
Sabrina Mezzaqui, in occasione della sua quarta personale presso la Galleria Minini di Milano<dal 23 gennaio, attinge a diverse tradizioni filosofiche, religiose, letterarie per impostare una mostra-biblioteca. Tutti i lavori presentati nascono infatti da libri che l’artista ha letto e reinterpretato. Le modalità di elaborazione e manipolazione dei volumi in mostra sono quelli che l’artista ci ha, negli anni, insegnato a riconoscere come segnali essenziali della sua poetica: ritagli delle righe di testo, forme di origami utilizzando le pagine dei libri, copiatura manuale degli scritti, ricami.
Ogni libro trova la sua forma o immagine più consona in base al proprio contenuto, e allora le pagine dei testi buddisti diventano una ruota, le pagine della Genesi svelano un piccolo pianeta, le righe di Alchimia si trasformano in una sorta di alambicco, le frasi di Zhuang-zi si illuminano, le lettere tra Arendt e Heidegger sono ricamate, i Quaderni di Simone Weil vengono copiati a mano e le sovra-copertine di lana sono lavorate a mano, Teoria e pratica della non-violenza farà da schermo per una piccola videoproiezione in cui l’immagine poggia sul testo e, infine, Il giuoco delle perle di vetro diviene una combinazione di perle in cui ciascuna perla è formata delle righe di una pagina del romanzo.

Michelangelo Merisi da Caravaggio detto appunto Caravaggio è considerato il primo grande esponente della scuola barocca e uno dei più celebrati pittori del mondo. Nel 1610 Caravaggio, In preda alla febbre per presunte infezioni intestinali, dopo un lungo viaggio per mare, fu lasciato alle cure della locale Confraternita di Porto Ercole che il 18 luglio 1610 certificò la morte avvenuta nel loro ospedale. Il giorno successivo, l’artista fu seppellito nella fossa comune ricavata nella spiaggia e riservata agli stranieri, e che oggi è il retroporto urbanizzato di Porto Ercole. Il problema è che le cause di morte del grande maestro non sono mai state del tutto accertate e a tutt’oggi rappresentano un vero e proprio mistero.
16 anni sono passati da quando il MoMa ha presentato l’innovativa creatività dell’artista concettuale Gabriel Orozco al grande pubblico. Con la sua natura ironica e lirica l’artista si oppose alla natura monumentale dei trend artistici degli anni ’80 mediante una ridefinizione del concetto di bellezza e focalizzando l’attenzione su dettagli inaspettati, memorie quotidiane ed esperienze personali. In questi giorni (precisamente dal 13 dicembre 2009 al 1 marzo 2010) la celebre istituzione museale newyorchese ha deciso di dedicare un’importante retrospettiva al genio dell’artista messicano classe 1962 intitolandola semplicemente Gabriel Orozco.

Uno degli artisti più celebri e controversi del momento ha deciso di trasformare il Mies van der Rohe Pavilion di Barcellona in una gigantesca tazza di caffellatte. L’istituzione museale aveva infatti deciso di ospitare alcuni artisti capaci di compiere un intervento atto a riflettere sull’uso degli edifici e sulla nostra visione degli stessi come spazi inalterabili. La scelta è ricaduta sul cinese Ai Weiwei che ovviamente non ha potuto che confermare la sua fama di artista eccentrico e visionario. L’artista ha infatti riempito le due famose piscine del museo (una posta all’esterno ed una posta all’interno) rispettivamente con latte e caffè.







Quando nella metà degli anni ’80 le guardie addette alla sicurezza della John Moores University di Liverpool trovarono un ragazzino al computer del laboratorio rimasero molto stupiti e gli chiesero cosa stesse facendo. Il ragazzo rispose che I suoi insegnanti gli avevano concesso il permesso di allenare le sue abilità di programmatore. Quel ragazzino era Daniel Brown, oggi 32enne, uno dei più grandi digital designers dei nostri tempi ed autore della grafica esposta all’entrata di Decode:Digital Design Sensation, mostra sulla digital art che è stata inaugurata la settimana scorsa al Victoria & Albert Museum di Londra.