Il critichese ti accorcia la vita

Difficile entrare nella pelle di questo lavoro, questo perché la meccanica che lo genera si affida non solo al substrato figurativo-narrativo, ma anche ad una logica surreale all’interno di una matrice spaziale che mina la sottostruttura del pensiero. L’iconicità delle opere di XX attiva una qualità transitoria in senso visivo e concettuale.  La qualità sommersa della purezza delle linee contestualizza giustapposizioni formali, per quanto riguarda invece il problema dei contenuti, la perturbazione disgiuntiva dona risalto a distinzioni formali”.

 Ciò che abbiamo appena pubblicato è lo stralcio di un testo critico. A molti questo sembrerà un bel testo critico, ad altri invece potrà apparire un poco inconcludente ed artefatto. Beh, in realtà questo testo è stato scritto con un generatore automatico di testi critici, praticamente il computer ha mescolato alcuni termini a suo piacimento ed ha scodellato questo prodotto finale.

Se Yelp diventa una piattaforma critica

In questi giorni, ad esser precisi lo scorso venerdi, Yelp inc. ha fatto il suo ingresso nel difficile mondo della borsa di Wall Street. Per quanti di voi non lo conoscessero, Yelp è una sorta di social network dove gli utenti possono creare un account personale ed in seguito scrivere delle vere e proprie recensioni sulle attività commerciali ed i servizi delle loro città. In Italia Yelp è stato lanciato verso la fine del 2011 mentre negli States la piattaforma esiste già da diversi anni, vale a dire dal “lontano” 2004.

Dovete sapere che Yelp conta 63 milioni di visitatori unici al mese ed i suoi utenti hanno scritto circa 21 milioni di recensioni. Con un bacino di recensioni così ampio era inevitabile che prima o poi si finisse a parlare di arte contemporanea.

Ma questi blog d’arte, servono o non servono?

Avete davvero bisogno di un blog d’informazione sull’arte contemporanea? Forse si ma bisognerebbe prima analizzare la natura e la funzione del blog stesso. Il blog che state leggendo è una piattaforma imperfetta, con grandi limiti sia strutturali che fisici. Su questo blog potreste trovare giudizi e critiche che non condividete, notizie che non vi interessano affatto ed altre che magari vi faranno arrabbiare.

Ma questo blog è sempre e comunque una piattaforma indipendente e rappresenta solo e sempre la visione di chi lo aggiorna regolarmente, vale a dire la scrivente, Micol Di Veroli assieme ad un piccolo drappello di bravissimi collaboratori. Quando però la mission è quella di creare un vero e proprio magazine online con tanto di redazione le cose dovrebbero essere un tantino diverse.

Artisti, datevi da fare!

Spingersi oltre i propri limiti, superare le barriere che occludono la propria visione per gettarsi in sperimentazioni ardite e soprattutto “senza rete”. Queste caratteristiche dovrebbero essere punti fondamentali per chi ha deciso di intraprendere la carriera d’artista. L’artefice dell’opera non può mai accontentarsi di ciò che ha ma deve per forza di cose pretendere di più, sfidare la perfezione all’imperfetto e tentare di scrivere il suo nome nel grande libro della storia dell’arte.

 Ma questo processo richiede sangue, sudore e soprattutto voglia di mettersi continuamente in gioco, sfidando opinioni e condizioni avverse. Tutto questo vi sembra frutto di un romanticismo demodé? Vi sembrano questi obiettivi impossibili da realizzare? Beh allora dovreste prendere in considerazione l’ipotesi di cambiar indirizzo.

Gina Pane al Mart di Rovereto

Il Mart presenta la prima mostra antologica dedicata a Gina Pane (1939-1990), una delle figure più importanti e significative della Body Art internazionale.  Dal 17 marzo all’8 luglio 2012, presso gli spazi del museo di Rovereto, si potrà ripercorrere l’affascinante vicenda dell’artista francese di origine italiana, conosciuta in tutto il mondo per le sue emozionanti perfomance.

Con questa importante retrospettiva, nata da un’idea di Gabriella Belli e a cura di Sophie Duplaix con la collaborazione di Anne Marchand (erede dell’artista), il Mart intende portare alla luce la coerenza concettuale che ha accompagnato tutte le variazioni formali e i momenti fondanti del percorso di Gina Pane: dai dipinti geometrici e le “Structures affirmées”, realizzati fino al 1967, alle “azioni” degli anni Sessanta e Settanta, fino alle “Partitions” e “Icônes” compiute dal 1980 al 1989.

Live Arts Week a Bologna

Xing presenta Live Arts Week, una nuova iniziativa che nasce dalla fusione tra le esperienze di Netmage – International Live Media Festival e F.I.S.Co. – Festival Internazionale sullo Spettacolo Contemporaneo. Live Arts Week promuove l’intreccio tra discipline e forme di espressione, ed offre momenti di coabitazione tra artisti e pubblici di diversa provenienza. Incentrato sulle live arts, intese come insieme eterogeneo di pratiche che ruotano intorno alla presenza, alla dimensione performativa e all’esperienza percettiva di suoni e visioni, propone un programma internazionale che riflette una concezione dell’arte come esperienza, fatta di temporalità, posture e immaginari.

La scelta di lanciare il nuovo evento come ‘settimana’ intende rompere con la concezione di un festival visto come punta consumistica della vita culturale di una città. Si tratta piuttosto di una coabitazione di forme diversificate per dimensione ed intensità – concentrate in un tempo limitato che presentino l’arte come un fatto complesso ma coeso.

L’evento avrà luogo a Bologna dal 24 al 29 aprile e si svilupperà nell’arco di una settimana in sei diversi luoghi del centro storico, con un programma che permette di attraversare un insieme di spazi-mondo attivati da personalità di spicco della ricerca contemporanea internazionale. Trenta artisti nel complesso, raggruppati in ‘scene’ e ‘compagni di specie’.

Robert Barry alla Galleria Massimo Minini di Brescia

La quarta personale di Robert Barry (New York, 1936) alla Galleria Massimo Minini (Inaugurazione sabato 17 marzo) riassume alcune tipologie di lavori che l’artista ha sperimentato durante gli anni della sua lunga esperienza nel mondo dell’arte. Come il titolo suggerisce sono presenti lavori vecchi e nuovi, realizzati con dimensioni e media diversi, sempre coerenti con la linea di ricerca intrapresa dall’artista negli anni Sessanta.

Dopo aver iniziato la sua carriera con quadri minimalisti che esplorano la relazione tra spazio dipinto e spazio vuoto, tra assenza e presenza di forma, sull’onda della pittura minimalista del periodo, Barry ha proseguito la sua sperimentazione portando l’arte al limite dell’immaterialità. Dalle opere su tela passa infatti alla delimitazione di porzioni di spazio esterno con fili di nylon, alla chiusura delle gallerie durante il periodo delle sue mostre, in modo da lasciare immaginare allo spettatore il significato e la forma delle opere, alla realizzazione di opere con gas, materiali radioattivi o frequenze acustiche non udibili all’uomo. A questo periodo risale anche il “Telepathic Piece” (1969), un’opera puramente mentale attraverso la quale l’artista cerca di trasmettere agli spettatori pensieri non traducibili in immagini o parole.

Turbolenze al Museo Pecci di Milano

Il Museo Pecci Milano presenta dal 9 marzo al 14 aprile 2012 un progetto espositivo inedito che mutua dalla fisica l’identificazione di moti disordinati, irregolari e apparentemente caotici, fuori regola, raccogliendo insieme varie esperienze artistiche contemporanee i cui esiti assumono forma di TURBOLENZE, elaborate da artisti o gruppi di artisti di diversa provenienza (Austria, Brasile, Giappone, Italia, Russia, USA).

La selezione di opere proposte dalla collezione del museo, acquisite nell’arco di vent’anni di attività espositiva, rispecchia lo stato di inquietudine e agitazione economica, politica e sociale in cui stiamo vivendo e offre al visitatore esempi di interpretazione e rappresentazione di fenomeni e dinamiche che governano la nostra epoca. La mostra, come un improvviso annuncio di volo, invita il pubblico ad “allacciare le cinture di sicurezza” e seguire con attenzione le fluttuazioni e gli scossoni impressi da queste opere alla normale percezione della realtà.

Made in Japan alla Triennale di Milano

La terza edizione di Tasselli d’Arte – Oltre il Cinema, in Triennale, con Made in Japan – L’estetica del Fare affronta le tendenze dell’arte e della cultura nipponica con uno sguardo su artisti di nuova generazione, ma anche con antesignani della tradizione, grazie ai quali le due anime dello zen e del manga si ibridano in una suggestiva rete di rimandi tra costumi, arte, cinema, video e fotografia.

 La mostra si configura come una collettiva che interseca sguardi, linguaggi e punti di vista differenti relativamente al paese del Sol Levante.

Nell’ambito di Made in Japan. L’estetica del fare – sia la serata dell’inaugurazione del 2 marzo, sia l’11 marzo, anniversario delle catastrofi – il pubblico potrà fare delle donazioni libere finalizzate alla raccolta fondi per la ricostruzione del Giappone. Questi due momenti benefici sono connessi all’esposizione delle Charity Box, il progetto de L’Isola della Speranza Associazione No profit fondata dai giapponesi residenti a Milano a sostegno delle vittime del terremoto e dello tuznami a cui hanno partecipato oltre cinquanta designer di paesi differenti con opere firmate tra gli altri da Naoto Fukasawa, Kaori Shiina, Kazuyo Komoda. Le box create per l’occasione diventano dei veri e propri salvadanai in cui i visitatori, se vogliono, possono inserire la loro donazione.


Quella brutta abitudine dei consigli per gli acquisti

 

Comprate questo, anzi no, comprate quest’altro. Ultimamente la stampa di settore (e non) sembra esser divenuta un gigantesco contenitore di consigli per gli acquisti. Dal curatore rampante, passando per il gallerista storico ed il collezionista-mecenate sino a giungere al’esperto giornalista, ognuno ha il suo artista da proporre all’ignaro lettore ed ognuno è convinto di puntare su di un cavallo vincente. Gli artisti sono sempre diversi in base alla cordata di appartenenza e quasi sempre giovani.

All’estero si sono visti di rado ma, non si sa per quale bizzarra formula di mercato, sono loro quelli da comprare. Fuori dai nostri confini, dicevamo, nessuno di loro ha mai partecipato ad un’asta ed a cercar i loro nomi all’interno dei roster delle più blasonate gallerie internazionali si perde tempo e null’altro. Non vengono mai nominati dai magazines stranieri, non fanno mostre nei musei oltreconfine e non partecipano a grandi manifestazioni come Documenta o quanto altro.

Giuseppe Pietroniro e Marco Raparelli al Museo Hendrik Christian Andersen di Roma


Il progetto a quattro mani di Giuseppe Pietroniro e Marco Raparelli “ Né qui né altrove” in visione al Museo Hendrik Christian Andersen , ha per oggetto il museo: non solo l’istituzione storico – culturale, ma il museo quale è oggi, al tempo della crisi.

Concettualmente il lavoro proposto si fonda sul tema dello spazio e sull’alterazione della sua funzionalità e percezione: un intervento che propone una reinterpretazione della collezione permanente dell’Andersen, e dei suoi spazi espositivi, attraverso la firma di due artisti contemporanei: un’installazione mossa dall’idea di addizione e sottrazione, realizzata con tecnica grafica, fotografica e uso di materiali eterogenei. 

Quadratonomade al Palazzo delle Esposizioni di Roma

Quadratonomade è un progetto che prevede la costituzione di una esposizione itinerante di circa duecento opere d’arte in scatole di cartone all’interno delle quali artisti attivi nel panorama contemporaneo nazionale e internazionale hanno realizzato il proprio intervento creativo. Le scatole d’artista saranno esposte il 29 febbraio 2012 al Palazzo delle Esposizioni e viaggeranno nei prossimi tre anni raggiungendo diversi luoghi in Italia e all’estero.

Quadratonomade è un’azione di democratizzazione dell’arte, volta alla rottura di meccanismi e ruoli convenzionali al fine di diffondere la cultura in modo attivo con l’uso di linguaggi interdisciplinari e alternativi. L’intento è quello di creare una rete di collaborazioni a favore di un approccio trasversale, concepito fin dall’inizio come un’azione artistica complessa sul tema di “arte, società e memoria”.

Se l’opera d’arte rimane dentro al computer

 L’ingresso degli home computers, per usare un’espressione vagamente nostalgica, all’interno del mondo dell’arte contemporanea ha senz’altro aperto nuove prospettive agli artisti e ridefinito il concetto stesso di produzione dell’opera. Software altamente sofisticati come Final Cut e Avid hanno velocizzato il processo di montaggio video, riducendo drammaticamente l’ingombro dei macchinari e la complessità di tale operazione. Per quanto riguarda la fotografia, i programmi di fotoelaborazione come Photoshop hanno dato vita ad una nuova era creativa, rilanciando il concetto di manipolazione dell’immagine.

Anche le tecniche installative hanno subito un radicale cambiamento, tutto questo grazie a piattaforme come AutoCad che permettono la realizzazione tridimensionale del progetto ideato, rendendo così possibile la visione anticipata di architetture complesse all’interno dello spazio. La tecnologia, oltre alle nuove possibilità ed alla riduzione di tempi e costi ha inoltre avvicinato l’artista a determinate pratiche che fino a poco tempo fa erano appannaggio esclusivo dei tecnici e dei laboratori altamente specializzati.

Peter Linde Busk e Tomaso De Luca alla galleria Monitor

La galleria Monitor di Roma inaugura oggi  la prima personale in galleria di Peter Linde Busk e Tomaso De Luca. La ricerca di Peter Linde Busk (Copenhagen, 1973) ha radici lontane, guarda alla pittura espressionista e alle antiche tecniche dell’incisione e della xilografia. Le tematiche e titoli dei suoi lavori mutuano gli insegnamenti di nomi prestigiosi della letteratura del passato: Charles Baudelaire, Rainer Maria Rilke e Arthur Rimbaud per fare qualche nome, insieme ai più moderni David Milch e David Simon creatori rispettivamente delle serie televisive ‘Deadwood’ (2004 – 2006) e ‘The Wire’ (2002-2008).

Di fondamentale importanza, per Peter Linde Busk, la lettura del saggio di Hans Prinzhorn Artistry of the Mentally Ill (1922) considerato come il primo tentativo di analizzare i disegni di persone affette da malattie mentali non solamente sotto il profilo psicologico ma anche estetico. Guardando i lavori di Busk si possono riconoscere suggestioni derivanti dall’iconografia medioevale, con le sue figure sghembe e cesellate nelle absidi di svettanti cattedrali romaniche, suggestioni che si uniscono a sapienti riferimenti all’arte del gruppo Cobra.