Il Moma dedica una retrospettiva a Frederick Wiseman, maestro del cinema verità

Il Moma di New York si prepara ad ospitare una grande retrospettiva dedicata al mitico regista Frederick Wiseman. L’istituzione museale ha concluso l’acquisizione di ben 36 copie di alcuni film del regista americano e li presenterà al pubblico dal 20 gennaio 2010 fino al successivo 31 Dicembre 2010.

La retrospettiva si aprirà con la proiezione del film Basic Training (1971) seguita da una conversazione onstage. La mostra continuerà con altri cavalli di battaglia di Wiseman come Titicut Follies (1967) fino ad arrivare a progetti più recenti come La Danse—The Paris Opera Ballet (2009) ed il nuovissimo Boxing Gym (2010). Per più di quarant’anni Wiseman ha usato una cinepresa leggera a 16 millimetri ed un equipaggiamento sonoro portatile per studiare il comportamento umano, le sue contraddizioni e le manifestazioni imprevedibili.

La critica americana premia la crema dell’arte del 2009

Siamo ormai prossimi alla fine dell’anno ed allora è tempo di bilanci e di pagelle. La The International Association of Art Critics (AICA) di New York ha infatti dichiarato i vincitori della 26esima edizione dell’Annual Award, premio indetto dalla celebre associazione di critici d’arte che solitamente promuove le migliori mostre ed i più blasonati artisti dell’anno. Vi forniamo qui di seguito la lista completa dei vincitori di alcune delle più importanti categorie:

Miglior mostra monografica in un museo degli Stati Uniti
William Kentridge: Five Themes organizzata dal Norton Museum of Art e dal San Francisco Museum of Modern art, curata da Mark Rosenthal.

Miglior mostra tematica in un museo degli Stati Uniti
Art of Two Germanys/Cold War Cultures, organizzato dal Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles, CA, curatori: Stephanie Barron e Dr. Eckhart Gillen

Miglior mostra monografica in un museo di  New York City
Francis Bacon: A Centenary Retrospective, organizzata dal Metropolitan Museum of Art, New York e dalla Tate di Londra, in collaborazione con il Museo Nacional del Prado, Madrid, curatori: Gary Tinterow assistito da Anne L. Strauss e Ian Alteveer.

La scultura più grande del mondo e la natività vista dagli artisti contemporanei

E’ talmente grande che la sua circonferenza potrebbe contenere 176 stadi da calcio ed il diametro si estende per ben 3 miglia. Si tratta del gigantesco disegno su sabbia di Jim Denevan che è oltretutto visibile a 40.000 piedi da terra. Per completare l’installazione di Land Art l’artista ha impiegato ben 15 giorni usando delle enormi catene trainate da un camion che hanno scavato più 1000 cerchi individuali nella sabbia.

L’opera è basata su un teorema matematico chiamato Apollonian Basket. “Avevo intenzione di creare la più grande opera del mondo e sono estremamente soddisfatto di esserci riuscito. Questo lavoro è più grande delle famose linee di Nazca in Perù e questo mi esalta”, ha recentemente dichiarato l’artista. Certo la sua opera assomiglia molto ai fantomatici Crop Circles (cerchi nel grano) ed in più ci sarebbe da dire che la grandezza di un’opera non è certamente data dalle sue dimensioni.

Gianna Nannini e Emilio Prini in Fotocopiami la voce

RAM radioartemobile prosegue il suo progetto di connessione tra arte visiva e suono. Il 21 dicembre 2009, e per un unico giorno a bunKerart, via Bellezza 8 Milano, RAM presenta la mostra di Gianna Nannini e Emilio Prini. I lavori proposti in questa mostra sono metafore dell’incontro tra Gianna Nannini e Emilio Prini, esponenti l’una del mondo della musica, l’altro delle arti visive.

L’installazione sonora di Gianna Nannini – in collaborazione con Alberto Bettinetti – ha come tema la voce. Come sostiene Bettinetti: –Caratteristica della voce e’ il suo essere immateriale. Immaterialità che si scontra con il mezzo tecnico della replicazione visiva. Questa e’ l’utopia della voce, nodo centrale dell’installazione sonora: la voce frammentata e scomposta nei suoi diciassette suoni viene moltiplicata, ripetuta e ritrasmessa. Nessuna apparecchiatura puo’ realmente catturarne l’immagine. Nessuna immagine puo’ ritradursi a sua volta nella voce unica di Gianna. In una dimostrazione per assurdo la voce afferma cio’ che la macchina non puo’ realizzare. E l’utopia perfetta si compie-.

OLIVIER MOSSET – ZZ

BASE/Progetti per l’arte presenta dal 18 dicembre un nuovo lavoro di Olivier Mosset appositamente ideato per Firenze dal titolo ZZ. Tre nuove opere, una scultura, un wall painting e una fotografia, sono gli elementi per stabilire una relazione inedita all’interno dello spazio di Base, con cui aprire una riflessione sull’esigenza e natura dei luoghi d’arte oggi.

Come afferma l’artista stesso: Il wall painting è un lavoro che ho presentato più volte ed è per me sempre un’esperienza nuova, visto che è realizzato in ambienti e contesti diversi. Per me la pittura in generale è una sorta d’illustrazione o un tipo di decorazione e con la mia parete monocroma voglio realizzare un esempio più radicale di decorazione. La fotografia, invece, è un’immagine serigrafata di una motocicletta Harley Davidson. Anche se è una foto, per me si costituisce come una “scultura” perchè nasce da una “personalizzazione” di questo stesso oggetto.

Calatrava showman e la cera rossa di Anish Kapoor

Centinaia di tonnellate di acciaio e piloni immensi costruiti in una fabbrica di Rotterdam, queste sono le caratteristiche del nuovo ponte di Dublino dedicato al genio di Samuel Beckett. L’enorme costruzione è la nuova opera del celebre archistar Santiago Calatrava che di ponti (e di polemiche) ne ha fatti già una bella scorpacciata. La stravagante struttura è giunta da Rotterdam in barca ed è stata successivamente assemblata nella città irlandese, certo la bizzarra situazione ben si adatta alle surreale anima del teatro di Beckett. Questo è il secondo ponte di Calatrava a Dublino, il primo del 2003 fu dedicato a James Joyce.

Il Beckett Bridge è tecnicamente interessante. La sua struttura è agganciata tramite cavi a dei piloni di 40 metri e possiede ben due corsie per il traffico stradale, un apparato idraulico permette al ponte di ruotare di 90° orizzontalmente per permettere il passaggio di eventuali imbarcazioni. Per quanto riguarda l’aspetto estetico Calatrava si è ispirato all’arpa celtica peccato che alcuni giornali locali hanno definito l’architetto uno showman piuttosto che un grande designer.

Cadavre Exquis

Cadavre Exquis è una tecnica in base alla quale si assemblano collettivamente un insieme di parole o immagini; il risultato è conosciuto proprio come cadavre exquis (cadavere eccellente). Si tratta di una tecnica usata dai surrealisti nel 1925, basata su un vecchio gioco da tavola chiamato “conseguenze” in cui i giocatori scrivono a turno in un pezzo di carta, lo piegano per coprire parte della scrittura e poi lo passano al giocatore successivo per un ulteriore contributo.

Il cadavre exquis, dunque, si gioca in un gruppo di persone che scrivono o disegnano una composizione in sequenza. Ogni partecipante può vedere solo la parte finale di quello che ha scritto il giocatore precedente. Il nome deriva da una frase che emerse quando fu giocato per la prima volta in francese: « Le cadavre – exquis – boira – le vin – nouveau » (Il cadavere eccellente berrà il vino nuovo). Nelle note così composte si combinano suggestioni che partono da un’idea comune aggregando elementi che possono o meno essere relativi alla realtà. I teorici e assidui giocatori (all’inizio Robert Desnos, Paul Éluard, André Bretón e Tristan Tzara) sostenevano che la creazione, particolarmente quella poetica, deve essere anonima e collettiva, intuitiva, spontanea, ludica e per quanto possibile automatica.

Conrad Shawcross, il nuovo talento londinese con le spalle coperte

La IBM – International Business Machines, celebre azienda americana di computer ospiterà nei suoi locali di New York una bizzarra scultura. Nel mese di maggio 2010 verrà infatti installata una sorta di macchina costruita con acciaio e legno che annoderà dei fili formando una corda. L’opera presentata dalla galleria PaceWildenstein è una creazione dell’artista inglese Conrad Shawcross. Una simile opera titolata Chord ed installata per tutto il mese di novembre nella Kingsway tramway station di Londra è stata successivamente venduta dalla Victoria Miro Gallery per la ragguardevole cifra di 390.000 dollari.

“La mia ricerca ha a che vedere con il tempo, lo spazio e la cosmologia, i rocchetti di filo che formano lentamente la corda possono esser letti come pianeti che trascorrono una loro linea temporale all’interno della loro storia collettiva. Ma le possibilità interpretative sono assai vaste, molto spetta allo spettatore”. Ha dichiarato l’artista in una recente intervista. Le corde sono alla base della sperimentazione di Conrad Shawcross come in Nervous System (2003) installazione presentata in occasione della sua prima mostra personale. L’opera fu successivamente acquistata dal celeberrimo Charles Saatchi e questo fu un vero e proprio colpo di fortuna per l’artista ancora ventenne che vide schizzare le sue quotazioni in un battibaleno.

La riscossa delle donne alla Whitney Biennial

Proprio nell’anno delle celebrazioni per i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, un’altra barriera sociale sembra essere crollata nel mondo dell’arte contemporanea. Scrutando attentamente la lista dei 55 artisti partecipanti alla 2010 Whitney Biennial è facile notare che il 52% è rappresentato da esponenti del sesso femminile.

Insomma sembra che qualcosa si stia muovendo a favore del gentil sesso e per quanto ci riguarda la cosa non può che farci piacere visto la potenza creativa di cui sono dotate le temibili ragazze dell’arte. La presenza di artisti donne è aumentata esponenzialmente nel corso delle ultime edizioni della grande manifestazione, nel 2000 la Whitney Biennial era infatti composta dal 36% di artisti donne mentre nel 2008 le quotazioni erano salite al 40%. Jerry Saltz ha ultimamente intervistato Francesco Bonami,  il curatore della manifestazione, chiedendo il perché di questa super presenza delle donne alla manifestazione: “Io ed il co-curatore Gary Carrion-Murayari non siamo andati alla ricerca di artisti donne perché la loro bravura era davanti ai nostri occhi, è stata una selezione naturale e non un’intenzione. Pensare alla Biennial in questi termini è altamente fuorviante”.

Tutto il mondo è paese, polemiche sui premi anche in Russia

Sembrerebbe che premi e concorsi artistici siano fonti di accesi dibattiti e polemiche, la scorsa vicenda del Premio Cairo è solamente la punta dell’iceberg visto che anche in altre metropoli del globo gli effetti prodotti da tali manifestazioni creative sono più o meno gli stessi.

La scorsa settimana sono stati annunciati i vincitori del Kandinsky Prize, manifestazione russa che nella precedente edizione aveva scatenato le ire del pubblico, la premiazione a Mosca dell’edizione 2009 si è conclusa in modo pacifico ma non senza qualche critica. Lo scorso anno il premio è finito sotto accusa per aver ammesso alle selezioni finali l’artista Alexey Belyaev-Gintovt, fervente supporter di Putin, cosa ancor più grave è che l’artista ha vinto il premio. Un guerra al premio è stata quindi aperta dal curatore e critico Ekaterina Degot (nota per le sue simpatie di sinistra) responsabile della rubrica di arte e cultura del sito web OpenSpace.

Curate This!

Curate This! 2010, la serie di mostre create da Bridge for Emerging Contemporary Art (BECA) ha deciso di trasformarsi in un evento globale. Invece di soffermarsi, come in passato, sul tessuto urbano di un’unica città, Curate This! si espanderà dal 1 luglio 2010 al 31 dicembre 2010 su varie metropoli di tutto il pianeta. Attraverso l’organizzazione di mostre di giovani ed emergenti artisti di tutto il mondo la BECA foundation si pone l’obiettivo di promuovere le nuove idee e le diverse visioni creative in molteplici location sparse per il globo.

Il titolo Curate This! riflette la volontà di allontanarsi dai grandi eventi tipicamente curati da un singolo curatore, avvicinandosi ad una mostra i cui relativi eventi sono curati dal pubblico e da curatori indipendenti. La prima edizione delle manifestazione si è svolta nei primi mesi del 2008 e Melissa Roberts assieme a Kurt Schlough hanno dato inizio alla diffusione dell’esperimento con notevoli benefici per il largo numero dei creativi partecipanti. L’edizione 2010 sarà invece supervisionata da Helen Pheby, curatore dello Yorkshire Sculpture Park e da Ellen Luton, curatore di design contemporaneo al Cooper-Hewitt, National Design Museum.

Hugh Grant e Warhol, una sbornia da capogiro

Ebbene è risaputo che le stars del cinema sono abituate alle spese pazze ed è ancor più noto che negli ultimi anni l’arte contemporanea è divenuta un vero e proprio culto per le celebrità che non si frenano dallo spendere cifre da capogiro per accaparrarsi questa o quell’opera in grado di alimentare vanità ed esclusivismo, il tutto condito con un pizzico di ostentata cultura che non guasta mai.

Oltre al gruppetto (capitanato da Brad Pitt e Madonna) di stars che colleziona abitualmente arte, ogni tanto qualche celebre volto dello spettacolo decide di investire volontariamente nella creatività, cosa che non ha fatto Hugh Grant che ha involontariamente acquistato un’opera spendendo un patrimonio. Il famoso attore inglese ha infatti confessato di essersi ubriacato ed aver successivamente chiesto ad un suo assistente di fare un’offerta per un Andy Warhol raffigurante Liz Taylor che nel frattempo faceva parte di un lotto all’asta da Sotheby’s.  L’attore completamente sbronzo si è aggiudicato l’opera per la vertiginosa cifra di 2 milioni di euro.

Art Video Lounge – Video Arte Italiana in Pescheria

 Il Centro Arti Visive Pescheria presenta una rassegna dedicata alla videoarte, che riunisce le opere video dei più interessanti artisti italiani delle ultime generazioni che si sono cimentati con questo linguaggio espressivo in maniera sempre sorprendente. La selezione tocca i diversi aspetti della videoarte, dai tableaux vivants di Vanessa Beecroft alla vita nelle periferie urbane di Botto & Bruno, alle sofisticate danze acquatiche riprese da Elisa Sighicelli. E poi Elisabetta Benassi, Eva Marisaldi, ZimmerFrei, Rä di Martino, Riccardo Previdi, Paolo Chiasera e Domenico Mangano.  La rassegna verrà presentata da Ludovico Pratesi il 16 dicembre alle ore 19.00, e nell’occasione verranno trasmessi i lavori di Rä di Martino, Elisabetta Benassi e Botto & Bruno. Ecco il programma della manifestazione:

16 dicembre – 27 dicembre

Rä di Martino, Cancan!, 2004. Il video presenta una situazione al limite della normalità, in un’ambientazione straniante e ambigua, un uomo si traveste da donna e improvvisa un improbabile e forsennato cancan tragico e ironico al tempo stesso.

Elisabetta Benassi, Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 2004 Mona Lisa osserva il pubblico che la tiene sotto assedio nella sua stanza al Louvre.

Botto & Bruno, A concrete town, 2006 Il video nasce da una riflessione degli artisti sulle trasformazioni della città contemporanea dove spesso vengono sventrati interi quartieri senza tener conto della storia e della memoria dei luoghi. Girato in b/n in una giornata di pioggia, mostra un gruppo di operai intenti a rifare il manto stradale di una piazza.

In mostra a Londra i pionieri dell’arte digitale

 Quando nella metà degli anni ’80 le guardie addette alla sicurezza della John Moores University di Liverpool trovarono un ragazzino al computer del laboratorio rimasero molto stupiti e gli chiesero cosa stesse facendo. Il ragazzo rispose che I suoi insegnanti gli avevano concesso il permesso di allenare le sue abilità di programmatore.  Quel ragazzino era Daniel Brown, oggi 32enne, uno dei più grandi digital designers dei nostri tempi ed autore della grafica esposta all’entrata di Decode:Digital Design Sensation, mostra sulla digital art che è stata inaugurata la settimana scorsa al Victoria & Albert Museum di Londra.

Ovviamente la manifestazione offre moltissimi altri spettacolari esempi di arte digitale proveniente da ogni parte del mondo a riprova del fatto che il new media è una tecnica in sempre più forte espansione e sempre più affascinante. Tra i corridoi del Victoria & Albert è facile ammirare quanto lontano si sia spinta la tecnologia dal tempo dei pionieri del digitale che negli anni ’50 (tra cui c’era anche il padre di Daniel Brown, Paul). A quei tempi i computers erano usati solo per scopi militari ma anche alcuni laboratori ed università avevano il privilegio di poter utilizzare quelle sofisticate ma ingombranti macchine. Matematici e Scienziati furono i primi a sperimentare le potenzialità grafiche dei computer alla stregua di un qualsiasi altro artista o designer. In mostra è possibile ammirare una fotografia del 1952 di Ben Laposky in cui onde elettroniche lampeggiano sullo schermo ed è quest’opera un vero punto d’inizio dell’arte digitale.