, un tempo, avevano anche la funzione di sintetizzare vicende e storie di cronaca per coloro che non sapevano né leggere, né scrivere. La riscrittura dell’apparato iconografico del carretto condotta da Laboratorio Saccardi racconta la cruda attualità delle stragi di mafia: Portella della ginestra, l’assassinio di Peppino Impastato, la strage di Ustica, le stragi di Capaci e di via d’Amelio. I fatti con i quali gli artisti si misurano sono il risultato di un’approfondita conoscenza dei fatti storici, e di una critica spontanea e feroce agli eventi contemporanei, da sempre alla base della ricerca artistica del gruppo.

L’arte contemporanea dell’Iran domina la XIV edizione della Biennale Donna

Arte Contemporanea dall’Iran a cura di Silvia Cirelli e’ la mostra collettiva scelta per la XIV edizione della Biennale Donna, organizzata dall’UDI – Unione Donna in Italia di Ferrara con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea e i Musei Civici di Arte Antica del Comune di Ferrara, in programma dal 18 aprile al 13 giugno 2010 al Padiglione d’Arte Contemporanea.

L’esposizione ripercorre l’esperienza di sei artiste contemporanee iraniane già affermate a livello internazionale: Shirin Fakhim, Ghazel, Firouzeh Khosrovani, Shadi Ghadirian, Mandana Moghaddam e Parastou Forouhar. Sei donne che oltre ad aver vissuto un tormentato passato, a partire dalla Rivoluzione Islamica del 1979 fino alla guerra Iran-Iraq (1980-1988), testimoniano soprattutto la difficile condizione della donna in uno dei paesi mediorientali piu’ conservatori. Nella cultura iraniana la discriminazione femminile e’, infatti, ancora una limitazione quotidiana e anche se tentativi di cambiamento sono stati fatti, la donna iraniana e’ tuttora collocata ai gradini piu’ bassi della scala sociale, considerata come una cittadina di -seconda classe-.

Tracey Emin, Yayoi Kusama, Damien Hirst e l’arte degli scacchi

ProjectB di Milano porta per la prima volta in Italia, in occasione della 49ma edizione de I Saloni, il Salone Internazionale del Mobile 2010, The Art of Chess, in collaborazione con RS&A che ha commissionato le scacchiere ad alcuni degli artisti più amati e discussi del panorama contemporaneo internazionale, già esposte nel 2009 al museo di arte contemporanea di Reykjavik. L’interesse delle avanguardie verso gli scacchi fu di centrale importanza per lo sviluppo delle scacchiere d’artista nella prima metà del XX secolo. Da Marcel Duchamp a Man Ray, Max Ernst, Alexander Calder, André Breton e Isamu Noguchi sono stati tutti appassionati giocatori.

La prima volta che una collezione di artisti di questo calibro si sono trovati a celebrare il gioco degli scacchi è stato a New York nel 1944 per la mostra L’immagine degli scacchi presso la Julien Levy Gallery. In mostra a Milano sette scacchiere – a dimensioni reali – dove base, pedine re e regine sono state reinventate da sette artisti: Tracey Emin, Tom Friedman, Damien Hirst, Barbara Kruger, Yayoi Kusama, Alastair Mackie, Rachel Whiteread.

Lo Stato delle Sirene alla Nomas Foundation di Roma

 Il 15 aprile 2010 la Nomas Foundation di Roma presenta The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene, una mostra di Etienne Chambaud all’interno di ‘Permanent Exhibition, Temporary Collections’, una cornice curatoriale ideata dal critico Vincent Normand. The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene è un progetto sviluppato da Nomas Foundation, Roma, David Roberts Art Foundation, Londra e Kadist Art Foundation, Parigi. La mostra, presentata quasi simultaneamente nei tre luoghi e in differenti variazioni linguistiche, si basa sul meccanismo di scrittura e di trascrizione.

L’elemento della traduzione diventa così sia il medium che il linguaggio comune del progetto. Riferendosi nel titolo al mitico canto delle sirene, reinterpretato nell’orecchio di chi l’ascolta, la mostra è concepita come una serie di oggetti scritti. Assenti, ma descritti, immobili ma tradotti, unici ma ripetuti, muti ma trascritti.

la mostra si compone di un’installazione di Figure, un gruppo di piedistalli vuoti a cui è dato un nome (La scogliera), e che funziona come uno spazio di emissione di voce e testo stratificati. Occasionalmente degli attori renderanno attivo lo spazio, leggendo, imparando a memoria e provando i frammenti di una sceneggiatura. Altre volte La Scogliera rimarrà in silenzio.

John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, nuove realtà della nuova Land Art

Negli ultimi anni alcuni artisti ascesi agli onori dell’arte contemporanea internazionale hanno iniziato a lavorare con materiali naturali, rispolverando gli antichi fasti della Land Art nata sul finire degli anni ’60. I protagonisti di questa insolita forma d’arte creata con arbusti, rami ed altre elementi sono riusciti nel difficile intento di creare simbolici ed evocativi ambienti che mostrano in pieno la bellezza e la malleabilità della natura.

Tre di questi artisti, John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, sono in questi giorni ospiti della Amelie A. Wallace Gallery, all’interno dell’Old Westbury college di New York, in occasione della mostra Regarding Nature: Thorns, Twigs, Buds and Branches (in mostra sino al 2 maggio 2010). Stranamente nessuno di questi tre artisti è realmente interessato alle politiche ambientali ma piuttosto all’estetica ed ai modi in cui alberi e rami possono essere intrecciati per combinare nuove forme.

Un labirintico Gregor Schneider alla Fondazione Volume! di Roma

La Fondazione Volume! di Roma inaugura il 28 aprile (l’evento rimarrà in  visione fino al prossimo 28 maggio) la mostra Totem Raum, Rom 2010, personale dell’artista tedesco Gregor Schneider a cura di Danilo Eccher e Claudia Gioia.

Tortuosi passaggi che confondono e disorientano nell’incertezza della meta, un ambiguo viaggio nelle strettoie della vita per riflettere sulla sua temporalità, accidentalità ed inevitabile contiguità con la morte. Gregor Schneider (Rheydet 1969), artista tedesco tra i più rappresentativi del panorama contemporaneo, vincitore del leone d’oro nella 49ma Biennale di Venezia, noto per la sua abile ossessione nel costruire e ricostruire ambienti, crea appositamente per gli spazi della Fondazione Volume! un percorso installativo che alla barocca esorcizzazione della morte affianca l’aderenza alla materialità della vita.

Marina Buening e Daniela Monaci, una catena infinita allo Studio Tiepolo 38 di Roma

Giovedì 15 aprile 2010 alle ore 18:30 si inaugura presso la galleria Studio Tiepolo 38 la mostra Endless Chain, doppia personale di Marina Buening e Daniela Monaci a cura di Micol Di Veroli. Fotografia, video ed installazione sono le tecniche proposte dalla mostra Endless Chain, i media che Marina Buening e Daniela Monaci hanno scelto per compiere le loro sperimentazioni artistiche. Marina Buening affida le sue creazioni all’intreccio degli elementi, lasciando che sia la sinuosa stretta del nodo a svelare le complesse geometrie dell’universo.

La ricerca artistica è posta esattamente all’interno di ogni singolo elemento dell’intero creato, essa riesce a carpire e rappresentare la pulsante essenza di ogni cellula, la solida ed intangibile presenza di ogni molecola. Attraverso la silente fermezza di un’immagine fotografica è possibile leggere la delicata natura del movimento e del tempo, analizzando traiettorie e fisicità di personaggi ed oggetti posti in relazione dinamica tra di loro. Mediante un’installazione è possibile donare una terza dimensione al pensiero, ricreare concetti astratti e luoghi lontani o inesistenti. La sequenza filmica della video arte, infine, ritaglia una finestra aperta sul mondo, una cornice stabilita attraverso la quale delle sezioni istantanee  ricreano il movimento, la vita.

Angela de la Cruz e Anna Maria Maiolino, a Londra due donne alla riscossa

Parlando della morte presunta o reale della pittura vorremmo farvi conoscere Angela de la Cruz, autrice di opere tragicomiche che in qualche modo si riallacciano ad una sorta di analisi sulla caducità del mezzo pittorico.  Solitamente Angela de la Cruz crea delle installazioni dove troneggiano oggetti di uno studio d’artista irreparabilmente distorti o rotti. Nella sua opera Still Life (Table) del 2000, l’artista ha inserito un tavolo del vecchio studio di Adrian Searle, quasi a voler simboleggiare l’intervento alieno della critica all’interno della creatività artistica.

Angela de la Cruz è una pittrice, ma i suoi quadri hanno tele strappate e sembra di vedere delle cose di tela, legno ed ovviamente pitturama come detto sono cose, oggetti persi in un’altra dimensione dove la figura dell’artista acquisisce un’identità più intima. Altri dipinti dell’artista sono realizzati su carcasse di armadietti di metallo e sezioni di vecchi guardaroba art deco, queste opere oscure rassomigliano a resti di animali morti.

Vollis Simpson, un simpatico outsider di 91 anni

Da qualche parte nella sperduta cittadina di Lucama nel North Carolina esiste un uomo di nome Vollis Simpson, un simpatico vecchietto di 91 anni che abita in una casa con annessa officina la cui insegna reca scritto Simpson Repair Shop. Simpson ha passato gran parte della sua vita, o per meglio dire del suo tempo libero a creare fantastiche statue ed installazioni in ferro ed altri materiali di recupero.

Opere piazzate in una fantasmagorica discarica che sembrano uscite da un cartone animato o da un giornalino di fumetti. Un uomo di metallo che suona la sua chitarra, un gruppo di cavalli che traina una diligenza, queste sono solamente alcune delle mirabolanti creature del simpatico nonnetto. Simpson ha coltivato il suo talento artistico come una sorta di hobby, usando parti di metallo ed alluminio recuperate dal suo mestiere di riparatore di trattori.

Mariko Mori progetta un vero e proprio monumento solare tecnologico

Ne ha fatta di strada la Land Art da quel lontano 1969 quando Gerry Schum decise di comprarsi un (allora appena concepito) apparecchio per la videoregistrazione e di proiettare negli spazi della sua galleria un video intitolato appunto Land Art che presentava immagini di alcune opere prodotte da artisti come Richard Long, Barry Flanagan, Robert Smithson, Dennis Oppenheim e Walter De Maria.

Tali maestri indiscussi di questa nuova forma d’arte agivano direttamente sul paesaggio, modificandone l’aspetto mediante interventi temporanei e facendo uso di materiali naturali. Dalla gigantesca banchina Spiral Jetty di Robert Smithson, installata sul Great Salt Lake (1970) nello Utah e costituita da materiali naturali come cristalli di sale e terra, passando per il Lightning Field (1977) di Walter de Maria ed i suoi 400 pali installati nel terreno per raccogliere la potenza dei fulmini sino a giungere al recente impacchettamento del Central Park di New York ad opera di Christo e Jeanne Claude, la Land art ha subito numerose trasformazioni, abbracciando nuove tendenze e presentando nuovi protagonisti.

Il futuro della Street Art è in 3D

 La Street art è in continuo cambiamento. Questa sorta di versatilità è saldamente legata alla natura urbana di questa discipline artistica. La società è sempre alla ricerca di nuove immagini, nuove forme e nuovi miti, per questo anche gli street artists si muovono velocemente nel tentativo di catturare queste repentine trasformazioni. Dai primi graffiti nei vicoli, sotto i ponti e sui vagoni della metropolitana di New York alle funamboliche incursioni di Banksy passando per i poster di Shepard Fairey, le gigantesche installazioni cartacee di JR ed i mosaici alieni di Invader, la street art ha scoperto nuove tecniche ed è lecito affermare che le trasformazioni delle nostre metropoli hanno segnato l’evoluzione di questa disciplina artistica.

Oggi la street art non ha paura di sperimentare nuove forme e nuovi linguaggi e New York è ancora teatro di grossi cambiamenti. Tramite l’uso di materiali di recupero come vecchi mobili e quanto altro, i giovani artisti della grande mela hanno dato vita ad un nuovo stile tridimensionale, che affianca al classico graffiti una componente installativa che si inserisce a perfezione nel contesto in cui viene creata.