Finalmente inaugura il MONA, un museo con il bar al posto della biglietteria

Ed alla fine l’eccentrico magnate, matematico e giocatore d’azzardo professionista David Walsh è riuscito a coronare il suo sogno di inaugurare il non-museo che da diverso tempo gli ballava nella mente. I fedeli lettori di Globartmag ricorderanno sicuramente il nostro precedente articolo sul MONA o la Disneyland sovversiva come l’ha definita proprio Walsh. Ebbene per chi se lo fosse perso, ricordiamo che il MONA è il nuovo  Museum of Old and New Art e non una parolaccia del triveneto. L’istituzione, situata in Tasmania, ha aperto le porte ai visitatori proprio alcuni giorni or sono ed ha inaugurato la stagione con Monanism, una mostra già chiacchieratissima.

Il fatto è che il MONA non è un museo come tutti gli altri, all’entrata invece di esserci una normale biglietteria o information desk o quanto altro c’è un bel bancone bar dove è possibile gustare un’infinità di gustosi cocktails, anche se non è permesso entrare nelle gallerie con il bicchiere in mano. Inoltre la pianta del museo è un vero e proprio labirinto ed alcuni soffitti sono bassi ed alcuni spazi talmente ristretti da non poter contenere più di un’installazione.

Caso David Wojnarowicz, la difesa dello Smithsonian

Dopo un preoccupante e aggiungeremmo noi colpevole silenzio G. Wayne Clough, segretario della Smithsonian Portrait Gallery di Washington DC, uno dei primi responsabili del tremendo atto di censura perpetrato ai danni dell’opera video A Fire in My Belly di David Wojnarowicz rimosso dalla mostra Hide/Seek, ha finalmente rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’intera vicenda. Clough ha ovviamente difeso a spada tratta la decisione di rimuovere il video ed ha anzi dichiarato che “si doveva agire in fretta poiché oggigiorno le notizie circolano in fretta.Comunque la nostra istituzione è grande e continuerà a fare il suo lavoro. Queste sono controversie che possono succedere” .

A noi queste parole suonano un poco vuote e c’è da aggiungere che alcune delle prestigiose testate statunitensi presenti alla conferenza stampa hanno chiesto la testa del segretario. Comunque sia, Clough ha continuato la sua arringa di difesa parlando dei finanziamenti all’istituzione e di come essi erano stati messi in pericolo dall’opera di Wojnarowicz.

Blade Runner, il replicante Roy Batty e l’arte nostrana

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. …fondazioni che mettono studi a disposizione di giovani artisti a patto che siano artisti locali e poi cambiano il regolamento in corsa, ammettendo nomi a loro piacimento. Concorsi che premiano artisti protetti da prestigiose gallerie ed anche concorsi che pilotano le scelte dei componenti della giuria. Borse di studio concesse a pochi eletti. Quotazioni che salgono a proprio piacimento. Musei pubblici che architettano mostre ad hoc per le gallerie private. Vendite al di fuori delle tasse. Professionisti non retribuiti, assistenti di galleria senza previdenza sociale e contributi.

Recensioni sui magazine rigorosamente buoniste per non tradire la fiducia degli inserzionisti. Notizie “pagate” per farsi pubblicità. Mostre a pagamento, cataloghi a pagamento. Istituzioni che chiudono la porta in faccia ai talenti locali. Curatori che rubano i progetti ad altri curatori, artisti che infangano altri artisti, storici che sbraitano in tv.

Problemi di identità e Banksy non può pagare la cauzione ai Voina

Come ben sapete il nostro beniamino della street art Banksy non ha mai reso nota la sua vera identità. Certo molti credono che Mr. Brainwash (che poi sarebbe un ulteriore pseudonimo dell’artista Thierry Guetta) sia in realtà Banksy ma di tutto questo non esistono prove concrete. Molti street artists si nascondono dietro identità segrete, questo per non incappare in noie legali o quanto altro.

A volte però il meccanismo della segretezza è un’arma a doppio taglio e Banksy alcuni giorni fa ha potuto toccare con mano tutti gli inconvenienti del non avere un’identità certa. Come avevamo già scritto in un nostro precedente articolo il gruppo artistico russo ad alto contenuto polemico dei Voina (famoso per le performance-manifestazioni) era stato arrestato alcune settimane fa per aver rovesciato alcune macchine della polizia nel centro di San Pietroburgo.

Pasticcio Repubblica Ceca, Biennale di Venezia salva per un soffio

Le selezioni per il rappresentate del padiglione nazionale della Repubblica Ceca alla prossima Biennale di Venezia edizione 2011 sono sfociate in un enorme caos che fortunatamente si è risolto per il meglio. Tutto è iniziato quando Milan Knizak, direttore della National Gallery di Praga ha rifiutato le decisioni prese dal comitato di selezione indipendente. Knizak, in qualità di capo del più grande museo Ceco, ha solitamente il diritto di veto  sulle selezioni per la prestigiosa istituzione. Alcuni giorni fa il comitato di selezione indipendente aveva scelto l’artista Dominik Lang come rappresentante unico del padiglione nazionale.

Per tutta risposta Knizak (anche lui artista, comunemente associato al movimento Fluxus) è andato su tutte le furie ed ha fatto valere il suo diritto di veto bloccando di fatto le decisioni prese dal povero comitato. In un secondo momento l’uomo ha stilato una personale lista i artisti per la Biennale. Nella lista dei tre giovani artisti cechi scelti da Knizak figuravano i nomi di Vasil Artamonov, Alexey Klyuykov e Pavel Sterec.

Umberto Croppi, l’ultimo dei sovrani illuminati

La politica è noiosa. La politica è dentro ogni cosa. Impossibile quindi scindere la politica dall’arte e per quanto le tribune elettorali, i decreti legge, i discorsi, le accuse reciproche e via dicendo possono sembrare anni luce lontano dal nostro caro ed amato mondo della creatività, innegabilmente questi meccanismi fagocitano tutto.

La politica decide sui musei, sulle manifestazioni, sul mercato ed a volte sulla produzione per questo non possiamo evitarla. In questi giorni di serio marasma sociale e di grave calo di valori, la politica ha prodotto uno dei più strampalati equivoci di sempre, vale a dire il “sacrificio” dell’assessore capitolino alla cultura Umberto Croppi. Il giovane “Patriot” Franco Battiato cantava “mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura” ma anche se queste infrastrutture ci sembrano obsolete ed inutili, esse esistono e se alla loro guida viene posto qualcuno che si “interessa” allora ecco che le stesse divengono un vero aiuto alla cultura tutta.

Galli blu e bimbi sul cavallo a dondolo presto sul Fourth Plinth

Che vi piaccia o no la commissione di selezione del Fourth Plinth, il celebre Quarto Plinto di Trafalgar Square a Londra, ha scelto le opere che in futuro andranno ad occupare il prestigioso sito. Se ben ricorderete noi di Globartmag avevamo già ampliamente descritto le varie opere iscritte alla tenzone ed ora siamo qui a parlarvi della resa dei conti. Ebbene nel 2012 toccherà al fanciullo di bronzo sul cavallo a dondolo (Powerless Structures) creato da Elmgreen & Dragset.

Non ho intenzione di tentare di indovinare il significato di un bimbo su di un cavallo a dondolo, forse si tratta di un omaggio a Rolf Harris? Un rimando al famoso racconto di DH Lawrence?” ha dichiarato nel suo bizzarro stile il sindaco di Londra Boris Johnson. Il bimbo di Elmgreen & Dragset andrà a sostituire la nave dell’ammiraglio Nelson in bottiglia creata da Yinka Shonibare.

Kenny Scharf e l’aggressione alla street art da salotto

Se ben ricorderete, Kenny Scharf aveva deciso agli inizi di dicembre dello scorso anno di produrre un nuovo murale  invadendo un muro della Bowery, già famoso per esser stato curato dalla Deitch Gallery ed ora in mano alla The Hole NYC. C’è da dire che in passato il muro ha ospitato opere di Keith Haring di Shepard Fairey, Os Gemeos e ultimamente di Barry McGee.

Comunque sia tornando a Scharf, lo street artist è stato vittima di uno dei più comuni inconvenienti del mestiere ossia il bombing. In termini pratici l’opera di Scharf è stata scarabocchiata da altri street artists. L’artista è quindi andato su tutte le furie reclamando vendetta su alcuni blog d’arte: “Bisogna motivare queste azioni altrimenti si rischia di compiere inutili atti di violenza ed aggressione”. Ovviamente le risposte dei colpevoli del misfatto non si sono fatte attendere e due di loro, ossia Peterpanposse e Grimace hanno strapazzato Scharf in malo modo.

Quando il regime crea il nuovo gruppo artistico

Per quanto riguarda la pubblicità il volpone dell’arte Jeffrey Deitch ha un talento molto particolare. In effetti da quando la gestione del MOCA di Los Angeles è passata a lui non si può certo dire che l’istituzione manchi di visibilità. Comunque sia la nota dolente è che questa visibilità proviene non da mostre di talenti acclamati ma da spiacevoli atti di censura.

Certo è che Deitch ha intenzione di esporre gente come Julian Schnabel e le fashion sisters Rodarte ma per ora il suo successo più grande sembra essere la polemica scaturita dalla sua censura al murale di Blu. Ovviamente è interessante notare che le costrizioni, i regimi, le censure o qualsiasi altra imposizione proveniente “dall’alto” non fanno altro che stimolare una reazione creativa.

Lieto fine per David Wojnarowicz. Ora il suo video è al MoMa

Sul surreale e drammatico atto di censura operato dalla Smithsonian Portrait Gallery di Washington DC nel corso della mostra Hide/Seek ai danni di David Wojnarowicz abbiamo scritto numerosi articoli. Abbiamo inoltre intervistato Michael Iacovone e Mike Blasenstein (cogliamo l’occasione per rimandarvi all’interessante articolo), artisti/manifestanti che si sono introdotti negli spazi museali ritrasmettendo tramite un iPad il video A Fire In My Belly.

Oggi vorremmo aggiungere un lieto capitolo a questa triste vicenda. Come dicevamo al gesto di Iacovone e Blasenstein ha fatto seguito una dura ritorsione da parte dei vertici del museo ma come logico questa ritorsione ha scatenato numerose manifestazioni di solidarietà. Alcuni degli artisti partecipanti alla mostra hanno addirittura chiesto allo Smithsonian di poter ritirare il proprio lavoro dall’evento

Demolito lo studio di Ai Weiwei

Ed alla fine la censura ed il regime oppressivo hanno nuovamente vinto la loro battaglia contro la libera espressione artistica. L’11 gennaio alle sei di mattina una squadra di demolitori si è recata presso lo studio di Ai Weiwei a Shanghai ed ha reso operativo il mandato di demolizione dello stesso spiccato dai vertici cittadini alcuni mesi fa. Sul luogo del misfatto si è recata anche una pattuglia di polizia per evitare rappresaglie o manifestazioni da parte dei sostenitori del celebre e coraggioso artista.

Ma, almeno stando a quanto riportato dai quotidiani cinesi, non si sono verificati scontri o altre tensioni. Circa due anni fa le istituzioni avevano incredibilmente invitato Weiwei a costruire uno studio in città, come previsto dal progetto di edificazione di un nuovo distretto artistico.

Shepard Fairey scende a patti con l’Associated Press

Se non riesci a batterli, fatteli amici. Mai motto proverbiale fu più azzeccato di questo per la vicenda AP contro Shepard Fairey. Se ben ricorderete da quasi due anni il celebre street artist americano è in causa con la Associated Press per quanto riguarda l’iconico poster Obama Hope (2008). Dopo aver praticamente sostenuto la campagna presidenziale di Obama, rappresentandone l’immagine-simbolo, il celebre poster ha dovuto fare i conti con la legge sul diritto d’autore.

Mannie Garcia è infatti l’autore del celebre scatto che in seguito è stato manipolato digitalmente da Fairey divenendo una delle immagini più conosciute del presidente americano. Ebbene dopo aver in principio negato ogni tentativo di “scopiazzatura” e dopo aver maldestramente tentato di nascondere le prove del misfatto, lo street artist si è dovuto arrendere all’evidenza ed ha quindi iniziato un lungo patteggiamento con la AP, nella speranza di evitare un vero e proprio salasso milionario.

Pubblicare le foto su Flickr potrebbe costarvi 2 milioni di dollari

La prossima volta che entrate in un museo state molto attenti a cosa fotografate o vi potrete ritrovare una bella multa da 2 milioni di euro sul groppone. Pensate che tutto questo sia frutto di una nostra simpatica burla? Ebbene, chiedete al povero Thomas Hawk se stiamo scherzando, lui sicuramente ha ben poco da ridere.

Il fotografo è infatti al centro di una surreale quanto kafkiana vicenda andata in scena alcuni giorni fa negli stati uniti e più precisamente al World Erotic Art Museum di Miami. Mentre era in visita al museo Hawk, uno dei tanti amanti del photoblogging, ha pensato bene di eseguire alcuni scatti all’interno degli spazi. Recatosi successivamente a casa, l’uomo ha deciso di pubblicare le sue foto su Flickr (in totale 334), praticamente ciò che fanno milioni di persone ogni giorno. Ovviamente il World Erotic Art Museum non è un museo qualunque, ma uno spazio dove vengono esposte opere ad alto potenziale erotico se non pornografico.

Lady Gaga presenta la nuova linea Polaroid

Per oggi permetteteci un articolo un poco frivolo. Le star della pop music non riescono proprio a far a meno di far parlare delle proprie gesta legate al mondo della creatività. Le passate feste natalizie sono state infatti caratterizzate dall’uscita di My Beautiful Dark Twisted Fantasy,  nuovo album di  Kanye West con copertina realizzata da George Condo. Ovviamente per quanto riguarda l’opera di Condo (che ritrae il cantante in un amplesso in puro stile condiano) la censura made in U.S.A. non si è fatta attendere e quindi in molte catene come Wal-Mart la cover è stata sostituita.

In questi giorni invece è tornata alla carica la nostra Lady Gaga che dopo aver indossato il suo ormai celeberrimo vestito fatto di carne non ha trovato niente di meglio da fare che diventare il nuovo direttore creativo della Polaroid. Ed al nuovo CES, Consumer Electronics Show di Las Vegas l’agguerrita e platinata popstar ha svelato al mondo i nuovi prodotti del celebre brand produttore di macchine istantanee di cui anche Andy Warhol andava pazzo.