Il Turner Prize 2009 truccato, bruciante realtà o denigratoria menzogna?

Sono stati in molti a lamentarsi di inciuci e contro-inciuci nei premi artistici nazionali. Le lamentele sono sempre le solite, giuria che favorisce i soliti nomi e curatori furbetti che ricambiano favori ad artisti e gallerie. Ebbene se pensate che tutto ciò succede solo da noi ed è quindi il momento di emigrare all’estero perchè li fanno le cose in modo pulito e gli artisti sono rispettati, allora forse vi state sbagliando.

Lo scorso anno infatti erano stati in molti a lodare il comitato del prestigioso Turner Prize britannico per aver condotto un’edizione senza scandali ma adesso sembra che i complimenti siano arrivati troppo presto. Charles Thomson, artista co-fondatore insieme a Billy Childish del movimento Stuckism (che più volte ha criticato il Turner Prize), ha violentemente attaccato il vincitore dell’edizione 2009 Richard Wright, facendo notare che l’artista è amico di vecchia data di Charles Esche, direttore del Van Abbemuseum di Eindhoven nonché membro della giuria del premio.

Tino Sehgal e l’arte evanescente al Guggenheim Museum

 Se avete sempre desiderato vedere l’interno del Guggenheim Museum di New York nel suo stato originale allora forse questo è il vostro momento. In occasione della mostra personale dedicata a Tino Sehgal (fino al prossimo 10 marzo) infatti la grande spirale, precedentemente accesa dalle opere di Kandinsky, è stata completamente svuotata e non si vede l’ombra di un dipinto nemmeno a pagarlo oro. Ma a guardarlo bene lo spazio non è del tutto vuoto, sul pavimento della celebre rotunda un uomo ed una donna giacciono avvinghiati in un morbido e lento abbraccio.

Nelle rampe sovrastanti invece alcune persone camminano con passo leggero e parlano insieme in modo amicale mentre nuovi partecipanti si uniscono al discorso ed altri se ne vanno. L’arte di Seghal è quasi interamente composta da queste performance caratterizzate da incontri sociali, pseudo balletti e atti teatrali. L’artista ha studiato danza ma è più avvezzo a musei, gallerie e fiere d’arte. Il lavoro di Sehgal verte sui sistemi economici e sul processo distruttivo della tecnologia, il tutto in relazione all’industria dell’arte. Il suo obiettivo è quello di creare un contro-modello, una situazione dal niente che lentamente svanisce senzar lasciare una traccia fisica e soprattutto senza lasciare opere da vendere sul mercato.

Tutti pazzi per il gossip

Vi proponiamo una serie di articoli in ordine sparso che abbiamo raccolto dai nostri archivi cartacei nel corso degli anni. Alcune notizie sono talmente bizzarre che potrebbero essere vere, altre sono talmente vere da passare per false. A voi il gusto di crederci o no.

Frank Gehry ha ammesso di non aver mai progettato i suoi musei pensando alle opere d’arte da ospitarci: “Il mio lavoro è già arte, sono un archistar” ha dichiarato l’architetto ad un reporter russo durante un party su di uno yacht ancorato nei pressi delle coste tunisine. Gerhy ha già sviluppato un progetto per il museo d’arte contemporanea di Odessa che si spera porterà più di 500 milioni di dollari annui nelle casse cittadine grazie al turismo di massa ed ai diritti di riproduzione delle fotografie della struttura nelle pubblicazioni di tutto il mondo.

L’editore di Artforum invitato ad un dibatto sulla critica d’arte a Huston non è stato in grado di rispondere ad una domanda su di un articolo apparso sul suo magazine. La giustificazione dell’editore è stata:”Andiamo, io non leggo gli articoli! Lo sanno tutti che i giornali d’arte esistono solo per vendere spazi pubblicitari”. Dopo tale affermazione il pubblico è rimasto un poco spiazzato ma in seguito ha posto all’editore alcune domande sulla pubblicità all’interno dei magazine d’arte. L’editore questa volta ha risposto con esauriente professionalità.

Artefiera Bologna 2010, il meglio visto da GlobArtMag

Michael Johansson

E domenica finalmente la neve è caduta su Bologna, silenziosa e padrona del mondo ha coperto i soliti chiacchiericci su chi ha venduto e chi no, sulla crisi economica, sui vip e sui presunti tali. Già perchè Artefiera ancora una volta ha ritrovato se stessa riconfermandosi come  grande evento che attira ogni anno un sempre più grande bacino di pubblico riuscendo a catalizzare l’intera attenzione della scena artistica italiana. La crisi ha forse spinto i dealers ad una più consona prudenza, ad un porsi dietro i sacchi di sabbia ma con le armi ben affilate. Di sperimentazioni e di cose molto più pacate se ne son viste, in un preciso bilanciamento che non ha mai superato la misura ed ha contribuito ad acuire il successo dell’evento. Vorrei qui di seguito elencare in ordine sparso le offerte gallerie nazionali che più hanno colpito la mia immaginazione, scusandomi se qualcuno è rimasto fuori da questa personalissima lista che non ha il piglio della critica ragionata ma si riallaccia alla libertà propria del pensiero creativo.

Ben pesato e ben pensato lo spazio della Galleria Continua, Loris Cecchini su tutti ma di ottime proposte, da Michelangelo Pistoletto, Hans Op de Beeck e Shilpa Gupta, la galleria di San Gimignano ne ha sfoggiate parecchie. Monumentale sino a sfiorare la bellezza di una mostra museale lo spazio di Lorcan O’Neill di Roma che con l’installazione di Richard Long ha ampiamente rimborsato a tutti il prezzo del biglietto, sugli scudi anche Pietro Ruffo e la prezzemolina Tracey Emin.

Polaroids, un libro per Dash Snow tra arte e vita

Della morte del compianto Dash Snow ne abbiamo parlato ampiamente negli scorsi mesi estivi fiino a informarvi sulla sua mostra-camera ardente alla Deitch Projects di New York. Oggi però vogliamo tornar a parlare di questo giovane artista in concomitanza con l’uscita di un libro postumo comprendente una larga parte della sua celebre collezione di Polaroid. Il libro in questione si intitola semplicemente Dash Snow: Polaroids ed ad un’attenta scorsa ci ha suggerito alcune riflessioni.

E’ difficile approciarsi obiettivamente al libro, carico com’è di emozioni e ricordi di una vita troppo breve. Ma chi era veramente Dash Snow? Forse un artista outsider e fuorilegge, il Baudelaire di Downtown (come lo ha definito un critico americano) o forse un ragazzo complicato ma non talentuoso, proveniente da una famiglia ricca. Certo è che Snow è cresciuto tra opere di Rauschemberg e Twombly, sua nonna, Cristophe de Menil è una nobildonna parigina che ha ammassato una delle più grandi collezioni d’arte moderna di tutti gli Stati Uniti.

Haiti: il terremoto distrugge anche l’arte

A poco più di due settimane dal terribile terremoto che il 12 gennaio ha raso al suolo Haiti stroncando la vita di almeno 150.000 persone,(Alcuni esperti stimano che le morti saliranno a più di 200.000 persone, più del 2 percento della popolazione) le autorità cittadine sono alle prese anche con gli ingenti danni al patrimonio culturale nazionale. Stando a quanto riportato sul New York Times molti degli edifici storici della città sono stati irreparabilmente distrutti, incluso il palazzo della Corte Suprema, la cattedrale di Notre Dame, la cattedrale della Santa Trinità ed il Palazzo Nazionale, casa in stile rinascimentale francese del presidente haitiano.

In merito a questo gravissimo disastro Axelle Liautaud, un celebre art dealer del luogo ha dichiarato: “Ovviamente dobbiamo occuparci prima delle persone ma se siamo ancora una nazione, anche dopo tutta questa disperazione, è anche grazie alle nostre forti radici culturali”.

Jim Hodges…Love ect.

Dal 5 febbraio al 5 aprile 2010 la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia accoglie l’artista americano Jim Hodges per la sua prima personale in uno spazio pubblico italiano, coprodotta con il Centre Pompidou di Parigi e il Camden Arts Center di Londra. Artista riconosciuto sulla scena americana, Jim Hodges presenterà una sessantina di opere offrendo una panoramica del lavoro e del singolare universo di questo artista d’eccezione.

Jim Hodges, nato nel 1957 nello stato di Washington, sviluppa, sin dalla fine degli anni Ottanta, un lavoro radicale e originale in cui il disegno è onnipresente. Affronta la fragilità, la temporalità, l’amore e la morte, ispirandosi alla natura e utilizzandone il lessico. Il risultato è di una semplice ed evidente bellezza. Caratterizzata da aspetti molto contrastanti, l’opera di Hodges può rivelarsi minimalista per la sobrietà di alcuni suoi lavori o barocca per la sua esuberanza, per la ricchezza dei materiali e l’uso di colori sontuosi e cangianti.

Atto vandalico sull’opera di Mike Kelley alla Fondazione Francois Pinault

Gli atti di vandalismo ai danni delle opere d’arte sono ormai all’ordine del giorno ma quando succedono all’interno delle mura di casa Italia, per di più in una delle città simbolo dell’arte contemporanea come Venezia con l’ulteriore aggravante che a compiere il misfatto è stato proprio un personaggio che dovrebbe amare e rispettare l’arte in tutte le sue manifestazioni ci sembra sconcertante. Il fatto è accaduto diversi giorni fa ma la notizia ha cominciato a diffondersi solo nelle ultime ore.

La vittima di turno è la pomposa e chiacchierata Fondazione Francois Pinault che durante la scorsa Biennale di Venezia è riuscita a catalizzare l’attenzione di pubblico e critica ed ultimamente è stata accusata da Achille Bonito Oliva e da Monique Veute (dimissionaria direttrice di Palazzo Grassi) di creare immobilismo in Laguna. Evidentemente tali polemiche hanno fatto scattare uno scellerato meccanismo mentale che ha spinto G.D.M. (la stampa non ha reso noto il nome dell’uomo) critico e curatore di 66 anni abbastanza conosciuto nel vicentino a staccare un pezzo di una scultura in vetro di Mike Kelley dal titolo Kandor’s Full Set che era appunto ospitata dalla Fondazione Pinault.

Oleg Kulik, L’uomo-cane trasforma la Galleria Pack in un labirinto senza possibilità di uscita

La Galleria Pack di Milano inaugura il 16 febbraio la mostra Deep into Russia di Oleg Kulik. L’uomo-cane, che ha spiazzato con le sue performance al limite del tribale il pubblico del mondo dell’arte internazionale, realizzerà un progetto appositamente ideato per gli spazi della galleria.

Artista, scultore, performer, fotografo, curatore e da alcuni anni fondatore di un movimento politico per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, Oleg Kulik (Kiev, 1961), è riconosciuto per essere uno degli artisti più profondamente radicali del panorama artistico russo e internazionale.
“Nihil inhumanum a me alienum puto”, Kulik si è appropriato modificandola di una citazione di Terenzio (Humani nihil a me alienum puto) come statement di una sua monografia, dichiarando di non ritenersi estraneo a tutto ciò che non è umano. È questo l’assunto che può essere preso come uno dei corollari della sua ricerca e attraverso il quale si possono definire le caratteristiche peculiari della sua opera che affonda le proprie radici nel contesto sociale e culturale della Russia sovietica e post-sovietica. L’universalità del suo messaggio risiede nel riconoscimento del conflitto tra cultura e natura provocato dal processo di civilizzazione che ha investito l’uomo moderno.

La bellezza della distanza e la Biennale di Sidney 2010

Anche il 2010 è anno di Biennali dell’arte e più precisamente è l’anno della 17esima Biennale di Sydney grande manifestazione che raccoglie artisti da ogni parte del globo ed aprirà le sue porte il prossimo 12 maggio rimanendo in visione fino al 1 agosto. Il  titolo scelto dal nuovo curatore, David Elliot è quanto mai azzeccato in questi tempi di incertezza e ristrettezze economiche: The Beauty of Distance (Songs of Survival in a Precarious Age) che suona un poco come “La bellezza della distanza (canzoni di sopravvivenza in un’epoca precaria)”, incipit pomposo ed alquanto poetico.

Ma in che modo la distanza si può trasformare in bellezza? Secondo Elliot la distanza ci permette di essere noi stessi, con le nostre differenze e caratteristiche peculiari che aiutano a creare un’offerta creativa variegata ed eterogenea. Per scelta del sottotitolo, Elliot afferma di riferirsi al potere dell’arte che riesce ad imporsi su minacce come le guerre, la fame nel mondo ed il riscaldamento globale. Sebbene l’arte non è in grado di sconfiggere tali piaghe, in un certo qual modo può servire a convogliare e sensibilizzare l’opinione pubblica su certe scottanti tematiche.

Chris Burden alla Gagosian Gallery di Roma

La Gagosian Gallery inaugura il 13 febbraio la prima mostra di Chris Burden a Roma in oltre trenta anni. In The Heart: Open or Closed l’artista prosegue la sua ricerca sulle costruzioni architettoniche e sul ruolo che queste ricoprono nel riflettere differenti culture. In tre opere individuali ma in relazione fra loro, l’artista esplora l’estetica e le possibilità metaforiche di architetture stravaganti.

Da un lato della sala ovale Burden ricrea Nomadic Folly (2001). Presentata per la prima volta nel settembre 2001 alla Biennale Internazionale di Istanbul, questa installazione è la sua interpretazione fantastica di una sofisticata tenda nomade. La struttura è composta da un’ampia piattaforma in legno di cipresso e da quattro grandi ombrelloni. I visitatori possono soffermarsi e rilassarsi sotto la tenda rivestita di sontuosi tappeti e decorata da corde intrecciate, lampade e oggetti in vetro e metallo, ricche stoffe tradizionali ricamate con fili scintillanti. Una dolce e seducente musica turco-armena si diffonde dall’interno.

Gennaio tempo di arte contemporanea: Mostre nel mondo

Globartmag è sempre attento a ciò che succede in giro per il mondo, oggi ad esempio abbiamo intenzione di fornirvi una piccola lista delle più interessanti mostre di gennaio, per cui se avete intenzione di andare all’estero non mancate di presenziare ad uno seguenti eventi:

La galleria Contemporary Fine Arts di Berlino propone fino al 14 gennaio una retrospettiva dedicata ai malefici fratelli dell’arte Jake & Dinos Chapman. Nel corso della mostra che prende il titolo di Shitrospective il duo artistico ricrea le più importanti sculture ed installazioni della loro carriera sotto forme di miniature fatte di cartone.

 La galleria Susan Inglett di New York presenta fino al 23 gennaio una divertente mostra del collettivo Bruce High Quality Foundation, formato da cinque artisti anonimi che rispondono tutti al nome di Bruce. Il gruppo ha deciso di lanciare una personale università (fuori legge ovviamente) ed organizzare lezioni di materie come “manipolazione della metafora”. L’evento in questione dal titolo Bruce High Quality Foundation University è in realtà la mostra di fine semestre della bizzarra università.

Inizio 2010 sprint per il Macro di Roma

Il 2010 del Macro di Roma comincia con un calendario fitto di eventi, dal 23 gennaio al 5 aprile l’istituzione museale presenterà infatti una serie di mostre del tutto interessanti:

Macroradici del contemporaneo: A Roma la nostra era avanguardia
Con un omaggio unico e sorprendente a Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70 e Contemporanea, la mostra accompagnerà il pubblico alla scoperta di una Roma d’avanguardia, tra laboratorio critico e underground: un racconto per immagini dedicato all’attività di Graziella
Lonardi Buontempo
, per scoprire come una grande passione per l’arte contemporanea ha dato vita a una nuova visione della cultura.

Roommates/coinquilini: Valentino Diego, Pietro Ruffo Con Valentino Diego e Pietro Ruffo, proposti rispettivamente dalle curatrici Sabrina Vedovotto e Ilaria Marotta, inizia il secondo appuntamento del ciclo di mostre roommates/coinquilini, grazie al quale il MACRO si apre al lavoro di altri giovani curatori e artisti della scena romana. Una stanza del museo diviene così un appartamento “artistico” in cui convivono identità diverse – un contesto in cui le differenze rimangono visibili e allo stesso tempo si determinano situazioni di incontro e di scambio.

Enzo Cucchi – Costume Interiore La hall del Museo ospita una visionaria torre di Enzo Cucchi, composta da tre forme cilindriche sovrapposte in metallo praticabili dal visitatore, il quale è invitato ad entrarvi per scoprire l’universo di immagini in esse racchiuso, fatto di presenze antropomorfiche e volumi sospesi (teste, teschi, agglomerati di pittura, sfere sottili), che risuonano come un contrappunto al contempo emotivo e visivo: un “costume interiore” appunto.

James Franco trasferisce General Hospital alla Deitch Projects

 James Franco, la star di Hollywood che ha girato numerosi film di successo come la saga di Spiderman diretta da Sam Raimi, ha intenzione di gettarsi a capofitto nel mondo dell’arte contemporanea. E’ da diversi mesi infatti che l’attore collabora con il video artista Carter, insieme i due hanno già realizzato di un’opera di video arte intitolata Erased James Franco che è stata presentata nel corso di prestigiose manifestazioni come il Guggenheim Art Awards 2009 ed Art Basel Miami Beach oltre che al MoMa di New York.

Si mormora che Franco sia pappa e ciccia con Klaus Biesenbach, nuovo capo del P.S.1 Contemporary Center e curatore capo del MoMa. L’attore parteciperà ad una mostra alla celebre galleria newyorchese Deitch Projects, il progetto presentato è alquanto bizzarro. Franco ha ultimamente partecipato in diversi episodi della serie General Hospital, ora l’attore avrebbe intenzione di girare una puntata speciale della serie (curando la regia) direttamente in galleria sviluppando così una performance che si tramuterà in una soap opera nella soap opera.