Quattordici artisti in Wonderland

Wonderland presenta, nei suggestivi spazi milanesi di Assab One dal 26 marzo al 14 maggio, le opere di 14 giovani artisti che vivono e lavorano a Londra: Alice Anderson, Sam Buxton, Oliver Clegg, Shezad Dawood, Tom Gallant, Stephane Graff, Henry Hudson, Bridget Hugo, Alastair Mackie, Polly Morgan, Boo Saville, Martin Sexton, Jamie Shovlin, Hugo Wilson.

Come suggerisce il titolo, questa mostra intende evocare quel territorio magico in cui si si genera un universo di fertili potenzialità immaginative. La meraviglia viene ormai associata solo al mondo dell’infanzia e in quest’era di incalzanti progressi della scienza e della tecnologia è diventata un’esperienza remota. Eppure nel campo delle arti visive resiste una grande capacità di provare e di creare meraviglia, che è poi uno degli aspetti fondamentali dell’esperienza estetica. Qualcosa che ha a che fare con i poteri del pensiero, con la sensibilità, con l’immaginazione e la creatività. Ma forse ancor più significativamente lo stupore genera una percezione allargata, una freschezza del sentire e una generale aura di ottimismo.

Le gabbie di Loredana Longo in mostra a Bruxelles

Venerdì 19 marzo inaugura presso la galleria Arte Contemporanea di Bruxelles la mostra di Loredana Longo dal titolo Cages. Nella mostra, a cura di Antonio Arévalo, viene elaborato un nuovo tema, efficacemente sintetizzato dal titolo. Cages allude trasparentemente ad angosce interiori, rigorosamente individuali, traslate nell’ambiente claustrofobico della cella. Sociale e corpo si dileguano o, meglio, acquistano una nuova veste, di straordinaria intensità simbolica. Dietro le sbarre, si consuma il rito doloroso dell’autoannientamento e del riconoscimento: privato della libertà, l’Io ne prende atto, accetta di definirsi gabbia, forse perché una gabbia è necessaria per fuggirne, per concettualizzare la possibilità della fuga.

Possibilità o illusione, però? Le gabbie, in effetti, scintillano: di vernice riflettente, di specchi, illuminate a giorno. La ricerca dell’artista comincia dalla riflessione sulla sua immagine, riprodotta in fotografia, video, istallazioni, performance. Successivamente, questo lavoro di ispirazione rigorosamente autobiografica si sposta sull’universo familiare, del quale Longo rappresenta vividamente le molteplici contraddizioni. Tensioni e conflitti domestici sono documentati nella serie Explosion, che esplora l’intera gamma delle più complesse dinamiche psicologiche e sociali.

Masbedo – Schegge d’incanto

Oggi inaugura presso il CRAA – Centro Ricerca Arte Attuale – Villa Giulia la mostra Schegge d’incanto. La mostra propone una serie di lavori fotografici, scultorei, installativi e video scelti in modo tale da offrire una panoramica completa e inedita del ventaglio di tematiche espressive che caratterizzano la poetica dei Masbedo, in una sorta di primo resoconto storico della loro attività svolta finora.

Il titolo dell’evento, direttamente desunto dall’opera Schegge d’incanto in fondo al dubbio (2009), video-installazione che ha riscosso il parere favorevole della critica all’interno del Padiglione Italia alla 53ª Biennale di Venezia, intende essere onnicomprensivo delle tematiche riguardanti le opere presentate. In un percorso di corrispondenze ragionate, il curatore Andrea Busto ripercorre le tappe fondamentali della produzione del celebre duo milanese (Nicolo’ Massazza e Jacopo Bedogni), soffermandosi sia sulle potenti e penetranti immagini fotografiche, evocative di atmosfere di inedito lirismo, sia – in modo preponderante – sulle parvenze suggestive e sulla pregnanza comunicativa del mezzo video, vera e propria valvola di sfogo delle loro pulsioni piu’ autentiche.

Kenneth Anger: “non sono un satanista”

In una piccola galleria, un film di 10 minuti viene proiettato in loop. All’interno della pellicola possiamo riconoscere il volto di stralunate rock stars che rassomigliano a Mick Jagger o sono Mick Jagger in persona compiono strani riti satanici. Punti bianchi formano una piramide mentre ragazzi nudi si distendono languidi su un sofà e marines saltano da un elicottero. Lo schermo mostra un gatto, un cane, un onnisciente occhio egiziano e gente che fuma erba da un teschio. Un sintetizzatore emette un suono insopportabile. Non c’è nessun dialogo, nessuna storia.

La galleria è la celebre Sprüth Magers di Londra ed il film in questione è Invocation of My Demon Brother del grande Kenneth Anger ( in mostra sino al prossimo 27 marzo).  Anger è una leggenda di Hollywood, i suoi film pazzi, pomposi e disturbanti hanno ispirato generazioni di filmmaker e video artisti. Va da sé che tutta la produzione di Anger ha generato notevoli critiche, indignazioni, accuse di satanismo e polemiche che lo hanno persino condotto in galera.

Paolo Canevari – Nobody knows

Il Centro per l’Arte contemporanea Luigi Pecci inaugura il 20 marzo la mostra personale di Paolo Canevari – Nobody knows a cura di Germano Celant. La mostra ripercorre le tappe fondamentali della sua attività e presenta lavori realizzati per l’occasione.

Il lavoro di Canevari è legato alla riflessione sull’impermanenza nell’arte, sul significato della scultura e su come questa si metta in relazione con il contesto sociale contemporaneo. Fin dai primi anni Novanta, l’artista adotta come materiale d’elezione la gomma delle camere d’aria e dei pneumatici, sviluppando un linguaggio personale teso alla rivisitazione del quotidiano e agli aspetti più intimi della memoria dove si sovrappongono simboli, icone, cultura pop, rappresentazione storica e coscienza politica. La sua opera appare come tra le attuali sintesi delle espressioni linguistiche maturate dagli anni Sessanta in poi e non conosce confini di genere spaziando dal disegno al video, dall’installazione alla performance.

Cadavre Exquis VIDEO al Nuovo Cinema Aquila di Roma

 Venerdi 12 marzo alle 19.00 il Nuovo Cinema Aquila di Roma presenta Cadavre Exquis VIDEO, un progetto partecipato nato dall’open call lanciato contemporaneamente a Roma, Quito e Parigi: il video, composto da 62 contributi, è il risultato della collaborazione di artisti dell’Ecuador, Italia, Francia, Germania, Spagna, Cile che hanno risposto all’invito. Il video, dunque, tanto nella sua costruzione visiva quanto nella sua presentazione al pubblico si propone con spirito ludico e come attraversamento disciplinare. Dopo il lancio del bando di partecipazione, la prima tappa di presentazione a Quito e la seconda a Roma al Nuovo Cinema Aquila, il video sarà presentato a Parigi.

La presentazione del progetto al Nuovo Cinema Aquila è curata da Bruno Di Marino.
L’iniziativa conferma l’attenzione del Nuovo Cinema Aquila per la sperimentazione e la ricerca sul cinema e le immagini in movimento.

Gli Ok Go alle prese con l’effetto domino

Molti di voi conosceranno sicuramente l’indie rock band degli Ok Go anche perché il loro album del 2006 intitolato Oh No è stato un vero tormentone persino in Italia, successo trainato grazie ad un video divertentissimo in cui i nostri si trovavano alle prese con alcuni tapis roulant. Gli Ok Go (formati da Damian Kulash – voce, seconda chitarra ,Andy Ross – prima chitarra, cori , Tim Nordwind – basso, cori ,Dan Konopka – batteria ), come tanti altri gruppi musicali, hanno ben compreso l’importanza del mezzo video ed hanno sempre cercato di dare un’impronta originale ai loro filmati pur conservando una sfavillante ironia.

C’è da dire che negli ultimi tempi il confine tra video musicale e video arte (e viceversa) si è notevolmente assottigliato tanto da rendere quasi impossibile ogni tentativo di precisa catalogazione. Per certi versi la cosa ci fa alquanto piacere visto che la video arte non ha regole ferree ma il rischio è quello di spettacolarizzare troppo questa tecnica artistica.

Changing Channels, quando la televisione diventa arte

La televisione è il nuovo oppio dei popoli. Dalla sua nascita ad oggi il tubo catodico ha cambiato la storia della società moderna organizzando il pensiero comune e dettando stili, linguaggio e comportamenti dello spettatore medio. Nella sua pur breve vita la Tv è riuscita ad anestetizzare le masse, a riscrivere le immagini della storia ed a confondere e mistificare gli eventi politici e sociali ma è innegabile che questa moderna scatola dei sogni ha fornito anche incredibili spunti all’arte contemporanea.

Il rapporto tra televisione ed arte è il tema principale di una nuova mostra dal titolo Changing Channels, Art and Television 1963-1987 che sarà ospitata dal Mumok, Museum Moderner Kunst di Vienna dal 5 marzo al 6 giugno 2010. Dalla metà degli anni ’60, artisti del movimento Fluxus come Nam June Paik, Stan Vanderbeek o Wolf Vostell hanno utilizzato il potere manipolativo e le trasformazioni estetiche dell’immagine elettronica.

Alice Anderson, un fiume di capelli alla Riflemaker di Londra

 Dal 1999 la giovane artista franco-algerina Alice Anderson (1976) ha continuato a costruire una sorta di romanzo visivo fatto di poetiche ed assurde avventure. Tra sculture, fotografie e video l’artista ha indagato la complessità dei legami familiari attraverso un’ottica fiabesca e surreale caratterizzata da un grande controllo dei colori e delle ambientazioni.

Dal 1 marzo 2010 fino al 24 aprile sarà possibile ammirare la creatività di questa straordinaria artista alla galleria Riflemaker di Londra. Per l’occasione Alice Anderson ha riempito gli spazi espositivi con migliaia di metri di capelli che formano una grande installazione costituita anche da fotografie e film che si riallacciano a memorie di un infanzia fittizia. La Anderson considera il tempo il suo più importante mezzo espressivo. Per l’artista infatti la memoria, attraverso la distorsione operata dal  tempo, può divenire una storia romanzata, un’avventura diversa dai fatti reali. Alice Anderson usa bambole di cera e marienette per re-inventare la sua infanzia attraverso la re-immaginazione delle sue stesse memorie.

DIONISIO GONZÁLEZ – ORGANOGRAMAS

NOVALIS Contemporary Arts Gallery di Torino inaugura il 4 marzo la prima personale in Italia dellʼartista spagnolo Dionisio González. La mostra, intitolata Organogramas, è un progetto espositivo concepito espressamente per gli spazi della galleria e comprende lʼintero ciclo di foto di grande formato intitolato Halong, il video Thinking Hanoi e lʼinstallazione Organogramas, che dà il titolo alla mostra.

Come scrive Demetrio Paparoni nellʼintroduzione in catalogo, “Lʼintero corpo dʼopera di Dionisio González è una riflessione sulla condizione di invisibilità in cui vivono oggi molti individui, che trovano proprio nella capacità di nascondersi o mimetizzarsi nellʼambiente una possibilità di sopravvivenza. In questo senso il ciclo Favelas (2003-2007), realizzato dallʼartista con foto manipolate al computer e con video, ciclo che gli ha dato un ruolo di primo piano nella scena artistica contemporanea spagnola, sottolinea una marcata dimensione narrativa e sociopolitica.”

Jana Sterbak – Through the eye of the other

Arte Contemporanea a Teatro, il programma di collaborazione Fondazione Bevilacqua La MasaTeatro La Fenice di Venezia a cura di Francesca Pasini, prosegue con il progetto dell’artista canadese, di origine ceca, Jana Sterbak (Praga 1955), Through the eye of the other, che comprende la proiezione del video Waiting For High Water sullo schermo tagliafuoco e l’esposizione di una scultura. Il progetto si inaugurerà sabato 27 febbraio dalle ore 19 alle 21 dove resterà visibile fino al 28 marzo, mentre la proiezione del video verrà replicata dal 14 al 21 marzo.

Dopo la Biennale del 2003, quando le era stato affidato il padiglione del Canada, Jana Sterbak compie un doppio ritorno a Venezia, la proiezione Waiting For High Water (2005), e’ infatti dedicata alla città nel momento in cui la marea sta salendo. E’ la seconda di una serie di video su piu’ schermi, che fanno parte della -composizione- realizzata con il cane Stanley, al quale era stata applicata sul corpo una videocamera. La prima, From Here to There, girata nell’inverno 2002-2003 nel Golfo di Saint Lawrence, era stata presentata al padiglione canadese nel 2003, mentre Waiting For High Water, girata nel 2004 e’ stata presentata per la prima volta alla Biennale di Praga del 2005.

A Los Angeles la video arte va in aeroporto

 Gli aeroporti sono generalmente posti affollatissimi, dove forte è la tensione di chi deve partire, molti fissano convulsamente i monitors per informarsi su eventuali ritardi o cancellazioni, altri invece osservano semplicemente le scritte lampeggianti per passare il tempo. Insomma i monitors degli aeroporti oltre a rappresentare un’imprescindibile fonte di informazione, contribuiscono inevitabilmente a far aumentare il tasso di frenesia e nevrosi nell’animo del povero viaggiatore di turno.

Per ovviare a questa grande fonte di stress il Los Angeles International Airport ha deciso di utilizzare i suoi monitor in maniera creativa ed ha lanciato un nuovo progetto pubblico che prevede la presenza di opere video create da 17 artisti. Stando a quanto dichiarato dagli organizzatori, i video saranno proiettati in ben due differenti locations permanenti all’nterno della sala degli arrivi del terminal Tom Bradley. Alcuni dei video sono già in visione ma gli organizzatori tengono la bocca ben cucita sul programma completo delle proiezioni che sarà svelato solo in estate.

Absolut sopra le righe con l’aiuto di Spike Jonze

La celebre azienda Absolut, distillatrice di un’ottima vodka, è da sempre connessa al mondo dell’arte contemporanea. Nel corso degli anni sono stati in molti a fotografare la sua inconfondibile bottiglia ed altrettanti artisti sono intervenuti direttamente sul design stesso del contenitore rendendo il celebre distillato un vero e proprio pezzo da collezione. Il 7 marzo 2010 l’Absolut sfiderà a Londra le ordinarie percezioni giornaliere delle persone, lanciando il concetto “Ordinary is no place to be”.

Absolut presenterà il film I’m Here, A Robot story in an Absolut world, pellicola girata a Los Angeles dal grande artista Spike Jonze. Il film ha riscosso un grande successo di pubblico durante la prima assoluta al Sundance Film Festival lo scorso 21 gennaio ( prossimamente il film sarà proiettato anche alla Berlinale).

Ursula Mayer – Last Hours of Ancient Sunlight

A distanza di tre anni dalla sua prima apparizione in Italia negli spazi di Monitor nel 2007, la galleria romana è ora lieta di presentare la seconda personale di Ursula Mayer. La più recente ricerca filmica della Mayer smantella letteralmente gli elementi della narrazione cinematografica: i numerosi flashback che interrompono i suoi film rivelano la natura a-narrativa dei lavori, mettendo in discussione la convenzione cinematografica di una linearità temporale.

Nella sua ultima doppia installazione 16mm dall’affascinante titolo Last Hours of Ancient Sunlight un bassorilievo di età classica raffigurante il mito di Medea rappresenta per un gruppo di attori il punto di partenza di una performance che traspone l’immobilità archetipa del fregio nel gioco di un antico rituale con richiami che vanno dall’avanguardia alla danza contemporanea. A differenza dei precedenti film della Mayer, in cui figure misteriose sospese in una cornice senza tempo coesistevano in momenti differenti senza mai incontrarsi, quest’ultima opera sembra suggerire una possibile sincronicità di tempo e storia. Qui la collusione tra l’identità certa del film e della storia di finzione rinforza lo spazio artificiale del cinema amplificandone la costruzione autoanalitica e l’interruzione cronologia della struttura filmica.