Perchè andare al museo? ve lo dice l’università di Roma

La domanda vi sembrerà bizzarra ed alquanto scontata, forse alcuni di voi non se la sono mai posta e forse qualcuno tentennerà nel dare una risposta certa. Perchè la gente visita i musei d’arte? Secondo gli studi dell’Università di Roma ammirare un’opera d’arte impegna le nostre emozioni ed il nostro intelletto ovviamente quale attività sia preponderante è un criterio che varia a seconda della tipologia di opere esposte nel museo.

La ricerca pubblicata sul Psychology of Aesthetics, Creativity and the Arts e portata a termine dal team capitanato Stefano Mastandrea indica infatti che i musei di arte antica rappresentano per i visitatori un’esperienza cognitiva mentre i musei di arte moderna e contemporanea mettono in gioco le nostre emozioni.

L’arte contemporanea sul banco degli imputati

Il mercato dell’arte contemporanea internazionale non è sempre tutto rose e fiori ed oltre alle strette di mano per compravendite riuscite o le gioiose felicitazioni per opere meravigliose e mostre riuscite, ogni tanto qualche litigio con annesso strascico legale salta fuori a movimentare l’intero scenario.

Si parte con la pluriblasonata Gagosian Gallery che ha citato in giudizio la compagnia aerea Lufthansa. La divisione cargo avrebbe infatti danneggiato irreparabilmente durante il trasporto un dipinto dell’artista americano Brice Marden. Il dipinto dal titolo Au Centre (1969), opera in due pannelli, durante il volo si è liberato dalle imbracature che lo assicuravano alle paratie della stiva e successivamente è stato sballottato con conseguente distacco di alcune grandi parti dipinte. Secondo Gagosian il danno ammonterebbe a 3 milioni di dollari.

Lo spettacolo dell’arte e l’arte dello spettacolo

 Le poco confortanti notizie circa i reality show dell’arte contemporanea ci avevano già messo in guardia sulla preoccupante atrofia del sistema dell’arte contemporanea internazionale. Per muovere le acque ed aggiungere un poco di energia galleristi ed istituzioni stanno vagliando ogni possibile ipotesi, sconfinando paurosamente verso le brulle e sconnesse terre dello spettacolo.

D’altronde il caro vecchio Guy Debord ci aveva già messo in guardia sulla deriva della società e dell’arte verso i lidi della mercificazione. Oggi volenti o nolenti ci troviamo di fronte ad un’arte contemporanea tesa al bisogno del cambiamento e della novità che realizza in termini l’espressione pura del cambiamento impossibile, un’arte che pur non riuscendoci deve essere necessariamente d’avanguardia mentre la sua vera avanguardia è la sua scomparsa. Così in Italia si tramutano i musei in cocktail bar ed in discoteche dove le opere svolgono il loro rassicurante ruolo d’arredo a corollario di una massa di parvenu danzerecci amanti del radical chic pensiero. Ed ancora si organizzano e si chiedono vernissage collettivi in modo da fare quadrato attorno ad un evento, come se l’evento stesso sia il fulcro della creatività artistica.

La noia dell’arte contemporanea è un fenomeno globale

 Forse stavate pensando anche voi la stessa cosa ma non avevate il coraggio di dirla oppure eravate troppo annoiati per pensarla: il palinsesto delle mostre di arte contemporanea offerto da gallerie e musei d’Italia è decisamente ad un punto morto. Già, è decisamente arduo trovar qualcosa di pur minimamente interessante tra le nuove proposte dell’arte, molti artisti sono ancora inceppati sull’informale altri caricano i loro moschetti con le polveri bagnate dell’arte povera, del concettuale e dell’iperrealismo. I più si perdono in un vagheggio pomposo ed inconcludente quanto svuotato di ogni significato che scimmiotta il mito americano del pop o si pone in bilico tra un Marcel Duchamp senza gabinetto ed un Joseph Beuys senza feltro e grasso.

The Vogels, l’amore per il collezionismo

 La storia di Herbert e Dorothy Vogel è troppo bella per essere vera, talmente perfetta e romanzata che Megumi Sasaki ne ha tratto un curioso e non  proprio eccelso film documentario uscito nelle sale americane quest’anno dal titolo Herb and Dorothy.

La storia di Herbert e Dorothy Vogel tuttavia è del tutto reale e molto più affascinante di un milione di romanzi o films. Agli inizi degli anni ’60 i coniugi Vogel rispettivamente impiegato delle poste e bibliotecaria ben lungi dall’essere benestanti, si sono messi in testa di collezionare opere, spinti da un comune quanto appassionato amore per l’arte contemporanea. Un atto del collezionare nato dalla sola curiosità senza l’aiuto di critici, galleristi o art advisors e fondato principalmente sull’intuito.

Inviti cartacei addio, il futuro deve essere l’e-mail

Una volta tanto parliamo di ambiente, ovviamente la tematica è strettamente legata al mondo dell’arte. Pensate all’organizzazione di una mostra, oltre alla scelta degli artisti, alla linea curatoriale, all’allestimento e quanto altro una delle regole fondamentali per la buona riuscita di un evento è la comunicazione.

Ogni anno centinaia di migliaia di gallerie d’arte ed istituzioni museali di tutto il mondo investono nella promozione, stampando un numero impressionante di cataloghi ed inviti per i loro eventi i quali molto spesso finiscono direttamente nella pattumiera senza essere nemmeno degnati di un rapido sguardo. Questo si traduce in uno (talvolta assurdo) spreco di carta che non giova di certo all’ambiente ed alle finanze.

Impossible Project, ben tornata Polaroid

Alzi la mano chi di voi non ha mai agitato una Polaroid in attesa di veder comparire l’immagine scattata solamente un attimo prima. Le pellicole istantanee Polaroid hanno per anni dato la possibilità a milioni di persone di sviluppare in pochi secondi le loro fotografie rappresentando una valida risposta al moderno digitale e fornendo un valido supporto in svariati ambiti professionali.

Inoltre grazie alla sua versatilità ed ai suoi caratteristici colori la pellicola Polaroid divenne nel corso degli anni un vero e proprio media artistico, basti pensare alle scomposizioni di David Hockney ed ai nudi di Nobuyoshi Araki. Anche Andy Warhol non riusciva a separarsi dalla sua macchina fotografica Polaroid Sx-70 con cui fotografava in modo maniacale qualsiasi cosa. La lista di artisti contemporanei che hanno utilizzato la pellicola brevettata dalla famosa industria inglese è lunghissima, si va da Helmut Newton a Mary Ellen Mark passando da Lucas Samaras, Duane Michals e tanti altri.

La pittura è morta, meglio il disegno

L’abbiamo detto più volte nel corso della nostra avventura digitale: la pittura italiana secondo molti detrattori sembra essere in un periodo di nera crisi. Molte testate giornalistiche dedicate all’arte sono concordi nell’affermare che la pittura contemporanea sia ormai appannaggio del Regno Unito, della Germania e degli Stati Uniti.

Anche la critica italiana, per sua natura autolesionista e bacchettona, condanna i suoi nuovi pittori come vetusti, fuori luogo e manieristi. Insomma  non è certo un buon momento per inventarsi pittori, ora che persino coloro che da sempre hanno utilizzato questa tecnica stanno migrando verso i lidi più modaioli dell’installazione e via dicendo.

ArtPrize, il superenalotto dell’arte

 Gli americani si sa fanno le cose in grande, il problema e che queste megalomanie hanno contagiato anche il mondo dell’arte che rischia di diventare un grande reality svuotato di ogni sorta di contenuto se non l’estrema voglia di spettacolarizzazione e vetrinizzazione sociale.

Stiamo parlando dell’ormai arcinoto ArtPrize, una competizione artistica creata dal ricco e giovane ereditiero Rick DeVos radicalmente aperta a chiunque con il montepremi più alto della storia. Al vincitore del contest andranno infatti la bellezza di 250.000 dollari mentre il secondo classificato riceverà la cifra di tutto riguardo di 100.000 dollari. Altri premi in denaro sono disponibili per il terzo classificato a cui andranno 50.000 dollari mentre dal quarto al decimo posto la posta in palio è di 7.000 dollari.

La Crisi e le bufale dell’arte made in Cina

 

La crisi economica è una questione talmente popolare che ormai ha quasi sostituito le disquisizioni meteorologiche.  Ogni testata d’arte o blog che si rispetti possiede un approfondimento sulle relazioni tra crisi economica e mercato dell’arte e ovviamente c’è chi dice che quest’ultimo stia tenendo alla grande e c’è chi dice che si stanno registrando notevoli flessioni nelle aste, nelle fiere e persino nelle vendite delle gallerie. Certo è che il mercato dell’arte è un sistema sostenuto da persone più che benestanti e può essere quindi toccato in maniera del tutto relativa dalla crisi.  Tra le ultime notizie c’è comunque l’importante ridimensionamento del mercato dell’arte cinese, come si evince dalle statistiche di Artprice, un sito che si occupa di raccogliere tutti i risultati delle aste internazionali.

Il tracollo dell’arte contemporanea e della cultura moderna

Qualcuno lo ha apostrofato come il sistema destinato a cadere: il capitalismo o il capitalismo post-moderno ed i suoi mercati secondari hanno creato una contro realtà ingrassata dalla produzione. L’economia moderna è come un parco giochi ed è evidente come l’arte degli ultimi venti anni abbia attinto a questo sogno ad occhi aperti rifiutando ogni forma di vera creatività.

L’arte è divenuta lo specchio della frode e non è tutto dovuto al teschio tempestato di diamanti di Damien Hirst, si tratta di un processo che ha avuto origine con la società del consumismo.

La crisi dei magazine d’arte contemporanea

Come procede l’editoria d’arte in Italia? Difficile a dirsi, quello che sappiamo con certezza è che le cose non procedono di certo per il meglio. Sarebbe utile riflettere sulla funzione e sulla grandezza reale del bacino di utenza di queste pubblicazioni a carattere artistico. La maggior parte delle riviste d’arte italiane, nel tentativo di piacere ad un vasto pubblico ha da sempre cercato di mitizzare gli artisti alla stregua dei divi del cinema, proponendo articoli non proprio esaltanti e recensioni decisamente spuntate. Il problema reale di questi magazines è rappresentato dalle scarse vendite, questo accade poichè sono letti da un ristretto numero di appassionati ed addetti del settore.

Senza critica la situazione è critica

Benvenuti nell’universo uniformato dell’arte contemporanea, già perché da quanto si evince dalle notizie presenti sui maggiori magazines d’arte italiani, in questi ultimi anni stiamo assistendo al trionfo del bello e della creatività nazionale. Ed allora perché l’arte contemporanea del nostro paese stenta ad imporsi sulla scena internazionale? Dove mai saranno finiti gli eventi male organizzati e gli artisti della domenica?

La quasi totale mancanza di una piattaforma critica coerente è un male diffuso in Italia, un problema annoso che rischia di appiattire l’arte contemporanea su di un unico livello estetico dove tutto è considerato di buona qualità ed ogni artista compie una sua personale ricerca su qualcosa di interessante e sperimentale. Il risultato di questa inutile piaggeria e che gli artisti realmente meritevoli di attenzione così come gli eventi ben riusciti non riescono ad emergere, uniformandosi al resto e pregiudicando un futuro sviluppo sia creativo che tecnico di coloro che potrebbero rappresentare un cambiamento nel vasto mare dell’arte contemporanea nostrana.