Una mostra per svelare cos’è la scultura moderna

La galleria Marcorossi-Spiralearte di Pietrasanta inaugura il 22 agosto la mostra Cos’è la scultura moderna? a cura di Cristina Ghisolfi e Luca Beatrice. La mostra, che riprende il titolo dalla storica rassegna Qu’est-ce que la sculpture moderne? (Centre Pompidou, Parigi 1986), presenta un’accurata ricerca di opere rappresentative del lavoro di otto artisti italiani che lavorano attorno al concetto di scultura figurativa contempoanea senza scivolare nel cliche’ o nel gusto retro’: Giuseppe Bergomi (Brescia 1953), Valerio Berruti (Alba 1978), Nicola Bolla (Saluzzo 1963), Aron Demetz (Vipiteno 1972), Michelangelo Galliani (Montecchio Emilia 1975), Nicola Samori’ (Forli’ 1977), Willy Verginer (Bressanone 1957) e Fabio Viale (Cuneo 1975).

Una ricognizione tutta italiana, attenta si’ alle nuove tendenze ma anche alle perizie manuali cosi’ intrinseche nella tradizione scultorea del nostro Paese. La sede, quella della città di Pietrasanta, nota per la grande scuola di scultura e come luogo prescelto da tanti artisti per vivere e lavorare, rappresenta una sfida e al contempo una necessità per la Galleria Marcorossi-Spiralearte che fino ad ora si e’ sempre dedicata alla pittura.

Rimosso il monumento di Thomas Heatherwick

 L’arte pubblica non sempre riesce nel suo intento estetico e culturale, in particolar modo i monumenti cittadini contemporanei che fanno bella figura nelle piazze e nelle vie d’Italia molto spesso si sono rivelati un spreco inutile di denaro oltre che una sorta di tangente da onorare all’artista raccomandato di turno.

Certo non siamo qui a dire che tutte le opere d’arte pubbliche dovrebbero esser tali e quali al monumento equestre al Gattamelata di Donatello, situato in piazza del Santo a Padova ma se è vero che la parola monumento deriva da monumentum, in latino ricordo, è altrettanto vero che le opere contemporanee lasciano sicuramente un brutto ricordo nella storia delle nostre metropoli. Tuttavia le brutture cittadine non sono solamente una specialità italiana.

Su Blackwell e le storie di carta

 Forse il nome Su Blackwell non vi dirà nulla di particolare ma il suo stile del tutto particolare sicuramente non tarderà a fare breccia sulla scena internazionale. Le visionarie opere dell’artista inglese sono ricavate da vecchi libri di seconda mano che vengono successivamente intagliati in maniera particolarmente accurata, l’intero processo richiede mesi ma alla fine il risultato è a dir poco sbalorditivo.

Su Blackwell trae diretta ispirazione da un paragrafo o un’immagine del libro che ha intenzione di trasformare in un fantastico modello di carta. Il finissimo lavoro di cesellatura e taglio della carta attuato dall’artista trentatreenne da vita a forme che nascono e crescono direttamente dal midollo delle pagine del libro come una formazione naturale e spontanea dotata di tre dimensioni. Come già detto l’ispirazione nasce dal libro stesso, ad esempio la sua opera Through the looking Glass è intagliata dall’omonimo libro di Lewis Carroll mentre Wild Flowers è una creazione direttamente tratta da un manuale di fiori selvatici del territorio britannico. 

Berlino chiama Bauhaus

Grande evento a Berlino che sarà ospitato fino al 4 ottobre al Martin Gropius Bau, si tratta di Bauhaus. A Conceptual Model, retrospettiva sulla seminale corrente del Bauhaus presentata in collaborazione con Bauhaus Archive Berlin, Stiftung Bauhaus Dessau e Klassik Stiftung Weimar.
90 anni dopo la fondazione dello storico movimento e 20 anni dopo la caduta del muro di Berlino, la città dedica al Bauhaus un evento senza precedenti con circa 1.000 oggetti in mostra che fissano un record decisamente ineguagliabile.

Il Museum of Modern Art di New York, anch’esso partner del progetto, ha collaborato mettendo a disposizione ben venticinque oggetti e presentando la preview della sua nuova ed imperdibile mostra dal titolo Bauhaus 1919 – 1933. Workshops for Modernity che si terrà il prossimo 8 novembre, ovviamente a New York.

Le stravaganti macchine di Tom Sachs

 L’Aldrich Contemporary Art Museum di Ridgefield nel Connecticut ospiterà fino al 16 settembre prossimo un’interessante mostra dedicata a Tom Sachs ed alla sua serie di opere incentrate sulla macchina fotografica. Per molti anni una piccola ma significante parte della produzione di Sachs ha avuto a che fare con le macchine fotografiche.

Questa mostra offre la possibilità di ammirare 12 opere dal 1972 ad oggi che non solo esplorano l’oggetto fotografico come oggetto funzionale e scultoreo ma tracciano il percorso della fotografia e dell’industria moderna nello scorso secolo. La mostra presenta i primi lavori di Sachs come una replica in terracotta di una macchina fotografica Nikon SLR che lo stesso artista fece all’età di otto anni come regalo a suo padre. Tra gli oggetti in mostra anche una curiosa instant camera stile Polaroid assemblata con una Canon digital camera, una piccola stampante Hp ed una batteria di un trapano senza fili Makita.

Robert Indiana, da Love ad Amor


Conosciuto in tutto il mondo per la sua opera tridimensionale che recita la scritta Love, nata a metà degli anni Sessanta come cartolina natalizia del Moma, e divenuta icona universale, presente sotto forma di logo monumentale in molti dei luoghi simbolo della modernità, da Park Avenue a New York al grattacielo Taipei 001 a Taiwan, Robert Indiana e’ un artista piu’ complesso di quanto non possa apparire a prima vista.

Nato nel 1928 nello stato dell’Indiana, che diventerà anche il suo nome d’arte (il vero cognome e’ infatti Clark), comincia la sua carriera come scenografo e costumista, ma sale alla ribalta internazionale grazie alle sue sculture monumentali, dove la caratteristica “O” inclinata riprende i caratteri tipografici tipici della comunicazione di massa ingrandendoli a dismisura, caricandoli cosi’ di significati simbolici che porteranno lo stesso artista a definire le sue opere “poesie scultoree”.

Nani Nazisti? No è un’opera di Ottmar Horl

 Un nano da giardino tutto d’oro che fa il saluto nazista ha messo nei guai l’artista  Ottmar Horl. Sembrerebbe una di quelle notizie umoristiche della settimana enigmistica ma le autorità della città di Norimberga non si sono molto divertite alla vista dell’opera dell’artista tedesco, a peggiorare la situazione basti pensare al fatto che la città bavarese è particolarmente sensibile a questa tematica poichè dopo la II° guerra mondiale fu sede del tribunale chiamato a giudicare i criminali nazisti resisi responsabili dell’Olocausto.

E dire che l’artista tedesco voleva farsi beffe del nazismo: “sono stupito che un nano da giardino in una piccola galleria di Norimberga abbia sollevato tutto questo polverone” afferma il sessantenne artista che è stato presidente dell’Accademia delle belle arti di Norimberga fino al 2005 “e poi non l’ho messo in mostra io, qualcuno deve averlo comprato e messo in galleria. Con i miei nani o gnomi che dir si voglia sottolineo il pericolo dell’opportunismo politico della nuova ideologia di destra e penso che l’opera abbia riaperto vecchie ferite”. 

Joseph Beuys è qui

Imperdibile mostra al De La Warr Pavilion di Bexhill nel Regno Unito, si tratta di Beuys is Here, evento dedicato al grande artista tedesco Joseph Beuys (1921-86) parte del progetto ARTIST ROOMS e che rimarrà in visione sino al 27 settembre prossimo.

Per tutto il 2009 18 tra musei e gallerie della Gran Bretagna organizzeranno 30 ARTIST ROOMS dedicate ad un grande artista ed ideate dal dealer e collezionista  Anthony d’Offay che ha così offerto al pubblico l’opportunità unica di ammirare capolavori dell’arte contemporanea in eventi dall’alto contenuto creativo. E’ questa la prima volta in assoluto che una corpus di opere della collezione nazionale è simultaneamente in mostra in tutta la Gran Bretagna. Questa manifestazione unica nel suo genere è possibile grazie alla generosità dell’Art Fund inglese che ha donato la bellezza di 250.000 sterline per l’organizzazione dell’evento. 

Ebraismo ed arte contemporanea a New York

Dal 13 settembre 2009 al 7 febbraio 2010 il Jewish Museum di New York presenta Reinventing Ritual: Contemporary Art and Design for Jewish Life, prima grande mostra internazionale che indaga sul fenomeno dell’arte e del design associato alla ritualità religiosa ed alla vita quotidiana del mondo ebraico.

La mostra presenta al pubblico 60 innovative opere create tra il 1999 ed il 2009 da artisti internazionalmente riconosciuti. Incredibilmente vasta è la quantità dei differenti media e  tecniche usati per comporre ogni opera, i visitatori avranno infatti l’opportunità di visionare esempi straordinari di industrial design, architettura, installazione, video, disegno, gioielleria, ceramica, fumetto, scultura e oggetti in tessuto che rivelano le connessioni tra la libertà creativa e la cultura ebraica.  Un sapiente mix di artisti emergenti ed artisti affermati formano un folto gruppo di 56 esponenti provenienti da America, Israele, Europa e Sud America, tra i nomi di spicco svettano Oreet Ashery, Jonathan Adler, Helène Aylon, Deborah Grant, Sigalit Landau, Virgil Marti, Mierle Laderman Ukeles, Karim Rashid, Galya Rosenfeld, Lella Vignelli, e Allan Wexler

Addio a Michael Jackson, musa del pop

Nel corso degli ultimi anni le luci della ribalta hanno cominciato lentamente ad affievolirsi e la figura di Michael Jackson, consumato dalla sue stesse manie è di tanto in tanto comparsa sulle prime pagine dei quotidiani. Da diverso tempo il re del pop era chiamato in causa solo per le sue noie legali, per i mille processi legati ai suoi presunti abusi sui minori, per la sua scellerata e compulsiva fissazione legata al suo aspetto esteriore che lo aveva condotto a sottoporsi ad innumerevoli interventi estetici ed a cambiare il colore della pelle.

Dal 1988 al 2005 Jackson è vissuto nella follia del suo Neverland Ranch (successivamente venduto nel 2008 per la cifra di 35 milioni di dollari), in cui aveva fatto costruire un parco a tema e uno zoo per ragazzini poveri. Ultimamente Jacko si stava preparando per un tour mondiale nella speranza di risanare le sue martoriate finanze.

Rimosso il monumento delle nazioni unite di David Cerny

L’arte pubblica sovente crea problemi di ordine estetico ed etico. Molti monumenti contemporanei sorti in periferie degradate o centri storici invece di abbellire il contesto urbanistico cittadino donando rinnovato splendore con un occhio di riguardo al valore culturale dell’opera stessa si riducono ad esasperanti brutture che vanno a cozzare con l’ambiente circostante producendo solo stupore e raccapriccio.

Roma e Milano sono un valido esempio di orrori monumentali, negli ultimi venti anni queste grandi metropoli sono state letteralmente invase da cumuli di ferro, cilindri di marmo ed altre futili nonché risibili prove di artisti noti e meno noti spalleggiati da giunte comunali ed altre istituzioni politiche con grande sperpero di denaro pubblico. Molti di questi monumenti al brutto sono ora in uno stato penoso, alcuni sono stati rimossi ed altri completamente dimenticati.

Il paradiso e la terra di Richard Long

Heaven and Earth è il titolo di una grande mostra dedicata al talento di Richard Long che avrà dal 3 giugno al 6 settembre 2009 al Tate Britain di Londra. L’evento oltre a sottolineare l’importanza di uno dei più grandi artisti britannici rappresenta la più completa retrospettiva dedicata al maestro negli ultimi diciotto anni.

La mostra comprende 80 opere tra sculture, opere murarie, fotografie ed opere testuali che documentano il cammino di Long in giro per il mondo da Dartmoor al Giappone ed offrono l’opportunità di comprendere il pensiero dell’artista riguardo al rapporto tra arte e paesaggio attraverso 40 anni di carriera. Richard Long è salito alla ribalta alla fine degli anni sessanta come maggior esponente di una generazione di artisti britannici che ha esteso le possibilità della scultura oltre i tradizionali metodi e materiali.

Julieta Aranda, dopo New York arriva a Roma

 L’artista messicana Julieta Aranda (1975, Città del Messico) presenta oggi 28 maggio a Roma il progetto dal titolo Publick Occurrences Both Forreign and Domestick: concepito ed esposto per la prima volta a Berlino, viene riproposto in forma sviluppata e rinnovata negli spazi della galleria 1/9 unosunove.

Il titolo riprende quello del primo giornale pubblicato nelle Americhe, a Boston, il 25 settembre 1690 e che, come molte altre pubblicazioni dell’epoca, ebbe una vita molto breve, ritirato dal commercio il giorno dopo la sua pubblicazione per motivi di censura. Allo stesso modo l’artista ha compilato e stampato un giornale che non è reso pubblico, nè destinato alla lettura, ma viene presentato come oggetto fisico attraverso un suo riutilizzo per i più diversi scopi di carattere funzionale e privato: diventa una tenda, un involucro per il cibo, una spugna per asciugare scarpe bagnate, un panno per pulire, e infine cartapesta per la produzione artigianale di altra carta.

Glenn Brown e i ritratti alieni

 La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta dal 28 maggio la retrospettiva dell’artista britannico Glenn Brown, organizzata in collaborazione con la TATE Liverpool e a cura di Francesco Bonami e Laurence Sillars.

Glenn Brown è uno degli artisti più apprezzati della sua generazione e questa mostra è la più ampia rassegna finora dedicata al suo lavoro. Nel corso della sua carriera Brown ha preso ispirazione da fonti molto diverse tra loro, mettendo sullo stesso piano Fragonard e Dalì, il ritratto storico e le immagini fantastiche prodotte dalla fantascienza. Brown lavora sull’immagine di partenza fino a modificarla profondamente, creando così un’opera completamente nuova ma che evoca nello spettatore qualcosa di familiare, di conosciuto.