Gli Oubliette occupano una residenza milionaria: artisti squattrinati o furbetti?

 Occupazione, squat e quanto altro, tutto per perorare la causa artistica s’intende. Impossessarsi di edifici pubblici o privati abbandonati per installarvi una serie di studios d’arte non è certo cosa nuova ma la notizia degli ultimi giorni ha riportato in auge questa (buona) abitudine. Quindi, visto che nella maggior parte dei casi le istituzioni non supportano la giovane arte il gruppo artistico The Oubliette ha deciso di occupare il numero 61 di Curzon Street di Londra, indirizzo di una prestigiosa Mayfair mansion dal valore di oltre 14 milioni di dollari che era stata incautamente lasciata vuota dalla società offshore che ne detiene la proprietà.

Dan Simon, portavoce 31enne degli Oubliette afferma di non essere uno squatter ma è oltremodo contento di mostrare la sua (e di altri 6 artisti) nuova casa che in realtà è un edificio di nove piani posto in uno dei quartieri più in voga di Londra e sembra sia di proprietà di un principe del Brunei. Ovviamente Simon ed i suoi colleghi non pagano l’affitto ma non hanno intenzione di comportarsi come gli altri squatters che tendono ad essere piuttosto caotici ed anarchici, gli Oubliette hanno infatti intenzione di comportarsi quasi come un’azienda .

Riesumate le spoglie di Caravaggio per indagare sulla sua morte misteriosa

 Michelangelo Merisi da Caravaggio detto appunto Caravaggio è considerato il primo grande esponente della scuola barocca e uno dei più celebrati pittori del mondo. Nel 1610 Caravaggio, In preda alla febbre per presunte infezioni intestinali, dopo un lungo viaggio per mare, fu lasciato alle cure della locale Confraternita di Porto Ercole che il 18 luglio 1610 certificò la morte avvenuta nel loro ospedale. Il giorno successivo, l’artista fu seppellito nella fossa comune ricavata nella spiaggia e riservata agli stranieri, e che oggi è il retroporto urbanizzato di Porto Ercole. Il problema è che le  cause di morte del grande maestro non sono mai state del tutto accertate e a tutt’oggi rappresentano un vero e proprio mistero.

Nel corso degli anni sono state avanzate numerose teorie circa il decesso di Caravaggio. Molti affermano che l’artista fu assassinato per questioni politico-religiose mentre altri sostengono che sia stato colpito da malaria e successivamente sia stato ritrovato morto su di una spiaggia deserta. Alcuni ricercatori sono invece concordi nel ritenere che Caravaggio sia morto di Tifo appunto nel 1610. Certo è che il grande maestro ebbe una vita burrascosa a causa del suo geniale ma irrequieto temperamento. Il fatto più grave della sua vita si svolse a Campo Marzio, la sera del 28 maggio 1606: l’artista si sporcò dell’omicidio di Ranuccio Tommasoni da Terni.

Design Rivoluzionario: arriva Eko, il semaforo con le barre di avanzamento

 Sapete cosa è una progress bar o barra di avanzamento? La barra di avanzamento è quella simpatica funzione che hanno tutti i computer che descrive graficamente il progresso di una data funzione. Con la progress bar possiamo capire quanto manca al caricamento di un tale programma, all’installazione del software e semplicemente al download della nostra canzone preferita. Questa piccola ma simpatica funzione alle volte evita la frustrazione di un’attesa indefinita e ci aiuta a capire se il computer sta lavorando o si è definitivamente bloccato senza speranza.

Ora immaginate se i semafori della vostra città avessero la barra di avanzamento, certo non servirebbe a diminuire il traffico ma almeno solleverebbe  l’ansia di un’attesa che sembra interminabile oppure ci farebbe comprendere quanto “verde” è rimasto per sgomberare in fretta un incrocio pericoloso. Ebbene la brillante invenzione potrebbe tramutarsi in realtà visto il progetto Eko traffic light presentato dal designer Damjan Stankovic che con tale manifestazione creativa ha vinto quest’anno il Red Dot design awards. Il semaforo disegnato da Stankovic è in realtà tale e quale ad una comune luce semaforica tranne che per una differenza a dir poco cruciale, le luci che lo compongono sono state dotate di una barra di avanzamento che aiuta a comprendere la durata dell’attesa.

Il vecchio volpone di Josè Luis Rodriguez inganna il Veolia Environnement Wildlife photographer of the year

Tempo fa avevamo pubblicato un articolo sulla genuinità della celebre foto di Robert Capa raffigurante un miliziano repubblicano morente durante la guerra civile spagnola. Immagine vera o immagine falsa a parte non è certo un mistero che molti fotografi di reportage del passato abbiano costruito veri e propri set fotografici spacciando in un secondo momento le loro foto per scoop catturati solamente grazie alla loro abilità ed al loro colpo d’occhio.

Il problema dello scatto costruito a tavolino è tornato in auge nei giorni scorsi quando il fotografo José Luis Rodriguez, vincitore del  prestigioso premio Veolia Environnement Wildlife photographer of the year (e di circa 11.000 euro di premio) è stato accusato di aver presentato al concorso una foto falsificata. L’immagine (decisamente affascinante) in questione ritrae un lupo selvatico iberico intento a saltare la staccionata di una casa di campagna. Secondo i giudici del premio il fotografo avrebbe usato un animale in cattività, contravvenendo così alle regole della competizione che esigono la genuinità assoluta delle immagini presentate.

Banksy e il suo atto di denuncia al riscaldamento globale

Banksy è decisamente l’eroe della street art, il misterioso artista londinese è reduce dalla mostra al museo di Bristol che ha attratto la bellezza di 300.000 visitatori per un totale di 45.000 sterline di incasso e circa 10 milioni di sterline di introiti in più per l’economia locale.

Ovviamente un super eroe come Banksy non ha certo bisogno di riposarsi ed il nostro beniamino è tornato nuovamente ad invadere le strade metropolitane con le sue affascinanti creazioni. Una nuova opera di Banksy è infatti apparsa vicino il Ponte Oval nel quartiere di Camden a Londra. Certo il graffito in questione non mancherà di indispettire gli ambientalisti poichè il fallimento del vertice sul riscaldamento globale di Copenhagen ha apparentemente donato ispirazione allo street artist che ha voluto dare la sua opinione riguardo il summit mediante uno delle sue opere rudimentali mai eseguite prima d’ora. Banksy ha infatti vergato con dello spray rosso le parole “I Don’t Believe in Global Warming” che in italiano suonano come “Io non credo al riscaldamento globale”.

Diventare una Star dell’arte contemporanea a 94 anni, la storia di Carmen Herrera

 E dopo il precedente articolo sulla morte della pittura non potevamo non notare questa curiosa notizia che proviene dagli Stati Uniti.  Certamente per Carmen Herrera la pittura non è morta ed è anzi viva e vegeta come la sua grinta. La pittrice ha infatti visto la sua carriera decollare alla veneranda età di 94 anni. L’artista ha dipinto per tutta la sua vita creazioni astratte ma è riuscita a vendere un dipinto solamente nel 2004 quando aveva già 89 anni. Da quel momento i collezionisti americani non hanno mai smesso di acquistare avidamente le sue opere.

In men che non si dica la pittrice si è ritrovata all’interno dei più grandi musei statunitensi ed ha inoltre ricevuto un importante riconoscimento dal direttore del Walker Art Center di Minneapolis. Lo scorso hanno il MoMa ha incluso Carmen Herrera tra il pantheon degli artisti latinoamericani in mostra e la scorsa estate, durante una retrospettiva nel Regno Unito, il quotidiano londinese The Observer ha salutato l’artista come la più grande scoperta degli ultimi dieci anni, chiedendo e chiedendosi:” Come abbiamo fatto a non vedere queste bellissime composizioni?”.

La Pittura è morta? diecimila dollari a chi riesce a provarlo

 Gli anni passano e noi siamo sempre qui a parlare delle stesse cose, ovviamente il problema non riguarda solamente il nostro piccolo Stivale ma si estende ben oltre i confini nazionali, valicando catene montuose e superando gli oceani. Insomma in ogni parte del globo ci si pone sempre la solita domanda: La pittura è veramente morta? noi di Globartmag abbiamo più volte affrontato questo argomento ed abbiamo vagliato numerose ipotesi. Questa volta però la cocente ed oramai noiosa domanda potrebbe farvi guadagnare qualche soldino. Già perche il celebre critico americano Jerry Saltz ha riaperto il vaso di pandora ed ha girato la questione a tutto il popolo di Facebook.

Il critico ha invitato il pubblico ad aggiungerlo tra gli amici all’interno del celebre social network. Successivamente chiunque potrà dare una risposta alla domanda “La pittura è morta?se qualcuno riuscirà ad argomentare e portare prove concrete della morte della pittura Jerry Saltz lo ricompenserà con 10.000 dollari sonanti e sembra che il celebre critico sia seriamente intenzionato a portare a termine la scommessa. Se nessuno riuscirà a portare prove oggettive della morte della pittura allora secondo Saltz:”La frase la pittura è morta non dovrà essere scritta per almeno due anni e chiunque tra critici e curatori abbia intenzione di discutere su di un quadro dovrà approfondire al meglio i suoi scritti” questo è quanto si legge dalla pagina di Facebook di Jerry Saltz.

Lo stato italiano si compra un falso crocifisso di Michelangelo

 Gli sprechi del governo italiano non sono certo una novità, tra infrastrutture lasciate a metà, fantomatici ponti sullo stretto di Messina e siti internet istituzionali come italia.it che chiudono dopo 18 mesi di agonia e milioni di euro per la progettazione non c’è di che lamentarsi. Ovviamente anche la cultura gioca un ruolo fondamentale nel balletto degli sprechi e l’ultima notizia che ci giunge dal mondo dell’arte rappresenta la solita e triste conferma di tutto ciò.  Il governo italiano ha infatti acquistato un anno fa un crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo. L’opera è stata comprata da un art dealer di Torino che ha più volte confermato la genuinità della stessa, proveniente da una famiglia fiorentina.

Inizialmente l’opera era stata valutata 15 milioni di euro ma l’affare si è concluso per circa 3 milioni di euro. L’acquisto è stato presentato in pompa magna nel dicembre dello scorso anno, la figura lignea è stata presentata a Papa Benedetto XVI. L’opera è stata poi esposta nelle sale parlamento italiano e successivamente ha girato la nazione in una serie di mostre che hanno attratto migliaia di visitatori. Il governo italiano aveva inoltre intenzione di prestare l’opera di Michelangelo alla National Gallery di Washington e di onorare così il presidente americano Barack Obama. Peccato però che l’opera in questione potrebbe essere falsa.

La critica americana premia la crema dell’arte del 2009

Siamo ormai prossimi alla fine dell’anno ed allora è tempo di bilanci e di pagelle. La The International Association of Art Critics (AICA) di New York ha infatti dichiarato i vincitori della 26esima edizione dell’Annual Award, premio indetto dalla celebre associazione di critici d’arte che solitamente promuove le migliori mostre ed i più blasonati artisti dell’anno. Vi forniamo qui di seguito la lista completa dei vincitori di alcune delle più importanti categorie:

Miglior mostra monografica in un museo degli Stati Uniti
William Kentridge: Five Themes organizzata dal Norton Museum of Art e dal San Francisco Museum of Modern art, curata da Mark Rosenthal.

Miglior mostra tematica in un museo degli Stati Uniti
Art of Two Germanys/Cold War Cultures, organizzato dal Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles, CA, curatori: Stephanie Barron e Dr. Eckhart Gillen

Miglior mostra monografica in un museo di  New York City
Francis Bacon: A Centenary Retrospective, organizzata dal Metropolitan Museum of Art, New York e dalla Tate di Londra, in collaborazione con il Museo Nacional del Prado, Madrid, curatori: Gary Tinterow assistito da Anne L. Strauss e Ian Alteveer.

La scultura più grande del mondo e la natività vista dagli artisti contemporanei

E’ talmente grande che la sua circonferenza potrebbe contenere 176 stadi da calcio ed il diametro si estende per ben 3 miglia. Si tratta del gigantesco disegno su sabbia di Jim Denevan che è oltretutto visibile a 40.000 piedi da terra. Per completare l’installazione di Land Art l’artista ha impiegato ben 15 giorni usando delle enormi catene trainate da un camion che hanno scavato più 1000 cerchi individuali nella sabbia.

L’opera è basata su un teorema matematico chiamato Apollonian Basket. “Avevo intenzione di creare la più grande opera del mondo e sono estremamente soddisfatto di esserci riuscito. Questo lavoro è più grande delle famose linee di Nazca in Perù e questo mi esalta”, ha recentemente dichiarato l’artista. Certo la sua opera assomiglia molto ai fantomatici Crop Circles (cerchi nel grano) ed in più ci sarebbe da dire che la grandezza di un’opera non è certamente data dalle sue dimensioni.

Calatrava showman e la cera rossa di Anish Kapoor

Centinaia di tonnellate di acciaio e piloni immensi costruiti in una fabbrica di Rotterdam, queste sono le caratteristiche del nuovo ponte di Dublino dedicato al genio di Samuel Beckett. L’enorme costruzione è la nuova opera del celebre archistar Santiago Calatrava che di ponti (e di polemiche) ne ha fatti già una bella scorpacciata. La stravagante struttura è giunta da Rotterdam in barca ed è stata successivamente assemblata nella città irlandese, certo la bizzarra situazione ben si adatta alle surreale anima del teatro di Beckett. Questo è il secondo ponte di Calatrava a Dublino, il primo del 2003 fu dedicato a James Joyce.

Il Beckett Bridge è tecnicamente interessante. La sua struttura è agganciata tramite cavi a dei piloni di 40 metri e possiede ben due corsie per il traffico stradale, un apparato idraulico permette al ponte di ruotare di 90° orizzontalmente per permettere il passaggio di eventuali imbarcazioni. Per quanto riguarda l’aspetto estetico Calatrava si è ispirato all’arpa celtica peccato che alcuni giornali locali hanno definito l’architetto uno showman piuttosto che un grande designer.

Conrad Shawcross, il nuovo talento londinese con le spalle coperte

La IBM – International Business Machines, celebre azienda americana di computer ospiterà nei suoi locali di New York una bizzarra scultura. Nel mese di maggio 2010 verrà infatti installata una sorta di macchina costruita con acciaio e legno che annoderà dei fili formando una corda. L’opera presentata dalla galleria PaceWildenstein è una creazione dell’artista inglese Conrad Shawcross. Una simile opera titolata Chord ed installata per tutto il mese di novembre nella Kingsway tramway station di Londra è stata successivamente venduta dalla Victoria Miro Gallery per la ragguardevole cifra di 390.000 dollari.

“La mia ricerca ha a che vedere con il tempo, lo spazio e la cosmologia, i rocchetti di filo che formano lentamente la corda possono esser letti come pianeti che trascorrono una loro linea temporale all’interno della loro storia collettiva. Ma le possibilità interpretative sono assai vaste, molto spetta allo spettatore”. Ha dichiarato l’artista in una recente intervista. Le corde sono alla base della sperimentazione di Conrad Shawcross come in Nervous System (2003) installazione presentata in occasione della sua prima mostra personale. L’opera fu successivamente acquistata dal celeberrimo Charles Saatchi e questo fu un vero e proprio colpo di fortuna per l’artista ancora ventenne che vide schizzare le sue quotazioni in un battibaleno.

La riscossa delle donne alla Whitney Biennial

Proprio nell’anno delle celebrazioni per i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, un’altra barriera sociale sembra essere crollata nel mondo dell’arte contemporanea. Scrutando attentamente la lista dei 55 artisti partecipanti alla 2010 Whitney Biennial è facile notare che il 52% è rappresentato da esponenti del sesso femminile.

Insomma sembra che qualcosa si stia muovendo a favore del gentil sesso e per quanto ci riguarda la cosa non può che farci piacere visto la potenza creativa di cui sono dotate le temibili ragazze dell’arte. La presenza di artisti donne è aumentata esponenzialmente nel corso delle ultime edizioni della grande manifestazione, nel 2000 la Whitney Biennial era infatti composta dal 36% di artisti donne mentre nel 2008 le quotazioni erano salite al 40%. Jerry Saltz ha ultimamente intervistato Francesco Bonami,  il curatore della manifestazione, chiedendo il perché di questa super presenza delle donne alla manifestazione: “Io ed il co-curatore Gary Carrion-Murayari non siamo andati alla ricerca di artisti donne perché la loro bravura era davanti ai nostri occhi, è stata una selezione naturale e non un’intenzione. Pensare alla Biennial in questi termini è altamente fuorviante”.