Wu Yuren e il distretto 008, la Cina fallisce per l’ennesima volta

In questi giorni la BBC inglese ha intervistato Ai Weiwei e l’artista ha rilasciato alcune scioccanti dichiarazioni circa i suoi (oltre) 80 giorni di prigionia in mano ai servizi di polizia cinesi. Weiwei ha detto alla stampa di essersi sentito “molto vicino alla morte”, a conferma della gravità di una situazione che ha tenuto con il fiato sospeso l’intero mondo dell’arte.

Va detto però che Weiwei non è l’unico artista cinese ad essere caduto vittima di un regime a dir poco oscurantista. Vi ricordate ad esempio di Wu Yuren? Ebbene se non sapete di chi stiamo parlando, vi rinfreschiamo un poco la memoria. Yuren è un intrepido artista cinese che è stato soprannominato il “piccolo Ai” per il suo coraggio e la sua combattività, attributi molto simili al suo noto collega Ai Weiwei. Yuren è stato processato nel novembre 2010 ed è stato successivamente imprigionato aver scatenato, nel corso della precedente estate, una rivolta nel distretto artistico di Pechino denominato 008, dopo che le autorità cittadine avevano deciso di raderlo al suolo.

11 Gagosian Gallery per Damien Hirst nel 2012

Come titola Artinfo nel 2012 è prevista l’apocalisse, quella fine del mondo tanto sbandierata dai tabloid di tutto il mondo che oramai è balzata in prima posizione nella classifica delle più celebri leggende metropolitane di tutti i tempi. Scherzi a parte, un bel trambusto, almeno per il mondo dell’arte ci sarà e sicuramente non sarà del tutto inferiore ad una sventura di vasta scala.

Nel gennaio prossimo infatti, la Gagosian Gallery di New York organizzerà un evento senza precedenti. Star di questa manifestazione è il pupillo della generazione Young British Artists, Mr. Damien Hirst. Gagosian terrà 11 mostre simultanee nei suoi 11 avamposti sparsi per il globo, protagonisti assoluti saranno i celebri Spot Paintings del folletto-Hirst, quei dipinti a pois colorati su sfondo bianco per intenderci. Questa mostra personale multipla fa parte di una sorta di rilancio in grande stile dopo i numerosi flop che l’artista ha immagazzinato negli ultimi tempi.

Massimo De Carlo a Roma con Dan Colen, Nate Lowman e Dash Snow

Il 20 settembre 2011 Massimo De Carlo, con il coordinamento di Ludovico Pratesi, porta a Roma Three Amigos, un progetto inedito, unico nel suo genere, che vede esporre in tre mostre personali distinte tre giovani artisti americani di fama internazionale, Dan Colen, Nate Lowman e Dash Snow, rispettivamente a Palazzo Rospigliosi, all’American Academy in Rome e al MACRO. Tre luoghi significativi, simbolo dell’anima storica, formativa e contemporanea di Roma, diventano sedi privilegiate in cui gli artisti sviluppano tre distinti progetti pensati e realizzati in relazione alla natura specifica dei luoghi.

Sulla copertina del numero di gennaio del 2007 il New York Magazine pubblicò l’immagine di tre ragazzi mentre dormivano, uno accanto all’altro. L’articolo li definiva “figli di Warhol”, e parlava di un gruppo di giovani artisti newyorkesi, fra cui Dash Snow, Dan Colen e Nate Lowman, che stava scuotendo la città e il mondo intero dell’arte contemporanea. Con i loro lavori provocatori, scandalosi e politicamente scorretti questi ragazzi raccontavano se stessi, la loro vita, la loro città, in uno stile completamente nuovo che all’epoca fece molto scalpore, ricco di citazioni e riferimenti a vicende personali. La cosiddetta Bowery School era considerata un’unica, grande famiglia.

CENTOCINQUANTA – mostra d’apertura del MACò

 

L’11 agosto 2011 inaugura a Lizzano e nei comuni limitrofi MACÒ, nuovo centro per le arti contemporanee della provincia di Taranto. Il progetto, su direzione scientifica di Angelo Raffaele Villani e Amelia Liana Lasaponara, si configura come struttura mobile in grado di coinvolgere capillarmente il territorio con eventi di natura multiforme e transitoria.

 Centocinquanta, la giovane arte contemporanea italiana a cura di Daniela Cotimbo è l’evento di apertura del museo.

 Per l’occasione, verranno coinvolti artisti provenienti da tutta la penisola. La mostra, che sarà visibile fino al 2 settembre, coinvolgerà tre differenti location di Lizzano: il palazzo del Municipio, il  Museo Maiorano  e il resort della Masseria Bagnara.

Christian Haake: l’illusione della memoria

Cos’è la memoria se non il nostro bisogno di restituire un sistema di valori al fluire inconsapevole del tempo. Come essa è in grado di modificare la percezione della realtà?Sono questi i temi affrontati nel lavoro di Christian Haake, per la prima volta protagonista di una personale al GAK Gesellschaft für Aktuelle Kunst a cura di Janneke de Vries.

La ricerca di Haake verte da tempo proprio sulla costruzione di memorie fittizie, edificate attraverso il filtro personale dell’esperienza dell’artista e denunciabili attraverso minimi dettagli. Quest’ultimi, rivelandone ad un’attenta analisi, la natura artificiosa, mettono in risalto un processo di mistificazione che nella quotidianità assume una connotazione ambigua e difficilmente riconoscibile.

Nathalie Djurberg fra sacro e profano

Fede, spiritualità e superstizione. Tutto questo fa parte del dirompente universo della giovane artista svedese Nathalie Djurberg. L’artista è stata fra i protagonisti assoluti della Biennale di Venezia del 2009 dove non ha mancato di stupire il pubblico con il suo mondo pieno di strani personaggi che di fatto superano le canoniche definizioni ed i tranquilli meccanismi dell’arte contemporanea. Il leone d’argento come giovane promessa è stato dunque più che meritato.

Tra video ed installazioni, le figure create da Nathalie Djurberg sembrano buffe e naif ma nascondono una potente carica erotica ed una valenza estetica decisamente violenta. I suoi personaggi preferiti sono infatti donne o giovani ragazze, impegnate in varie pratiche assai fuori dalle righe. Anche la natura è spesso uno dei soggetti ricorrenti nelle sue installazioni, come le gigantesche e variopinte formazioni floreali presentate a Venezia.

Al New Museum appaiono i fantasmi dell’Ex Unione Sovietica

Gli Stati Uniti sono da sempre terrorizzati dallo spettro del comunismo. Con la guerra fredda alle spalle da diverso tempo, sussiste comunque un clima disagio quando si parla delle passate tensioni tra U.S.A. ed ex Unione Sovietica. A volte però l’arte può gettare le basi per un avvicinamento tra popoli e culture totalmente diverse, aiutando lo spettatore a comprendere comportamenti ed idee che prima sembravano incredibilmente lontane.

Questo lodevole obiettivo di sensibilizzare il pubblico mediante l’arte è stato recentemente raggiunto da una mostra organizzata dal New Museum di New York con la mostra Ostalgia attualmente in visione fino al prossimo 25 settembre 2011. Si tratta di un progetto decisamente ambizioso che ha impegnato la maggior parte degli spazi del museo con opere multidisciplinari dalla fotografia, alla scultura, passando per la pittura e l’installazione. Soggetto della mostra è ovviamente la nostalgia per la cosiddetta cortina di ferro, per un ideologia sovietica che di fatto non cessa di affascinare anche nuove generazioni artistiche.

NJP Summer Festival – 21 Rooms

Cinquanta anni fa nasceva il gruppo Fluxus che, con le sue sperimentazioni, voleva eludere il confine tra artisticità ed esperienza vissuta. Uno dei suoi esponenti più significativi fu il coreano Nam June Paik.

Quello che forse non tutti sanno è che a Yongin, vicino Seoul, ha sede il Nam June Paik Art Center nato con l’intento di consevare l’eredità del celeberrimo artista e di analizzare come la sua esperienza sia ancora determinante nel panorama artistico contemporaneo.

A tale scopo dal 20 luglio al 13 settembre si svolgerà presso il centro il NJP Summer Festival, intitolato nella sua edizione attuale 21 Rooms for Nam June Paik’s 79th birthday.

The Encounter, la performance di Adrian Paci a Scicli

Laveronica arte contemporanea è lieta di presentare The Encounter, una performance di Adrian Paci. Il 21 agosto 2011, a partire dalle ore 17.00, sul sagrato della chiesa barocca di San Bartolomeo a Scicli, l’artista albanese incontrerà alcune centinaia di persone per condividere con loro il gesto della stretta di mano. Un gesto semplice ma estremamente metaforico, ripetuto in maniera ossessiva fino a diventare rituale. Un rituale dove non si celebra nient’altro che il gesto stesso.

Durante la performance gli spettatori-attori aspetteranno ai margini della piazza vuota al centro della quale sarà posta una sedia. L’artista, lasciato l’ingresso di un’abitazione, percorrerà la piazza e si siederà aspettando finché ad una ad una le persone non cominceranno a raggiungerlo per stringergli la mano e proseguire lasciandoselo alle spalle. Come in una processione laica, una lunga fila lascerà il gruppo per comporre una barriera fitta e sottile di individui in movimento.

Damien Hirst realizza la cover di I’m With You, il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers

I Red Hot Chili Peppers sono tornati, la scoppiettante band capitanata dal cantante Anthony Kiedis e dal bassista-funambolo Flea ha infatti da poco ultimato il decimo capitolo di una discografia che non ha mai mancato di affascinare e stupire i fan di tutto il mondo. Per placare la sempre più insistente curiosità degli aficionados che non vedono l’ora di avere tra le mani I’m With You (questo il nome del decimo disco da studio della band che arriverà nei negozi il prossimo 30 agosto), i Red Hot Chili Peppers hanno deciso di fornire alcune anticipazioni tramite la loro newsletter.

Ebbene la band ha mandato a tutti le prime immagini della copertina dell’album ed indovinate un poco chi ha curato l’artwork? Si, stiamo parlando proprio dell’enfant terrible della Young Artists Generation, Mr. Damien Hirst. Lo scapestrato folletto dell’arte contemporanea non ha fatto altro che fondere due soggetti a lui cari, vale a dire i medicinali e le mosche, creando appunto l’immagine fotografica di una mosca posata sopra una pillola recante la scritta I’m With you. La mosca è circondata da uno sfondo completamente bianco, una scelta decisamente minimal che fa da contrappunto alla proverbiale verve della band.

Giuseppe Pietroniro alla Fondazione Merz di Torino

Per la rassegna di arte e musica Meteorite in Giardino 4 – rassegna a cura di Maria Centonze e Willy Merz -, l’artista Giuseppe Pietroniro presenta dal 7 luglio alla Fondazione Merz Risonanza 2011. L’opera, concepita in relazione alla performance musicale che l’accompagna, sarà il primo tassello di un unicum espositivo che accoglierà i lavori presentati di volta in volta durante le serate e sarà visitabile fino al 2 ottobre 2011.

Il programma musicale della serata inizia con un brano di Nino Rota dalle evidenti influenze bandistiche per poi allargare lo spettro, anche attraverso l’uso dell’elettronica e della spazializzazione sonora, verso sonorità contemporanee, mescolando vari registri di sperimentazione. A seguire, la prima esecuzione assoluta di due brani, uno del compositore italiano Luigi Abbate e l’altro di Alessio Fabra.

Performa 11, la Biennale della Performance sceglie i suoi protagonisti

Parlando di Biennali, a New York come forse molti di voi sapranno esiste l’unica biennale dedicata alla performance art, vale a dire Performa. La storia di questa prestigiosa manifestazione è relativamente breve, Performa è infatti nata nel 2004 per volere di RoseLee Goldberg, curatrice e pioniera degli studi sulla performance art.

Nel 2005 è stata quindi organizzata la prima edizione, sin da subito impreziosita dalla presenza di protagonisti d’eccezione come Marina Abramovic che per l’occasione presentò la sua ormai storica performance Seven Easy Pieces, dedicata a tutte quelle opere performative che di fatto influenzarono la sua creatività. In Seven Easy Pieces, Marina Abramovic eseguì delle re-performance di Body Pressure di Bruce Nauman, Seedbed di Vito Acconci, Action Pants:Genital Panic di Valie Export, The Conditioning di Gina Pane, How To Explain Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys e due sue opere: Lips of Thomas e Entering The Other Side.

Kernel Festival accende la Villa Tittoni Traversi

Dall’1 al 3 luglio 2011, gli spazi settecenteschi della Villa Tittoni Traversi a Desio (MI) verranno invasi da esperienze elettroniche multidisciplinari nell’ambito del festival Kernel 2011.Il festival, alla sua prima edizione, coinvolgerà artisti di rilievo internazionale e giovani emergenti in un programma articolato in 4 sezioni: Electronic music & sound, Audiovisual mapping, Interactive & digital art e Temporary architecture.

Il nome Kernel deriva direttamente dal linguaggio informatico dove si configura come nucleo di un sistema operativo così come il festival si prefigge di diventare una piattaforma stabile che dia spazio e visibilità alle recenti esperienze in ambito tecnologico.Kernel dunque, raccoglie l’eredità romana di Dissonanze ma amplia il suo raggio d’azione attraverso questa articolazione in sezioni con un nutrito programma di esperienze e nomi, attraverso cui è sottolineato questo legame ormai onnipresente tra suono  e esperienza visiva.

Pillole di Biennale 05 – La quiete prima della tempesta

(Dove eravamo rimasti…) Una volta rifocillati eravamo pronti per avviarci verso il grande spauracchio di questa Biennale, parlo ovviamente del Padiglione Italia. Per nostra fortuna sulla strada incontrammo un paio di belle sorprese, che a pensarci bene è proprio questo il bello di una manifestazione come questa: passare da una stanza all’altra e lasciare che l’arte ti nutra pendendoti alla sprovvista.

Il Padiglione dell’Argentina è stato una di queste sorprese, Adrián Villar Rojas è nato nel 1980 a Rosario ed è bello pensare che un ragazzo così giovane sia stato scelto per occupare il primo padiglione permanente della nazione. E se l’età può contar poco che dire allora dell’opera che ha ideato? El asesino de tu herencia – L’assassino della tua eredità, il titolo da solo è una dichiarazione di intenti che inserito all’interno di un contesto del genere a me fa venir voglia di abbracciare l’artista. Per me il suo lavoro è uno dei migliori visti in Biennale, non so se è una questione anagrafica che avvicina il suo discorso al mio, ma esiste un equilibrio di forme perfetto, una monumentalità perfettamente inserita nello spazio e una sinergia con lo spettatore palpabile che rendono le sue sculture in argilla qualcosa che va ben oltre l’immagine di arte latino-americana.