Se Damien Hirst piange, Tracey Emin lo consola

Pochi giorni fa in un nostro articolo vi avevamo parlato della nuova serie di opere pittoriche prodotte da Damien Hirst ed attualmente in mostra alla Wallace Collection. Sfortunatamente questo nuovo vezzo artistico di Hirst non ha ricevuto il successo sperato ed anzi, ha sollevato le feroci ire dei critici inglesi che si sono prontamente schierati contro di lui e la sua arte. Damien Hirst però non è stato completamente abbandonato da tutti, l’eclettico artista inglese può infatti contare su di un valido supporto, quello dell’ancor più eclettica Tracey Emin, sua diretta collega ai tempi degli Young British Artists.

Ai microfoni del Wall Street Journal l’artista ha infatti recentemente dichiarato: “ So benissimo cosa significhi essere preso a schiaffi dalla critica. Ed anche se sei una persona forte alla fine la cosa diventa insopportabile. Ma Damien Hirst sta affrontando un cammino sperimentale e questo è un atto decisamente coraggioso”. Ora ci sarebbe molto da dire circa il tipo di pittura messo in mostra da Hirst e se essa sia realmente una pratica sperimentale o meno, ma preferiamo continuare con l’articolo.

Ritorna Ottmar Horl con un esercito di nani nazisti

Ottmar Horl ne ha fatta un’altra delle sue. Vi avevamo già parlato della sua recente mostra a Norimberga e dei suoi oramai celebri nani nazisti. Oggi Horl è andato largamente oltre le nostre aspettative riempiendo una piazza della città di Straubing con un esercito di 1250 nani da giardino recanti il consueto saluto romano, consueta cifra stilistica dell’artista.

Ovviamente anche questa volta l’installazione che prende il nome di Dance With The Devil è al centro di scottanti polemiche che hanno varcato i confini della piccola cittadina vicino Monaco raggiungendo ogni parte del globo. Ad aizzare la folla inviperita c’è anche un piccolo Hitler dorato che appare in tutto il suo splendore in mezzo all’esercito di nani grigi. Ovviamente anche questa volta Ottmar Horl avrà noie con la legge visto che il saluto nazista, il disegno di una svastica o l’esposizione di una copia del Mein Kampf di Adolf Hitler possono costare fino a tre anni di carcere.

Miroslaw Balka mette in scena il nulla alla Turbine Hall

Molti di voi forse pensano che l’arte contemporanea sia totalmente vuota, altri forse ne sono totalmente sicuri. La Tate Modern con la sua decima mostra alla Turbine Hall ha deciso di togliere ogni dubbio e commissionare a Miroslaw Balka un enorme spazio vuoto ed oscuro, certamente poco adatto a coloro che hanno i nervi scoperti e paura degli spazi poco rassicuranti.

L’installazione dal titolo How it is è in realtà una grande camera d’acciaio lunga trenta metri profonda dieci ed alta tredici, una volta entrati all’interno di essa i visitatori sono liberi di camminare nella più totale oscurità, sperando di non inciampare o scontrarsi con le altre persone. La direzione della Tate Modern ha però precisato che la sicurezza e la salute pubblica sono di primaria importanza in questo genere di manifestazioni artistiche e allo scopo ha sguinzagliato una serie di guardiani muniti di torce che avranno il compito di raccogliere e guidare i “dispersi” o coloro i quali dovessero sentirsi poco bene all’interno di questa tetra e terribile opera.

Nahum Tevet alla Fondazione Volume!

La Fondazione Volume! di Roma presenta dal 21 ottobre fino al 21 novembre l’intervento di Nahum Tevet, artista israeliano il cui idioma compositivo gioca sulla relazione tra arte e architettura, esplorando nuovi territori espressivi sgombri da specifiche definizioni.

Combinazioni di elementi modulari costruiscono a Volume! un sistema di diversi livelli di percezione.
Assemblaggi di elementi lignei, prossimi alla linearità minimalista ma lontani dalle sue implicazioni teoriche e concettuali, si prestano all’occhio dell’osservatore come un’immagine familiare, ricordando oggetti già vissuti, legandosi strettamente alla dimensione abitativa di Volume! ed ai suoi spazi.
I moduli instaurano una relazione con la struttura dello spazio preservando tuttavia un’autonomia concettuale, formale e cromatica. Un percorso armonico e silenzioso che al contempo destabilizza la percezione dell’osservatore e relativizza la sua posizione rispetto allo spazio, una sorta di ossimoro che scuote, offrendo una nuova dimensione mentale.

Il senso di Kaarina Kaikkonen per gli oggetti

Interessante proposta artistica alla Z20 Galleria Sara Zanin di Roma, Globartmag ha visitato per voi la mostra personale della finlandese Kaarina Kaikkonen (Iisalmi, Finlandia, 1952) che rimarrà in visione fino al 30 ottobre anche alla location della Fondazione Pastificio Cerere. La cosa che ci ha più colpito di questo progetto intitolato From Generation to Generation è la facilità con cui l’artista riesce a plasmare materiali di uso comune come camicie e giacche usate, trasformandole mediante un personale procedimento alchemico in qualcosa di diverso ed estremamente affascinante, operando sulla cangiante ed impalpabile natura della forma.

Così da masse d’indumenti affastellati uno sull’altro, sorgono landscapes impreviste impreziosite da una prospettiva rigorosa e da colori che sembrano seguire i toni della luce all’orizzonte. Al centro della galleria troneggia invece una meravigliosa installazione costituita da giacche incrociate fra loro che compongono un’architettura inusitata la quale riporta alla mente lo scheletro di un enorme cetaceo.

“La Merda non è arte”, la Danimarca critica Piero Manzoni

Quando il mitico Piero Manzoni decise di inscatolare le sue feci per venderle come opere d’arte nel lontano 1961, stabilì che le stesse dovevano essere valutate in base alla corrispondenza del loro peso in oro massiccio. Ovviamente questa iniziativa duchampiana di Manzoni ha da subito suscitato enormi polemiche e cocenti critiche da parte di addetti al settore, collezionisti e semplici appassionati di tutto il mondo.

Fiumi e fiumi d’inchiostro sono stati versati sulla celebre Merda d’Artista e buona parte delle lodi o dei veleni spesi su di essa hanno raggiunto anche le future generazioni, tanto che di quel fatidico gesto di Manzoni ancora oggi se ne parla e se ne parla tantissimo anche a causa della mancanza di originalità e di incisività della nuova ondata artistica italiana.

I Gao Brothers e la testa di Mao

Non è certo il tipo di statua dedicata a Mao Tse-tung che di solito potete vedere in Cina e non è neanche l’ennesimo e rassicurante monumento commemorativo che osanna il potere del grande capo di stato. Anzi a pensarci bene di capo non c’è traccia S tiamo parlando ovviamente della scultura Mao’s Guilt ( la colpa di Mao ) degli artisti Gao Zhen e Gao Qiang meglio conosciuti come Gao Brothers, in cui il dittatore appare senza testa ed in ginocchio come a voler chiedere perdono per tutte le malefatte commesse in vita.

I due artisti cinesi sono da sempre in lotta contro il potere e la politica, per questo il loro studio è stato perquisito diverse volte, ovviamente i due fratelli tengono ben nascosta la testa di Mao mancante dalla statua rendendo quest’ultima un corpo irriconoscibile. Questo poiché le autorità non perdonerebbero affatto tale affronto al grande Mao. I Gao Brothers fanno parte di una generazione di artisti underground che hanno spinto la loro creatività oltre le barriere della conformità, i due fratelli infatti organizzano sporadiche mostre blitz ad invito e ne danno la comunicazione solamente pochi giorni prima del vernissage.

Aste in crisi? Maurizio Cattelan gode e se la ride

Il mercato dell’arte contemporanea è strano, la sua natura frammentata e controversa fugge ogni possibile previsione e questo è ancor più evidente in tempi di crisi finanziaria come questi. C’è però un artista le cui quotazioni sembrano andar a gonfie vele, crisi o non crisi. Si tratta del nostro Maurizio Cattelan ( 49 anni ), uno dei pochi artisti italiani viventi ad aver superato i confini nazionali esportando la sua creatività in tutto il mondo. La sua ironia ed il suo senso dell’assurdo ben si sposano con questo clima di incertezza ed anche il mercato sembra reagire a suo favore.

Alla fine di giugno Sotheby’s ha tenuto un’importante asta di arte contemporanea. Quasi tutte le opere in listino sono state vendute al prezzo di stima, eccetto Mini-Me, piccola opera di Cattelan che è stata al centro di una vera e propria battaglia di offerte, dal prezzo di stima di 180.000 sterline, le quotazioni sono salite a 250.000 sterline fino a che due collezionisti per telefono hanno rialzato la cifra fino a raggiungere la bellezza di 493.000 sterline.

Bye Bye England, L’addio di Tracey Emin

Tracey Emin, la figlia ribelle del Regno Unito sta meditando su una possibile fuga dalla patria che le ha dato fama ed onori. L’artista potrebbe traversare la Manica e trasferirsi in Francia a causa del famoso 50% di tasse stabilito dal governo inglese per quanto riguarda gli introiti derivati dalle compravendite d’arte.

Tracey Emin che possiede già un’abitazione in Francia ha rilasciato una piccante intervista dichiarando di “aver seriamente preso in considerazione l’idea di lasciare la Gran Bretagna. La questione è semplice non ho nessuna voglia di pagare le tasse al 50%, calcolando questa tassa assurda più le spese per la National Insurance riguardante i contributi per la pensione alla fine rischierei di spendere 65 pence per ogni sterlina ricavata.”

Nicholas Hlobo, chi è?

Oggi 6 ottobre si inaugura presso la galleria e x t r a s p a z i o di Roma la seconda personale Ngubani na lo? di Nicholas Hlobo (Cape Town, SA, 1975). Nicholas Hlobo è noto per installazioni, performance e immagini che affrontano temi complessi e sollecitano diversi livelli di lettura. L’artista coinvolge l’osservatore nella costruzione di una storia dai molteplici significati.

Il titolo della mostra è Ngubani na lo? – traducibile con Chi è?: Chi sono le persone, da dove vengono e, soprattutto, quali identità si costruiscono nei vari contesti? Per Hlobo, porre interrogativi è fondamentale quanto l’atto stesso del fare. Le sue opere sono ricche di riferimenti alla cultura xhosa e all’esperienza di vita nel Sudafrica post-apartheid e al contempo rappresentano una riflessione più generale su temi quali lingua e comunicazione, genere e sessualità, razza ed etnia.
L’artista parla spesso del suo lavoro in termini di ‘scrittura’ e utilizza sempre per i titoli delle opere la sua lingua madre, lo xhosa, appartenente al ceppo nguni, molto diffusa in Sudafrica. Le sue poetiche espressioni idiomatiche, i proverbi e le ambiguità di senso, sono particolarmente adatte a eludere significati scontati e a minare stereotipi.

Salvate quella donna? No è Mark Jenkins

Il guerrilla artist americano Mark Jenkins ne ha combinata un’altra delle sue. Jenkins è universalmente noto per le sue installazioni lampo consistenti in sculture di oggetti e persone creati con il nastro da pacchi e poi depositate in vari siti cittadini.

Stavolta l’artista ha letteralmente imitato Maurizio Cattelan ed i suoi bambini impiccati ad un albero di piazza XXIV Maggio a Milano circa 5 anni fa. Jenkins ha infatti creato il panico a Winston-Salem negli Stati Uniti, installando la statua di una donna stesa su di un cartellone pubblicitario abbandonato. La donna ha scioccato i passanti poiché non dava segni di vita e non rispondeva ai richiami dei soccorritori. Quando le autorità cittadine sono intervenute per rimuoverla hanno subito capito che si trattava di un’elaborata scultura formata da nastro da pacchi.

L’autoritratto di Bacon interpretato da Peter Welz e William Forsythe

Apre al pubblico il 3 ottobre Retranslation I Final Unfinished Portrait (Francis Bacon)|figure inscribing a figure, installazione di Peter Welz e William Forsythe ospitata a Roma grazie alla collaborazione tra Romaeuropa Festival 2009 e Galleria nazionale d’arte moderna e ospitata proprio nella prestigiosa sede di viale delle Belle Arti.

Tre schermi di tre metri e mezzo per cinque con cornice in alluminio, altoparlanti vicini agli schermi e non visibili, l’incompiuto ritratto di Francis Bacon o una sua copia a grandezza naturale -1,98 X 1,46 metri tra due lastre di vetro-, uno spazio tra i 400 e i 500 metri quadrati il più luminoso possibile: ecco le caratteristiche materiali di Retranslation I Final Unfinished Portrait (Francis Bacon)|figure inscribing a figure, opera coreografica multimediale in continuo movimento tra scultura, pittura, video arte e danza.

Grande mostra di Monica Bonvicini al Museion di Bolzano

Dal 3 ottobre il MUSEION – museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano porta per la prima volta in Italia dopo il 1997 un progetto espositivo interamente dedicato al lavoro dell’artista Monica Bonvicini. Considerata una delle più originali e autorevoli esponenti dell’arte contemporanea internazionale, Monica Bonvicini ha sviluppato la sua ricerca espressiva e formale nell’ambito della scultura ambientale.

Nel corso dell’ultimo decennio ha prodotto video, installazioni e fotografie che hanno come focus la decostruzione della presunta neutralità dell’architettura e dell’arte moderna. I suoi lavori, spesso venati di un sottile humor, rileggono in modo dissacrante alcuni miti contemporanei, mettendo a nudo i rapporti di potere emergenti dagli scenari abitativi.

Il cuore dell’esposizione concepita per MUSEION è costituito da Stonewall III (2002), un’installazione di grandi dimensioni realizzata con tubi d’acciaio galvanizzato e maglie di catene intrecciate in mezzo a cui si inseriscono lastre sfondate di vetro infrangibile. L’insieme richiama alla mente un campo d’addestramento per combattenti o una struttura sadomaso, mentre il titolo dell’opera rievoca la serie di violenti scontri avvenuti nel 1969 fra la comunità gay e la polizia di New York.

Apre a Roma Furini Arte Contemporanea con la mostra di Marlon De Azambuja

Il 30 settembre si inaugura il nuovo spazio romano di Furini Arte Contemporanea con una mostra personale di Marlon De Azambuja (nato nel 1978 a Santo Antônio da Patrulha – Brasile, vive e lavora a Madrid), artista brasiliano che intende stabilire un nesso poetico con il Movimento Concreto che è stato la più importante tendenza culturale in Brasile in arte, letteratura, musica e architettura, basata sull’idea del “concreto in movimento”, che racchiude in sé la sintesi di un’identità complessa e aperta dove l’ambiente è protagonista ed è inteso sia come luogo psicologico che fisico.

In questa sua prima personale italiana curata da Antonio Arèvalo, Marlon utilizza dei raggruppamenti di lavori che dialogano, ma che allo stesso tempo sono diversi fra loro, in quanto ritiene indispensabile la complessità di approfondimento per poter capire l’origine della ricerca. In questo senso si parla del lavoro di un artista brasiliano, come brasiliana è l’utopica Brasilia costruita da Niemayer, è la Poesia Concreta, lo sono da Lygia Clark a Helio Oiticica, da Lygia Pape a Cildo Meireles, da Tunga a Miguel Rio Branco.