Impossible Project resuscita le pellicole istantanee Polaroid

 Florian Kraps e Andre Bosman sono i fondatori dell’Impossible Projetct ma in cosa consiste questo progetto impossibile? si tratta di far tornare in vita le tanto amate pellicole Polaroid. La produzione del celebre instant film è stata infatti abbandonata due anni fa dalla Polaroid Corporation e l’ultimo pacchetto di pellicole è scaduto lo scorso novembre. Ma Kraps e Bosman non hanno intenzione di far tramontare il sogno della gloriosa pellicola istantanea che per milioni di fans in tutto il mondo è ben più importante della ormai consona fotografia digitale.

Ebbene i due imprenditori hanno rilevato la formula originale della pellicola ed hanno iniziato a sperimentare in maniera semi-casalinga, con l’intenzione di far ripartire la produzione dell’instant film. Circa due settimane fa l’impossible project ha prodotto le prime due varianti di instant film che prendono il nome di PX 100 silver shade e PX600 silver shade, il tutto avvolto in una confezione minimal ma del tutto accattivante.

La fotografia digitale ha ucciso il mestiere del fotoreporter

 Quando Matt Eich (ora 23enne) entrò nella scuola di fotogiornalismo nel 2004, l‘industria giornalisitica era già in declino. Matt però fotografa sin da quando bambino, la fotografia è quello che gli riesce meglio perciò ha continuato a percorrere tale strada anche dopo il matrimonio e la nascita di suo figlio. Ora Matt riesce a vendere qualche fotografia, lavorando come freelance per qualche magazine: “Devo lavorare sodo e scattare molte fotografie, poi devo piazzarle. Nessuno ti paga uno stipendio fisso, prima il fotogiornalismo era un mestiere, ora è divenuto puro caos, mi guadagno da vivere unendo un puzzle di piccoli lavoretti per alcuni giornali” ha dichiarato Matt.

Sharon Pruitt invece ha 40 anni ed è madre di sei figli, suo marito è un militare e tutta la famiglia vive nella Hill Air Force Base nello Utah. Dopo una vacanza alle Hawaii nel 2006, Sharon ha caricato su Flickr alcune foto scattate con una macchina fotografica digitale Kodak da 99 dollari. La celebre compagnia Getty Images ha notato le sue foto ed ora le ha concesso uno stipendio mensile per l’acquisto di foto da rivendere a terzi, “alle volte riesco a pagarmi anche tutte le bollette con lo stipendio della Getty” ha dichiarato Sharon.

Robin Rhode, dal Sud Africa a Los Angeles

A New York l’artista sudafricano del momento è William Kentridge ma a Los Angeles la vera star è Robin Rhode, giovane artista e conterraneo del suo illustre collega. L’arte di Rhode è strettamente connessa alle sue radici sud africane e molto spesso usa meccanismi creativi simili a quelli di Kentridge come il disegno-performance e l’animazione ottenuta cancellando e ridisegnando i soggetti su carta o altri supporti.

La presente mostra personale di Roin Rhode al LACMA, Los Angeles County Museum of Art ( in visione dal 11 marzo al 6 giugno) presenta al pubblico sei opere recenti, create mediante una vasta varietà di media. Juggla (del 2007) ad esempio è un’opera costituita da un set di 20 stampe digitale ai pigmenti che raffigurano un uomo di colore , vestito come un menestrello o un giocoliere. Le opere presentate al LACMA sono state create negli ultimi tre anni trascorsi da Rhode a Berlino ed indagano sulle meccaniche dell’identità e dell’inganno visivo, presentando in varie occasioni il doppelganger dello stesso artista con la faccia coperta da enormi e stravaganti cappelli.

Al Photography Show di New York trionfa il bianco e nero ed anche il video

Il Photography Show, la fiera annuale organizzata a New York dall’Association of International Photography Art Dealers (AIPAD) è stata più volte lodata per la sua affascinante selezione di fotografie in bianco e nero. Quest’anno invece la Bryce Wolkovitz Gallery si è guadagnata l’attenzione di pubblico e critica pur allontanandosi sensibilmente dalla fotografia fine-art. La galleria ha infatti presentato l’opera Self-Portrait (2010) di Shirley Shor, un’ipnotica opera video costituita da ritratti multipli su uno schermo singolo con pixel in costante morphing.

L’AIPAD ha deciso di implementare la sezione new media e video art lo scorso anno ed anche se sono ancora poche le gallerie che hanno abbracciato questa nuova proposta, i pochi e coraggiosi dealers che quest’anno si sono avventurati in questa scelta non hanno fallito l’incontro con i collezionisti. Il dealer di Chicago Catherine Edelman, ad esempio, ha portato in fiera alcuni video di Gregory Scott, artista dal passato pittorico che solitamente combina fotografia, pittura ad olio e video loops. Edelman ha venduto due copie di un video di scott intitolato Echo (2010), ogni edizione era quotata circa 22.000 dollari, in questo caso il coraggio è stato decisamente ben premiato.

La maledizione del petrolio vista da Ed Kashi

Violenza, corruzione, Guerra. La nuova serie del fotogiornalista Ed Kashi punta il dito sul devastante effetto della produzione del petrolio. Si chiama Curse of Black Gold, La maledizione dell’oro nero e suona come un vecchio racconto d’avventura di by Edgar Rice Burroughs o Henry Rider Haggard. Ed invece è il titolo di un nuovo ed epico reportage di Ed Kashi che documenta gli effetti di 50 anni di produzione del petrolio in Africa.

Effettivamente le storie di Kashi hanno tutto quello che un buon romanzo d’avventura dovrebbe avere: intrighi politici, guerre fra tribù, disastri ecologici,corruzione su vasta scala, violenze e rapimenti. Il set di questa trama è il vasto delta del Niger, 28.000 metri quadrati di foresta pluviale e paludi di mangrovie. Peccato che le immagini documentate da Kashi non sono frutto dell’ingegno letterario ma della nuda e cruda realtà. Il fotografo è già avvezzo al pericolo dato che nel 2006 è stato arrestato dai militari mentre scattava alcune immagini della regione del Nembe ed è stato trattenuto illegalmente in prigione per 4 giorni.

Rie Rasmussen: “Terry Richardson costringe le sue modelle alla pornografia”

 Per molti è il re della fotografia fashion, il creatore di immagini sessualmente esuberanti che sono puntualmente glorificate dagli editori di magazines patinati. Per molti altri invece Terry Richardson è poco chic e molto porno, un uomo che esercita il suo potere su giovani ragazze vulnerabili. Il soft porno di Richardson è sempre stato materia di controversie ma oggi un punto di domanda si erge sopra al fotografo americano ormai 44enne. Una sua modella ha infatti condannato le sue opere come umilianti ed il suo modus operandi come manipolativo.

Richardson si è trovato al centro di una tempesta dopo che Rie Rasmussen, modella danese ora filmaker, si è confrontata con lui ad un party organizzato dal club Le Montana di Parigi, durante la settimana della moda. “Gli ho detto: quello che fai è totalmente umiliante per le donne, spero che tu sia conscio del fatto che fai sesso con giovani ragazze solo perché sei un fotografo con molti contatti nel mondo della moda e pubblichi le tue immagini su Vogue” ha dichiarato Rasmussen al New York Post.

Ryan McGinley passa alla fotografia digitale

La giovinezza non mi ha mai appassionato più di tanto. Raramente vedo qualcosa di bello in una faccia giovane” dichiarò un giorno il grande fotografo Richard Avedon. Chissà quindi cosa direbbe Avedon riguardo alla incredibile carriera di Ryan McGinley. Il fotografo 32enne nel 1999 inviò per posta ad alcuni editori un portfolio contenente alcune delle sue opere fotografiche, il libricino fai-da-te fu creato con una comune stampante a getto di inchiostro, di quelle che abbiamo tutti noi dentro casa.

All’interno del porfolio Mc Ginley aveva inserito immagini di ragazze e ragazzi giovanissimi perché, a differenza di Avedon, il giovane fotografo era appassionato dalla giovinezza. Questo evidentemente fece la sua fortuna visto che a soli 25 anni fu notato dal Whitney Museum che gli dedicò niente di meno che una mostra personale. Oggi, dopo circa dieci anni di fotografia tradizionale, McGinley si è ritirato nel suo studio nel Lower East Side di New York per preparare il suo primo progetto tutto in digitale. Everybody Knows This Is Nowhere è quindi il titolo della nuova mostra di McGinley alla Team Gallery (in visione dal 18 marzo al 17 aprile 2010), evento che racchiude le sue ultime serie fotografiche. 

La Via Dell’Abbondanza di Jan De Cock

Il 18 marzo Francesca Minini di Milano inaugura la seconda mostra in galleria di Jan De Cock che trasforma lo spazio espositivo nel luogo isolato del suo studio. Il punto di partenza della sua riflessione non è più l’architettura delle istituzioni dell’arte: adesso i volumi scultorei giocano un ruolo primario in modo autonomo, senza relazionarsi con lo spazio che li accoglie.ù

Se per la sua prima mostra in collaborazione con Daniel Buren, Jan De Cock si era ispirato all’architettura razionalista degli anni venti, ora la sua riflessione si sviluppa a partire dai nostri canoni classici che si rifanno al periodo romano: la galleria si trasforma in un sito archeologico. Entrando ci ritroviamo proiettati in una rivisitazione moderna della Via dell’Abbondanza dell’antica città di Pompei: un paesaggio di sculture prende possesso dello spazio in modo giocoso attraverso ritmi di colonne, fontane, templi, timpani. I canoni classici dell’architettura romana vengono reinterpretati dall’artista attraverso le sue forme modulari.

Frederick Sommer, fotografie di un mondo misteriosamente reale

 Un grande maestro, un fotografo innovativo, uno sciamano forse un misitco o un eremita. Questi termini sono forse limitativi per una figura monumentale come quella di Frederick Sommer, artefice di vere e proprie alchimie fotografiche in bianco e nero, dai fotomontaggi, ai soggetti evanescenti fino alle ossa dei coyote ed alle interiora di animali brutalmente fissate sullo sfondo bianco. Sommer era un’autodidatta e la fotografia diurna era la sua pratica preferita, un medium capace di portarlo in molteplici direzioni attraverso le oscure strade del processo creativo.

Nato nel 1905 nel sud dell’Italia e cresciuto in Brasile, Sommer si stabilì nel deserto dell’Arizona all’età di 30 anni e lì rimase fino alla sua morte nel 1999. L’infinita distesa desertica divenne presto il teatro di ogni sua creazione, dalle formazioni rocciose ai cactus, alle ossa scolorite dal sole. Sommers non smise mai di fissare con la sua macchina ogni aspetto della realtà silente che lo circondava, sino a giungere alla completa astrazione. La creatività di Sommers è in continuo equilibrio tra arte e realtà ma non si tratta della stessa ricerca portata avanti dagli artisti Neo-Dada come  Allan Kaprow, Carolee Schneemann, Al Hansen, Alison Knowles o Dick Higgins.

Vorreste collezionare opere fotografiche? Michael Wilson vi spiega come fare

Conoscete Michael Wilson? Beh possiamo dirvi che è inglese ed è un grande collezionista di fotografia, Wilson è anche produttore di alcuni film di James Bond, insomma uno che ha fiuto per gli affari. L’uomo ha iniziato la sua avventura verso la fine degli anni ’70 ed adesso è proprietario di una delle più grandi collezioni di fotografie del mondo, tanto da essere ospitate in un centro dedicato, il Wilson Centre for Photography. La scorsa settimana, Wilson ha presenziato ad una conferenza sul collezionismo fotografico alla Photographer’s Gallery di Londra, evento organizzato da ArTactic, compagnia che monitora i progressi del mercato dell’arte.

Secondo ArTactic il mercato fotografico è in forte espansione, grazie all’entrata in gioco di collezionisti dalla Cina, Giappone, India e Medio Oriente. Negli ultimi tempi alcune opere di artisti come Andreas Gursky, Jeff Wall, Richard Prince ed Hiroshi Sugimoto hanno ampiamente superato il milione di dollari. In merito a questo boom del collezionismo fotografico Mr. Wilson ha fornito alcune importanti dritte per chi volesse iniziare una collezione personale. Secondo Wilson bisogna evitare di comprare opere da gallerie troppo blasonate

Polaroid vende la sua collezione, 1.200 opere che (forse) non vedremo mai più

 Nel 1960 la metà delle famiglie americane possedeva una macchina fotografica istantanea Polaroid e mentre l’idea di possedere una subitanea immagine delle vacanze, del cenone di Natale o del proprio compleanno fu la chiave di volta del successo dell’azienda, questo prodotto rivoluzionario ha cambiato per sempre le scelte creative di molti artisti. Ansel Adams ha catturato le sue celebri e fiabesche immagini dello Yosemite National Park proprio con una Polaroid e che dire delle centinaia di immagini scattate da Andy Warhol,  Chuck Close e William Wegman sino a giungere allo strettamente contemporaneo Dash Snow.

Oggi queste fotografie assieme a tantissime altre (comprese quelle scattate dal fondatore della Polaroid, Edwin H. Land) saranno messe all’asta da Sotheby’s. La Polaroid è infatti costretta a vendere la sua collezione per pagare i suoi creditori ( purtroppo l’avvento della fotografia digitale non ha giovato alla celebre azienda americana), per la cronaca l’asta si terrà a New York il 21 ed il 22 giugno.

New Topographics, una mostra banale che cambiò la fotografia

 Sono passati 35 anni da quando il termine New Topographics (Nuova Topografia) fu coniato da William Jenkins, curatore dell’omonima mostra di fotografia paesaggistica tenutasi alla George Eastman House di Rochester a New York. Lo show ospitava 168 fotografie che riproducevano strade cittadine, centri abitati e siti industriali. Prese tutte insieme quelle immagini sembravano essere il prodotto di un’estetica della banalità ed infatti la mostra non piacque a nessuno.

Jenkins aveva però identificato nel lavoro di fotografi come Frank Gohlke, Robert Adams, Stephen Shore e Nicholas Nixon, una nuova tendenza mirata a creare una visione del paesaggio urbanistico dell’America degli anni ’70. Le loro immagini perfette e stampate in maniera impeccabile offrivano un’affascinante topografia del mondo suburbano che li circondava, in perfetta contrapposizione con la tradizione della fotografia del paesaggio che ritraeva rigorosamente elementi naturali.

David LaChapelle ritrae la Maybach, gioiello di casa Mercedes

Avete mai sentito parlare della Maybach? per quanti di voi non la conoscessero la Maybach era una casa automobilistica fondata nel 1909 in Germania e produceva incredibili e lussuosissime automobili, ambite dall’alta società dell’epoca. Negli anni ’40 la compagnia cessò la produzione di automobili e continuò ad effettuare solamente riparazioni dei modelli già esistenti. Verso la fine degli anni ’90 la Mercedes-Benz ha deciso di acquistare il brand e riportare in auge la Maybach iniziando la produzione di due modelli con motori Mercedes.

Ovviamente le automobili Maybach sono estremamente curate in ogni dettaglio e prodotte in edizione limitata, delle vere opere d’arte di ingegneria che raggiungono cifre da capogiro come il modello Zeppelin, ultimo nato in casa Maybach, che si aggira attorno ai 470.000 euro. Ovviamente il modello Zeppelin doveva essere pubblicizzato nella giusta maniera, con un tocco di classe ma anche di eccentricità cose che piacciono sempre alla ricca borghesia a caccia di auto sempre più sfarzose. Per la campagna pubblicitaria è stato quindi assoldato il più esagerato e celebre fotografo del momento: David LaChapelle.

Irving Penn il fotografo della gente comune

 Importante retrospettiva la Getty Center di Los Angeles che fino al prossimo 10 gennaio ospiterà la mostra Small Trades dedicata al talento fotografico di Irving Penn (1917-2009). Il grande maestro della fotografia ha iniziato la sua carriera lavorando per Vogue come fashion photographer e creando immagini con linee pulite, toni brillanti e composizioni bilanciate che gli hanno garantito un un posto nel mondo dell’arte molto prima che Juergen Teller fosse in grado di sorreggere il peso di una macchina fotografica.

Nei primi anni ’50 il celebre fotografo cominciò ad espandere il suo campo d’azione viaggiando a Londra, Parigi e New York. Fu in quegli anni che Penn decise di dare una sterzata artistica alla sua carriera di fotografo e diede inizio alla serie Small Trades di cui il Getty Museum mette in mostra una vasta collezione di opere. Penn decise di ritrarre semplici lavoratori e cominciò a fotografarli nel suo studio con dei fondali neutrali senza altri orpelli in grado di distogliere lo sguardo dello spettatore dal soggetto principale. Ogni soggetto era in piena uniforme di servizio e corredato da tutti gli oggetti che servivano all’espletamento della sua mansione.