I Mattoni di Francesco Arena in Piazza Duomo a L’Aquila

Sabato 25 giugno alle ore 18.00 in piazza Duomo all’Aquila verrà presentato Mattoni di Francesco Arena, il secondo intervento del progetto L’Aquila l’identità del contesto a cura di Francesca Referza e Maria Rosa Sossai. Con Mattoni Francesco Arena stabilisce un legame invisibile, ma potente tra il passato e il presente di Dresda e il presente e il futuro dell’Aquila. Dresda è un centro d’arte di importanza internazionale e di eccezionale bellezza, tanto da essere stata definita la Firenze sull’Elba. La città tedesca è stata scelta da Francesco Arena perché durante la seconda guerra mondiale (13-15 febbraio 1945) ha subito un terribile bombardamento con migliaia di vittime (le stime ufficiali oscillano fra 18.000 e 25.000).

Grazie alla collaborazione di Andreas Aumüller, Console Onorario d ‘Italia a Dresda, la terra utile a realizzare i Mattoni pensati da Francesco Arena per l’Aquila, è stata raccolta in quattro diversi punti della città tedesca, ossia nei pressi dello Zwinger, della Kulturrathaus, dell’Hellerauerau e del Museum für Militärgeschichte.

Thomas Hirschhorn: l’assoluto si dà nella precarietà

La Biennale di Venezia 2011 certamente verrà ricordata per le sue defaiances, ma è opportuno sottolineare che non tutto merita di finire nel tritacarne della critica e del gossip. E’ il caso del padiglione svizzero e più in particolare del lavoro di Thomas Hirschhorn, Crystal of Resistence. Hirschhorn non è  certo una novità nell’ambito del panorama artistico contemporaneo, ma è sicuramente una di quelle glorie che merita di essere citata ogni volta.

Per l’occasione, ma forse non è propriamente giusto definirla un’esperienza occasionale data la sua natura transitoria, Hirschhorn allestisce negli spazi del padiglione svizzero una sorta di microcosmo caotico e instabile, fatto di elementi precari, tenuti assieme con semplice nastro adesivo, mettendone in evidenza la natura fittizia e caduca. Si tratta di oggetti di ogni sorta, appartenenti all’universo concreto e mondano, vi appaiono manichini laceri, rotocalchi, sedie di plastica, fotografie, il tutto tenuto insieme dal nastro da imballaggio e dalla pellicola in alluminio; quasi a voler, attraverso questi semplici accorgimenti, elevare questo materiale a qualcosa di più prezioso e trascendente.

La Trisha Brown Dance Company rimette in scena Roof Piece

Nel 1971 la coreografa americana Trisha Brown concepì una piece epocale destinata ad indagare la natura del movimento oltre che a cambiare la storia della danza contemporanea. Giusto 40 anni fa la grande artista si recò nel quartiere newyorchese di SoHo, bussando alle porte di 12 inquilini a lei sconosciuti e chiedendo loro di poter danzare sul tetto della loro abitazione assieme alla sua compagnia di danza. Con testardaggine e fermezza Trisha Brown riuscì nel suo intento e lo skyline della città si riempì ben presto di misteriose ed affascinanti figure in movimento.

A New York nel weekend tra il 9 ed l’11 giugno, la Trisha Brown Dance Company ha rimesso in piedi l’intero spettacolo, per celebrare il 40esimo anniversario di Roof Piece. Si è trattato di un vero e proprio momento di rottura con l’idea stessa della danza, ridotta a movimenti basici e spartani. Il concetto di Roof Piece è infatti molto semplice, un ballerino posto sul tetto di un edificio attua una sequenza di movimenti tra ondeggi, calci e rotazioni delle braccia. In seguito il ballerino che lo affianca (a debita distanza, sul tetto di un altro palazzo) dona continuità a quei movimenti, in una sorta di passaparola o gioco del telefono senza fili per intenderci.

Siete in vacanza? GlobArtMag vi consiglia alcune mostre

Se già siete pronti per andare in vacanza, eccovi un articolo con varie mostre che potete visitare in giro per il mondo, tanto per tenervi sempre aggiornati con la scena dell’arte contemporanea e non perdere il ritmo. Fino al prossimo 28 agosto la Kunsthalle di Mulhouse ospita Seb Patane, giovane artista nato in Italia nel 1970. Il lavoro di Patane si estende su di un ampio spettro di media fra cui video, performance, scultura e collage. Per la Kunsthalle, l’artista ha raggruppato una serie di opere che oscillano fra  astrazione e figurativo, tra suggestione e narrativa.

Il MoMa P.S.1 di New York presenta invece fino al prossimo 3 settembre la prima grande mostra in un museo di Ryan Trecartin (classe 1981). Per l’occasione l’artista ha riempito 7 gallerie del prestigioso spazio con installazioni video-scultoree interconnesse che creano una sorta di ricerca, poetica e strutturale, sulle nuove forme tecnologiche, sulla narrativa e sull’identità umana. Sempre al MoMa, fino al 1 agosto 2011 sarà possibile ammirare la mostra A Story of Deception del grande Francis Alys con una cospicua collezione delle maggiori opere dell’artista, solitamente incentrate sulla performance e la ripetizione fino a giungere all’assurdo.

Paolo Grassino al Macro di Roma

Venerdì 24 Giugno, in occasione dell’inaugurazione della MACRO SUMMER, il nuovo ciclo espositivo del Museo per la stagione estiva-autunnale, sarà presentata la grande installazione Madre di Paolo Grassino. Tentacolare groviglio di ramificazioni di radici ricoperte da cera rossa, la scultura di 8 metri sarà esposta all’ interno della mostra “La Collezione e i nuovi arrivi” a fianco di opere di protagonisti internazionali dell’arte contemporanea come Urs Lüthi, Fabio Mauri, Tracey Moffatt, Enzo Cucchi, Giorgio Griffa, Arcangelo Sassolino e altri. L’opera, icona di un tessuto organico primordiale, dalle fattezze di una gigantesca venatura è stata esposta nel 2008 al Musee de Saint Etienne in Francia e più recentemente al Castello di Rivalta in Piemonte riconfigurandosi ogni volta a seconda dello spazio espositivo

Recentemente balzato alle cronache per essere stato uno dei primi artisti a rifiutare l’invito di Vittorio Sgarbi alla Biennale di Venezia, Paolo Grassino (Torino 1967) vive e lavora a Torino, con le sue opere propone una riflessione sulle derive della società attuale, sospesa sul crinale tra naturale e artificiale, tra precarietà e mutazione.

She Devil 5 al MACRO di Roma

Il 24 giugno 2011 il  MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma presenta SHE DEVIL 5, il nuovo appuntamento della rassegna video dedicata al tema dell’identità femminile che trae il suo titolo dal famoso film di Susan Seidelman del 1989 e allude allo spirito diabolico e bizzarro con cui l’esperienza femminile indaga e attraversa il quotidiano.

SHE DEVIL nasce del 2006 da un’idea di Stefania Miscetti e coinvolge artiste e curatrici sia italiane sia internazionali, dalle più giovani alle più affermate. Le varie opere e le differenti prospettive critiche convivono all’interno di un discorso a più voci, in cui emergono le molteplicità dei mondi e delle visioni femminili. Tale varietà di presupposti e finalità ha permesso di presentare negli anni passati quattro rassegne, con 40 opere video e 24 curatrici coinvolte, oltre a un’edizione speciale internazionale tenutasi a Bucarest nel 2009.

Back To Black, un ritorno al nero alla Fondazione Bevilacqua La Masa

Il 23, 24, 25 Giugno 2011 la Fondazione Bevilacqua La Masa presenta Back to black. La nerezza del nero, convegno IUAV a cura di Patrizia Magli e Angela Vettese. Il nero assoluto non esiste, scriveva Vincent van Gogh a suo fratello. Il nero, egli diceva, forma l’infinita varietà dei grigi, tra loro diversi per tono e per forza. In che modo, allora, distinguere la nerezza del nero secondo una scala di gradazioni all’interno di questa “infinita varietà dei grigi”? Perfino un grigio chiaro può apparire quasi nero o decisamente nero se accostato ad un bianco abbagliante. Nessun colore infatti vive in un regime di solitudine.

E tuttavia, anche se lo considerassimo in uno stato di isolamento ideale, come le monocromie radicali in pittura o gli esperimenti di laboratorio, il nero è un complesso di configurazioni variabili. L’esperienza del nero, del nero osservato nelle sue varie manifestazioni e supporti materici, lo configura come un processo, come un’ininterrotta oscillazione tra colore e incolore, tra il buio più impenetrabile, le tenebre, fino all’ombra e alla penombra, quest’ultime invece già creature della luce. Il nero inteso come processo di intensificazione e attenuazione, di scolorimento e trascoloramento, è un divenire attraverso gradualità di transizioni. Ma c’è di più. Come John Cage suggeriva, se i monocromi di Rauschenberg invitavano l’osservatore a fare l’esperienza del “vuoto” e del “silenzio”, il nero si dà non solo come conoscenza visiva, ma come teatro dove è possibile riconoscervi sequenze di fasi, di spazi, di momenti.

Whaleless fa tappa a Bari

Fabrica Fluxus Art Gallery di Bari è lieta di presentare dal 21 Giugno al 22 Luglio la mostra WHALELESS a cura di Giovanni Cervi in collaborazione con Res Pira. WHALELESS – Secondo appuntamento per il ciclo “Proud to Present”, esposizioni dedicate a presentare progetti curatoriali fra i più interessanti del panorama artistico italiano ed internazionale, che il Maggio scorso ha proposto le serigrafie di studio StudioCromie – è un progetto curato da Giovanni Cervi con il supporto di Res Pira nato nel 2005 come intreccio fra arte ed ecologia.

“La balena è un simbolo potente, perché è innocua, perché quella della caccia alle balene è un’industria che si autoalimenta, non produce niente e rovina il mare. Inquinamento, pratiche di pesca insostenibili e sonar d’ultima generazione sono solo alcune delle cause che stanno mettendo a rischio di estinzione le balene, in pericolo i nostri mari e tutto l’ecosistema.” L’idea lanciata in “rete” era quella di immaginare un mondo “whaleless”, senza balene, e ben presto è diventato un vero e proprio network di artisti, creativi e addetti ai lavori attraverso il passaparola e i vari sistemi di socializzazione web, costituendosi come progetto itinerante che negli anni ha coinvolto gallerelena rapaie ed istituzioni di tutto il mondo da Londra a Firenze, da La Rochelle a Roma, Berlino, Milano e Reggio Emilia e adesso Bari.

Nuovo Cinema Israeliano allo Spazio Oberdan di Milano

Dal 19 al 23 giugno 2011 allo Spazio Oberdan di viale Vittorio Veneto a Milano si svolgerà la quarta edizione della rassegna Nuovo Cinema Israeliano. La diversità e l’originalità sono i filoni che lo Spazio Oberdan ha scelto, al fine di evidenziare quel senso di assoluta libertà artistica che impregna le opere dei registi d’Israele. Si tratta di una varietà stilistica che coincide con quella tematica, malgrado in alcune ricorra il tema dell’immigrazione.

La presenza degli immigrati russi (e quelli arrivati dall’Ex Unione Sovietica negli anni ‘90, che costituiscono un quinto della popolazione israeliana) è un tema predominante: persone che hanno quasi dimenticato le proprie origini e sentono di essere totalmente entrate nel flusso della società, altre che continuano a vivere come in un limbo, isolate dal mondo che le circonda, portando avanti le proprie tradizioni e continuando a parlare la lingua madre. Questi fenomeni hanno destato l’interesse dei registi, forse proprio perché alcuni tra questi provengono da quel mondo. Qui di seguito il programma completo della manifestazione

Non solo Biennale, Electrovenice la musica sbarca in laguna


Vi trovate a Venezia per ammirare le meraviglie in mostra alla Biennale? Beh allora non dovete di certo perdervi uno dei festival musicali più scoppiettanti e brillanti del momento. Stiamo ovviamente parlando del giovanissimo festival musicale Elctrovenice giunto quest’anno al suo secondo appuntamento.

Ma non fatevi ingannare dalla tenera età, Electrovenice ha già il piglio dei grandi festival internazionali ed a riprova di ciò è pronto a sciorinare una line up di artisti di altissimo livello. Il festival si svolge tutto in una giornata, quella del 18 giugno ad essere precisi. Il pubblico sarà letteralmente elettrizzato da artisti del calibro di Fatboy Slim, Deadmau5, Sven Vath, Afrojack, Goose, NT89 e Reset!. Electrovenice nasce nel 2010 come nuovo concetto di festival musicale in cui convivono la passione per la musica dance e l’idea di un evento estivo outdoor immerso nel verde nella splendida cornice del Parco San Giuliano.

Henri Cartier-Bresson al Centro Internazionale di Fotografia di Verona

Henri Cartier Bresson è, secondo la definizione di Pierre Assouline, “l’occhio del secolo”. In effetti il fotografo non ha mai smesso, dai suoi inizi negli anni 30, di esplorare con lucidità i grandi movimenti artistici, politici e sociali del nostro mondo. La mostra Henri Cartier- Bresson. Photographe, che si terrà a Verona presso il Centro Internazionale di Fotografia dal 19 giugno al 9 ottobre 2011, delinea il ritratto di un artista che ha sempre scelto l’anonimato nell’azione per meglio cogliere l’istante.

Attraverso le 133 fotografie in mostra ci viene raccontata la storia di uno sguardo eccezionale. Come scrive Yves Bonnefoy nel libro Henri Cartier-Bresson: Photographe (Delpire, Paris, 1979) ”Quando guardo un’opera di Henri Cartier- Bresson, provo dapprima meraviglia che possano essere accadute situazioni così ricche di senso, così intense. …Ma so anche bene che queste epifanie si manifestano per questo poeta su un orizzonte che condividiamo tutti e da questo mi sento incoraggiato e guidato, che è il migliore contributo che possano dare le opere”.

Carolee Schneemann, femminilità oltre il femminismo

Quando di si parla di performance o azioni incentrate sul corpo i primi nomi che ci vengono in mente sono Gina Pane, Marina Abramovic, Hermann Nitsch o Vito Acconci, oltre a tanti altri maestri che hanno utilizzato il nostro involucro terreno come campo aperto ad ogni tipo di sperimentazione creativa. C’è però un’artista che ha attraversato Fluxus, Body Art, Neo-Dada, Happenings e Beat Generation senza accostarsi a pieno a nessun movimento, un’artista che ha riaffermato con veemenza l’erotismo arcaico del corpo e la sua libertà universale.

Stiamo parlando di Carolee Schneemann (1939), artista americana che ha spesso sposato la causa politica e femminista anche se il suo concetto di femminismo è stato più volte rivolto alla liberazione dell’espressione sessuale piuttosto che alla manifestazione di una condizione di repressione del sesso femminile. Una delle performance storiche dell’artista è senza ombra di dubbio Meat Joy del 1964 azione in cui 8 soggetti parzialmente nudi si contorcono, danzando e giocando con vari oggetti, sostanze e cibo, una condizione simile ad un sabba erotico che per molti versi potrebbe allinearsi ai riti dionisiaci del Teatro delle Orge e dei Misteri di Nitsch che già a partire dal 1957 aveva cominciato a prendere una forma concreta.

Giovedì difesa: Black books

Black Books è una sitcom realizzata tra il 2000 e il 2004. Ne esistono solo 3 serie, tutte peraltro molto brevi, sei puntate di 25 minuti circa ciascuna. Le ho consumate in brevissimo tempo.

È stata scritta e ideata da Dylan Moran, che ne è anche il protagonista, altri autori sono Graham Linehan, Arthur Mathews, Kevin Cecil e Andy Riley. Dylan Moran interpreta Bern, un irlandese misantropo, sudicio e alcolista che possiede una libreria nel centro di Londra, nel quartiere Bloomsbury. Di premi questa sitcom ne anche vinti parecchi, il premio BAFTA come Best Situation Comedy nel 2000 e nel 2005; nonchè la “Bronze Rose” (Rosa di Bronzo) al Festival Rose d’Or di Montreux nel 2001.

Anish Kapoor cancella una mostra in Cina e si schiera con Weiwei, attacchi hacker a Charge.org

Dopo aver dedicato ad Ai Weiwei la sua gigantesca opera Leviathan, attualmente ospitata dal Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 11, Anish Kapoor ha recentemente compiuto un altro grande atto di solidarietà nei confronti del coraggioso artista cinese, trattenuto ormai da tempo immemore in chissà quale squallida casa circondariale cinese.

Kapoor, dicevamo, ha definitivamente cancellato i piani per una sua futura mostra al National Museum of China di Pechino. Kapoor ha inoltre definito come “un atto barbarico” l’arresto di Weiwei. Ciò ha messo in ambasce Martin Davidson del British Council che aveva chiesto a Kapoor di esporre al museo nel corso del festival UK Now previsto per il 2012. Davidson si è affrettato a ribadire che il festival contribuirà ad unire il popolo cinese a quello della Gran Bretagna tramite la libera espressione artistica.