Lady Gaga nuda per Spencer Tunick

Molti di voi sicuramente conosceranno Spencer Tunick, artista che solitamente realizza accumulazioni di gente comune completamente nuda, immersa nel paesaggio urbano. Le foto di Tunick hanno fatto il giro del mondo non tanto per la novità del soggetto quanto per l’enorme moltitudine di persone che l’artista riesce a mettere insieme. Talmente tanta gente che solitamente l’occhio dello spettatore si perde in un mare di carne.

Ma ora l’artista ha in mente di fotografare un nuovo soggetto che potrebbe catalizzare l’attenzione. Si tratta della reginetta della musica pop Lady Gaga, ormai vecchia conoscenza nel mondo dell’arte contemporanea vista la sua ultima collaborazione con Francesco Vezzoli. Tunick ha infatti invitato l’autrice della celebre hit Poker Face a denudarsi sulle scale della Opera House di Sydney. Tutto è cominciato agli inizi del mese quando Lady Gaga ha dichiarato che Tunick è per lei una fonte di ispirazione e di aver scritto una tesi di laurea di 80 pagine su di lui prima di diventare una pop star internazionale.

Arte vicina alla moda o moda vicina all’arte?

 La Fashion Week di New York ha messo in evidenza l’avvicinamento della moda al mondo dell’arte contemporanea. Del resto nel passato il corteggiamento era stato piuttosto deciso, basti pensare a nomi come Richard Prince, Tracey Emin, Damien Hirst (che ha persino realizzato una linea t-shirts e pantaloni), Takashi Murakami (quest’ultimo ufficialmente brandizzato da Louis Vuitton) i quali hanno più volte prestato la loro arte e la loro faccia al fashion world.

Negli ultimi  tempi però il legame è divenuto ancor più forte ed un sempre crescente numero di artisti si presta a campagne pubblicitarie, passerelle e quanto altro, senza contare chi ha fatto della moda una vera e propria tecnica artistica. Il mese scorso Adam Kimmel aveva assoldato George Condo per il look della sua presentazione alla Yvon Lambert Gallery. Un aiuto artistico è servito anche a Levi’s che si è avvalsa del fotografo Ryan McGinley . Il fashion designer Brian Reyes ha invece chiesto all’artista ucraina Oksana Mas di creare alcune stampe con elementi arborei per la sua collezione autunno-inverno 2010.

Il legame tra cibo ed arte ed il suo impatto sulla vita quotidiana

Alla Kunsthalle di Düsseldorf è ancora possibile visitare (fino al 28 febbraio 2010) un’interessante ed estrosa mostra dal titolo Eating the Universe – Food in Art. La mostra in sostanza è un’attenta riflessione sul termine Eat Art coniato dall’artista svizzero Daniel Spoerri che riprese gli intenti ideologici della celebre Cucina Futurista sviluppandoli in modo da far entrare le arti culinarie all’interno delle arti visive.

Dal 1968 al 1972 Spoerri fu proprietario di un ristorante a Düsseldorf in Burgpkatz e sucessivamente della Eat Art Gallery. Proprio in quegli anni il celebre artista decise di intraprendere la nuova avventura della eat art, caratterizzata da opere d’arte realizzate con materiali commestibili. In una mostra a Milano, Spoerri presentò opere di Yves Klein, Arman ed altri, tutte realizzate con il cibo e successivamente servite durante un banchetto. Il titolo della presente mostra Eating the Universe è ispirato a Peter Kubelka, professore di film e cucina alla Studeschule di Francoforte, che negli anni ’70 lo coniò per un Tv show sulla cucina come forma d’arte.

Uno sguardo ai giovani protagonisti della Whitney Biennial 2010

Motori accesi per la 2010 Whitney Biennial in programma al Whitney Museum dal 25 febbraio al 30 maggio. La manifestazione, curata da Francesco Bonami e Gary Carrion-Murayar si preannuncia quest’anno decisamente interessante (vedi nostro precedente articolo) vista la presenza di veterani fino adesso un poco sottovalutati dai grandi giri dell’arte contemporanea e di un agguerrito drappello di giovani artisti. Nel corso degli anni la Whitney Biennial non ha mancato di dividere le opinioni di pubblico e critica, basti pensare al commento del critico del New York Times, Michael Kimmelman che nel 1993 scrisse semplicemente:”Odio la mostra“.

Ovviamente noi puntiamo sul nostro Francesco Bonami, professionista che nel corso della sua carriera ha sbagliato poco o niente. Dicevamo dei giovani artisti e quest’anno in Biennale vi sono ben 15 artisti sotto i 40 anni e vorremmo descriverli succintamente nelle prossime righe. Si parte da Richard Aldrich classe 1975, conosciuto per i suoi dipinti che mescolano strategie minimaliste all’arte di Rauschenberg.

Roma insorge contro i writers, intanto c’è chi spende 30.000 sterline per un falso Banksy

Abbiamo già affrontato in più riprese il caso graffiti writing, particolare forma di street art che da sempre è oggetto di molte polemiche. Sono in tanti infatti a giudicare quest’espressione artistica come un semplice scarabocchio dimenticando che grandi nomi come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat hanno cominciato proprio “scarabocchiando” per le strade cittadine. Ovviamente non tutto può essere considerato arte ed è naturale che molti graffiti tali non sono ma semplici svolazzi che imbrattano edifici, monumenti ed altre realtà architettoniche di interesse storico.

Per arginare il problema e scindere l’arte dal deturpamento del bene pubblico, molte città del mondo hanno studiato numerosi provvedimenti, dalla ferrea repressione ai moderati deterrenti. Il Regno Unito ha invece interpellato i cittadini istituendo un sondaggio sulle opere urbane da cancellare e quelle da tenere. Il comune di Roma ha ultimamente deciso di adottare le maniere forti contro gli attacchi urbani dei writers ed ha così intenzione di creare una banca dati su internet contenente tutti i nomi degli street artist capitolini.

Riflessioni sul linguaggio degli anni ’10

Il 2010 per New York, oggi più di ieri, sembra essere l’anno dell’arte contemporanea. I musei della grande mela sono un turbinio di mostre ed eventi artistici che sembrano non finire mai, basti pensare all’attuale mostra di Gabriel Orozco al MoMa, a quella di Roni Horn al Whitney Museum ed a quella di Urs Fischer al New Museum.

Ovviamente questi grandi eventi non hanno mancato di generare commenti positivi e negativi, come la performance di Tino Sehgal attualmente in mostra alla “rotunda” del Guggenheim. Ma al di là dei giudizi personali su ogni singolo artista in mostra va detto che prese d’insieme queste visioni creative, unite ad altri episodi occorsi negli ultimi giorni, mi hanno dato da riflettere sulle ultime tendenze della scena dell’arte contemporanea.

3.200 canne di bambù al Metropolitan Museum di New York

Da quando, 12 anni fa, il Metropolitan Museum of Art di New York ha deciso di presentare mostre d’arte sui suoi tetti, centinaia di migliaia di visitatori hanno avuto la possibilità di ammirare meravigliose sculture ed installazioni create da grandi nomi dell’arte contemporanea come Jeff Koons, Ellsworth Kelly, Roy Lichtenstein e Roxy Paine.

Molti degli artisti facenti parte del progetto hanno presentato opere  fuori dal comune come l’artista Cai Guo-Qiang che nel 2006 ha creato Clear Sky Black Cloud una sorta di fuoco d’artificio tinto di nero sparato ogni mezzogiorno dal Roof Garden che disegnava nel cielo una sorta di nuvola oscura. Oggi però, in occasione della 13esima installazione, Gary Tinterow, curatore della sezione di arte moderna e contemporanea del 19esimo secolo del Met, ha deciso di presentare qualcosa di ancor più ambizioso.

Massimiliano Gioni svela alcuni segreti della sua Gwangju Biennale

Massimiliano Gioni ha finalmente svelato alcuni dettagli sulla Gwangju Biennale che si aprirà il prossimo settembre nella città industriale della Corea del Sud. Anche se la lista dei 100 artisti partecipanti sarà resa nota al pubblico solo il prossimo aprile, il giovane direttore artistico ha dichiarato che il titolo della Biennale sarà:  10.000 Lives (10.000 Vite).

Raggiunto dai microfoni del New York Times, Massimiliano Gioni ha così spiegato la sua scelta: “Con questo titolo pongo una domanda, quale è il ruolo degli artisti in questa società caratterizzata dall’iper presenza delle immagini? La Biennale esplorerà le relazioni tra persone ed immagini e tra immagini e persone“. Il titolo della grande manifestazione è direttamente ispirato al poema Maninbo (letteralmente 10.000 vite), volume non finito del poeta dissidente Ko Un.

Vanessa Beecroft presenta a Napoli VB 66

Lunedì 15 febbraio 2010, a Napoli, nell’edificio progettato alla fine degli anni Venti dall’architetto Luigi Cosenza, sede attuale del Mercato Ittico, Vanessa Beecroft propone la performance VB 66 in collaborazione con la galleria Lia Rumma e la galleria Massimo Minimi.
La performance costituisce la scelta espressiva della Beecroft sin dagli esordi. Profondamente radicata nella cultura classica, la Beecroft crea con le sue performances dei tableaux vivants che nascono da immagini spesso ispirate alla pittura e alla scultura del passato. Vanessa Beecroft pone al centro della propria riflessione i temi dello sguardo, del desiderio, dell’alienazione. Le donne, private di ogni possibilità di dialogo o di relazione, appaiono congelate al di là di un’invisibile barriera. Al tempo stesso il loro isolamento produce l’effetto di far rimbalzare lo sguardo di chi guarda su se stesso, generando una situazione di disagio.

Che cosa significa essere Outsider?

Si è da poco conclusa a New York la Outsider Art Fair , evento fieristico dedicato a tutti gli artisti outsider, ma cosa significa essere outsider? A giudicare dagli artisti rappresentati dalle 38 gallerie presenti in fiera la risposta non è facile. Il termine Art Brut (equivalente di outsider art) è stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti  che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, prigionieri, persone completamente digiune di cultura artistica).

Questo non è sempre vero, visto che molti degli artisti presenti in fiera, come Morton Bartlett (1902-1992) che ha creato negli anni ’50 affascinanti manichini di teenagers, hanno regolarmente frequentato l’accademia. Anche Malcom McKesson (1909-1999), creatore di misteriosi disegni ad inchiostro in cui appaiono figure fantasma, fa parte di questa lista di outsider istruiti. Il disagio mentale è certamente una caratteristica diffusa negli outsider, basti citare Martin Ramirez, autore di eleganti disegni raffiguranti cowboys, treni e paesaggi montani, il quale ha passato molto tempo in ospedali psichiatrici.

La Green Revolution di Carpisa parte da Roxy in the box

In queste ultime settimane i destini di arte e moda sembrano incontrarsi spesso e volentieri. Dopo Yang Fudong assoldato da Prada con lo scopo di girare un video per la campagna primavera estate 2010 della sua linea di abbigliamento maschile e la risposta di Furla che ha invece chiamato alle armi la video artista italiana Rä di Martino, un altro fashion brand ha deciso di legare il suo nome all’arte contemporanea.

Si tratta di Carpisa che per lanciare il suo nuovo progetto denominato Green Revolution, ha scelto l’artista Roxy in the box per la realizzazione di un’opera che rappresenterà l’icona ufficiale della  campagna pubblicitaria.

La nuova fiera dell’arte contemporanea di Los Angeles chiude con il sorriso

 Si è da poco conclusa la prima edizione di ALAC, Art Los Angeles Contemporary, nuovissima fiera dell’arte contemporanea che ha occupato 50.000 metri quadri di superficie espositiva del Pacific Design Center, ospitando 55 gallerie d’arte locali ed internazionali. La fiera ha girato a pieno regime collezionando un record di presenze stimato in 9.000 visitatori e collezionisti provenienti da tutto il mondo.

Ovviamente alcuni vips non si sono lasciati sfuggire quest’occasione ed a zonzo tra gli stand sono apparsi Anthony Kiedis, leader della celebre band Red Hot Chili Peppers, Drew Barrymore e Neil Patrick Harris. Anche le vendite sembrano essere andate piuttosto bene, come ha confermato Michael Briggs, direttore della galleria di los angeles Patrick Painter: “Esistono ancora seri collezionisti d’arte e comprano opere decisamente importanti”. Michelle Pobar, direttore della galleria Honor Fraser ha confermato la tesi di Briggs, aggiungendo: “Le opere che vendono di più si aggirano tra i 10.000 ed i 30.000 dollari, mi sembra che i collezionisti stiano reagendo positivamente a queste cifre”.

I tempi cambiano ed anche l’arte cambia i tempi al Pac di Milano

Ibrido è una mostra evento a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Francesco Garutti che animerà il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano dal 12 al 31 marzo. Al di là del senso di incertezza che il termine ibrido porta con sé, è indubbio che nell’attuale momento storico siano in atto grandi cambiamenti in tutti i settori della vita. Cambia la politica, cambia la cultura, cambia l’ambiente, cambia il mondo, e in tutto questo cambiare, cambiano anche l’arte e il sistema ad essa connesso. Ciò produce una creatività che si va sempre più ibridando, assorbendo e interfacciandosi con differenti ambiti disciplinari come l’etnografia, l’antropologia, la sociologia, l’ecologia, ma anche con il mondo di YouTube e di Facebook, che sono i nuovi luoghi del grande altro.

Lo spazio dell’arte si allarga e le sue figure professionali mutano. Si tratta di un processo che coinvolge non solo gli artisti, sempre in prima linea nell’intercettare e promuovere i cambiamenti, ma anche i critici e i curatori che aprono luoghi ibridi per esporre gli artisti, dando origine a territori espositivi e di produzione al di fuori dell’ambito istituzionale. Mutano le riviste e i giornali, con l’invasione dei free press e dei free magazine, cambiano i collezionisti che a volte diventano galleristi, altre volte aprono fondazioni. Insomma vi è un continuo riformularsi di ruoli, perfino nel passaggio dal pubblico al privato e viceversa.

Arte e medicina al Mori Art Museum di Tokio

 Ultimamente si fa un gran parlare dell’arte contemporanea in relazione con la scienza. Il Mam, Mori Art Museum di Tokio ha invece deciso di allargare tale binomio inserendo anche la medicina in una mostra dal titolo Medicine and Art: Imagining a Future for Life and Love che rimarrà in visione fino al prossimo 28 febbraio. Certo non si tratta di un evento per stomaci deboli, a scanso di equivoci un segnale all’esterno del museo avverte i visitatori: “Attenzione, questa mostra contiene disegni ed opere che raffigurano l’anatomia umana. Alcuni visitatori potrebbero non sopportare la visione di tali immagini. Si prega di considerare ciò prima di visitare la mostra”.

C’è da dire che per tutti quelli come noi, abituati ogni giorno a digerire le violente e provocatorie immagini proposte dalla televisione e da internet una mostra d’arte in relazione alla medicina non dovrebbe rappresentare un problema.Eppure c’è da dire che il Mori Museum ha decisamente oltrepassato le barriere della consueta mostra con un evento caratterizzato da un’enorme collezione di opere, un vero tour de force visivo a tratti impressionante ma decisamente affascinante.