Haiti: il terremoto distrugge anche l’arte

A poco più di due settimane dal terribile terremoto che il 12 gennaio ha raso al suolo Haiti stroncando la vita di almeno 150.000 persone,(Alcuni esperti stimano che le morti saliranno a più di 200.000 persone, più del 2 percento della popolazione) le autorità cittadine sono alle prese anche con gli ingenti danni al patrimonio culturale nazionale. Stando a quanto riportato sul New York Times molti degli edifici storici della città sono stati irreparabilmente distrutti, incluso il palazzo della Corte Suprema, la cattedrale di Notre Dame, la cattedrale della Santa Trinità ed il Palazzo Nazionale, casa in stile rinascimentale francese del presidente haitiano.

In merito a questo gravissimo disastro Axelle Liautaud, un celebre art dealer del luogo ha dichiarato: “Ovviamente dobbiamo occuparci prima delle persone ma se siamo ancora una nazione, anche dopo tutta questa disperazione, è anche grazie alle nostre forti radici culturali”.

Jim Hodges…Love ect.

Dal 5 febbraio al 5 aprile 2010 la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia accoglie l’artista americano Jim Hodges per la sua prima personale in uno spazio pubblico italiano, coprodotta con il Centre Pompidou di Parigi e il Camden Arts Center di Londra. Artista riconosciuto sulla scena americana, Jim Hodges presenterà una sessantina di opere offrendo una panoramica del lavoro e del singolare universo di questo artista d’eccezione.

Jim Hodges, nato nel 1957 nello stato di Washington, sviluppa, sin dalla fine degli anni Ottanta, un lavoro radicale e originale in cui il disegno è onnipresente. Affronta la fragilità, la temporalità, l’amore e la morte, ispirandosi alla natura e utilizzandone il lessico. Il risultato è di una semplice ed evidente bellezza. Caratterizzata da aspetti molto contrastanti, l’opera di Hodges può rivelarsi minimalista per la sobrietà di alcuni suoi lavori o barocca per la sua esuberanza, per la ricchezza dei materiali e l’uso di colori sontuosi e cangianti.

Roy Lichtenstein alla Triennale di Milano

Roy Lichtenstein torna ad esporre in Europa con una grande mostra antologica che si preannuncia come uno degli eventi artistici piu’ importanti del nuovo anno. La mostra, a cura di Gianni Mercurio, si inaugurerà alla Triennale di Milano il 25 gennaio e, nel mese di luglio, sarà trasferita al Ludwig Museum di Colonia, dove rimarrà aperta al pubblico fino al 3 ottobre 2010.

Realizzata in collaborazione con The Roy Lichtenstein Foundation l’esposizione include oltre cento opere, tele per lo piu’ di grande formato, oltre a numerosi disegni, collages e sculture provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private internazionali, tra le quali il Ludwig Museum di Colonia, il Ludwig Forum di Aachen, il Louisiana Museum di Copenaghen, il Whitney Museum e il Gugghenheim Museum di New York, il Moderner Kunst Museum di Vienna, the Broad Art Foundation di Los Angeles.

L’ultima mostra della Deitch Project? Lo street artist Shepard Farey

La galleria di New York Deitch Projects continua a navigare nel vasto mare dell’incertezza da quando il suo noto proprietario, Mr. Jeffrey Deitch è stato investito della carica di direttore del Moca, Museum of Contemporary art di Los Angeles. Per ora il futuro della galleria è ancora nebuloso ma l’unica cosa certa è che l’ultimo artista (almeno per questa stagione espositva) ad esporre in galleria sarà Shepard Fairey. Il celebre street artist, autore dell’ancor più celebre poster Obama Hope ha infatti scritto sul suo sito web personale che la sua prossima serie di nuove opere sarà esposta dal 1 maggio 2010 alla Deitch Projects, un mese prima della fatidica chiamata alle armi di Mr. Deitch.

Contattato nel suo studio di Los Angeles, mentre è indaffarato nella preparazione delle sue nuove oepre, Fairey ha dichiarato che la sua mostra sarà piena di ritratti di persone appartenenti a diverse aree della cultura, personaggi in qualche modo importanti che rappresentano gli ideali maestri dell’artista. La scelta di Fairey è ricaduta su nomi quali Woodie Guthrie, Debbie Harry, il Dalai Lama ed il leader dell’opposizione burmese Aung San Suu Kyi, questi ultimi due personaggi sono stati già precedentemente ritratti dall’artista.

Curare una mostra al museo comodamente dal vostro pc

Durante una fredda mattinata dello scorso autunno Judson Box si svegliò presto per accudire i cavalli della sua fattoria di Leesburg negli Stati Uniti. Rientrato in casa per fare colazione Box fu fermato dalla moglie che gli mostrò una foto dal monitor del computer. “Rimasi impietrito” afferma ora Box in un’intervista rilasciata al New York Times “Sul monitor c’era la foto di mio figlio in azione”.

Il figlio di Judson Box era un vigile del fuoco morto durante l’attacco alle torri gemelle del World Trade Center dell’11 settembre 2001 assieme ad altri membri della sua squadra di soccorso. Ad 8 anni di distanza dal terribile evento, Judson Box è riuscito a trovare l’unica foto conosciuta di suo figlio nello svolgimento del suo lavoro durante quella ormai tristemente storica giornata. La foto era stata pubblicata alcuni giorni prima da un utente di nome Erik Troelsen sul sito makehistory.national911memorial.org, il sito ufficiale del futuro National September 11 Museum and Memorial.

Opera 2009. Artisti degli Atelier Bevilacqua La Masa

Si rinnova ad ampio raggio l’attenzione della Fondazione Bevilacqua La Masa per i giovani artisti, che quest’anno sceglie Milano per portare in mostra il lavoro degli assegnatari dei dodici atelier della Fondazione, selezionati attraverso bando annuale di concorso tra le oltre cinquanta domande presentate nel 2008.

La mostra Opera testimonia i risultati degli artisti che sono stati selezionati per lavorare un anno (2009) nei dodici atelier della Fondazione. Gli spazi si trovano a Palazzo Carminati a San Stae, dopo il restauro terminato nel 2008, e presso il Complesso dei Santi Cosma e Damiano alla Giudecca (attivi dal 2006). Questo è il terzo anno che agli artisti assegnatari degli atelier è data la possibilità di una mostra finale.

Accanto alla mostra storica della Collettiva per Giovani Artisti, nata in parallelo alle esposizioni della Biennale e arrivata quest’anno alla sua 93.ma edizione, OPERA 2009 testimonia il credo della Fondazione nell’importante missione di supporto della ricerca artistica giovanile, con cui da oltre cent’anni, a partire dalla sua istituzione, assegna atelier ai più meritevoli. Nel numero designato nello statuto che ha visto nascere la Fondazione, i dodici spazi d’artista messi in bando annualmente trovano sede nel suggestivo chiostro dei Santi Cosma e Damiano sull’isola della Giudecca e nella cornice di Palazzo Carminati a San Stae, il cui restauro, ultimato due anni fa, ha inoltre reso possibile la realizzazione di due foresterie con cui si è avviato immediatamente un programma di ospitalità internazionale.

Chris Ofili, l’artista che ha combattuto il successo

 Qualche anno dopo aver vinto il Turner Prize edizione 1998, Chris Ofili era in un negozio di Londra per comprare una grande quantità di colori. Una volta giunto alla cassa uno studente in fila dietro di lui gli chiese: “Ma tu sei Chris Ofili? alla scuola d’arte tutti dicono che hai smesso di dipingere“.
Ofili fu deliziato da quella domanda, così sorrise e disse: “Torna dai tuoi amici e digli che ho definitivamente smesso di dipingere, ma non dirgli che mi hai visto comprare tutti questi colori, altrimenti non ti crederanno”.

Chris Ofili, oggi 41enne, ha sempre combattuto contro il successo che per lui, a differenza di tutti gli altri artisti emergenti del mondo, è giunto sin da subito. Prima di compiere 30 anni l’artista aveva già esposto in 3 continenti con mostre personali a Londra, New York e Berlino. Ofili faceva inoltre parte degli Young British Artists di Charles Saatchi ed aveva vinto, come già detto il Turner Prize. Infine l’artista aveva partecipato alla 50esima Biennale di Venezia, occupando in pompa magna il padiglione britannico.

Gli U.S.A. calano gli assi del 2010 (c’è anche Cattelan)

 inutile continuare a parlare di crisi economica e di stallo nel settore dell’arte. Siamo sicuri che i lettori di Globartmag sono si interessati agli andamenti del mercato ma l’arte in senso stretto e la creatività sono le cose che vi stanno più a cuore. Per questo vi omaggiamo di una piccola lista delle mostre più interessanti che nel 2010 si terranno negli Stati Uniti. Se vi trovate da quelle parti non perdetele:

Marina Abramović: The Artist Is Present al Museum of Modern Art, New York, 14 marzo-31 maggio 2010
Grande retrospettiva che il MoMa dedica a Marina Abramović la quale eseguirà una nuova performance di 600 ore. Nel resto del museo i suoi studenti ripeteranno incessantemente alcune delle sue opere più celebri come Luminosity del 1997 dove un performer nudo si bilancia su di un sellino di bicicletta montato sul muro.

Maurizio Cattelan alla Menil Collection, Houston, dal 12 febbraio al 15 agosto 2010
Il provocatore italiano Maurizio Cattelan ha costruito la sua carriera destabillizzando figure autoritarie come il Papa investito da un meteorite. In occasione di questa nuova mostra Cattelan presenterà nuove sculture di cavalli tassidermizzati, questa volta impalati e recanti un cartello con su scrittto INRI. Nel resto del museo saranno presenti altre importanti opere che costituiscono una piccola retrospettiva.

Production Site: The Artist’s Studio Inside-Out al Museum of Contemporary Art, Chicago, dal 6 febbraio al 30 maggio 2010
Protagonista della mostra è lo studio dell’artista che verrà indagato da e rappresentato da artisti del calibro di Tacita Dean, William Kentridge e Bruce Nauman. Il celebre duo artistico formato da Peter Fischli e David Weiss presenterà 105 sculture in poliuretano le quali rappresentano oggetti comuni che si trovano nello studio di un artista. Rodney Graham propone invece un suo autoritratto scultoreo dal titolo Arist in His Studio.

La Triennale di Milano negli States e Deitch alle prese con il conflitto di interessi

 New York City potrebbe presto avere più musei dedicati al design che all’arte. Mettendo a tacere tutte le voci di corridoio sulla possibile nuova istituzione che andrà ad occupare lo spazio lasciato libero dal Museum of Arts & Design sulla 53esima strada (attualmente il museo si è trasferito nel Lollipop building su Columbus Circle) la Cushman & Wakefield ha annunciato ieri che tale buco sarà coperto da un museo italiano dedito al design. Si tratta del Triennale Design Museum di Milano che ha firmato un affitto di ben 15 anni per i 18.000 metri quadrati dello spazio espositivo su un totale di quattro piani.

Tale spazio rappresenterà la prima location del Triennale di Milano negli Stati Uniti e la terza in assoluto. Il museo ha infatti aperto nel 2006 un avamposto in Giappone mentre a Milano la sede è stabile da 90 anni. Il nuovo museo dovrebbe aprire a maggio con l’intento di coincidere con la Fiera internazionale del Mobile Contemporaneo. Le dimensioni saranno così suddivise: 10.000 metri quadrati di spazio espositivo, 3.000 metri quadrati di cafè e ristorazione e 3.000 metri quadrati di bookshop.

Andy Holden rimette al suo posto la piramide di Giza

La Tate Britain ospita attualmente una mostra del giovane artista britannico Andy Holden, l’evento rimarrà in visione fino al prossimo 10 aprile. Fin qui nulla di strano ma la singolare notizia arriva proprio da una dichiarazione di Holden che ha rivelato di aver rubato un pezzo di una piramide egiziana.

Il misfatto è stato compiuto in un viaggio di piacere, l’artista a 12 anni accompagnò il padre in Egitto. I due visitarono la piramide di Giza, una delle sette meraviglie del mondo antico ancora in piedi e relativamente intatta oltre che la più grande piramide del mondo. “Non appena giunti in prossimità della piramide ho rotto un pezzo di pietra da un lato della piramide” ha dichiarato Holden “Quando sono tornato a casa ho piazzato il pezzo di piramide su di uno scaffale della mia cameretta vicino alla collezione di souvenirs che avevo da bambino. Quando i miei genitori se ne accorsero andarono su tutte le furie e l’oggetto in questione divenne appunto l’oggetto della colpa”.

L’arte si avvicina al marketing: Jeffrey Deitch nuovo direttore del Moca

Il mondo dell’arte contemporanea è oramai strettamente connesso all’economia. Oggigiorno molte istituzioni più che di un direttore o di un curatore hanno bisogno di un manager e di un abile fundraiser. Insomma non è mistero che molti musei prediligono direttori che hanno già un portfolio di contatti fitto di gallerie e collezionisti prestigiosi che non vedono l’ora di “prestare” le loro opere alle istituzioni pubbliche in modo e maniera da veder levitare le quotazioni degli artisti di casa. Dal canto loro i musei possono così permettersi grandi eventi senza dover sborsar troppi soldi. Se il il grande artista contemporaneo è equiparabile ad un brand aziendale il museo non è da meno e per vendere al meglio i suoi prodotti artistici sceglie sempre un abile esperto in marketing con un grande fiuto per gli affari piuttosto che un grande conoscitore dell’arte.

La vicenda della nomina del nuovo direttore del MOCA,Los Angeles Museum of Contemporary Art (Castello di Rivoli docet) non fa altro che avvalorare questa tesi. Il nome del fortunato prescelto è stato reso pubblico ieri sera dal finanziatore del Moca Eli Broad e dai membri del consiglio Maria Bell e David Johnson. Si tratta di Jeffrey Deitch, celebre art dealer proprietario della Deitch Projects di New York e vecchio volpone del mercato dell’arte contemporanea stimato da un nutrito gruppo di grandi artisti.

Un Takashi Murakami depotenziato al Palazzo di Versailles

 Il Palazzo di Versailles o per meglio dire il presidente del programma culturale dell’istituzione, Jean-Jacques Aillagon, ha da poco annunciato i primi dettagli della futura mostra dedicata al re del pop giapponese Takashi Murakami che si terrà dal 12 settembre al 12 dicembre. Le notizie trapelate dalle prime indiscrezioni sono alquanto sorprendenti.

L’istituzione ha infatti deciso di organizzare un mostra dal basso profilo, evitando in qualche modo le roventi polemiche dello scorso anno a causa della mostra dell’altro baronetto del pop Jeff Koons che aveva invaso con le sue 17 coloratissime ed irriverenti sculture il palazzo francese suscitando le ire di molti esponenti della National Union e della borghesia transalpina. Come si sa il palazzo di Versailles è simbolo supremo della monarchia e per questo ancorato ad un sistema borghese difficile da sradicare.

Gennaio tempo di arte contemporanea: Mostre nel mondo

Globartmag è sempre attento a ciò che succede in giro per il mondo, oggi ad esempio abbiamo intenzione di fornirvi una piccola lista delle più interessanti mostre di gennaio, per cui se avete intenzione di andare all’estero non mancate di presenziare ad uno seguenti eventi:

La galleria Contemporary Fine Arts di Berlino propone fino al 14 gennaio una retrospettiva dedicata ai malefici fratelli dell’arte Jake & Dinos Chapman. Nel corso della mostra che prende il titolo di Shitrospective il duo artistico ricrea le più importanti sculture ed installazioni della loro carriera sotto forme di miniature fatte di cartone.

 La galleria Susan Inglett di New York presenta fino al 23 gennaio una divertente mostra del collettivo Bruce High Quality Foundation, formato da cinque artisti anonimi che rispondono tutti al nome di Bruce. Il gruppo ha deciso di lanciare una personale università (fuori legge ovviamente) ed organizzare lezioni di materie come “manipolazione della metafora”. L’evento in questione dal titolo Bruce High Quality Foundation University è in realtà la mostra di fine semestre della bizzarra università.

Inizio 2010 sprint per il Macro di Roma

Il 2010 del Macro di Roma comincia con un calendario fitto di eventi, dal 23 gennaio al 5 aprile l’istituzione museale presenterà infatti una serie di mostre del tutto interessanti:

Macroradici del contemporaneo: A Roma la nostra era avanguardia
Con un omaggio unico e sorprendente a Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70 e Contemporanea, la mostra accompagnerà il pubblico alla scoperta di una Roma d’avanguardia, tra laboratorio critico e underground: un racconto per immagini dedicato all’attività di Graziella
Lonardi Buontempo
, per scoprire come una grande passione per l’arte contemporanea ha dato vita a una nuova visione della cultura.

Roommates/coinquilini: Valentino Diego, Pietro Ruffo Con Valentino Diego e Pietro Ruffo, proposti rispettivamente dalle curatrici Sabrina Vedovotto e Ilaria Marotta, inizia il secondo appuntamento del ciclo di mostre roommates/coinquilini, grazie al quale il MACRO si apre al lavoro di altri giovani curatori e artisti della scena romana. Una stanza del museo diviene così un appartamento “artistico” in cui convivono identità diverse – un contesto in cui le differenze rimangono visibili e allo stesso tempo si determinano situazioni di incontro e di scambio.

Enzo Cucchi – Costume Interiore La hall del Museo ospita una visionaria torre di Enzo Cucchi, composta da tre forme cilindriche sovrapposte in metallo praticabili dal visitatore, il quale è invitato ad entrarvi per scoprire l’universo di immagini in esse racchiuso, fatto di presenze antropomorfiche e volumi sospesi (teste, teschi, agglomerati di pittura, sfere sottili), che risuonano come un contrappunto al contempo emotivo e visivo: un “costume interiore” appunto.