Chi l’ha visto? ritrova un Rembrandt e vinci 5 milioni di dollari

 Di furti d’arte ne abbiamo parlato e sicuramente ne parleremo ancora poichè il numero delle opere trafugate è in netta ascesa e supera di gran lunga quello dei capolavori ritrovati. Questa volta vorremmo parlarvi di un fatto accaduto nel lontano 1990 che rappresenta sicuramente un valido esempio di furto insolito e ben riuscito. Circa dieci anni fa, esattamente il 18 marzo del 1990,  due persone bussarono alla porta dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston nel Massachusetts. Gli uomini indossavano un’uniforme delle forze di polizia cittadine e così nessuno si stupì troppo di quell’insolita visita dopo la mezzanotte.

Riuscitisi ad introdurre all’interno degli spazi espositivi i due finti poliziotti ammanettarono le guardie notturne e si impossessarono di ben 13 opere valutate all’epoca circa 500 milioni di dollari. Il bottino comprendeva  Concerto a tre, uno dei 35 dipinti conosciuti di Johannes Vermeer e tre dipinti di Rembrandt Van Rijn tra cui la sua unica marina intitolata Cristo nella tempesta sul mare di Galilea, un olio su tela del 1633 oltre che una piccola stampa raffigurante un autoritratto del grande pittore.

Le gabbie di Loredana Longo in mostra a Bruxelles

Venerdì 19 marzo inaugura presso la galleria Arte Contemporanea di Bruxelles la mostra di Loredana Longo dal titolo Cages. Nella mostra, a cura di Antonio Arévalo, viene elaborato un nuovo tema, efficacemente sintetizzato dal titolo. Cages allude trasparentemente ad angosce interiori, rigorosamente individuali, traslate nell’ambiente claustrofobico della cella. Sociale e corpo si dileguano o, meglio, acquistano una nuova veste, di straordinaria intensità simbolica. Dietro le sbarre, si consuma il rito doloroso dell’autoannientamento e del riconoscimento: privato della libertà, l’Io ne prende atto, accetta di definirsi gabbia, forse perché una gabbia è necessaria per fuggirne, per concettualizzare la possibilità della fuga.

Possibilità o illusione, però? Le gabbie, in effetti, scintillano: di vernice riflettente, di specchi, illuminate a giorno. La ricerca dell’artista comincia dalla riflessione sulla sua immagine, riprodotta in fotografia, video, istallazioni, performance. Successivamente, questo lavoro di ispirazione rigorosamente autobiografica si sposta sull’universo familiare, del quale Longo rappresenta vividamente le molteplici contraddizioni. Tensioni e conflitti domestici sono documentati nella serie Explosion, che esplora l’intera gamma delle più complesse dinamiche psicologiche e sociali.

Testi critici sulla strada per la Street Art

La street art, lo dice il termine, è una forma artistica che raggiunge il suo apice espressivo all’interno del contesto urbano. Una volta traslata all’interno delle mura di una galleria o di un museo l’opera di street art perde la sua potenza e si trova totalmente decontestualizzata sino a smarrire il senso stesso della sua natura. Detto ciò, sorge il problema dell’approccio critico. Se un opera nasce nelle strade ed ivi rimane, allora anche gli scritti del critico di turno dovrebbero tener conto di questo habitat e magari avvicinarsi il più possibile al tessuto metropolitano più che alle istituzioni ed ai soliti luoghi dedicati all’arte.

La soluzione a questo problema è stata trovata da un giovane critico/curatore di Baltimora che risponde al nome di Hrag Vartanian. Trovatosi davanti ad una bellissima opera dello street artist Gaia, dal titolo St.John (2010) realizzata per la Baltimore Reservoir Hill, Hrag Vartanian si è ricordato di un esperimento che aveva progettato nel 2008 assieme all’artista. All’epoca i due discutevano della possibile creazione di una forma critica direttamente legata all’arte di strada. Il colloquio fra i due portò alla luce un reciproco interesse nell’esplorare i limiti del dialogo eseguito direttamente sull’opera di street art e non a posteriori fra le mura di una galleria o su di una pubblicazione editoriale.

A New York una mostra sulla quarantena

Martedì scorso quel frammento che è la galleria Storefront For Art & Architecture di New York non è riuscito a contenere la folla che ha invaso gli spazi in occasione del progetto collaborativo Landscapes of Quarantine ( in visione fino al prossimo 17 aprile). Anche l’aggiunta di un paio di strutture in Tyvek (intitolate irriverentemente Suck & Blow) che hanno esteso lo spazio fino a comprendere tutto il marciapiede, non è bastata a creare più spazio per gli innumerevoli curiosi presenti. L

’evento è stato organizzato da Geoff Manaugh e Nicola Twilley, rispettivamente marito e moglie oltre che coppia curatoriale. L’idea della quarantena è stata ispirata da un viaggio a Sidney dove i coniugi hanno alloggiato in un Hotel di lusso, un tempo luogo di quarantena. Landscapes of Quarantine prevede l’intervento di un mix di artisti, architetti, video game designers,scenografi teatrali ed architetti, personaggi che hanno avuto il compito di esplorare in otto settimane le implicazioni culturali di una tattica di auto-preservazione vecchia come la lebbra.

Takeshi Kitano stupisce alla Fondation Cartier di Parigi

Molti artisti sono in grado di trasformarsi in registi e girare film interessanti, Sam Taylor Wood e Julian Schnabel sono solo alcuni dei nomi di quelli che sono riusciti in questa ardua impresa. Raramente però registi e attori sono capaci di trasformarsi in artisti visivi. Basti guardare le terribili creazioni astratte di Dennis Hopper o i disgustosti interventi pittorici di Sylvester Stallone che sembra aver fatto a pugni con l’espressionismo astratto.

Lo scorso anno quindi l’annuncio di una prossima mostra alla Fondation Cartier ( in visione dall’ 11 marzo al 12 settembre 2010) di Parigi del grande regista Takeshi Kitano ha fatto suonare il campanello di allarme. Nei film di Kitano la Yakuza (mafia giapponese) è un elemento assolutamente ricorrente così come lo sono il mare, la disgrazia fisica ed il suicidio (a cui molto spesso i suoi protagonisti fanno ricorso). L’eroe di Kitano è molto spesso un invincibile vendicatore la cui giustizia cruda e discutibile è portata avanti in modo inesorabile. Il regista critica da vicino la società giapponese di cui spesso fornisce una parodia. Il 1997 è l’anno della svolta per Kitano, l’anno del successo internazionale, l’anno in cui esce Hana-bi – Fiori di fuoco (Hana-bi).

Jerry Saltz: “Ho avuto un contatto genitale alla mostra di Marina Abramovic”

 Lo statunitense Jerry Saltz è un critico ironico ed irriverente ma decisamente geniale. Il suo approccio all’arte contemporanea è troppo estroso da poter passare inosservato. Curiosando in giro per la rete abbiamo trovato un divertente articolo di Jerry Saltz sul recente opening della mostra The Artist is Present di Marina Abramovic al Moma di New York. Il critico si è trovato faccia a faccia con i performers nudi che ricreavano una storica opera della grande artista. Vediamo quali sono state le sue reazioni:

“Penso che lo scorso martedì un pene ciondolante si sia leggermente appoggiato alle mie parti basse. Questo non mi è mai successo o quanto meno non al Moma. Due figure nude, un uomo ed una donna, si trovano faccia a faccia davanti all’entrata dello spazio espositivo ed è normale che per continuare oltre ci si vede costretti a passare in mezzo ai due corpi. Così ho fatto io e proprio mentre pensavo di avercela fatta ho sentito una cosa, seguita da due rimbalzi, sfiorarmi la coscia. Benvenuti a The Artist Is Present, la prima grande retrospettiva dell’artista hard-core Marina Abramovic. Anche se trovo il lavoro dell’artista un poco melodrammatico e narcisista devo dire che questa retrospettiva che si affaccia su quaranta anni di carriera è decisamente affascinante oltre che oltraggiosa e coraggiosa.

Otto Dix ed il lato oscuro dell’animo umano

 Otto Dix è il protagonista assoluto di una grande retrospettiva alla Neue Galerie di New York che rimarrà aperta dal 11 marzo al 30 agosto 2010. Più di ogni altro artista Dix ha preso parte ad ogni grande cambiamento del modernismo tedesco, dal realismo, al dada fino al surrealismo ed all’espressionismo, il tutto in una sola decade dei ruggenti anni ’20.  Il celebre critico Paul Ferdinand nel 1926 descrisse l’arte di Dix come: “un disastro naturale, devastante come l’esplosione di un vulcano. Non si sa mai cosa aspettarsi da questo uomo selvaggio”.

Come spesso fanno i pittori tedeschi, anche Dix si impadronì dell’intera storia del medium attraverso il quale creava la sua arte. Egli dipinse alla maniera di Albrecht Dürer, traendo ispirazione da Lucas Cranach. Assieme a contemporanei come Christian Schad, contribuì alla nascita di un nuovo e perverso stile di pittura realista denominato Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività). Nel corso della sua carriera Dix ritrasse una moltitudine di personaggi della società tedesca, da semplici contadini ad eminenti cancellieri della repubblica di Weimar

21×21: 21 artisti x il 21° secolo

Il 25 marzo la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino inaugura 21×21: 21 artisti x il 21° secolo, una mostra curata da Francesco Bonami dedicata alla giovane arte italiana, promossa da Confindustria e Unione Industriale di Torino. L’evento si colloca nel programma di celebrazioni per il Centenario di Confindustria, fondata a Torino nel 1910.

La mostra intende sostenere la produzione artistica e il percorso dei giovani talenti più promettenti e valorizzare la creatività italiana. L’esposizione presenterà un’ampia selezione di lavori nuovi o appositamente prodotti, realizzati da 21 giovani artisti italiani. La mostra sarà strutturata in forma di percorso tematico, riunendo opere che riflettono su un argomento di interesse sia per il campo artistico che per la cultura industriale: il rapporto tra innovazione e tradizione, tra l’ideale del progresso e quello della tutela di un patrimonio esistente, la tensione creativa che anima ogni cambiamento.

200 euro per abbonarsi all’arte di Andrew Jeffrey Wright

 Comprare un’opera d’arte non è certo roba da poveri in canna. Una persona comune decide di acquistare un dipinto, una stampa od una statua solo dopo essersi accertata di poter soddisfare i suoi bisogni primari e di potersi così permettere una spesa accessoria che rappresenterà comunque un cospicuo sforzo economico.

L’artista americano Andrew Jeffrey Wright ha lanciato però un’iniziativa che potrebbe sovvertire questo genere di convenzioni: “Ora che la mia carriera di artista è in ascesa i miei dipinti e disegni sono diventati troppo costosi per chi non dispone di molti soldi. Io però voglio che la gente comune possa ancora permettersi di collezionare i miei lavori” ha recentemente dichiarato l’artista. Quindi Wright ha lanciato una sorta di sottoscrizione low cost per i suoi fans.

Gli uomini nudi di Antony Gormley terrorizzano New York

Sono alte circa due metri ed hanno le sembianze di esseri umani nudi. Nei prossimi giorni ne saranno installate 27 sui tetti e sulle balconate di Manhattan a New York. Anche L’Empire State Building sarà invaso da queste presenze, il tutto fa parte di una mostra di arte pubblica. Stiamo ovviamente parlando del nuovo progetto di Antony Gormley che ha creato alcune statue con particolari anatomici estremamente reali che raffigurano le sembianze dell’artista stesso e che verranno appunto installate sui tetti di New York.

L’intento dell’artista è quello di: “giocare con la città e con le percezioni della gente” come lui stesso ha dichiarato in una recente intervista al New York Times. Noi di Globartmag avevamo già scritto un articolo anticipando questo insolito progetto ma ora che lentamente le statue cominciano ad apparire sui tetti della città, iniziano anche a verificarsi evidenti problemi di ordine pubblico.

Alberto Di Fabio alla Gagosian Gallery di New York

La Gagosian Gallery di New York ospitera’ dal 18 marzo al 24 aprile una nuova mostra di opere di Alberto Di Fabio. L’opera di Di Fabio e’ ispirata alle leggi fondamentali del mondo della fisica, agli elementi organici e a come essi interagiscano fra loro. Rappresentando forme naturali e strutture biologiche con fervida immaginazione e con colori vivaci, i suoi dipinti e le sue opere su carta uniscono i mondi della scienza e dell’arte.

Attraverso immagini astratte l’artista ha sviluppato ed ampliato il suo interesse per il mondo naturale. Nei suoi primi lavori Di Fabio esamina le strutture della flora e della fauna, nonche’ gli ecosistemi e le forme astrali, fino ad arrivare allo studio della genetica, del DNA, delle sinapsi cerebrali, e della ricerca farmaceutica e medica.

La Via Dell’Abbondanza di Jan De Cock

Il 18 marzo Francesca Minini di Milano inaugura la seconda mostra in galleria di Jan De Cock che trasforma lo spazio espositivo nel luogo isolato del suo studio. Il punto di partenza della sua riflessione non è più l’architettura delle istituzioni dell’arte: adesso i volumi scultorei giocano un ruolo primario in modo autonomo, senza relazionarsi con lo spazio che li accoglie.ù

Se per la sua prima mostra in collaborazione con Daniel Buren, Jan De Cock si era ispirato all’architettura razionalista degli anni venti, ora la sua riflessione si sviluppa a partire dai nostri canoni classici che si rifanno al periodo romano: la galleria si trasforma in un sito archeologico. Entrando ci ritroviamo proiettati in una rivisitazione moderna della Via dell’Abbondanza dell’antica città di Pompei: un paesaggio di sculture prende possesso dello spazio in modo giocoso attraverso ritmi di colonne, fontane, templi, timpani. I canoni classici dell’architettura romana vengono reinterpretati dall’artista attraverso le sue forme modulari.

Masbedo – Schegge d’incanto

Oggi inaugura presso il CRAA – Centro Ricerca Arte Attuale – Villa Giulia la mostra Schegge d’incanto. La mostra propone una serie di lavori fotografici, scultorei, installativi e video scelti in modo tale da offrire una panoramica completa e inedita del ventaglio di tematiche espressive che caratterizzano la poetica dei Masbedo, in una sorta di primo resoconto storico della loro attività svolta finora.

Il titolo dell’evento, direttamente desunto dall’opera Schegge d’incanto in fondo al dubbio (2009), video-installazione che ha riscosso il parere favorevole della critica all’interno del Padiglione Italia alla 53ª Biennale di Venezia, intende essere onnicomprensivo delle tematiche riguardanti le opere presentate. In un percorso di corrispondenze ragionate, il curatore Andrea Busto ripercorre le tappe fondamentali della produzione del celebre duo milanese (Nicolo’ Massazza e Jacopo Bedogni), soffermandosi sia sulle potenti e penetranti immagini fotografiche, evocative di atmosfere di inedito lirismo, sia – in modo preponderante – sulle parvenze suggestive e sulla pregnanza comunicativa del mezzo video, vera e propria valvola di sfogo delle loro pulsioni piu’ autentiche.

Jeffrey Deitch trova in Kathy Grayson la sua “testa di legno”

 Quando in gennaio Jeffrey Deitch è stato nominato direttore del Moca, Museum Of Contemporary Art di Los Angeles ed ha dichiarato di voler chiudere la sua galleria Deitch Projects in giugno, il mondo dell’arte è rimasto con più domande che risposte. Prima fra tutte è la spigolosa questione sul futuro dei 30 talentuosi artisti che fanno (facevano) parte della scuderia Deitch. Il celebre dealer ha deciso di chiudere baracca e burattini per evitare un possibile conflitto di interessi tra la posizione di gallerista privato e di direttore di museo pubblico.

Deitch ha in seguito dichiarato che parte dei suoi artisti potrebbero passare ad uno dei suoi più stimati collaboratori e cioè a Kathy Grayson, direttore della galleria e responsabile di tutti i rapporti con gli artisti più giovani. Kathy Grayson ha inoltre curato alcune mostre assieme a Jeffrey Deitch come Panic Room che è stata presentata alla Deste Foundation di Atene nel 2006, collettiva a cui hanno preso parte artisti come Assume vivid astro focus, Tauba Auerbach, Devendra Banhart, Paul Chan, Brian Chippendale, Roberto Cuoghi,  Brian Degraw, Naomi Fisher, Barry McGee e Paper Rad.