James Magee il più grande artista sconosciuto degli Stati Uniti

In un interessante articolo del Wall Street Journal ci siamo imbattuti in un outsider decisamente interessante. Si tratta di James Magee, apostrofato come il più grande e sconosciuto artista americano ancora in vita. In effetti Magee, classe 1946, in tutta la sua carriera ha prodotto poco più di cento opere al limite tra lo scultoreo e l’installazione, molte delle quali sono talmente massicce e pesanti da richiedere mura rinforzate in caso di affissione.

I collezionisti sono quindi spaventati da tale caratteristica come lo sono i galleristi che di quando in quando visitano il suo studio a metà tra un’officina ed una discarica. I dealers molto spesso abbandonano Magee, giudicando le sue opere invendibili. Eppure questo eccentrico e visionario artista ha prodotto un’opera sensazionale, anzi precisamente egli è ancora al lavoro per ultimarla.

Outsider art e misteri da David Zwirner a New York

La prestigiosa galleria David Zwirner di New York ha deciso di battere la calura estiva ed ha presentato un summer show decisamente interessante dal titolo The Evryali Score (che fra l’altro si conclude proprio stasera), organizzato dal curatore Olivia Shao. Lo spazio ha messo in mostra una discreta quantità di opere su carta, video ed oggetti molto misteriosi ed apparentemente slegati che sulle prime potrebbero prendere il pubblico in contropiede.

Il titolo dell’evento è ispirato alla composizione Evryali, opera musicale per pianoforte del greco Iannis Xenakis (1922-2001) a sua volta ispirata ad una delle tre gorgone, figure della mitologia greca dall’aspetto mostruoso. La caratteristica principale che lega le opere in mostra è che le stesse sono state perlopiù create da artisti poco noti, a dire il vero molti di essi sono dei completi outsider.

Essere artisti emergenti a 76 anni

In piccolo villaggio del Kent abitano due artisti che da tempo vivono assieme, anzi per dirla tutta sono sposati. Uno di loro si chiama Rose Wylie, una pittrice che è solita lavorare ogni giorno con grandi tele non intelaiate. A dirla tutta Rose lavora su tre o quattro tele per volta e molto spesso dipinge sul pavimento. Le sue opere tappezzano tutta l’abitazione, vene sono stipate in ogni muro e penzolano persino dal soffitto. Insomma la casa è zeppa di tele per un unico motivo: Rose non vende le sue opere.

I galleristi hanno tentato di fargli produrre tele di piccole dimensione ma l’artista non riesce a ridurre in piccolo le sue enormi composizioni. Così Rose continua imperterrita ogni giorno a dipingere i suoi quadri simili a giganteschi cartelloni pubblicitari, a volte dipinge una figura per 50 volte, incollando pezzi di tela sulle parti che non le vanno a genio e ricominciando a creare partendo da zero. Il National Museum of Women in the Arts di Washington DC ha recentemente organizzato una mostra dal titolo Women to Watch, evento atto a portare in evidenza il lavoro di artiste donne emergenti o sottovalutate e su sette artiste che provengono dagli Stati Uniti, solo una è inglese.

I Raggi X scoprono un dipinto misterioso di Robert Lenkiewicz, il pittore Bohemienne

Robert Lenkiewicz è stato un pittore decisamente sopra le righe tanto da guadagnarsi l’appellativo di Bohemienne del ‘900. Le opere dell’artista sono state ignorate per tutta la durata della sua carriera e solo a morte avvenuta il mondo dell’arte britannico si è accorto di lui e del suo colorato stile in bilico tra Francis Bacon, Lucian Freud e l’art brut. Lenkiewicz ha immortalato su tela un’intera (e scomoda) generazione fatta di criminali, pescatori, punks, skinheads, senza tetto e belle ragazze smaliziate (molte delle quali divennero sue amanti).

Forse è stato un artista mediocre, forse un genio ma senz’altro ha lasciato una traccia nel mondo dell’arte contemporanea. Lenkiewicz si sposò e divorziò per ben tre volte ed ebbe 11 figli da altre donne.  Spese tutta la sua vita dipingendo con pennelli ricavati dai suoi capelli, e raccogliendo nel suo studio di Plymouth clochards e alcolizzati. Nel 1973 lo studio divenne zeppo di senzatetto e Lenkiewicz costrinse le autorità comunali a concedere ai malcapitati una dimora nei magazzini abbandonati della città.

A Torino un tributo a Roberto Ansaldi aka Ramone

Lunedì 5 Luglio, all’interno dei locali della galleria Spazio Azimut (Piazza Palazzo di Città 8 – Torino), inaugura la mostra-tributo organizzata in ricordo di Roberto Ansaldi aka “Ramone”. Roberto è stato per oltre vent’anni uno di quelli che possono essere definiti i “personaggi” della società torinese: artista, musicista, attore, dj, scrittore, animatore… dagli anni ’80 fino alla sua prematura scomparsa, alcuni mesi fa. Oggi la sua famiglia e i suoi amici rendono omaggio alla sua memoria organizzando una mostra che raccoglie molte delle sue opere: quadri, schizzi, disegni, scritti, pensieri, musiche… che potranno essere osservati e apprezzati fino al 18 luglio (ingresso libero) presso la galleria Azimut.Verrà inoltre presentato un catalogo realizzato grazie al contributo degli amici di ieri e di oggi.

Nel corso dell’inaugurazione si alterneranno in consolle i dj Giusi Brunetti, Lorenzo Lsp e Mauro Dosio, che sonorizzeranno l’evento attraverso una selezione musicale che includerà anche composizioni dello stesso Roby Ramone. Il percorso artistico di Roberto Ansaldi aka Ramone sfugge alle tipiche definizioni e all’individuazione di una scansione temporale che normalmente, con il trascorrere degli anni, mostra all’osservatore il cammino intrapreso.

Vollis Simpson, un simpatico outsider di 91 anni

Da qualche parte nella sperduta cittadina di Lucama nel North Carolina esiste un uomo di nome Vollis Simpson, un simpatico vecchietto di 91 anni che abita in una casa con annessa officina la cui insegna reca scritto Simpson Repair Shop. Simpson ha passato gran parte della sua vita, o per meglio dire del suo tempo libero a creare fantastiche statue ed installazioni in ferro ed altri materiali di recupero.

Opere piazzate in una fantasmagorica discarica che sembrano uscite da un cartone animato o da un giornalino di fumetti. Un uomo di metallo che suona la sua chitarra, un gruppo di cavalli che traina una diligenza, queste sono solamente alcune delle mirabolanti creature del simpatico nonnetto. Simpson ha coltivato il suo talento artistico come una sorta di hobby, usando parti di metallo ed alluminio recuperate dal suo mestiere di riparatore di trattori.

Ion Barladeanu l’artista clochard, dalle stalle alle stelle

Giusto la scorsa settimana gli ospiti della galleria Anne de Villepoix erano decisamente chic, il vino di Bordeaux emanava il suo color rubino attraverso i calici ben ordinati e le assistenti di galleria erano impeccabilmente fasciate dal loro abito giallo canarino, tutto insomma era perfetto per la più tipica delle mostre parigine. Eppure quell’artista che accoglieva gli ospiti con il suo grande cappello da cowboy con fare da vera star del contemporaneo, aveva qualcosa di misterioso ed effettivamente va detto che fino al 2008 nessuno aveva mai sentito parlare di lui.

Il nome di quell’uomo è Ion Barladeanu ed ha vissuto nella sala di raccolta della spazzatura posta all’interno di un blocco di edifici di Bucarest fino alla metà del 2008, data in cui il mondo ha scoperto la sua creatività. Oggi finalmente il sogno di un romeno che è cresciuto adorando le stars dei film francesi ed ha custodito come un tesoro una miniatura della torre Eiffel, si è finalmente avverato ed anche Barladeanu è riuscito a raggiungere l’agognata meta della prima mostra personale su territorio francese.

Tim Miller ha creato 365 dipinti in un anno

La produzione artistica non è certo un problema per Tim Miller, l’artista ha infatti prodotto nel 2009 un dipinto al giorno totalizzando così la bellezza di 365 opere. La cosa ancor più buffa è che l’artista australiano ha usato sempre lo stesso soggetto, il tramonto. Miller ha così catturato la bellezza naturale di 365 tramonti tutti diversi fra loro. Ogni giorno l’artista si ha interrotto le sue attività quotidiane per mettersi a dipingere il cielo in qualunque condizione fosse, incluso il passaggio di un jet a quarantamila piedi d’altezza.

Che cosa significa essere Outsider?

Si è da poco conclusa a New York la Outsider Art Fair , evento fieristico dedicato a tutti gli artisti outsider, ma cosa significa essere outsider? A giudicare dagli artisti rappresentati dalle 38 gallerie presenti in fiera la risposta non è facile. Il termine Art Brut (equivalente di outsider art) è stato inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare le produzioni artistiche realizzate da non professionisti  che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali (autodidatti, psicotici, prigionieri, persone completamente digiune di cultura artistica).

Questo non è sempre vero, visto che molti degli artisti presenti in fiera, come Morton Bartlett (1902-1992) che ha creato negli anni ’50 affascinanti manichini di teenagers, hanno regolarmente frequentato l’accademia. Anche Malcom McKesson (1909-1999), creatore di misteriosi disegni ad inchiostro in cui appaiono figure fantasma, fa parte di questa lista di outsider istruiti. Il disagio mentale è certamente una caratteristica diffusa negli outsider, basti citare Martin Ramirez, autore di eleganti disegni raffiguranti cowboys, treni e paesaggi montani, il quale ha passato molto tempo in ospedali psichiatrici.

La classifica delle personalità meno influenti del mondo dell’arte

Qualche settimana fa vi avevamo parlato della Top 100 di Art Review, classifica dedicata alle personalità più influenti del mondo dell’arte contemporanea. Oggi Hyperallergic ha creato una personale ed ironica classifica con le personalità meno influenti del circuito dell’arte internazionale, realtà e categorie ai bordi del dorato art system che per una ragione o per un’altra non riescono ad entrare nel gotha del sistema. Ai primi posti si è classificato il ragazzo travestito da coniglio che abitualmente passeggia davanti la sede di Gagosian di New York in segno di protesta. Nelle posizioni di testa anche la categoria dei curatori indipendenti, sempre in lotta per racimolare fondi e spazi per i loro progetti artistici.

Al quarto posto seguono gli artisti che non parlano, inglese, francese, tedesco o spagnolo, mentre nel resto del mondo esistono approssimativamente 6.800 idiomi, il sistema dell’arte parla unicamente queste lingue strettamente connesse all’economia. Al quinto posto si piazzano i presenzialisti del vernissage, gente che salta da un opening ad un altro in cerca di un buon bicchiere di vino e patatine, magari in mezzo a loro c’è anche qualche senzatetto ed allora tale funzione sociale ricoperta delle gallerie non sarebbe neanche male.

Peter Howson è al verde e svende le sue opere

 Peter Howson è un artista scozzese, non uno dei più grandi certo ma nemmeno un pittore della domenica visto che nel 1993 ha ricoperto il ruolo di artista di guerra per l’esercito britannico durante il conflitto bosniaco, creando alcune delle più incredibili e controverse opere che fissarono su tela gli orrori e le atrocità di quella insensata lotta fratricida. Nella sua prima spedizione in Bosnia l’artista rimase talmente traumatizzato che chiese di tornare a casa senza aver prodotto nemmeno un disegno. Quando Howson decise di tornare in Bosnia riuscì finalmente a sbloccarsi ma dovette creare le sue opere usando il lucido da scarpe e la cera delle candele poichè una parte del suo materiale artistico era stata rubata.

Lo stile di Howson potrebbe sembrare un poco datato e non consono alla moda contemporanea ma il pittore è largamente apprezzato e vanta tra i suoi collezionisti nomi come David Bowie, Madonna e Jack Nicholson, a cui ha venduto opere per somme elevate arrivando anche a 300.000 sterline al pezzo. Eppure il caso di Peter Howson potrebbe essere un fulgido esempio di come sia possibile per un artista contemporaneo passare dalle stelle alle stalle in un breve lasso di tempo.

Apre The Museum of Everything, il museo dell’arte segreta

 Il circuito dell’arte contemporanea non è certo povero di artisti, anzi casomai potremmo senza ombra di dubbio affermare che ce ne sono già troppi, molti dei quali sono celebri e quotatissimi sui mercati internazionali . Per ognuno di essi esiste però una grande moltitudini di artisti sconosciuti, outsider che non hanno avuto la loro stessa fama e fortuna e che nella maggior parte dei casi potrebbero raccontare storie dense di tristezza ed emarginazione. Basti pensare ad Henry Darger, artista americano con problemi mentali che ha lasciato in eredità migliaia di opere ritrovate solo dopo la sua morte.

Anche l’Italia possiede i suoi artisti nascosti come Carlo Zinelli che dal 1962 al 1968 ha prodotto circa 2000 opere tra dipinti e sculture e che nel 1963 è stato l’unico italiano ad esporre sue opere nella mostra dal titolo Insania Pingens organizzata a Berna in Svizzera, dove attirò l’attenzione di storici dell’arte vicini a Jean Dubuffet, fondatore e scopritore dell’Art Brut. Questi illustri sconosciuti nella maggior parte dei casi hanno indirettamente influenzato le future generazioni artistiche e non a caso molti segni della loro ingenua e primitiva forza creativa sono ravvisabili in molte opere di acclamati artisti internazionali. Artisti segreti insomma, ma a volte anche i segreti vengono rivelati al pubblico e si mostrano nudi, in tutta la loro sconcertante potenza. In questi giorni a Londra è stato inaugurato il Museum Of Everything, un vero e proprio museo dedicato all’arte segreta e reietta.

Daniel Johnston diventa un videogame

L’arte e la musica di Daniel Johnston, artista naive e cantautore lo-fi sgangherato e squinternato che non possiede nemmeno un telefono è diventata un coloratissimo videogame. Già perchè le sue buffe ma bellissime canzoni come Funeral Girl e le sue opere d’arte come Jeremiah the Innocent figureranno in Hi, How Are You? un nuovissimo gioco per iPhone realizzato da Peter Franco e Steve Broumley.

I fortunati giocatori di tale divertente videogame impersoneranno Jeremiah una simpatica ranocchia dai grandi occhi, guidandola attraverso uno psichedelico scenario fatto di demonietti rossi, facce allucinate ed altre funamboliche creazioni dell’amatissimo artista americano. “Abbiamo costruito il videogioco attorno alla storia storia di un uomo che vive la sua vita cercando di trovare il vero amore ma si imbatte ripetutamente in figure maligne e demoniache. In sostanza questa è la storia di Daniel, in perenne lotta con i demoni che vivono all’interno della sua mente” Ha dichiarato Franco ai microfoni del New York Times.

Crop cirles o Land art? in Giappone intanto…

Avete mai sentito parlare dei crop circles? si tratta di cerchi ed altri segni geometrici formati dallo schiacciamento uniforme delle piante solitamente presenti sui campi di grano. Le composizioni formate da questo elaborato procedimento sono solitamente visibili solo dall’alto e la loro perfezione rasenta l’impossibile. A partire dalla fine degli anni ’70 i crop circles sono divenuti una tematica controversa che ha affascinato migliaia di persone in tutto il mondo. La loro analisi ha generato la più disparate teorie e sono in molti a credere che i cerchi nel grano siano in realtà i segni lasciati dall’atterraggio di chissà quali forme di navicelle aliene.

C’è anche chi sostiene che i pittogrammi incisi sui campi di grano contengano messaggi codificati trasmessi in forma grafica da chissà qualche forma di coscienza superiore a cui saremmo interiormente e geneticamente connessi. Marziani o non marziani i cerchi nel grano rappresentano a loro modo una forma di Land art che molto spesso viene misconosciuta dalla scena dell’arte forse anche a causa della loro natura anonima troppo votata all’occultismo ed al mistero. I crop circles non sono però molto lontani da opere simbolo della Land art istituzionalizzata come Spiral Jetty di Robert Smithson o altre opere di Walter De Maria o meglio ancora dagli ultimi lavori del sudafricano Strijdom van der Merwe