L’Iran non è un paese per il cinema

Dopo la spaventosa tragedia della morte dello scultore Wael Issa Kaston, ucciso dal governo siriano in questi giorni di guerra civile, altre nuove decisamente allarmanti ci giungono da un paese del Medio Oriente. Stavolta è l’Iran a minare seriamente la libertà di espressione del proprio popolo. L’industria cinematografica iraniana è infatti a rischio manipolazione da parte del governo.

Già nel 2010 i leaders iraniani si scagliarono contro Jafar Panahi, regista di Lo Specchio, Offside e Oro Rosso che gli è valso nel 2003 il premio della giuria a Cannes. In quel frangente il regista fu arrestato per la partecipazione ai movimenti di protesta contro il regime iraniano.  Dopo la mobilitazione delle organizzazioni a difesa dei diritti umani e del mondo del cinema a livello internazionale, venne rilasciato su cauzione il 24 maggio dello stesso anno ma Il 20 dicembre 2010 Panahi venne condannato a 6 anni di reclusione domiciliare con il divieto di  dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran per 20 anni.

L’obituary poco consono di Franz West sul Guardian

Come molti di voi ben sapranno, il mondo dell’arte contemporanea ha subìto lo scorso 25 luglio una grave perdita. Franz West, uno dei più importanti protagonisti della scena artistica e vera e propria icona della scena austriaca è venuto a mancare a 65 anni dopo aver lottato duramente contro il cancro. “Mi approccio all’arte in maniera seria perché credo sia in contraddizione con gran parte del mondo” disse il grande maestro in una sua nota intervista e forse la contraddizione delle sue forme colorate e polimorfe ha più volte riprogrammato l’essenza stessa del processo creativo.

 Ma la vera contraddizione questa volta è toccata ad uno dei più stimati organi di stampa dell’intero globo vale a dire al prestigioso The Guardian. La testata, commentando la dipartita del grande scultore ha infatti usato queste parole: “L’artista austriaco Franz West, morto ieri notte, è stato un vero e proprio giullare, un provocatore, un creatore di oggetti benigni ma al tempo stesso minacciosi.

Lo scultore Wael Issa Kaston torturato e ucciso in Siria

 

Nel teatro di guerra costituitosi in Siria in questi ultimi giorni, il mondo dell’arte ha subito un grave lutto. Lo scultore Wael Issa Kaston di 46 anni è stato infatti barbaramente torturato ed ucciso dal governo siriano ad Homs (tra le altre cose città natale del grande artista Mario Schifano) all’inizio della settimana scorsa.

Secondo la notizia comparsa su PR Web: “Kaston era detenuto in un forte segreto ad Homs ed è morto sotto tortura. I suoi famigliari hanno ricevuto il corpo senza vita dall’ospedale militare di Homs”. Secondo Al-Arabiya, una delle colpe più gravi del povero artista sarebbe stata quella di perpetrare una ricerca artistica mirata alla libertà del sesso femminile.

Le avventure del mitico “Franchino”

Ci risiamo, James Franco non riesce proprio a tenersi alla larga dal mondo dell’arte contemporanea. La poetica dell’attore-artista Hollywoodiano, come forse molti di voi ben sapranno, è incentrata appunto sui miti del cinema a stelle e strisce e sui vizi e le virtù dei divi che lo popolano.” E al popolo?”, direte voi.  Ebbene, al popolo non importa un bel fico secco.  Comunque sia il nostro Franco aveva pensato bene di partecipare alla scorsa Biennale di Venezia con una bella opera di video arte incentrata sul mito di James Dean. All’ultimo momento però l’artista ha cancellato ll’intero evento ma anche qui,  nessuno si è scomposto più di tanto.

Poi il nostro ha deciso di girare un documentario artistico incentrato sulla sua performance General Hospital, intitolato Francophrenia.  In seguito ha intervistato la sua amica Marina Abramovic sulle pagine di Playboy ed ha scelto di partecipare ad un film artistico sulla cultura homosex girato da Travis Mathews, sul film vige il riserbo più assoluto ma potete star tranquilli che nessuno starà troppo in pena senza ulteriori notizie. Oggi Franchino ha deciso di girare un bel video per pubblicizzare la nota marca di Jeans 7 For All Mankind.

Alla performance “campanara” di Martin Creed si rischia grosso




In occasione della cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Londra 2012, il celebre artista inglese Martin Creed (che tra l’altro è anche fra i vincitori dell’ambito Turner Prize) aveva preparato una bella performance in perfetto stile festaiolo. L’opera di cui stiamo parlando è Work No. 1197: All the bells in a country rung as quickly and as loudly as possible for three minutes e come avrete compreso consisteva nel far suonare rumorosamente e più velocemente possibile tutte le campane di Londra per tre minuti alle 8 del mattino del 27 luglio, esattamente 12 ore prima della cerimonia inaugurale dei giochi.

La performance ha raccolto un gran consenso di pubblico in tutta la nazione ed anche il Big Ben ha partecipato con ben 40 scampanellate andando oltre il suo regolare servizio giornaliero, cosa che non si vedeva dal funerale del re Giorgio VI (avvenuto nel lontano 1952). Oltre alla risposta del pubblico c’è stata anche la risposta delle istituzioni che hanno deciso di partecipare in pompa magna ad un evento così festoso.

Paola Pivi atterra in anticipo

L’aereo di Paola Pivi è atterrato prima del previsto.  Come ben ricorderete l’artista aveva installato un bimotore Piper Seneca di 10 metri sulla 5th avenue a New York. L’aeroplano, appeso in verticale per le ali, era in grado di ruotare lentamente sul suo asse, con sommo divertimento per il pubblico.  L’opera dal titolo How I Roll (primo progetto di arte pubblica realizzato da Paola Pivi negli Stati Uniti) era stato sovvenzionato dal Public Art Fund e dal 20 giugno scorso, data della sua inaugurazione, non ha mai smesso di ruotare.

Lo scorso 18 luglio però, la città di New York è stata teatro di una tempesta di pioggia ed una volta tornato il sereno, il Piper di Paola Pivi ha iniziato a ruotare molto più lentamente di prima. A questo punto alcuni responsabili del Public Art Fund hanno deciso di rimuovere la scultura per effettuare alcune riparazioni:

I tirannosauri della cultura e la sopravvivenza delle loro poltrone

Il nostro è un paese di baroni e di dinosauri. Già tra massoni, lobby, corporazioni e quanto altro, la nostra “meglio gioventù” è costretta a fuggire all’estero, se vuole combinare qualcosa di buono. Loro invece, i dinosauri ed i baroni intendo, sono sempre lì fermi sulla poltrona a decidere di tutto e tutti. Ma se fossero dinosauri illuminati sarebbe già una fortuna, il guaio è che si tratta di dinosauri stanchi e ciechi che riescono solo a combinare una sequela infinita di danni, per  assicurarsi la propria sopravvivenza. Anche il mondo della cultura è pieno zeppo di tirannosauri da far paura, andiamo a vedere quali sono le quattro specie più pericolose in modo da trovarci preparati ad un loro attacco:

1 Lorenzo Ornaghi – Mitico Ministro per i Beni e Le Attività Culturali nominato dal temutissimo Monti. In pochi mesi è riuscito a dilaniare ciò che è rimasto del nostro amor proprio sfiduciando il MAXXI di Roma e facendoci guadagnare le prime pagine dei magazine di tutto il mondo.

2 Vittorio Vittorione Nazionale© Sgarbi – Sono passati quasi due anni ma grazie alle sue spaventose gesta ancora siamo qui a cercar di lavar via l’onta della vergogna. Padiglione Italia alla Biennale di Venezia da bomba all’Hotel e conseguente figuraccia internazionale. Diteci se esiste un dinosauro più pericoloso di questo.

Charles Saatchi lancia il progetto 100 Curators in 100 days

Charles Saatchi non è certo un tipo a corto di risorse e di idee. L’inventore della Young British Artists generation e, di conseguenza, il primo “papà” di Damien Hirst, Tracey Emin e compagnia cantante ha deciso di organizzare un evento senza precedenti sulla sua piattaforma online, che fra l’altro si appresta a festeggiare il suo sesto anno di vita.

Questa settimana Saatchi Online lancerà il progetto 100 Curators in 100 days, pensato dal nuovo capo esecutivo Margo Spiritus. Il progetto è semplice, 1000 curatori provenienti da ogni parte del mondo selezionano ognuno 10 artisti da mostrare sul sito per un intero giorno. I 1000 artisti partecipanti sono stati scelti tra i 60.000 presenti sul sito. Secondo Margo Spiritus: “100 curators in 100 days è esattamente in pieno spirito Saatchi, la nostra piattaforma mira a scoprire nuovi talenti e se a presentarli sono celebri curatori, tanto di guadagnato”.

Le mostre nel periodo della crisi, meglio o peggio?

Una volta, non troppo tempo fa, le mostre in galleria erano un vero e proprio must ed in ogni città si organizzavano un numero impressionante di eventi, alcuni di altissima qualità ed altri un poco meno ma pur sempre meritevoli di uno sguardo. Del resto il cibo cattivo provoca intossicazioni, l’arte brutta per fortuna non ha mai rovinato la vista a nessuno, almeno credo. Eravamo nel periodo d’oro dell’arte contemporanea nazionale, quello in cui tutti parlavano di creatività, dove l’arte digitale rappresentava un futuro pieno di successi, dove la nuova critica scriveva libri sagaci e puntuali che puntualmente vendevano migliaia di copie.

Forse la crisi economica era già ben salda sul nostro groppone ma questo ai galleristi importava ben poco ed allora via con la produzione delle opere, con i vernissage ricchi di cibo e beveraggi, con i cataloghi finemente decorati e con le mostre organizzate dal curatore alla moda di turno. L’ultimo ventennio è stato il nostro “boom”, l’esplosione di una passione troppo forte per durare a lungo. Poi c’è stata la crisi, ma non solo quella economica, quella di contenuti, la smania di correre appresso agli statunitensi ed ai tedeschi, la sicumera dei critici nel vaticinare questa o quella tecnica come il next big thing della creatività.

Agosto, mostra mia non ti conosco

Avete presente quei programmi estivi che manda in onda la Rai in seconda serata? Stiamo parlando del festival della canzone di Spoltore, del raduno internazionale di poesia di Poggibonsi, del premio cinematografico Skrondo d’oro di Pescocostanzo. Non ce ne vogliano gli abitanti di queste amene località, ma d’estate il servizio pubblico paga il pedaggio alle proloco sparse per tutti i paesini del nostro italico stivale e sovente ne escon fuori dei programmi da sbadiglio automatico.

Ebbene, in questi ultimi tempi anche il mondo dell’arte contemporanea ha deciso di seguire le orme del programmaccio estivo made in Rai, sciorinando un palinsesto di eventi e kermesse da urlo, se non da arresto immediato. I Festival si sono moltiplicati a macchia d’olio tanto che sembrano aver preso il posto delle sagre di paese o della festa del santo. Solitamente ognuno di questi eventi ha la sua bella mostra di fotografia e video arte il tutto mixato con mercatini e spettacoli di qualche comico visto in Tv.

Confrontations: MADRE e il Castello di Rivoli VS ICA-Institute of contemporay art di Londra

Eccoci giunti al secondo appuntamento della nostra serie estiva intitolata Confrontations. Si tratta di un confronto all’americana tra le offerte culturali di due prestigiose istituzioni, una straniera e l’altra italiana. Dalle nostre parti vengono stanziati milioni e milioni di euro per tenere in vita gli spazi pubblici e garantire loro un programma espositivo allettante per il pubblico. Alla fine della nostra breve avventura  sarà più facile comprendere il peso della nostra cultura contemporanea e l’utilizzo finale dei fondi stanziati dai contribuenti a favore della stessa.

La nostra avventura è iniziata con un agguerrito confronto Tate Modern di Londra VS MAXXI di Roma. Oggi vi offriremo un match ancor più agguerrito, vale a dire la programmazione di ben due musei italiani vale a dire quella del MADRE di Napoli  e del Castello di Rivoli contro quella dell’ICA, institute of contemporary art di Londra. Il Castello di Rivoli ha percepito nel 2011 circa 3 milioni di euro da fondi pubblici mentre il MADRE quest’anno si attesterà sui 2 miloni e trecentomila euro. Vediamo dove vanno a finire queste importante somme stanziate a favore della cultura.

John Baldessari, Barbara Kruger, Catherine Opie e Ed Ruscha abbandonano il Board del MOCA di Los Angeles

La terribile vicenda del MOCA di Los Angeles continua a peggiorare, generando reazioni a catena a non finire. Come ben ricorderete a causa dei continui fraintendimenti con il  volpone Deitch, il povero Schimmel (che come ricordiamo vanta  un’esperienza ventennale nel ruolo di curatore capo del MOCA di Los Angeles) era stato prontamente allontanato dal board guidato dal magnate Eli Broad.

Successivamente il MOCA non aveva dato spiegazioni alla stampa, salvo poi salvarsi in corner con un comunicato stampa a dir poco ridicolo. Questo spregevole comportamento era stato prontamente criticato dalla stampa di settore (e non) e molti critici si erano scagliati contro la premiata ditta Broad – Deitch. In questi ultimi giorni alcuni grandi artisti, membri del comitato direttivo del MOCA, hanno deciso di abbandonare la nave.

Piccolo vademecum sulle frasi da comunicato stampa

Che barba i comunicati stampa delle mostre, eh? Quando poi invece di leggerli bisogna stilarli, la situazione sembra peggiorare ulteriormente. Ecco che arriva la crisi di idee ed il vostro pensiero su una data opera o sullo stile creativo di un determinato artista si offusca irrimediabilmente. Niente paura, con il nostro piccolo vademecum sulle frasi da comunicato stampa non rimarrete mai a corto di retorica per il vostro press release:

Una ricerca creativa capace di far riflettere sui concetti di storia, di memoria e di identità individuale e condivisa.

L’artista sperimenta nuove dinamiche percettive ed inediti campi di iterazione visiva.

un viaggio esplorativo nell’esperienza sensoriale della realtà.