Terence Koh a Parigi ma questa volta senza i suoi escrementi

 Girovagando per l’immenso universo dell’arte contemporanea vi sarà sicuramente capitato  di imbattervi in Terence Koh. Per quanti di voi non lo conoscessero possiamo dirvi che questo eclettico artista, noto anche con il monicker asianpunkboy, è stato assoldato nei primi anni della sua carriera da Charles Saatchi che lo ha catapultato direttamente nell’olimpo dell’art system.

Ovviamente il giovane artista dalle origini cinesi e di nazionalità canadese non è certo entrato nella scuderia del grande mercante grazie ad una raccomandazione ma solamente per suo merito e per una carica artistica sfrontata ed esplicita che sin dalle prime mostre si è abbattuta su media come fotografia, stampa, scultura, performance ed installazione sino ad arrivare ai libri fatti a mano e le zines.I temi trattati da Terence Koh si allargano sul mondo punk, sull’omosessualità e sulla pornografia. Tanto per dirne una, l’artista si è guadagnato la fama internazionale ad Art Basel nel 2006 vendendo i suoi escrementi per 500.000 dollari.

Weezer – Raditude

Uuufff, nuovo album dei Weezer quartetto di Los Angeles, capitanato dal cantante Rivers Cuomo. Me lo ricordo l’album omonimo del 1994 penso e penso di aver pure troppi anni, beh

Richard Kern, il voyeurismo e l’esibizionismo

La galleria Guidi&Schoen Arte Contemporanea di Genova inaugura il 7 novembre inaugura la mostra personale del fotografo e filmmaker americano Richard Kern.

In occasione della sua seconda esposizione presso lo spazio genovese l’artista presenterà 18 nuovi scatti, tutti realizzati nel corso dell’ultimo anno. Tra le opere esposte sono particolarmente significativi una serie di lavori che raccontano due piccole storie in cui le giovani protagoniste sono come spiate nella loro intimità dai nostri occhi di voyeur mentre si spogliano, dormono o si scambiano effusioni.
Soggetto principale delle fotografie dell’artista sono giovani donne nude.

L’obiettivo di Kern però, non cerca lo sfruttamento del corpo femminile come oggetto erotizzante per l’osservatore. Quelli realizzati dall’artista sono infatti veri e propri ritratti.

Performa 09 la biennale della performance art

 Strano a dirsi ma fino a pochi anni fa era pensiero comune che la performance fosse una forma d’arte destinata a pochi, sparuti intenditori dell’entourage contemporano. Oggi fortunatamente nessuno si azzarderebbe mai a pensare una cosa del genere poiché la performance art è divenuta talmente celebre da meritarsi anche una Biennale dedicata. Si tratta infatti di Performa, biennial of visual art performance manifestazione newyorkese fortemente voluta da RoseLee Goldberg che inaugura questa settimana la sua terza edizione.

RoseLee Goldberg è da sempre un’appassionata della performance art ed è sempre alla ricerca di proposte artistiche in grado di stupire ed affascinare anche l’esigente platea statunitense ed i relativi addetti ai lavori dal piglio snob. Così nelle prossime tre settimane il grande festival presenterà più di 110 lavori creati da 150 artisti provenienti da ogni parte del globo che daranno del filo da torcere ai 40 differenti curatori che hanno dovuto organizzare una grande mole di creatività sparsa in circa 80 sedi cittadine.

Peru Ana Ana Peru, la street art in galleria non perde la sua potenza

 La street art, lo dice già il suo nome, deve la sua fama e la sua potenza espressiva al contesto metropolitano. E’ nella strada che graffiti, murales, posters e stencils trovano terreno fertile per comunicare al meglio una rabbia artistica ed una carica estetica capace di affascinare l’intero mondo dell’arte. Solitamente però, quando la street art viene costretta all’interno delle mura di una galleria, perde i suoi magici poteri, come depressa da un ambiente artificiale ed artificioso non consono alla sua proverbiale bramosia di libertà.

Diciamo solitamente poiché non è questo il caso di Peru Ana Ana Peru, duo artistico in netta ascesa ed attualmente alla Brooklynite Gallery di New York con una mostra dal titolo quanto mai estroso:…And Then We Jumpted Into the Abyss of Numbers: Memories in Absurdity from the Bowels of…Peru Ana Ana Peru. I due artisti propongono un universo dai colori sgargianti dove ruotano immagini assurde e psichedeliche con un tocco di horror. L’anima street non perde la sua natura selvaggia poiché Peru Ana Ana Peru ripropongono esattamente ciò che solitamente creano in strada, anzi si potrebbe dire che alla Brooklynite le loro opere ci sembrano ancor più fantastiche e pervase da un luminoso senso dell’assurdo e del grottesco.

The Baroness – Blue Record

Alzi la mano chi di voi non aspettava un bel dischetto di vero heavy metal stile Iron Maiden prima maniera misti ai Pantera con riffs epici e galoppate verso la libertà. Il trionfo del metallo ce lo confezionano i Baroness, già reduci dall’ottimo Red Album ed ora in auge con questo Blue Record. Un classico ragazzetti, profondo ed oscuro con tutte le schitarrate proprie del favoloso quartetto. Melodie davvero pugnaci ed un caleidoscopio di alienazione post-rock e metalcore questo è il mix proposta dai Baroness.

Bruce Nauman – 1 video installation and works on paper

Dopo l’importante personale nel 2007 Una rosa non ha denti – Bruce Nauman negli anni Sessanta presso il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la recente partecipazione alla Biennale di Venezia – Padiglione USA che gli è valsa il Leone d’Oro e la laurea honoris causa conferitagli dall’Università IUAV di Venezia, il Maestro americano è nuovamente di scena in Italia nelle rinnovate sale di un storico spazio espositivo torinese che ha recentemente presentato un’interessante personale dedicata all’opera grafica di Damien Hirst. L’occasione è fornita da una nuova e stimolante notte dell’arte nelle gallerie torinesi durante la fiera Artissima, in specifico dalla galleria Gilberto Zabert.

La rarità delle opere di Nauman in circolazione rende preziosa ed inedita per l’Italia questa raccolta di 5 disegni per grandi installazioni (1968 -1975, progetti riconducibili alla definizione dell’epoca di “sculture mentali, schizzate su un semplice foglio di carta”, secondo l’artista Douglas Huebler) e di 11 grafiche realizzate tra il 1980 ed il 1994 che l’autore ha prodotto su diversi temi e soggetti. Queste opere scandiscono le variazioni nel tempo del pensiero e della poetica minimale ed essenziale del grande artista americano attraverso un segno sovente esile, ma estremamente lucido e di estremo rigore concettuale.

Barbara Kruger e gli slogan dell’arte

 Sia che riusciamo ad accorgercene o meno, la nostra vita di tutti i giorni è piena di segni grafici e di informazioni visive. Mentre leggiamo un giornale, guardiamo la televisione o camminiamo per strada, assorbiamo informazioni costantemente. Questo aspetto della sfera pubblica e sociale è parte della nuova ricerca creativa di Barbara Kruger, attualmente presente alla Lever House art collection di New York con l’installazione Between Being Born and Dying, in mostra fino al 21 novembre 2009. Il progetto è stato commissionato dal magnate Aby Rosen, boss della Lever House la cui collezione conta tra le sue fila nomi del calibro di Jeff Koons, George Condo, John Chamberlain, Keith Haring e  Barnaby Furnas.

Non è certo per pura coincidenza che Barbara Kruger ha utilizzato il contesto verbale e testuale per la sua cronaca quotidiana della società contemporanea. L’artista ha infatti studiato arte e design con Diane Arbus alla Parsons School of Design di New York e successivamente si è dedicata con successo al graphic design come direttore creativo della casa editoriale Conde Nast. Il compendio creativo dell’artista esplora da sempre le nozioni del consumismo e della comunicazione di massa. Il tratto distintivo di Barbara Kruger sono i suoi slogan, frasi e domande che aprono un confronto, informano e divertono il fruitore in totale semplicità e linearità di intenti.

Devendra Banhart – What Will We Be

Cosa è successo a Devendra Banhart? che cavolo è capitato a colui che è stato additato come il figlio naturale di Van Morrison, John Lennon, e Jeff Buckley (spero non tutti messi assieme)? non possiamo saperlo noi comuni mortali. Il delicato principino del lo-fi creatore del piccolo capolavoro Rejoicing in the Hands ha osato troppo con questo What Will We Be, ha tentato di buggeraci e farci credere che un suo disco può funzionare anche senza la sua chitarra acustica, basta mischiare stili e generi diversi.

La Fondazione Roma presenta la grande antologica di Niki de Saint-Phalle

Dopo il grande successo della mostra Hiroshige. Il maestro della natura, la Fondazione Roma si distingue ancora una volta per una scelta culturale coraggiosa e innovativa. Dal 4 novembre 2009 al 17 gennaio 2010 il Museo della Fondazione Roma (già Museo del Corso) ospiterà la grande retrospettiva della celebre artista pop Niki de Saint-Phalle, pittrice, scrittrice, performer che ha legato il suo nome a un percorso artistico straordinario che va oltre le classificazioni e le mode, e si mescola con una vita tumultuosa e affascinante.

La mostra, a cura di Stefano Cecchetto, è co-prodotta e organizzata da Arthemisia Group, in collaborazione con The Niki Charitable Art Foundation (California). Il percorso individuato dal curatore segue il percorso interiore dell’artista e permette lo sviluppo parallelo di un’esposizione che allinea numerosi dipinti del primo periodo dell’artista, degli anni cinquanta e sessanta, insieme alle celebri sculture policrome (Nana) per le quali Niki de Saint-Phalle è famosa in tutto il mondo.

Madame Hirsch vista da Brigitte Niedermair

Un viaggio lungo anno, un diario per immagini sospese in un gioco ambiguo tra finzione e realtà, artificio e naturalezza: l’artista Brigitte Niedermair ha raccontato un anno di vita della signora Renate Hirsch Giacomuzzi nella mostra Madame Hirsch, che inaugura a Museion di Bolzano il 20 novembre prossimo.

Con Madame Hirsch Brigitte Niedermair, nota artista di origine meranese, si è per la prima volta cimentata in una sorta di diario di bordo di alcuni momenti di vita della signora Renate Hirsch Giacomuzzi. Assecondando le naturali pose da life style che appartengono alle sue ritualità quotidiane ed alle sue cadenzate abitudini di vita mondana – dalle imprescindibili vacanze invernali a St. Moritz a quelle estive a Cala di Volpe in Sardegna, dai riti della festa di Natale a quelli della Pasqua fino all’immancabile appuntamento annuale al ballo delle debuttanti all’Opera di Vienna – il visitatore/spettatore viene immerso in un susseguirsi di set cinematografici “naturali” trattenuti dall’obiettivo fotografico.

Botto e Bruno – When we were teenagers we wanted to be the sky

La galleria Alberto Peola di Torino inaugura il 7 novembre la mostra di Botto e Bruno, con una proposta di lavori in cui sono volutamente rese evidenti le fasi del loro processo creativo.

Nelle prime sale vengono presentati due collage fotografici e tre disegni-collage che svelano il modo manuale di operare dei due artisti, e costituiscono la matrice dei lavori fotografici stampati su pvc. Un’installazione con videoproiezione completa l’ampia gamma dei diversi mezzi attraverso cui Botto e Bruno esprimono la loro visione dei luoghi periferici – territori di confine, spazi dinamici – e delle persone che li sperimentano.

Gert & Uwe Tobias alla Collezione Maramotti

Gert & Uwe Tobias presentano nella Collezione Maramotti di Reggio Emilia la loro opera più recente, un’installazione costituita da ventuno opere tra xilografie di grandi dimensioni, disegni e sculture, all’interno di un wall drawing che copre tutte le pareti dello spazio espositivo, la vecchia sala modelli di Max Mara, ora Pattern Room.

La mostra, aperta dal 15 novembre 2009 al 14 febbraio 2010, sarà accompagnata da un volume in forma di libro d’artista. Come per tutte le loro precedenti installazioni i Tobias hanno realizzato un manifesto, una grande xilografia a colori che esemplifica la loro originale modalità di far dialogare scrittura e immagine. Il manifesto diventa in tal modo insieme opera d’arte, contestuale agli altri lavori esposti in mostra, e strumento pubblicitario.

Checkpoint Charlie – Another wall comes down

Lunedì 9 novembre 2009 la galleria Dora Diamanti arte contemporanea di Roma inaugura la mostra Checkpoint Charlie–Another wall comes down, collettiva di Antonio Bardino, Inés Fontenla,Claudio Martinez e Davide Orlandi Dormino a cura di Micol Di Veroli.

La mostra intende commemorare il ventesimo anniversario dalla caduta del muro di Berlino attraverso il potere dell’arte intesa come veicolo universale in grado di unire popoli, razze e culture diverse. L’evento deve il suo titolo al celebre varco denominato Checkpoint Charlie, posto di controllo del muro di Berlino, una barriera in cemento alta circa tre metri e mezzo che separava Berlino Ovest da Berlino Est e di conseguenza il settore sovietico da quello americano.