Vik Muniz regista, street art in casa e nuovi bus per Londra

Il poliedrico artista brasiliano Vik Muniz è celebre per le sue opere create con un’infinità di materiali incluso il burro di arachidi con cui ha prodotto una stravagante versione della Monna Lisa. Adesso l’artista ha però intenzione di sperimentare un nuovo media. Muniz sta infatti lavorando alla stesura di un copione cinematografico che prossimamente diverrà un lungometraggio. “Fare cinema è una cosa che mi ha sempre affascinato, un film è una sorta di assemblaggio di discipline artistiche differenti unite insieme. Certo un lungometraggio è una prova ardua, si ha sempre paura di perdere il filo o fare qualcosa di non comprensibile” ha dichiarato l’artista che sarà anche regista di questa pellicola che trae ispirazione dalle soap operas brasiliane. Per ora la pellicola è top secret ma vi terremo informati sui nuovi sviluppi.

Parliamo ora di street art. L’artista newyorchese Momo è conosciuto per le sue grandi creazioni che si estendono all’interno degli spazi pubblici. Oggi però Momo ha deciso di rendere le sue opere un tantino più “private”.

Tagli d’artista, Una storia lunga un secolo

In occasione della presentazione del grande soffitto Ambiente spaziale con tagli (gesso, sei tagli su fondo bianco, cm 400 x 814,3) che Lucio Fontana realizzo’ nel lontano 1960 per la casa di Milano dell’ing. Antonio Melandri, grande estimatore e amico dell’artista, la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma ha voluto allestire, nei due saloni centrali, una scelta di capolavori appartenenti alle collezioni che, partendo dagli inizi del ‘900, sviluppano in un percorso esemplificativo della cultura del secolo i germi di una sfida che continua nel tempo.

L’intento non e’ solo di esaltare l’alto impegno creativo di Fontana, nel retro del soffitto lasciato a giorno si puo’ vedere come l’artista lavorava, ma di correlare la sua arte che, unita ad un mecenatismo illuminato, ha portato prodotti riconosciuti nel mondo e ha spinto l’evoluzione di tutta l’arte del secolo.

Si parte dalla cultura secessionista di Klimt, ripresa dal divisionismo e poi dal futurismo di Balla, i cui tagli compositivi già preludono alle deflagranti aperture del secondo dopoguerra, per passare attraverso l’unicità delle preveggenze di Schwitters, alle certezze assolute di Mondrian, all’introspezione luminosa di Giacometti, allo sfondamento della materia di Moore, mantenendo costante una linea che in Italia parte da Boccioni, con i vuoti dell’Antigrazioso del 1912, e prosegue nelle masse bianche di Arturo Martini, fino ai vuoti del marmo di Adolfo Wildt, che di tutti fu maestro a Brera.

Nuova veste e nuove opportunità per il Premio Celeste 2010

Sono aperte le iscrizioni per l’edizione 2010 del Premio Celeste, concorso dedicato all’arte contemporanea che ogni anno prevede l’organizzazione di una mostra di 60 opere finaliste; l’organizzazione di altre mostre in Italia ed all’estero; la creazione di un catalogo con 250 opere illustrate a colori che ogni anno fa il punto della situazione della pittura, fotografia, video, scultura, installazione e lavori multi-mediali in Italia. La qualità, la ricerca, l’innovazione e la contemporaneità sono i criteri fondamentali della selezione delle opere. La selezione delle 40 opere finaliste avviene attraverso un processo totalmente trasparente. Ciascuno dei 22 critici incaricati delle selezioni renderà pubbliche le sue scelte sul sito.

Cosa distingue il Premio Celeste da altri premi arte? A differenza di qualsiasi altro concorso artistico non è prevista la presenza di una giuria che aggiudica i premi. Un comitato composto da più di 20 critici d’arte italiani seleziona le opere finalisti e le opere selezionate per il catalogo. Gli artisti autori delle opere finaliste hanno, secondo il bando del premio, il diritto di aggiudicare i premi tramite un voto che esprimono durante la mostra finale.

Gli artisti italiani potranno candidarsi anche al Celeste Prize, premio internazionale con le medesime carateristiche del Premio Celeste italiano.

Al Bp portrait award in finale Daphne Todd con il ritratto della madre…morta

Abbiamo più volte parlato del Bp Portrait Award, concorso artistico britannico tutto dedicato al ritratto quest’anno però la celebre manifestazione è balzata agli onori della cronaca per un fatto a dir poco bizzarro ma senz’altro toccante. L’artista Daphne Todd è stata infatti selezionata tra i finalisti del premio presentando un dipinto che ritrae sua madre, Annie Mary Todd, sul letto di morte. L’artista che ha più volte ritratto la madre nel corso della sua vita ha stretto un patto con quest’ultima, ottenendo il permesso di ritrarla anche dopo la morte.

Così la povera vecchina, una volta spirata (alla veneranda età di 100 anni) è stata trattenuta 3 giorni nella camera ardente per permettere all’artista di fermare la sua immagine su tela.  “ Ho parlato con il servizio di pompe funebri e loro gentilmente mi hanno concesso il tempo e lo spazio per dipingere il ritratto. Il corpo di mia madre è stato posto su di una lettiga con alcuni cuscini, così come quando si trovava in ospedale. Per me quest’atto di ritratte mia madre morta è stata una sorta di terapia, anche se il dolore per la sua perdita è immenso mi sono concentrata sul lavoro senza pensare alla sofferenza” Ha dichiarato Daphne Todd.

Linguaggi e Sperimentazioni al Mart di Rovereto


La ricerca artistica contemporanea protagonista della mostra –Linguaggi e Sperimentazioni. Giovani artisti in una collezione contemporanea-. La mostra sarà aperta al pubblico al Mart di Rovereto dall’8 maggio al 22 agosto 2010. La conferenza stampa di presentazione della mostra e’ in programma alle ore 12.30 di venerdi’ 7 maggio, con inaugurazione ufficiale a seguire alle ore 18.

Nelle sale del Mart saranno esposte circa ottanta opere tra dipinti, fotografie, sculture, installazioni e video, provenienti dalla AGI Verona Collection che da sempre si dedica alla ricerca di nuovi talenti. AGI Verona Collection e’ nata nel 1989 dalla volontà di cinque collezionisti veronesi, associati nel desiderio condiviso di sostenere l’arte contemporanea.

Ad oggi sono entrate in collezione oltre 500 opere, realizzate con diversi linguaggi e tecniche artistiche, di differenti poetiche e provenienze, e tra queste le presenze internazionali sono la maggioranza. AGI ha sempre privilegiato l’acquisizione di artisti giovani ed esordienti, e per lo piu’ i lavori sono entrati nella raccolta nell’anno stesso di realizzazione. I giovani e le nuove promesse hanno rappresentato una sfida continua, secondo una sensibilità collezionistica che cerca di catturare sempre il nuovo e l’attuale, registrando cosi’ i cambiamenti e le trasformazioni in atto nella storia dell’arte.

Alessandro Scarabello – Nous voulons

The Gallery Apart di Roma inaugura il 3 maggio la mostra personale di Alessandro Scarabello dal titolo Nous voulons che in francese significa ”Noi vogliamo”. Alessandro Scarabello ricorre ad un’espressione volutamente semplice, diretta, antica ed estremamente attuale, come se fosse un canto alla volontà determinata, quasi un motto araldico, parole che trovano una forza speciale nel fatto che il francese è la lingua delle rivoluzioni: e il malcontento è di tutte le epoche storiche.

Alessandro Scarabello, che già in cicli precedenti aveva adottato il ritratto come formula per affermare visioni sociali ed etiche mescolando con sapienza il vissuto personale e le categorie sociologiche, presenta nove grandi tele recanti i ritratti di altrettanti personaggi, tutti amici di suo padre e tutti testimoni di quel periodo di contestazione armata, fermatosi ai margini della guerra civile, passato alla storia con l’espressione “anni di piombo”. Nove coetanei, dunque, ognuno dei quali ha vissuto secondo le proprie idee un periodo di grande cambiamento, compiendo scelte che ne hanno assecondato o modificato il percorso di vita.

Stefania Fabrizi – Io sono l’occhio

La galleria Dora Diamanti arte contemporanea di Roma inaugura il 20 maggio (la mostra sarà visibile fino al 31 luglio 2010)  la seconda mostra personale di Stefania Fabrizi negli spazi espositivi della galleria dal titolo Io sono l’occhio a cura di Micol Di Veroli. Per l’occasione l’artista, tra i protagonisti della Quadriennale di Roma del 2008, presenta al pubblico una nuova serie di opere che segnano un nuovo capitolo all’interno di una visione creativa sempre più densa di simboli e rimandi alla società contemporanea pur mantenendo un’aura di mitologia pervasa da una densa drammaticità.

In Io sono l’occhio Stefania Fabrizi si riallaccia alle ansie di un’esistenza costantemente analizzata dalle telecamere dei reality show ed alla fantascienza schizofrenica del romanzo Un oscuro scrutare di Philip K. Dick. All’interno della sua installazione, l’artista inserisce figure di eroi e criminali, in un’eterna lotta fra bene e male dove è impossibile distinguere la vera natura delle due entità. L’odierna società poggia la sua moralità su figure benigne ma allo stesso tempo è affascinata dal male e dagli atti criminosi, per questo molti protagonisti al negativo riescono a far breccia nei cuori della collettività alla stregua di veri e propri supereoi.

Sam Leach vince il Wynne prize con un dipinto…copiato

La lontana Australia è ultimamente balzata agli onori delle cronache per un fatto alquanto buffo che ha suscitato un vero e proprio scandalo all’interno scena artistica locale. Teatro del misfatto un concorso artistico dedicato alla pittura paesaggistica che prende il nome di Wynne Prize. Il primo premio del concorso è andato a Sam Leach che ha così vinto un premio in denaro di 25.000 dollari. Fin qui tutto bene direte voi, il problema è che Leach ha liberamente dichiarato di aver copiato il suo dipinto dall’opera Boatmen Moored on the Shore of a Lake, creata dal pittore Adam Pynacker nel 1660 ed attualmente in collezione permanente al Rijksmuseum di Amsterdam.

Fatto ancor più sbalorditivo è che Leach non ha mai avuto modo di vedere l’originale ma ha copiato l’opera direttamente da una foto presa da internet. Ovviamente tali dichiarazioni hanno letteralmente scioccato e disgustato il pubblico australiano. Eppure Leach ha apportato alcune modifiche al dipinto originale, il pittore ha infatti rimosso alcuni particolari presenti nell’opera di Pynacker come 5 pescatori, una donna con bambino, due barche attraccate, un asino ed un bue, lasciando al posto dei soggetti una landa boschiva pervasa da un oscuro bagliore.

Ammirare il mondo con gli occhi di un cubista

Vorremmo citare qui sotto alcune riflessioni del nostro beniamino inglese Jonathan Jones, stimato ed irriverente critico che sovente citiamo nel nostro blog. Stavolte Jones compie alcune interessanti riflessioni sul cubismo:

Ammirare un’opera cubista è uno dei rari piaceri della vita. Raro perché è qualcosa che non capita molto spesso. La pittura cubista di Pablo Picasso e Georges Braque è vista da molti esperti d’arte come l’equivalente della musica sperimentale: incredibilmente difficile e di natura quasi ascetica rispetto al nostro vivere quotidiano. Ma secondo il mio parere la musica sperimentale è più vicina ai dipinti di Kandinsky, che tramite l’astratto inseguiva l’assoluto e l’immateriale.

Il futuro dell’arte contemporanea è globale o legato al mercato?

Sono in molti a chiedersi quale sarà il futuro dell’arte contemporanea ed i pareri sono ovviamente discordanti. Sono in fatti in molti ad affermare che la creatività internazionale ha ormai perso mordente, uniformandosi a scelte già consolidate ed a schemi estetici largamente consolidati all’interno di un sistema sempre più chiuso e chino su se stesso. Insomma secondo queste fonti siamo ormai giunti ad un punto di non ritorno ove non è rimasto più nulla da scoprire e da inventare.

Altri invece si sono espressi in maniera più favorevole e positiva nei confonti del futuro prossimo dell’arte. Julia Peyton-Jones, direttore della Serpentine Gallery di Londra, ha ad esempio annunciato un futuro all’insegna del globale. Come già accaduto per il sistema economico e tecnologico, il centro di gravità del sistema artistico si è spostato dall’ovest verso est, con un’iniezione di nuovi artisti da Cina, India e Medio Oriente fautori di nuove opere le quali riflettono le diverse identità nazionali.

Robert Colquhoun e Robert MacBryde, gli ultimi bohemienne

Al di là dei protagonisti dell’arte contemporanea, vere e proprie stars capaci di generare fiumi e fiumi di gossip, esiste un folto gruppo di nomi, ormai persi nei meandri della storia. Si tratta di personaggi che hano catalizzato l’attenzione per un certo periodo e poi sono stati dimenticati, con la stessa velocità con cui erano ascesi agli onori delle cronache. Due di questi nomi sono Robert Colquhoun e Robert MacBryde, celebri artisti degli anni ’40 le cui opere sono oggigiorno totalmente scomparsi dalle collezioni pubbliche. Le loro storie descritte oggi in un libro di  Roger Bristow parlano di humor, brutalità, tragedia, farsa ed intenso amore.

I due provenivano dalla classe operaia si conobbero alla Glasgow School of Art in Scozia e da allora furono inseparabili. Da allora divennero celebri come i due Roberts e fu chiaro che l’uno non sarebbe potuto andare avanti senza l’altro. Nel 1941 Colquhoun e MacBryde si trasferirono a Londra ed il loro studio di Notting Hill divenne una sorta di calamita per artisti, poeti ed altri personaggi stravaganti alla stregua di una rudimentale factory di Andy Warhol. Artisti come Lucian Freud, John Minton e poeti come Dylan Thomas e WS Graham, erano assidui frequentatori dello studio dove si tenevano reading di poesia e si tracannavano fiumi di birra.

Un database con 21.000 opere trafugate dai nazisti

Incredibile notizia dal mondo dell’arte e della tecnologia. La Libera Università di Berlino ha infatti lanciato un progetto su internet senza precedenti. Si tratta di un enorme database che conterrà notizie ed informazioni su più di 21.000 opere d’arte che durante il periodo del nazismo furono considerate come degenerate e trafugate dalle SS dai musei tedeschi nel 1937. Questo enorme registro elettronico è frutto di oltre 8 anni di ricerche condotte dagli storici d’arte dell’università, grazie ai quali è stato possibile risalire ad informazioni come i musei da dove sono stati trafugati e la loro attuale location anche se va detto che molte opere sono andate irreparabilmente distrutte.

Tra i capolavori trafugati figurano quelli di grandi nomi dell’arte come Franz Marc, Emil Nolde, Otto Dix, Marc Chagall, Max Beckmann, Wassily Kandinsky ed Ernst Ludwig Kirchner.  “Speriamo vivamente che questo progetto aiuti a gettare luce sul destino di alcuni capolavori trafugati. Il progetto vuole inoltre sottolineare e documentare l’importanza della meravigliosa collezione d’arte moderna in posseduta dai musei tedeschi negli anni ’30” ha dichiarato Meike Hoffmann, uno degli studiosi coinvolti nel progetto.

Quell’opera è di Leonardo Da Vinci, anzi no! anzi si!

Alcuni anni fa, precisamente nell’estate del 2008 la stampa internazionale diffuse una notizia a dir poco stupefacente.  La scoperta di una nuova opera di Leonardo Da Vinci, un ritratto di una bellissima donna dai capelli d’oro ritratta di profilo, appassionò milioni di appassionati d’arte in tutto il mondo. Secondo quanto descritto all’epoca, un dealer americano chiamato Peter Silverman si recò in visita da un suo amico svizzero che aveva appena comprato il dipinto in questione (di un autore anonimo) per una cifra del tutto modesta. Una volta giunto a casa del suo amico Silverman capì che l’opera non poteva essere stata creata da mani anonime e dopo alcune ricerche attribuì il disegno a Leonardo.

Secondo il dealer le quotazioni dell’opera si aggirerebbero attorno ai 154 milioni di dollari ed il personaggio raffigurato altri non sarebbe che Bianca Sforza, figlia del duca di Milano. Tempo dopo ci si rese conto che la storia di Silverman presentava alcune incongruenze e venne a galla la verità. Il dealer aveva infatti comprato di persona l’opera (non esisteva nessun amico svizzero) da Christie’s per 21.850 dollari.

Alberto Di Fabio, oltre l’arcobaleno alla Galleria Pack di Milano

Alberto Di Fabio concepisce, per questa sua terza mostra personale alla Galleria Pack di Milano, un progetto che si pone in stretta relazione con lo spazio espositivo recentemente ridisegnato. In mostra dal 4 maggio all’11 settembre varie tele di grandi dimensioni appositamente realizzate sono intervallate da una serie di opere di medio formato a segnare un percorso più intimo e frammentato.

L’insieme dei lavori – caratterizzati da nuove sperimentazioni cromatiche, come l’uso di pigmenti fluorescenti, e dalla giustapposizione di riflessi brillanti e tonalità oscure – suggerisce l’idea di una visione paesaggistica totalitaria, una sorta di osservatorio che permette un’esplorazione globale del mondo: materiale e visibile (paesaggi Himalayani, geografie cosmiche) da una parte ma anche psichica e interiore (tracciati del pensiero, partiture di ritmi psichici), conducendo lo sguardo oltre, verso l’ultraterreno e l’inesplorato (sentieri luminosi interplanetari, grafismi c elesti enigmatici).