Artefiera Bologna 2010, il meglio visto da GlobArtMag

Michael Johansson

E domenica finalmente la neve è caduta su Bologna, silenziosa e padrona del mondo ha coperto i soliti chiacchiericci su chi ha venduto e chi no, sulla crisi economica, sui vip e sui presunti tali. Già perchè Artefiera ancora una volta ha ritrovato se stessa riconfermandosi come  grande evento che attira ogni anno un sempre più grande bacino di pubblico riuscendo a catalizzare l’intera attenzione della scena artistica italiana. La crisi ha forse spinto i dealers ad una più consona prudenza, ad un porsi dietro i sacchi di sabbia ma con le armi ben affilate. Di sperimentazioni e di cose molto più pacate se ne son viste, in un preciso bilanciamento che non ha mai superato la misura ed ha contribuito ad acuire il successo dell’evento. Vorrei qui di seguito elencare in ordine sparso le offerte gallerie nazionali che più hanno colpito la mia immaginazione, scusandomi se qualcuno è rimasto fuori da questa personalissima lista che non ha il piglio della critica ragionata ma si riallaccia alla libertà propria del pensiero creativo.

Ben pesato e ben pensato lo spazio della Galleria Continua, Loris Cecchini su tutti ma di ottime proposte, da Michelangelo Pistoletto, Hans Op de Beeck e Shilpa Gupta, la galleria di San Gimignano ne ha sfoggiate parecchie. Monumentale sino a sfiorare la bellezza di una mostra museale lo spazio di Lorcan O’Neill di Roma che con l’installazione di Richard Long ha ampiamente rimborsato a tutti il prezzo del biglietto, sugli scudi anche Pietro Ruffo e la prezzemolina Tracey Emin.

She Devil, video arte al femminile

Studio Stefania Miscetti di Roma inaugura il 12 febbraio la quarta edizione della rassegna video SHE DEVIL che anche quest’anno, in continuità con le precedenti edizioni, accoglie numerosi curatori ed artisti internazionali, dai più giovani ai più affermati, proponendosi così come una vera e propria piattaforma aperta a nuove e differenti esperienze.

SHE DEVIL, nome di un’eroina della Marvel e titolo del famoso film del 1989 di Susan Seidelman, allude in modo giocoso allo spirito diabolico e bizzarro con cui l’esperienza artistica indaga e attraversa il quotidiano. I video si focalizzano su una ricerca al femminile, e mettono a diretto confronto i diversi percorsi di indagine. Scopo dell’iniziativa è di sollecitare, a volte con ironia, a volte con realismo, la coscienza collettiva su temi come l‘identità femminile, il corpo come luogo di rappresentazione e significato, l’esperienza personale che assurge a dimensione universale anche quando è l’intimità delle artiste ad essere portata in primo piano.

Mike Giant, il maestro della Tattoo art a Milano

Il 25 febbraio 2010 la Galleria Antonio Colombo inaugura Welcome to Frisco, la prima mostra personale dell’artista americano Mike Giant a Milano. Maestro del tratto in bianco e nero, nonché rappresentante di punta del movimento underground a San Francisco a metà degli anni Novanta, Giant è noto a livello internazionale per i suoi graffiti, skateboard, tatuaggi e per l’estrema precisione delle sue grafiche.

Nato in Upstate New York, Giant si trasferisce da bambino ad Albuquerque, New Mexico, dove più tardi studia architettura. Nel 1993 gli viene offerto un posto come disegnatore di grafiche presso la Think Skateboards a San Francisco. Lì trascorre i dieci anni successivi, sviluppando il proprio stile artistico e diventando figura di vertice nell’ambito della street art. Dapprima noto principalmente per i suoi graffiti, riconoscibili dall’uso di lettere massicce, nel corso dell’ultimo decennio si è fatto conoscere a livello internazionale anche per il suo lavoro di tatuatore. Dal 1998 Giant lavora presso importanti negozi di tatuaggi a San Jose, San Francisco e New York, vicino a Paco Excel, Mike Davis e Patrick Conlon. Il suo lavoro più recente si trova nel numero del 2004 della rivista Juxtapoz.

La lunga e minuziosa ricerca sul suono nel silenzio di Emilano Zelada

Nella vita dell’individuo esistono sostanzialmente due tipi di silenzio: il silenzio passivo, inteso come assenza di attività, ed un silenzio attivo, inteso come comportamento cognitivo consapevolmente orientato alla comprensione ed acquisizione di informazioni. Lo stesso dualismo si riscontra tra il silenzio dell’arte e il silenzio nell’arte. Nel primo caso, l’artista, rinunciando al suo ruolo di demiurgo, piomba in un silenzio che riflette solo la propria crisi di identità, perdendo la relazione con il contesto; nel secondo, accettando la propria responsabilità, si inserisce in un entourage più articolato per modificarlo, criticarlo, distruggerlo o ricostruirlo, delineando attraverso il silenzio un punto di inflessione nel proprio essere.

La responsabilità assunta dall’artista/compositore Emiliano Zelada (Roma, 1979. Vive e lavora a Barcellona) si manifesta attraverso Silent Collapse mostra a cura di Angel Moya Garcia che si terrà a partire dal 12 febbraio presso la galleria Ingresso Pericoloso di Roma. La mostra viene sviluppata attraverso tre ambientazioni, lontane dalla nostra abituale percezione, che costituiscono tuttavia parte ineludibile della quotidianità. Portando all’attenzione frequenze inudibili e suoni impercettibili alla sensibilità umana, i lavori si caratterizzano da una lunga e minuziosa ricerca sul suono nel silenzio, eseguita attraverso il rumore e la saturazione.

Damien Hirst, Tracey Emin e Julian Opie gettano le loro opere nel cassonetto

 Molte volte la critica etichetta una brutta opere di un determinato artista come spazzatura.Per il suo ultimo progetto di Micheal Landy ha intenzione però di trasformare le opere d’arte in spazzatura, buttando nel cassonetto i più brutti lavori di Damien Hirst e Tracey Emin. Il prossimo venerdì 29 gennaio infatti, il provocatorio artista del gruppetto della Young British Artists installerà un enorme cassonetto alto sette metri e largo cinque metri alla South London Gallery dove gli artisti potranno buttare tutti quei lavori che vorrebbero veder definitivamente distrutti.

Durante la preparazione del buffo progetto  denominato Trash Bin, Landy ha invitato alcuni artisti amici a gettare alcune delle loro opere ed ha inoltre lanciato un sito web dove il publico può segnalare le opere appartenenti alla propria collezione per poi distruggerle definitivamente. La cosa ancor più stramba è che non tutto sarà gettato nel cassonetto: “Questo sarà il primo esempio di cassonetto della spazzatura debitamente curato” ha affermato Michael Landy  “Non tutto potrà essere gettato nel cassonetto sarò io a decidere le opere che possono entrarci di diritto”.

L’ultima mostra della Deitch Project? Lo street artist Shepard Farey

La galleria di New York Deitch Projects continua a navigare nel vasto mare dell’incertezza da quando il suo noto proprietario, Mr. Jeffrey Deitch è stato investito della carica di direttore del Moca, Museum of Contemporary art di Los Angeles. Per ora il futuro della galleria è ancora nebuloso ma l’unica cosa certa è che l’ultimo artista (almeno per questa stagione espositva) ad esporre in galleria sarà Shepard Fairey. Il celebre street artist, autore dell’ancor più celebre poster Obama Hope ha infatti scritto sul suo sito web personale che la sua prossima serie di nuove opere sarà esposta dal 1 maggio 2010 alla Deitch Projects, un mese prima della fatidica chiamata alle armi di Mr. Deitch.

Contattato nel suo studio di Los Angeles, mentre è indaffarato nella preparazione delle sue nuove oepre, Fairey ha dichiarato che la sua mostra sarà piena di ritratti di persone appartenenti a diverse aree della cultura, personaggi in qualche modo importanti che rappresentano gli ideali maestri dell’artista. La scelta di Fairey è ricaduta su nomi quali Woodie Guthrie, Debbie Harry, il Dalai Lama ed il leader dell’opposizione burmese Aung San Suu Kyi, questi ultimi due personaggi sono stati già precedentemente ritratti dall’artista.

Con Marzia Migliora si inaugura la nuova sede della galleria Lia Rumma a Napoli

Oggi 24 gennaio 2010 alle ore 12.00 riapre al pubblico la storica sede napoletana della Galleria Lia Rumma in Via Vannella Gaetani a Napoli. L’inverno del mercato dell’arte non ferma la gallerista che scommette ancora sulla città, raddoppiando gli spazi espositivi con il restauro della sua “aristocratica” dimora. Un nuovo inizio e un ritorno.

A quasi 40 anni dalla mostra dell’artista americano Joseph Kosuth, sensazionale incipit di una lunga e intensa avventura sempre a sostegno di proposte di qualità, Lia Rumma riparte con l’arte italiana ospitando la personale di Marzia Migliora, Forever Overhead.

Una mostra Ultra Erotica alla Mondo Bizzarro Gallery di Roma

Dal 30 gennaio 2010, alla Mondo Bizzarro Gallery di Roma, un gruppo di artisti provenienti da diversi continenti, culture e lingue si ritrovano uniti dalla forza primordiale dell’eros nella mostra collettiva Ultra Erotica. Eccessive, surreali, dark, viscerali fino al limite estremo, le opere di Michael Hussar, Zoe Lacchei, Ken-ichi Murata, Roberto Baldazzini, Dorian X, John Santerineross, Atsushi Tani e Makiko Sugawa svelano lo straordinario potere positivo di una sessualità concepita e rappresentata fuori dall’ordinario.

Ognuno di loro usa linguaggi e tecniche differenti: in mostra si potranno vedere quadri a olio (Hussar) e ad acrilico (Dorian X), disegni a tecnica mista (Lacchei) o a china (Roberto Baldazzini e Makiko Sugawa), fotografia classica (John Santerineross e Atsushi Tani) e colorata a mano (Ken-ichi Murata).
Particolarmente importante sarà la presenza del famoso pittore californiano Michael Hussar, classe 1964, che esporrà per la prima volta in Italia i suoi preziosi dipinti a olio, cupi, inquietanti e dominati da pulsioni come amore, peccato, redenzione e morte. Opere che sono vere e proprie icone contemporanee, meravigliose e decadenti. In Italia, è diventata celebre la sua copertina del libro V.M. 18 di Isabella Santacroce.

Oleg Kulik, L’uomo-cane trasforma la Galleria Pack in un labirinto senza possibilità di uscita

La Galleria Pack di Milano inaugura il 16 febbraio la mostra Deep into Russia di Oleg Kulik. L’uomo-cane, che ha spiazzato con le sue performance al limite del tribale il pubblico del mondo dell’arte internazionale, realizzerà un progetto appositamente ideato per gli spazi della galleria.

Artista, scultore, performer, fotografo, curatore e da alcuni anni fondatore di un movimento politico per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, Oleg Kulik (Kiev, 1961), è riconosciuto per essere uno degli artisti più profondamente radicali del panorama artistico russo e internazionale.
“Nihil inhumanum a me alienum puto”, Kulik si è appropriato modificandola di una citazione di Terenzio (Humani nihil a me alienum puto) come statement di una sua monografia, dichiarando di non ritenersi estraneo a tutto ciò che non è umano. È questo l’assunto che può essere preso come uno dei corollari della sua ricerca e attraverso il quale si possono definire le caratteristiche peculiari della sua opera che affonda le proprie radici nel contesto sociale e culturale della Russia sovietica e post-sovietica. L’universalità del suo messaggio risiede nel riconoscimento del conflitto tra cultura e natura provocato dal processo di civilizzazione che ha investito l’uomo moderno.

La nuova guerra di Justin Lowe

Dopo la personale del 2007, il 22 gennaio 2010 torna ad esporre presso la Galleria Cesare Manzo di Roma Justin Lowe, artista del panorama newyorkese, recentemente in una doppia personale con Jonah Freeman alla Deitch Project di N.Y. (Black Acid Co-op, luglio-agosto 2009).

Lowe espone in questa sede più di trenta collage dal sapore visionario e surreale, seguendo quella scia psichedelica e libertaria che contraddistingue il suo lavoro. Attinge a piene mani dall’immaginario anni ’60 e dal vintage più estremo, sovrapponendo e mescolando copertine di libri, locandine di film e stralci di dischi. Il risultato è sempre elastico e multisensoriale. Conosciuto per le elaborate installazioni, Lowe continua ad usare le sue intense e intrusive composizioni, che intersecano bidimensionalità e tridimensionale per mezzo di dipinti-collage, video e specchi. La manipolazione dei media altera le percezioni dello spettatore conducendo ad associazioni inverosimili: i soggetti, icone di cultura e costume del passato, ammiccano da inconsuete angolazioni confondendo leggenda e storia.

Archana Hande – All is fair in Magic White

Nel terzo appuntamento con l’arte contemporanea indiana il 21 gennaio la galleria romana Z2O presenta – per la prima volta in Europa – “All is fair in Magic White”, il lavoro dell’artista Archana Hande (Bangalore, 1970) a cura di Maria Teresa Capacchione.

All is fair in Magic White è una sorta di compendio dei lavori e delle idee su cui l’artista ha lavorato negli ultimi dieci anni. Archana Hande ha sviluppato infatti la sua ricerca creativa sul tema dell’”identità”: identità di razza, di classe, di cultura, di religione nell’India post-coloniale e questa ricerca trova in “All is fair in Magic White” una perfetta sintesi narrativa e stilistica.
Archana Hande – che nel suo lavoro si avvale di tutti i media: video, pittura, fotografia e “new media” come Internet (suo il progetto: www.arrangeurownmarriage.com) – in “All is fair in Magic White” narra una storia utilizzando una tecnica di incisione molto diffusa in Asia, quella del “block print”.
Con questa tecnica – usata con l’intento di creare una sorta di continuità con il lavoro artigianale di cui si parla nel racconto – la Hande ha inciso su 120 singoli “stampi” di legno le scene della storia, imprimendole poi su 18 tele su cui è infine intervenuta dipingendo a mano.

Patti Smith e Steven Sebring, gli oggetti di una vita in mostra alla Robert Miller Gallery di New York

Objects of Life, la mostra di Patti Smith e Steven Sebring si è aperta lo scorso 6 gennaio alla Robert Miller Gallery (e rimarrà in visione fino al 6 febbraio) di New York con annesso bagno di folla come spesso succede durante le incursioni artistiche della nostra amata poetessa-cantante.

Come ben ricorderete nell’ottobre del 2009 Patti Smith aveva cantato in occasione di una retrospettiva dedicata a Robert Mapplethorpe in una galleria di Londra ed anche lì la folla oceanica aveva quasi impedito il corretto svolgimento della manifestazione. In più questa volta alla Robert Miller Gallery sono comparsi il fashion designer Calvin Klein con i colleghi Zac Posen e Jonah Lindeberg, la fotografa Mary Ellen Mark, il documentarista Albert Maysles, gli acclamati artisti Jonas Mekas e Ryan McGinley, l’attrice Jessica Lange e come se non bastasse questa lunga lista di celebrità è stata completata dal cantante dei R.E.M. Michael Stipe, vecchio amico di Patti Smith.

William Cobbing ed il concetto di rovesciamento

Per la sua prima personale da Furini Arte Contemporanea, William Cobbing (nato nel 1974 a Londra, dove vive) propone a partire dal 6 febbraio a Roma un progetto espositivo di forte impatto visivo e al contempo dall’appeal filosofico. La mostra presenta video, scultura e fotografia che propongono l’ultima ricerca dell’artista tornato di recente da due residenze, una presso la Tourquise Mountain Foundation in Afghanistan e l’altra a Berwick-upon-Tweed, sul confine inglese con la Scozia. In entrambe le occasioni Cobbing ha prodotto lavori strettamente legati al contesto nel quale si trovava.

L’ambiente sociale, culturale e territoriale è parte della riflessione dell’artista che, non a caso, tanto nelle fotografie scattate in Afghanistan quanto nella scultura e nei video realizzati a Berwick, fa riferimento alla storia locale. Punto di connessione tra i lavori e nodo centrale del progetto espositivo è la ricerca sul concetto di rovesciamento (reversal, che dà il titolo alla mostra stessa), entropia e dispersione, elementi che si ritornano nei diversi ambienti considerati e nelle opere.

Giuseppe Stampone trasforma la Prometeogallery in una sala da gioco

La Prometeogallery di Milano presenta la prima personale di Giuseppe Stampone presso i propri spazi. La mostra dal titolo The Rules of the Game aprirà giovedì 21 gennaio con un progetto complesso realizzato per l’occasione.

Più direttamente di altri suoi interventi, la personale milanese di Giuseppe Stampone dichiara quale principio di base del proprio lavoro il rapporto tra fiction e realtà sociale. Un rapporto inverso, una dissimmetria costitutiva che si serve dell’elemento fittizio e della scena per smascherare le strategie di cattura nelle quali concretamente siamo presi. C’è sempre la volontà di rivelare il lato oscuro della società civile dietro il keep smiling di matrice americana. Oppure, più in generale, la necessità di denunciare le forme di sovranità ed egemonia dietro l’attuale idea di democrazia.