Lo Stato delle Sirene alla Nomas Foundation di Roma

 Il 15 aprile 2010 la Nomas Foundation di Roma presenta The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene, una mostra di Etienne Chambaud all’interno di ‘Permanent Exhibition, Temporary Collections’, una cornice curatoriale ideata dal critico Vincent Normand. The Siren’s Stage/Le Stade des Sirènes/ Lo Stato delle Sirene è un progetto sviluppato da Nomas Foundation, Roma, David Roberts Art Foundation, Londra e Kadist Art Foundation, Parigi. La mostra, presentata quasi simultaneamente nei tre luoghi e in differenti variazioni linguistiche, si basa sul meccanismo di scrittura e di trascrizione.

L’elemento della traduzione diventa così sia il medium che il linguaggio comune del progetto. Riferendosi nel titolo al mitico canto delle sirene, reinterpretato nell’orecchio di chi l’ascolta, la mostra è concepita come una serie di oggetti scritti. Assenti, ma descritti, immobili ma tradotti, unici ma ripetuti, muti ma trascritti.

la mostra si compone di un’installazione di Figure, un gruppo di piedistalli vuoti a cui è dato un nome (La scogliera), e che funziona come uno spazio di emissione di voce e testo stratificati. Occasionalmente degli attori renderanno attivo lo spazio, leggendo, imparando a memoria e provando i frammenti di una sceneggiatura. Altre volte La Scogliera rimarrà in silenzio.

La gaffe di David Byrne:”Lady Gaga non è un’artista, anzi lo è”

 Dovete sapere che l’ex leader dei Talking Heads nonchè prolifico artista visivo David Byrne gestisce da tempo un blog personale dove alcune volte piazza all’incrocio dei pali delle stravaganti dissertazioni sull’arte contemporanea alcune delle quali totalmente prive di senso logico. Ultimamente Byrne aveva pubblicato un lungo post dove dichiarava di aver sentito  il curatore del MoMa e direttore del P.S.1, Klaus Biesenbach criticare Lady Gaga definendola una cantante e non un’artista.

Ovviamente tale affermazione non sarebbe neanche tanto lontana dalla verità, visto che l’agguerrita e multiforme cantante, pur avendo collaborato con Francesco Vezzoli, non è niente di più che la popstar del momento e dovrebbe decisamente star ben attenta ad amministrare la sua immagine prima di svanire con la stessa velocità con cui ha scalato il dorato mondo della musica.

Jeff Koons alla 24 ore di Le Mans con una BMW

Il prezzemolino Jeff Koons non accenna a voler rallentare il suo maniacale interesse per l’iper-presenzialismo artistico. Stavolta il novello Re Mida dell’arte contemporanea ha deciso di utilizzare il suo tocco magico sul mondo dei motori. La nota casa automobilistica tedesca BMW ha infatti lanciato una collaborazione con l’artista americano, nel corso del progetto Jeff Koons creerà alcuni interventi sulla carrozzeria del novo gioiello M3 GT2. La vettura farà parte di Art Car, fantasioso e fantastico progetto a metà tra arte, motori e design, nato nel 1975 per volere della casa bavarese cui hanno partecipato grandi artisti della scena internazionale.

Nel corso degli anni Art Car ha infatti visto la partecipazione di nomi del calibro di  Frank Stella,autore di una 3.0 CSL nel 1976 Roy Lichtenstein che firmò nel 1977 la mitica BMW 320i Gruppo 5, Andy Warhol che invece modificò una M1 nel 1979  e Alexander Calder che nel 1975 inaugurò il progetto creando una coloratissima composizione su una BMW 3.0 CSL.

John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, nuove realtà della nuova Land Art

Negli ultimi anni alcuni artisti ascesi agli onori dell’arte contemporanea internazionale hanno iniziato a lavorare con materiali naturali, rispolverando gli antichi fasti della Land Art nata sul finire degli anni ’60. I protagonisti di questa insolita forma d’arte creata con arbusti, rami ed altre elementi sono riusciti nel difficile intento di creare simbolici ed evocativi ambienti che mostrano in pieno la bellezza e la malleabilità della natura.

Tre di questi artisti, John Day, Barbara Andrus e Cui Fei, sono in questi giorni ospiti della Amelie A. Wallace Gallery, all’interno dell’Old Westbury college di New York, in occasione della mostra Regarding Nature: Thorns, Twigs, Buds and Branches (in mostra sino al 2 maggio 2010). Stranamente nessuno di questi tre artisti è realmente interessato alle politiche ambientali ma piuttosto all’estetica ed ai modi in cui alberi e rami possono essere intrecciati per combinare nuove forme.

Russia Today, video arte russa alla Nina Lumer di Milano

Russia Today: Video arte dalla Nuova Russia, evento organizzato dalla galleria Nina Lumer di Milano (dal 16 aprile al 28 maggio 2010) presenta opere di alcuni dei più apprezzati esponenti di arte contemporanea russa a livello internazionale: Viktor Alimpiev, Sergey Bratkov, Anna Jermolaewa e Vladimir Logutov, che hanno fatto (e continuano a fare) del video uno dei loro mezzi d’espressione più efficace. Nel loro continuo oscillare tra mise-en-scène e realtà quotidiana, tra plastica e pelle, tra caos e ordine, i video in mostra ci parlano, almeno in superficie, di questa Nuova Russia, temibile ed amabile allo stesso tempo.

Sono però opere queste che si presentano come una minaccia agli stereotipi amati dagli appassionati di turismo che tendono ad identificare intere nazioni con determinate icone-souvenir – matrioske, caviale, vodka, gasdotti e barili di petrolio, nel caso della Russia. Sono opere che certamente ci parlano, apertamente o indirettamente, di Russia, ma che non si esauriscono in indicazioni topografiche. Forse l’approccio più legittimo è considerare questi video dei paesaggi psicologici, logos non topos, espressioni, in altre parole, di condizioni che non si esauriscono nel particolare, ma si ampliano nell’universale.

Marina Buening e Daniela Monaci, una catena infinita allo Studio Tiepolo 38 di Roma

Giovedì 15 aprile 2010 alle ore 18:30 si inaugura presso la galleria Studio Tiepolo 38 la mostra Endless Chain, doppia personale di Marina Buening e Daniela Monaci a cura di Micol Di Veroli. Fotografia, video ed installazione sono le tecniche proposte dalla mostra Endless Chain, i media che Marina Buening e Daniela Monaci hanno scelto per compiere le loro sperimentazioni artistiche. Marina Buening affida le sue creazioni all’intreccio degli elementi, lasciando che sia la sinuosa stretta del nodo a svelare le complesse geometrie dell’universo.

La ricerca artistica è posta esattamente all’interno di ogni singolo elemento dell’intero creato, essa riesce a carpire e rappresentare la pulsante essenza di ogni cellula, la solida ed intangibile presenza di ogni molecola. Attraverso la silente fermezza di un’immagine fotografica è possibile leggere la delicata natura del movimento e del tempo, analizzando traiettorie e fisicità di personaggi ed oggetti posti in relazione dinamica tra di loro. Mediante un’installazione è possibile donare una terza dimensione al pensiero, ricreare concetti astratti e luoghi lontani o inesistenti. La sequenza filmica della video arte, infine, ritaglia una finestra aperta sul mondo, una cornice stabilita attraverso la quale delle sezioni istantanee  ricreano il movimento, la vita.

Ironia ed arte contemporanea in due mostre a New York

L’ironia è una componente fondamentale nell’arte contemporanea. Se pensate alla creatività di Marcel Duchamp ad esempio è impossibile non notare la forte carica ironica che traspare da ogni sua opera. Eppure Duchamp tramite l’ironia dei Readymades è riuscito ad influenzare intere generazioni artistiche tanto che oggigiorno è possibili ravvisare la sua impronta nella stragrande maggioranza delle opere che vediamo nelle gallerie d’arte contemporanea.

L’ironia è il fulcro della mostra dal titolo Knock Knock: Who’s There? That Joke Isn’t Funny Anymore (traducibile in Toc Toc: Chi è? Questo scherzo non è più divertente) in visione alla Fred Torres Collaborations ed alla Armand Bartos Fine art di New York fino al prossimo 24 aprile. I dealers hanno raggruppato più di 75 opere (iniziando da Duchamp ovviamente) che oltre ad esaminare i meccanismi dell’ironia ma anche i suoi fini. Elana Rubinfeld e Sarah Murkett, rispettivi direttori delle gallerie coinvolte nel progetto, hanno vagliato il lavoro di 400 artisti alla ricerca del tanto sperato sense of humor.

Dopo 17 anni Pace e Wildenstein si dividono

I resoconti delle manifestazioni fieristiche nazionali, compresi quelli del Miart 2010 che si è concluso il 29 marzo, parlano di un mercato che sostanzialmente ha retto la grande “botta” della crisi economica.  Le aste internazionali parlano invece di una riduzione della bolla speculativa e di un livellamento delle quotazioni ad una dimensione più umana. L’andamento del mercato dell’arte contemporanea dunque è ancora un grande punto interrogativo.

Un fatto accaduto negli ultimi giorni può darci però alcuni indizi sul reale impatto economico della crisi sul sistema dell’arte. Dopo 17 anni di presenza sul mercato i grandi dealers Pace e Wildenstein, (raccolti sotto il marchio PaceWildenstein) hanno deciso di dividersi: “Non c’era più ragione di continuare a correre uniti, non riusciamo più a scambiarci i clienti come una volta” ha dichiarato Arne Glimcher, dirigente di Pace. Ma nel 1993 l’unione delle due gallerie sembrò un’idea brillante, capace di far confluire i collezionisti in un grande ed unico “punto vendita”.

Owen Maseko, ancora un altro artista censurato in Africa

Lo scorso fine settimana l’artista Owen Maseko è stato arrestato dalla polizia a causa di una sua mostra alla National Gallery di Bulawayo nello Zimbabwe. Tale atto ci riporta tristemente alla mente un’altra censura perpetrata ai danni dell’arte sempre nello Zimbabwe di cui abbiamo ampiamente parlato in un nostro precedente articolo.

Secondo l’Associated Press, Maseko ha raccolto alcune foto di famiglia di persone scomparse mescolandole ad immagini di depositi minerari dove si pensa siano sepolti alcuni resti umani ed ha aggiunto all’interno della mostra anche alcuni rapporti su un’insurrezione armata nel distretto del Matebeleland dopo l’indipendenza del 1980. Ricordiamo che il distretto fu letteralmente fatto a pezzi dalle truppe fedeli a Mugabe e migliaia di civili innocenti furono massacrati nella lotta.

Quando l’arte incontra l’estetica del videogame

Non ho mai detto che i video games siano un’arte” e queste parole ci riempiono di stupore visto che a pronunciarle è stato proprio Shigeru Miyamoto, uno dei padri fondatori della moderna industria dei video giochi nonché creatore di vere e proprie leggende elettroniche come Super Mario Bros e la serie di Legend of Zelda. La dichiarazione è stata resa nota ai microfoni dell’Associated Press la settimana scorsa quando Miyamoto è stato insignito del British Academy of Film and Television Arts Fellowship.

Ad esser sinceri, Miyamoto è un esempio di umiltà e dedizione, un game maker visionario che si è autoimposto di ricevere lo stesso stipendio dei suoi colleghi, senza facilitazioni di sorta. Il commento di Miyamoto rappresenta un atto di dissenso in un dibattito che ha infiammato l’industria dei videogiochi sin dai suoi primi anni di vita. Dalla campagna pubblicitaria dell’etichetta Electronic Arts che nel 1982 chiedeva al mondo: “Può un computer farti piangere?” ( e molti piansero al triste finale dell’avventura testuale sci-fi intitolata Planetfall della Infocom 1983) fino alla celebre dichiarazione di Rober Ebert del 2005 che rispondeva: “i videogiochi non potranno mai essere arte”, il merito artistico dei videogiochi ha tenuto banco tra professionisti, esperti del settore e semplici amanti dei videogiochi.

A New York le olimpiadi degli allestitori d’arte

Negli Stati Uniti, come nel resto del mondo, la crescita esplosiva del mercato dell’arte dell’ultima decade è stata incentivata da ricchi collezionisti, gallerie nuove di zecca e sfavillanti musei. Insomma sembrerebbe che durante la bolla speculativa del mondo dell’arte contemporanea, tutti negli States hanno mangiato tanto e bene. Ma gli ingranaggi ed il grasso che continuavano a far girare questa immensa macchina erano in realtà una massa di persone generalmente descritte come trasportatori ed allestitori.

Collaboratori molto meno glamour, sottopagati e non assicurati a cui in genere toccavano e toccano i lavori più sporchi. Questi eroi dell’arte sono praticamente invisibili in un mondo di colletti bianchi ma molti di loro sono giovani artisti che tentano di pagarsi le spese tra fatiche e sudore. La scorsa settimana però anche questi lavoratori instancabili hanno avuto i loro 15 minuti di gloria nel corso di uno stravagante evento tenutosi alla Ramiken Crucible Gallery di New York dove ha presenziato anche un folto pubblico di galleristi, curatori, critici, collezionisti artisti ed amanti dell’arte. L’evento in questione sono le prime Art Handling Olympics, una competizione dove si sono fronteggiati 12 teams formati da 4 persone che hanno dimostrato la loro abilità nello spacchettare ed installare una ricca quantità di opere d’arte (riproduzioni), divincolandosi in una densa nuvola di pluriball.

Scienza ed arte in una mostra in 3D

 Nell’universo ci sono cose impossibili da comprendere come i buchi neri, l’anti-gravità e tutte quelle particelle subatomiche che sfrecciano attorno a noi. Riuscire a dare una forma alla grandiosità che ha concepito l’intero creato e noi con esso è un’ardua prova emozionale ed intellettuale, proprio come il serpente che morde la sua coda. Possiamo però cercare di dare una forma a quello che vediamo, al cosmo ed alla nostra coscienza e questo è l’obiettivo della mostra Ouroboros: The History of the Universe, collage di mandala, galassie, astronauti ed effetti 3-D che in questi giorni è possibile ammirare alla Ise Cultural Foundation di SoHo a New York (dal 9 marzo al 23 aprile).

Alla fondazione lo spazio è completamente buio e le proiezioni si estendono su sei grandi schermi, basta infilarsi gli ormai celebri occhialini 3d (ditemi cosa non è in 3d in questi ultimi mesi) e buttarsi a capofitto all’interno del cosmo. La mostra è stata creata da Ali Hossaini (biochimico, filosofo, produttore televisivo e poeta visivo) e due giovani video artisti che rispondono ai nomi di Blake Shaw e Bruno Levy, meglio conosciuto come Sweatshoppe, mago degli effetti tridimensionali. Ouroboros è un animale mitologico dell’antica Grecia, un serpente che si morde la coda simbolo di unità cosmica ed autosufficienza.

Robin Rhode, dal Sud Africa a Los Angeles

A New York l’artista sudafricano del momento è William Kentridge ma a Los Angeles la vera star è Robin Rhode, giovane artista e conterraneo del suo illustre collega. L’arte di Rhode è strettamente connessa alle sue radici sud africane e molto spesso usa meccanismi creativi simili a quelli di Kentridge come il disegno-performance e l’animazione ottenuta cancellando e ridisegnando i soggetti su carta o altri supporti.

La presente mostra personale di Roin Rhode al LACMA, Los Angeles County Museum of Art ( in visione dal 11 marzo al 6 giugno) presenta al pubblico sei opere recenti, create mediante una vasta varietà di media. Juggla (del 2007) ad esempio è un’opera costituita da un set di 20 stampe digitale ai pigmenti che raffigurano un uomo di colore , vestito come un menestrello o un giocoliere. Le opere presentate al LACMA sono state create negli ultimi tre anni trascorsi da Rhode a Berlino ed indagano sulle meccaniche dell’identità e dell’inganno visivo, presentando in varie occasioni il doppelganger dello stesso artista con la faccia coperta da enormi e stravaganti cappelli.

Arte e musica alla Galleria Pack di Milano

Uno show gallery di 6o minuti (opening il 29 marzo 2010) con il meglio della musica e dell’arte contemporanea Giampaolo Abbondio e Gianni de Berardinis scrivono insieme una nuova pagina di comunicazione nel mondo dell’Arte: The White Room, un evento che si preannuncia come un’occasione culturale decisamente interessante.

La Galleria Pack di Giampaolo Abbondio è da sempre sensibile alle contaminazioni musicali; in diverse battute lo spazio ha infatti contribuito alla produzione di dischi dalle sonoritá piú contemporanee dell’artista Robert Gligorov, in cui hanno partecipato musicisti come Saturnino (talentuoso bassista nonchè collaboratore di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti)  e Massimo Colombo, fino a quelle del free Jazz e delle collaborazioni con vere e proprie leggende del calibro di Billy Cobham.