Janice Kerbel: Kill the Workers!

La grammatica è teologia! È nella grammatica che tutto avviene, nelle sue strutture, nulla di nascosto, tutto davanti ai nostri occhi. Alla luce di questo, partendo dai suoi elementi fondativi, tutto può essere ripensato, ridefinito, visto con occhi nuovi; ed è proprio questo il perno della ricerca dell’artista canadese Janice Kerbel.

Il suo ultimo lavoro Kill the workers!, ideato per la Chisenhale Gallery di Londra, consiste proprio in una messa in scena teatrale data dal solo utilizzo del materiale luministico. ‘A play for stage lights’, come la definisce l’artista stessa. In questa rappresentazione, che ha tutte le caratteristiche di una piece teatrale, non vengono presi in considerazione alcuni elementi fondamentali quali ad esempio la presenza degli attori o, ancora più fondamentale, il ruolo e la posizione del pubblico. L’opera dunque è concepita come una struttura a sé stante attraverso cui generare nuove forme esperenziali. In questo caso si sottolinea, in particolare, il valore espressivo dell’elemento luministico e la sua capacità autoreferenziale, un valore manifesto che, se facciamo fatica a riconoscere in un’immagine fotografica, appare qui invece evidente.

Alex Cecchetti al project space di Kaleidoscope a Milano

Il project space di Kaleidoscope ospita The Two Magicians, un progetto di Alex Cecchetti (1976, Terni; vive e lavora a Parigi).  Il lavoro di Cecchetti è caratterizzato dalla capacità di dare vita, attraverso un’ampia varietà di media, a situazioni che innescano relazioni critiche tra cose e individui. Tali relazioni si rivelano presto come grimaldelli utilizzati dall’artista per indagare il sorgere di tensioni e attriti, e al contempo mettere in discussione il principio di autorialità individuale.

Nella serie di performance I giocatori, ad esempio, Cecchetti invita ogni volta un diverso artista a confrontarsi con lui in un dialogo fatto non di parole ma bensì di oggetti, azioni e materiali, che si accumulano dando vita a un assemblage in continua evoluzione, fino alla resa di uno dei duellanti. Il 3 aprile alle ore 18.30, Cecchetti presenterà The Two Magicians, una performance concepita appositamente per gli spazi del project space di Kaleidoscope che lo pone in relazione con la danzatrice Julia Cima.

Premio Ariane de Rothschild 2011. Alla scoperta dei giovani artisti italiani

Sono stati selezionati i diciotto giovani artisti della V edizione del Premio Ariane de Rothschild, che quest’anno presenta una “fotografia” dello stato dell’arte contemporanea in Italia. Gli artisti, cittadini italiani o residenti in Italia da più di due anni, con età compresa tra i 22 e i 35 anni, sono stati nominati da un comitato di sei critici – individuati dai due curatori del Premio, Laura Barreca e Marcello Smarrelli – e saranno i protagonisti della mostra promossa dalla Fondazione Ariane de Rothschild in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e allestita dal 6 aprile al 1 maggio 2011 negli appartamenti storici di Palazzo Reale a Milano.

Le numerose opere esposte saranno selezionate dai curatori tra quelle che meglio esprimono il linguaggio e la ricerca propri degli artisti. Il 5 aprile, nel giorno d’inaugurazione dell’esposizione, si riunirà la giuria internazionale che individuerà l’artista vincitore di questa edizione italiana del Premio Ariane de Rothschild, al quale sarà assegnata una borsa di studio per un anno presso il Central Saint Martins College of Art and Design di Londra.

Jay Heikes – The Material Mine


Federica Schiavo Gallery
inaugura l’8 aprile The Material Mine, la seconda mostra personale di Jay Heikes in galleria. Per i tre spazi espositivi l’artista ha concepito una nuova serie di lavori che prosegue il suo interesse e la sua ricerca sulla natura intrinseca dei materiali e le loro identità inerti.

Nella prima sala è presentata una grande scultura realizzata con ferro e bronzo. Il processo di realizzazione della scultura prevede che il bronzo fuso sia colato in uno stampo contenente scaglie di ferro ricoperte di gommalacca. I due metalli si combinano assieme producendo una ‘lega di repulsione’. L’associazione impossibile di bronzo e ferro, in questa scultura dalle forme organiche simili a rami, evidenzia la bizzarra coesistenza di allusioni culturali e artistiche che, nonostante tutto, si uniscono in un’unica forma che appare assolutamente naturale e plausibile.

Continua l’Ikea Art con le foto di Guillaume Janot

Ne abbiamo parlato diverse volte ed abbiamo più volte discusso questo bizzarro fenomeno assieme a Luca Rossi. Stiamo parlando dell’Ikea Art, vale a dire una fantomatica corrente non-scritta e non-teorizzata che sembra però mietere molte vittime tra le nuove generazioni creative di tutto il mondo. L’Ikea Art è una vera e propria sindrome che spinge il giovane artista a replicare comportamenti e stilemi propri della celebre catena di mobili made in Sweden.

Ecco quindi che l’artista emergente trae le sue forme, le sue manifestazioni estetiche e persino i colori da quel mobilio a basso costo ma dal gusto minimal che ormai tutti abbiamo dentro le nostre case. Scommettiamo che anche voi avete nella vostra abitazione almeno un mobiletto o un complemento d’arredo firmato Ikea. All’epoca, quando lanciammo queste discussioni con Luca Rossi, furono in molti a scriverci dell’inconsistenza dei nostri ragionamenti.

Damien Hirst, Marc Quinn e i Duran Duran guidano la rivolta inglese

Quando il mondo della cultura made in England si arrabbia (per non pronunziar altre parole) lo fa sul serio. Come già anticipato in altri nostri articoli, il governo britannico ha proposto di rialzare le tasse universitarie annuali a circa 14.000 dollari (9.000 sterline circa). Ovviamente gli studenti di tutto il Regno Unito si sono subito opposti a questa incredibile e sfrontata richiesta ma la loro protesta è stata in queste ultime ore rilanciata da altre figure di spicco. Un gruppo di 90 tra artisti visivi, musicisti ed altre figure creative della Union Jack si è infatti unito alla sommossa popolare, portando nuova linfa a sostegno di una causa che ci sembra più che giusta.

Tra i magnifici 90 svettano i nomi degli artisti Damien Hirst, Marc Quinn e Rachel Whiteread, dei musicisti Mick Jones (Clash),  Bobby Gillespie (Primal Scream),  Nick Rhodes (Duran Duran) e dei fashion designers Stella Mc Cartney e Lily Cole. Il bello è che i magnifici 90 non hanno solamente cercato di dare un aiuto morale ai giovani studenti ma si sono offerti di pagare le multe di questi ultimi al grido di “Can’t pay your fees? We’ll pay your fines!(non potete pagare le rette? noi pagheremo le vostre multe!), incitando così i giovani ad una sana disobbedienza nei confronti di uno stato ladrone.

Weihai Road 696, quando Shanghai non ama i suoi artisti

Se Londra, Berlino, New York e molte altre metropoli del mondo si sono trasformate negli anni in vere e proprie capitali dell’arte contemporanea, Shanghai potrebbe vincere il premio come città meno ospitale di tutta la creatività internazionale. Già, la città più popolosa della Cina nonché metropoli più popolosa del mondo, non è proprio il posto ideale per uno studio d’artista. Ne sa qualcosa il povero Ai Weiwei che pochi mesi fa era stato invitato a costruire uno studio proprio dalle autorità governative cittadine, vale a dire le stesse che hanno poi raso al suolo ogni centimetro quadrato di quel piccolo tempio della creatività.

Ebbene, in questi ultimi giorni altri artisti locali si sono trovati a sperimentare sulla loro pelle le difficoltà di essere creativi a Shanghai. Da ormai quattro anni infatti una colonia di artisti dissidenti si è stabilita in una fabbrica abbandonata nel centro della città, a pochi passi da Nanjing Road, la fashion street sede del main store cinese di Louis Vuitton. In poco tempo la colonia creativa ha ribattezzato quel distretto creativo come Weihai Road 696, dando vita ad una scena artistica caratterizzata da un estremo sentimento di avanguardia il quale molto spesso non incontra i favori dell’arte commerciale.

Zimoun, la parte vitale del suono

E’ sempre più difficile imbattersi in una forma d’arte concettuale o minimal che riesca  ad esplorare territori non ancora battuti dai maestri del passato, come è quasi impossibile ascoltare oggi un qualsiasi esperimento sonoro che non risulti banale o già sentito. Eppure la scena dell’arte contemporanea in questi ultimi tempi ha sfornato un vero e proprio talento, si tratta di un artista svizzero classe 1977 capace di fondere concettuale, minimal e musica sperimentale all’interno di installazioni che riescono ad affascinare lo spettatore grazie ad un’estetica primordiale ed una nuvola sonora che trova nella perpetua reiterazione del moto il suo punto di forza.

Questo giovane artista autodidatta risponde al nome di Zimoun ed a parte una fugace apparizione allo spazio Die Schachtel di Milano nel 2007 ed una al Syncronie Festival sempre nella stessa città nel 2008, si è visto raramente dalle nostre parti. Eppure in Svizzera come nel resto del mondo Zimoun ha già collezionato un buon numero di partecipazioni a festival e mostre all’interno di spazi istituzionali.

Esotismo e processualità nell’opera di Enrico Piras

Enrico Piras - Exotic exercises series

Osservando il lavoro di Enrico Piras (Cagliari, 1987), possiamo riscontrare in primo luogo un’attitudine processuale. Tale attitudine è orientata all’individuazione di toponimi di senso a cui l’uso ordinario ha sottratto la referenzialità. L’artista usa differenti medium, dall’approccio individuale e pittorico all’appropriazione di immagini e documenti che, assemblandosi, generano nuove forme possibili. Tali forme però sono aperte ad accogliere suggestioni varie, si attivano attraverso l’esperienza soggettiva e non prevedono un unico risultato.

In Cabinet de souvenirs questo processo è particolarmente manifesto. Il souvenirs è il feticcio per eccellenza. Esso assume su di sè l’accezione della memoria, attraverso esso è possibile tracciare la mappa di una individualità storica, geografica, sensibile. L’opera si configura come agglomerato di oggetti, per lo più dal carattere naif, Piras se ne serve per costruire identità fittizie, per mostrare ciò che altrimenti sarebbe impossibile dire, mostrare un’attitudine appunto.

Habitat Tricolore alla Triennale Bovisa di Milano

In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia Triennale VisionLab inaugura Habitat Tricolore alla Triennale Bovisa di Milano (dal 17 marzo al 17 aprile 2011), installazione che ospiterà durante tutto il 2011 laboratori, eventi, exhibitions e conferenze del progetto Triennale VisionLab attivato dalla Triennale di Milano e Politecnico di Milano. L’installazione curata da Alberto Pizzati Caiani che riveste le pareti dello spazio permanente di VisionLab si arricchisce dell’intervento del graphic designer Vito Manolo Roma che ha curato la grafica delle 150 parole che campeggiano sul Tricolore dell’installazione. Il suo segno caratterizza anche la prima copia d’Artista del Mazzo di 150 Carte del gioco di parole Tavoli Liquidi.

L’Habitat Tricolore di VisionLab ospiterà la prima partita del gioco di parole Tavoli Liquidi, 150 parole d’arte e scienza per parlare d’Italia come si parla di calcio al Bar. Un gioco inedito, aperto al pubblico, fatto di parole à la carte per discussioni animate. Non si vince nulla: si gioca, si tifa, si brinda ai giocatori, artisti e scienziati visionari. 150 parole d’arte e scienza per parlare d’Italia come si parla di calcio al Bar

Roma: “ci sono spazi per l’arte, basta farne richiesta”. Sarà vero?

L’ultimo appuntamento del progetto Reload Roma alle ex officine automobilistiche di viale Arcangelo Ghisleri lo scorso 10 marzo 2011, ha avuto per me un’importanza fondamentale che potrebbe dar vita a dei risvolti interessanti sul fronte arte emergente. Chi scrive ha infatti presentato alle istituzioni, in tempi non sospetti, varie richieste per la concessione di spazi temporaneamente vuoti per sviluppare eventi di arte emergente in tutto il territorio romano. Il più delle volte quei progetti e quelle richieste sono cadute nel vuoto e nell’indifferenza generale.

A Reload è stata quindi presentata una tavola rotonda sulle potenzialità culturali, economiche e di ricaduta sul territorio di una pratica come l’utilizzo a fini culturali di spazi temporaneamente vuoti. Sono intervenuti, fra gli altri, il direttore del MACRO Luca Massimo Barbero,  il direttore del MAXXI Anna Mattirolo, l’assessore della Provincia di Roma Cecilia D’Elia e l’assessore di Roma Capitale Dino Gasperini.

Dopo il terremoto il Giappone chiama a raccolta i creativi sopravvissuti

Il terribile terremoto dell’11 marzo in Giappone ha già mietuto le sue vittime. Si parla di 3.000 persone tra morti e dispersi, vittime di una scossa di 8,9 gradi della scala Richter e di un conseguente Tsunami che ha letteralmente messo il paese in ginocchio. Intanto la situazione nell’impianto nucleare di Fukushima è ancora in allarme, secondo quanto riferito dal premier giapponese Naoto Kam.

A questo punto il popolo della creatività del Sol Levante ha già lanciato un’importante servizio per la ricerca di artisti dispersi.

FERNANDA VERON – A dream of the Unknown

Giovedì 31 marzo 2011, dalle ore 19:00 la Galleria Overfoto di Napoli inaugura la mostra A Dream of the Unknown, personale di Fernanda Veron a cura di Micol Di Veroli.

Il sogno è una condizione pura, una commistione di simboli e segni non contaminati dalla razionalità quotidiana che genera una folta schiera di immagini altrimenti invisibili. Mediante l’azione onirica si manifestano visioni ultraterrene, scenari fantastici od orrorifici, forme di pensiero che non appartengono alla realtà. In questo universo ancora inesplorato sembra quasi di udire la parola rivelata del divino od il nero richiamo delle forze occulte, tutto questo all’interno di un’ambivalente danza crepuscolare dove ogni percezione viene amplificata ed ogni misteriosa figura si trasforma in presagio.